I Paesi Europei iniziano ad aggiornare i dati relativi all’Agenda Digitale Europea e la notizia è che l’Unione Europea ha già raggiunto alcuni target fissati per il 2015 ed è in linea con il raggiungimento di quasi tutti gli altri.
In particolare, sono già raggiunti i target degli indicatori relativi a:
- Soggetti di categorie svantaggiate che usano internet (almeno 1 fattore), che va al 60,5% (il target per il 2015 è al 60%);
- Popolazione che usa servizi di eGovernment e trasmette moduli, che va al 26,1% (il target per il 2015 è al 25%);
- Popolazione che acquista online , che va al 50,2% (il target per il 2015 è al 50%).
Sono in linea con i target e quindi è abbastanza probabile che siano raggiunti gli indicatori relativi a:
- Popolazione che non ha mai usato internet, che va al 18,1% (il target per il 2015 è al 15%).
- Popolazione che usa internet regolarmente, che va al 74,6% (il target per il 2015 è al 75%).
- Popolazione che usa servizi di eGovernment che va al 46,7% (il target per il 2015 è al 50%).
Sono troppo lontani dai target ed è quindi ormai certo che non saranno raggiunti gli indicatori relativi a:
- PMI che vendono online, che va al 14,5% (il target per il 2015 è al 33%).
- Popolazione che acquista online all’estero, che va al 14,6%, solo il 2% in più che nel 2013 (il target per il 2015 è al 20%).
Tre considerazioni su questi primi dati di carattere generale:
- Un’Europa a troppe velocità differenti. Anche lì dove i valori della media UE sono vicini o già al di sopra dei target fissati, emerge con chiarezza una situazione sostanzialmente divaricata tra Paesi virtuosi e ritardatari che disegna un’Europa a velocità differenziate, e in cui monitorare il valore medio è sempre più un esercizio di stile, con poco significato sostanziale. Ad esempio, se prendiamo in considerazione l’indicatore più in linea (Popolazione che usa servizi di eGovernment e trasmette moduli) la media del 26% si ottiene grazie a Paesi come la Danimarca (66%) o la Finlandia, i Paesi Bassi e la Svezia (tutti oltre il 50%) che compensano ritardi pronunciati come quelli di Italia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Romania (tutte sotto il 12%). E così anche per l’indicatore più critico (PMI che vendono online) la media del 14% si ottiene con il 25% di Paesi come Repubblica Ceca, Danimarca e Croazia e il 5% di Bulgaria e Italia. Uno spettro troppo ampio, che senza uno sforzo mirato di riequilibrio, di supporto e di knowledge management difficilmente verrà ridotto, e credo sia bene affermare questa necessità come una delle priorità strategiche per la crescita europea;
- Il ritardo sulle PMI. Il ritardo sull’evoluzione verso l’ecommerce delle PMI è rivelatore di un problema che in Italia (ultima in UE per questi indicatori) assume proporzioni molto significative. Il tema è complesso e ha certamente le radici nelle basse competenze digitali di queste imprese, ma è indubbio che le politiche europee e degli stati nazionali continuano a privilegiare le grandi imprese, le multinazionali, e non intervengono in modo sistematico sul tessuto imprenditoriale;
- Gli acquisti transfrontalieri. Il ritardo ancora maggiore sugli acquisti online transfrontalieri è certamente conseguenza anche della scarsa innovatività delle imprese, ma forse ancora di più dalla preponderanza sempre maggiore delle multinazionali extraeuropee. E anche qui è un tema di politiche industriali e di regole di mercato affrontato in modo non soddisfacente.
In generale, i dati 2014 confermano quindi i trend già in atto, con i Paesi europei sostanzialmente in evoluzione secondo una logica di continuità, con i Paesi scandinavi, i Paesi Bassi e il Regno Unito a primeggiare in quasi tutti gli indicatori e Bulgaria, Romania, Italia, Grecia che si alternano nelle ultime posizioni. Specchio anche di una politica europea dai pochi impatti.
Ci sono però dei fenomeni da segnalare:
- Svezia e Norvegia peggiorano su quasi su tutti gli indici, in particolar modo quelli relativi all’uso del digitale da parte della popolazione (la Norvegia migliora le sue prestazioni nell’area imprese). Per la Svezia, in piena crisi politica, si rileva chiaramente un periodo di difficoltà complessiva;
- l’indicatore su cui si registra mediamente nel 2014 il maggior balzo in avanti da parte di quasi tutti i Paesi Europei (la media sale di quasi il 6%) è quello sull’uso “nomade” della rete (fuori da casa e dalla sede di lavoro) con pc e tablet, rivelatore di una tendenza (smart working, lavoro in mobilità) che si fa sempre più forte. Le maggiori eccezioni sono la Norvegia (che rimane tra i primi Paesi UE ma peggiora) e l’Italia (la cui posizione rimane stazionaria, penultima al 13,6%, quasi raggiunta dalla Romania).
La situazione dell’Italia
Questa rilevazione 2014 mostra l’Italia in stretta continuità con gli anni precedenti. Rimane ancora vero quanto scritto sul rapporto 2013 della Digital Agenda Scoreboard, rispetto al circolo vizioso instauratosi in Italia “dato il basso tasso di uso di Internet da parte dei cittadini e delle imprese, le imprese hanno una bassa esigenza di assumere specialisti ICT”.
Come hanno mostrato anche i dati del rapporto “Cittadini e Nuove tecnologie”, non ci sono stati segnali di evoluzione significativi. L’Italia rimane in retrovia sulla presenza in rete e sull’uso del digitale da parte della popolazione (sia che si tratti di servizi di eGovernment sia che si tratti di eCommerce) e delle imprese (soprattutto le PMI). Rimangono anche i divari in termini di genere e geografici.
L’eccezione principale, segnale positivo, è il miglioramento sull’indicatore che misura il livello di integrazione dei processi interni di un’impresa grazie a un ERP, con un balzo significativo (dal 27% al 37% delle imprese, supera la Germania), pronunciato soprattutto nelle PMI e forse indotto (è l’auspicio) dalla necessità di strutturarsi in vista di una innovazione anche nei processi esterni di business.
Emblematico, infine, il dato sull’uso dei servizi cloud per l’archiviazione/condivisione dei file e dell’utilizzo di servizi di eGovernment: in entrambi i casi, solo un terzo degli utenti di Internet. A ulteriore dimostrazione della reale dimensione della popolazione realmente in possesso di “consapevolezza digitale”. A questo proposito sono certamente da registrare come positive alcune iniziative dell’ultimo periodo, tra cui:
- la definizione di documenti strategici per la Banda Ultralarga e la Crescita Digitale;
- l’avvio del programma Italia Login, che si propone di cambiare il paradigma di interazione amministrazione-cittadini;
- la definizione del progetto Rai sull’alfabetizzazione digitale “Manzi 2.0”, di cui è stata firmata la convenzione tra Rai, AgID e Associazione Digital Champions;
- il rilancio della Coalizione Italiana per le competenze digitali, principale iniziativa della strategia nazionale sulle competenze digitali.
L’Italia non raggiungerà nessuno dei target 2015 dello Scoreboard europeo. Lo sapevamo, ma è importante che si completi adesso una “roadmap di recupero e sorpasso”, con obiettivi, misurabili, che permettano di verificarla e monitorarla.
Mai come adesso è importante muovere iniziative coordinate, valorizzando tutte le energie e le esperienze che ci sono, semplificando normative, riducendo la burocrazia, consapevoli che solo uno sforzo convergente e significativo, anche in termini di risorse e investimenti, può permetterci di uscire dalla situazione di sostanziale stallo in cui siamo.