Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”
Le lunghe code snodate.
Piaceva sempre molto. Soprattutto ai ragazzi. Si ricomponevano le aule nelle scuole. I pesciolini di carta colorata. Pendevano dai soffitti. Le foglie seccate e incorniciate. Gli appendiabiti in corridoio. Le finestre svetrate. Di disegni colorati. La lavagna elettronica. Senza collegamenti da oltre due secoli. Decorata di festoni. Omaggio al Vecchio Web.
I banchi allineati. Spostati. Composti ad u. Si spolveravano i panciuti pc. Inusabili. Ora che non c’è più l’obsoleta elettricità. Ma eleganti. Nella loro ingombranza.
Si allineavano i paraventi. Si aggiustavano le urne. Si riciclavano le schede. La caccia alle matite. I temperini da prestare. Le lame da affilare contro la ruggine. La parte più divertente, comporre le liste. I nomi più fantasiosi. I manifesti usati per la centesima volta. Scritti. Cancellati. Riscritti. I seggi. Le lunghe code snodate.
“Tre giorni di ferie forzate… che noia, comandante!” posteggiava Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza della squadra. Il bus rosso sedava gli spiriti. La comandante quitava le armi.
“È la festa più lunga dell’anno… è estesa a tutta la galassia… tutte le memory squad sono a riposo…” svogliava la comandante. “I cittadini adorano queste tre giornate di rievocazione storica!” fremeva Stefano Magli, l’agente di Memoria Antica della squadra.
La mattina gialla. Si sole sorto. Fresca. Di raffiche. Brevi. Inquiete. Le lunghe code snodate.
Il documento d’identità. Sfatto. Con foto. Ingiallita. La lunga lista dei bravi cittadini. I cori fuori degli astensionisti. Tutto filava liscio. Eccitante. Caotico. Dopo settimane di prove.
La solitudine della cabina. Della tenda. Del parasole. Del separé. La sconnessione dal mondo. Tanto attesa. Ogni anno. In aprile. La carta screpolata. L’attimo della scelta. La x sul simbolo del partito.
Il foglio piegato in tre.
In verticale.
E tre pieghe orizzontali.
Le dita verso il basso.
Riunite sulla scheda riunita.
Il braccio leggero.
La caduta leggera.
Nell’urna di legno.
Di cartone.
Di plastica originale.
Trasparente.
L’applauso degli astanti.
Lo spoglio.
Le contestazioni.
I litigi.
I verbali.
I brogli. I divini brogli.
Quartier generali illuminati con i vetusti fari del secolo XXI. Le dichiarazioni di vittoria. Nessuno perda mai. Come da tradizione. Ammettere la sconfitta è vietato per regolamento. Dopo la brezza l’afa. Di sudore alcolico. Di respiri mozzi. Di stelle abbuiate. Di tanfo metropolitano.
Sono gli splendidi antichi “Election Days”.
(122 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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