Le tecnologie digitali abilitano nuovi modelli di business che aprono il mercato della formazione a nuovi soggetti con cui l’università deve confrontarsi. Quest’ultima risponde sviluppando e integrando nei curricula nuove micro-credential e incrementando l’offerta di percorsi di sviluppo personale e professionale per studenti e laureati.
Si va quindi affermando sempre più l’adozione delle cosiddette digital credential e degli open badge, anche con l’applicazione della blockchain, per verificare in modo digitale le competenze e i risultati ottenuti. Vediamo come si stanno muovendo gli atenei italiani per rispondere alle esigenze di un mondo del lavoro che ricerca e seleziona i candidati sempre di più sulla base di specifiche “credential” che permettono di capire e verificare in modo veloce e semplice le specifiche competenze di cui ha bisogno.
Da parte loro, i giovani hanno l’esigenza di emergere e differenziarsi in un contesto sempre più competitivo e i laureati hanno bisogno di sviluppare e potenziare le proprie competenze per completare il loro profilo professionale.
Come evidenziato dal Rapporto 2017 dell’Osservatorio Università – Imprese[1] della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – CRUI, nella fase di orientamento in ingresso gli studenti considerano importante l’offerta di opportunità di sviluppo dell’employability proposta dai diversi atenei. In questa direzione vanno anche le “Linee guida per lo sviluppo e il rafforzamento dei Career service”[2] sviluppate da ANPAL – Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro – in collaborazione con gli atenei.
Digitale, formazione e nuovi modelli di business
Allo stesso tempo, le tecnologie digitali abilitano nuovi modelli di business che aprono il mercato della formazione a nuovi soggetti con cui l’università deve confrontarsi. Basti pensare alle maggiori piattaforme internazionali di corsi online aperti su larga scala, i MOOC (Massive Open Online Courses), come edX e Coursera, o all’acquisizione di Linda.com da parte di Linkedin o ancora a nuove piattaforme come Deeplearning.ai dove, senza alcun rapporto con il mondo accademico, il fondatore Andrew Ng è attualmente il docente con il maggior numero di studenti nel mondo, per alcune delle competenze più ricercate in ambito IT.
Le università stanno già rispondendo a questi bisogni e a questi stimoli sviluppando e integrando nei curricula nuove micro-credential (badge, MOOC, micro-award, certificazioni) per comunicare con il mondo del lavoro, ma non solo. L’obiettivo è anche motivare e preparare in modo completo gli studenti, sviluppando, valorizzando e facendo emergere le competenze a più alto valore e cercando di realizzare il così detto “unbundling of the degree”: il concetto per il quale non è più sufficiente riconoscere un titolo alla fine di un percorso di studi, ma è invece necessario identificare e riconoscere le competenze sviluppate dagli studenti durante ogni singolo passaggio vissuto in ateneo. Gli atenei stanno quindi incrementando l’offerta di percorsi di sviluppo personale e professionale per studenti e laureati, coerenti e significativi rispetto alla formazione e alle loro passioni e aspettative, che portano all’assegnazione e riconoscimento di credential spendibili in modo immediato.
Digital credentialing e open badge
A livello nazionale, iniziative come il network Eduopen[3] e l’adozione del digital credentialing, ovvero la possibilità di attestare e verificare in modo digitale le competenze e i risultati conseguiti, attraverso gli Open Badge[4] vanno proprio in questa direzione. A giugno 2018 la CRUI, nell’ambito dell’iniziativa “Università Digitale”, ha indicato gli Open Badge e la piattaforma Bestr[5], sviluppata da Cineca, come riferimenti nazionali per la rappresentazione e l’attestazione di competenze (documento “Competenze Crediti Certificazioni” di giugno 2018[6]). Ad oggi, il 15% degli atenei statali ha già adottato gli Open Badge, le università hanno pubblicato il 70% dei badge pubblicati sulla piattaforma Bestr.it e il 23% dei badge assegnati agli studenti è stato riconosciuto all’interno dei sistemi di gestione della carriera sotto forma di crediti formativi universitari (CFU).
Nonostante quello degli Open Badge sia un modello relativamente recente – nato nel 2012 e promosso dalla Mozilla Foundation – la continua evoluzione tecnologica sta già trasformando i processi di digital credentialing: l’applicazione della Blockchain apre a nuovi scenari e offre soluzioni a problemi ancora aperti.
La Blockchain può essere intesa come una enorme lista globale di “registrazioni” distribuita in rete e organizzata in maniera decentralizzata che tiene traccia delle transazioni che avvengono tra diverse identità digitali della stessa persona. Tutti i partecipanti a questa rete contribuiscono alla memorizzazione permanente dei dati firmati e alla gestione della Blockchain, permettendo l’accesso alle informazioni anche senza una copia locale di tutti dati.
Lo standard Blockcerts
Nel 2016, il MIT Media Lab ha proposto uno standard aperto e a prova di manomissione per il rilascio di attestati, basato su Blockchain e denominato Blockcerts[7], che propone un linguaggio comune per la rappresentazione delle attestazioni e permette il controllo e la verifica veloce e disintermediata delle credential. Blockcerts permette di verificare l’emissione di un titolo (ad esempio del titolo accademico) utilizzando un certificato digitale che riflette le competenze e conoscenze acquisite dal titolare senza la necessità di contattare l’istituzione emittente, perché la prova crittografica è disponibile pubblicamente in una transazione presente sulla Blockchain in maniera inalterabile. Nonostante la transazione sia pubblica, il contenuto del certificato con i dati personali del destinatario e dell’emittente sono mantenuti riservati e disponibili solo al titolare (in linea con le raccomandazioni del recente report della Commissione Europea “Blockchain and GDPR”[8]). Il sistema usa un meccanismo di chiave pubblica/privata per autenticare l’emittente ed il ricevente realizzando il “self-sovereign” (autodeterminazione) delle identità di tutti i partecipanti. Il ricevente ha il controllo delle proprie credential dalla richiesta di rilascio fino alla loro diffusione utilizzando un “wallet” realizzato attraverso una “mobile app” open source e offre l’opportunità di decentralizzare anche la gestione della propria identità digitale. Sfruttando la Blockchain, le entità coinvolte possono essere riconosciute senza avere una autorità centrale secondo il modello “decentralized identifiers” (DIDs) che offre, seguendo i dettami Privacy by Design, la separazione tra identità, persona e contesto.
In ambito accademico, il digital credentialing viene riconosciuto come un elemento chiave ed abilitante: in questo contesto gli analisti di settore lo posizionano primo posto tra le tecnologie strategiche (“2018 Top Trends and Predictions for Higher Education”, Gartner). A livello internazionale esistono già importanti iniziative di prestigiose istituzioni, come la SUNY, State University of New York (che raccoglie 63 istituzioni e 1,3 milioni di studenti) che ha deciso di implementare un sistema di digital credentialing già nel corso del 2018.
In ambito universitario, e in generale nell’ambito della formazione formale, sfruttare la Blockchain per “notarizzare” i certificati di laurea permette di annullare le possibilità di falsificazione, di individuare in modo certo chi ha emesso un certificato e a chi è stato assegnato, velocizzando le operazioni di verifica grazie alla disintermediazione. Diventa quindi essenziale per le università da un lato essere supportate da un sistema per la gestione, il tracciamento, l’assegnazione e la verifica delle credential, dall’altro poter integrare l’utilizzo delle credential in tutti gli ambiti di interesse: Digital Learning, Carriera studenti, Job Placement, Career Service, Didattica ed altri ancora.
Anche in Italia, gli atenei cominciano a muoversi su questo fronte. Oltre le già citate esperienze effettuate con gli Open Badge ci sono diversi attori che stanno facendo delle proposte: l’Università degli Studi di di Cagliari e l’Università di Pisa, per esempio, hanno realizzato proprie soluzioni basate su Ethereum. Anche Cineca ha deciso di far evolvere la piattaforma Bestr per il rilascio di Open Badge in un “Digital Credentialing System”, in grado di gestire le competenze rappresentate dalle credential, integrato con i sistemi di gestione delle carriere studenti e basato sullo standard Blockcerts, per offrire un servizio di notarizzazione decentralizzata delle credential. Le porte della certificazione digitale del futuro, sempre più trasversale, sempre più internazionale, si sono aperte anche in Italia.
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- Osservatorio Università – Imprese, CRUI http://www.universitaimprese.it/osservatorio/wp-content/uploads/2018/06/report-2017-digitale.pdf ↑
- Linee guida per lo sviluppo e il rafforzamento dei Career service, ANPAL https://www.anpalservizi.it/documents/20181/20694/Linee+guida+rafforzamento+e+sviluppo+Career+service.pdf/ ↑
- Eduopen http://www.eduopen.org ↑
- https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/come-valorizzare-le-competenze-per-un-economia-malata-di-skill-gap/ ↑
- Bestr www.bestr.it ↑
- “Competenze Crediti Certificazioni”, CRUI http//www.crui.it/archivio-notizie/università-digitale-gli-atenei-al-lavoro-per-un-piano-da-presentare-al-prossimo-governo.html. ↑
- Blockcerts http://www.blockcerts.org ↑
- ”Blockchain and GDPR” https://www.eublockchainforum.eu/sites/default/files/reports/20181016_report_gdpr.pdf ↑