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Digital News Report 2024: IA e video brevi cambiano il consumo mediatico globale



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Il Digital News Report 2024 del Reuters Institute analizza le tendenze globali nel consumo mediatico, evidenziando l’emergere dei video brevi, il calo dell’uso di Facebook per le notizie e l’aumento della disinformazione. Il rapporto sottolinea l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali, esplorando come i media stiano affrontando sfide tecnologiche e cambiamenti comportamentali

Pubblicato il 8 ago 2024

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



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Il Digital News Report 2024, commissionato dal Reuters Institute, offre un’analisi approfondita del consumo di notizie in diversi Paesi, rivelando le tendenze emergenti e le sfide affrontate dai media. Con un focus su come la tecnologia e i cambiamenti comportamentali influenzano il settore, il rapporto evidenzia la crescente importanza dei video brevi, il declino dell’uso di Facebook per le notizie e l’aumento della disinformazione.

L’intelligenza artificiale e le piattaforme digitali stanno trasformando il modo in cui le notizie vengono distribuite e consumate, con un impatto significativo sull’industria dei media. Nonostante le difficoltà, alcuni editori riescono ancora a rimanere redditizi e indipendenti, mentre cercano di adattarsi a un ambiente digitale sempre più complesso e frammentato.

Gli aspetti salienti del Rapporto

Il Digital News Report 2024 del Reuters Institute arriva in un momento cruciale, segnato da elezioni in metà del mondo e da conflitti in Ucraina e Gaza. Il giornalismo accurato e indipendente è vitale, ma affronta sfide come disinformazione, sfiducia, attacchi politici e un’economia incerta. Molti media stanno affrontando licenziamenti e chiusure a causa dell’aumento dei costi, del calo dei ricavi pubblicitari e della diminuzione del traffico dai social media.

Ruolo delle piattaforme e dell’intelligenza artificiale

Le difficoltà sono accentuate dal cambiamento nelle strategie delle grandi aziende tecnologiche, che privilegiano contenuti più coinvolgenti, come i video, rispetto alle notizie. Le piattaforme digitali, come TikTok e YouTube, stanno diventando le principali fonti di notizie, soprattutto tra i giovani, causando un calo nell’uso di Facebook per le notizie.

L’intelligenza artificiale introduce ulteriori cambiamenti, con chatbot e interfacce di ricerca che potrebbero ridurre il traffico verso i siti di notizie. Il rapporto esplora anche la fiducia dei consumatori nei confronti dell’uso dell’IA nelle notizie, rivelando che il pubblico preferisce un controllo umano. In molti Paesi, la fiducia nelle notizie online è bassa e i video stanno diventando una fonte primaria di informazione, specialmente tra i più giovani. La preoccupazione per la distinzione tra contenuti affidabili e non è aumentata, con piattaforme come TikTok e X (ex Twitter) considerate meno affidabili.

Il rapporto evidenzia come i media in alcune nazioni riescano ancora a rimanere redditizi e indipendenti, nonostante le sfide del cambiamento digitale. Gli editori che adottano l’intelligenza artificiale incontrano scetticismo riguardo al suo impiego per notizie delicate come politica o guerra, preferendo il suo uso per compiti di supporto come trascrizione e traduzione.

La fiducia nelle notizie

La fiducia nelle notizie rimane stabile al 40%, ma è inferiore di quattro punti rispetto ai livelli registrati durante la pandemia. La Finlandia ha il livello più alto di fiducia (69%), mentre Grecia e Ungheria sono ai minimi (23%) a causa di preoccupazioni per l’influenza politica e commerciale. Le elezioni hanno incrementato l’interesse per le notizie in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, ma la tendenza generale mostra un declino. In Argentina, l’interesse è sceso dal 77% del 2017 al 45% attuale, nel Regno Unito si è quasi dimezzato dal 2015. Contemporaneamente, c’è una tendenza a evitare selettivamente alcune notizie, con il 39% che dichiara di evitarle spesso, in aumento di 3 punti rispetto all’anno scorso, specialmente in Brasile, Spagna, Germania e Finlandia. La tendenza delle persone a evitare intenzionalmente certe notizie o fonti di informazione si manifesta in vari modi: per temi, dove gli individui scelgono di evitare notizie su argomenti stressanti o deprimenti come politica e conflitti; relativamente alle fonti, dove le persone evitano mezzi di comunicazione percepiti come inaffidabili o di parte; risparmio di tempo, gli individui sospendono la fruizione di notizie per ridurre stress o sovraccarico informativo.

Gli utenti sentono che gli editori si concentrano troppo su aggiornamenti rapidi e non abbastanza su prospettive diverse o storie positive. Le notizie politiche e sportive sono ben coperte, ma ci sono lacune in notizie locali, salute e istruzione.

Modesta la crescita degli abbonamenti alle nnotizie

La crescita degli abbonamenti alle notizie è modesta, solo il 17% ha pagato per le notizie online nell’ultimo anno nei 20 Paesi più ricchi. La Norvegia (40%) e la Svezia (31%) hanno i tassi più alti di abbonamenti, mentre Giappone (9%) e Regno Unito (8%) sono tra i più bassi. Gli abbonamenti sono spesso concentrati su pochi marchi nazionali di alto livello. In alcuni Paesi, circa il 41% degli abbonati paga meno del prezzo pieno, ma la riluttanza a pagare per le notizie persiste, con oltre la metà degli intervistati che non pagherebbe nulla per le notizie online.

I trend del podcasting

Il podcasting di notizie attrae un pubblico giovane e istruito, ma rimane una nicchia: in 20 Paesi, solo il 35% accede a un podcast mensilmente, con il 13% che segue programmi di notizie. Molti podcast popolari sono ora distribuiti anche su piattaforme video come YouTube e TikTok.

Il grande reset delle piattaforme in atto

Le piattaforme online hanno trasformato la nostra vita, influenzando la diffusione delle informazioni, la pubblicità e il consumo di intrattenimento. Sebbene abbiano portato comodità ai consumatori e attratto inserzionisti, hanno anche sconvolto profondamente i modelli di business tradizionali dell’editoria.

Il declino dei social nel consumo di notizie

Ora assistiamo a un nuovo cambiamento che introduce innovazioni e sfide per le aziende tecnologiche, l’industria delle notizie e la società. Meta, in particolare, sta riducendo il ruolo delle notizie su Facebook, Instagram e Threads, limitando la promozione di contenuti politici e tagliando il supporto finanziario all’industria delle notizie. I dati mostrano un calo della portata di Facebook dal 2016 (-16 punti percentuali) e una maggiore frammentazione dell’attenzione su diverse piattaforme. Un tempo dominanti, Facebook e YouTube ora condividono lo spazio con molte altre reti. Le piattaforme restano cruciali, ma il loro ruolo e la loro strategia stanno evolvendo, con Facebook in declino e altre piattaforme in crescita.

Quali, se presenti, delle seguenti piattaforme, hai utilizzato per le notizie nell’ultima settimana?

Il grafico evidenzia il forte spostamento verso le reti basate sui video come YouTube, TikTok e Instagram, tutte diventate più importanti per le notizie dall’inizio della pandemia di COVID-19. Di fronte alla nuova concorrenza, Facebook e X hanno riorientato le loro strategie, cercando di mantenere gli utenti all’interno della piattaforma anziché indirizzarli verso i siti degli editori. Questo ha comportato una priorità per i video e altri formati proprietari. I dati del settore mostrano che queste modifiche hanno ridotto, nell’ultimo anno, i riferimenti di traffico da Facebook agli editori del 48% e da X del 27%. I dati dei sondaggi nei 47 paesi oggetto dell’indagine rivelano variazioni regionali e nazionali nell’uso delle diverse reti, con i cambiamenti più rapidi nel Sud del mondo, probabilmente perché questi Paesi dipendono maggiormente dai social media per le notizie.

L’ascesa di TikTok tra i giovanissimi

Percentuale che ha utilizzato TikTok per le notizie nell’ultima settimana. I primi dieci mercati sono tutti nel Sud del mondo

La crescente diffusione di TikTok, e di altri social pensati per i giovani, non è sfuggita all’attenzione dei politici, che le hanno integrate nelle loro campagne mediatiche. Il nuovo presidente argentino, Javier Milei, gestisce un account TikTok di successo con 2,2 milioni di follower, mentre il nuovo presidente indonesiano, Prabowo Subianto, ha vinto a febbraio grazie a una campagna sui social media che utilizzava immagini generate dall’IA, trasformando l’ex generale rigido in un affascinante nonno danzante. I social network tradizionali come Facebook e Twitter originariamente si basavano sul grafo sociale, ossia contenuti postati direttamente da amici e contatti. Il termine “grafo sociale” si riferisce a una rappresentazione grafica delle relazioni tra individui all’interno di una rete sociale. In un grafo sociale, le persone sono rappresentate come nodi (o vertici) e le connessioni tra di loro, come amicizie o contatti, sono rappresentate come archi (o linee) che collegano questi nodi. Le reti video come YouTube e TikTok, invece, si concentrano su contenuti che possono essere pubblicati da chiunque, con raccomandazioni che non provengono necessariamente da account che gli utenti hanno scelto di seguire.

Cresce il consumo di video di notizie

Nelle edizioni precedenti della ricerca (Digital News Report 2021, 2023) si evidenziava, per quanto riguarda le notizie online, che la maggior parte del pubblico preferiva ancora il testo per la sua flessibilità e controllo. Ora i video, in particolare quelli brevi, stanno diventando una parte sempre più importante del consumo mediatico. In vari Paesi, due terzi (66%) degli intervistati affermano di guardare un breve video di notizie, definito come un video di pochi minuti o meno, almeno una volta alla settimana, con livelli più alti al di fuori di Stati Uniti e Europa occidentale. In Thailandia, quasi nove persone su dieci (87%) guardano video brevi settimanalmente, e metà (50%) lo fa ogni giorno. Gli americani accedono a questi video un po’ meno frequentemente (60% settimanalmente e 20% giornalmente), mentre i britannici consumano meno notizie in formato breve (39% settimanalmente e solo 9% giornalmente). Uno dei motivi per cui il consumo di video di notizie è più elevato negli Stati Uniti rispetto alla maggior parte dei Paesi europei è la vasta offerta di contenuti politici provenienti sia da fonti tradizionali che non tradizionali.

Questi contenuti sono prodotti da creators nativi dei media online, altri provengono da professionisti con esperienza nei media tradizionali, in particolare la televisione. Negli ultimi anni, diversi noti conduttori televisivi hanno spostato il loro interesse verso le piattaforme online per sfruttare i cambiamenti nei comportamenti dei consumatori. Non è ancora chiaro se queste grandi personalità riusciranno a generare un traffico significativo o a costruire attività sostenibili sulle piattaforme online. Anche per i principali editori, monetizzare i video sulle piattaforme è più difficile rispetto ai loro siti web e app.

YouTube e Facebook sono le piattaforme più importanti per i video di notizie online, ma ci sono differenze significative tra i mercati: Facebook è la più popolare nelle Filippine, YouTube in Corea del Sud, mentre X e TikTok svolgono un ruolo chiave in Nigeria e Indonesia. YouTube è anche la destinazione principale per gli under 25, seguita da vicino da TikTok e Instagram. I telespettatori più anziani preferiscono ancora guardare video attraverso i siti di notizie, anche se la maggioranza accede ai video tramite piattaforme di terze parti. Solo in Paesi come la Norvegia troviamo che quasi la metà degli utenti (45%) consuma video principalmente tramite siti web, riflettendo la forza dei marchi in quel mercato, l’impegno per una buona esperienza utente e una strategia che limita la pubblicazione di video degli editori su piattaforme come Facebook e YouTube.

Percentuale che indica ciascuna piattaforma come principale fonte di video di notizie online per fascia d’età in tutti i paesi oggetto dell’indagine

A chi prestano attenzione le persone quando utilizzano le piattaforme online?

Con il passaggio ai social basati sui video e pensati per i giovani, i giornalisti e le organizzazioni di notizie sono spesso oscurati dai creatori di contenuti e altri influencer, anche per le notizie. In questa ricerca gli autori hanno ripetuto una domanda fatta per la prima volta nel 2021 su dove il pubblico presta più attenzione per le notizie su varie piattaforme. Come negli anni precedenti, i media tradizionali e i giornalisti dominano su X e Facebook, ma faticano a ottenere la stessa attenzione su Instagram, Snapchat e TikTok, dove fonti alternative e personalità, inclusi influencer e celebrità, sono spesso più rilevanti. Esaminando YouTube, la seconda rete più grande, si scopre che le fonti alternative e gli influencer online hanno un ruolo più significativo negli Stati Uniti e in Brasile rispetto al Regno Unito. Per capire chi siano queste personalità e quali fonti alternative attraggano l’attenzione, è stati chiesto di elencare fino a tre account mainstream e tre alternativi che seguono più da vicino. Negli Stati Uniti, si trovano una vasta gamma di voci politicamente di parte come Tucker Carlson, Alex Jones, Ben Shapiro e Glenn Beck, principalmente di destra, con una narrazione di essere un’alternativa “fidata” ai media mainstream liberali. Si trova anche una rappresentanza significativa della sinistra progressista con figure come David Pakman. In Francia, Hugo Travers, conosciuto come Hugo Décrypte, è diventato una fonte di notizie principale per i giovani con i suoi video esplicativi sulla politica. I dati mostrano che Hugo ottiene più menzioni rispetto ai brand di notizie tradizionali come Le Monde o Business FM Télévision, con un pubblico medio di 27 anni, rispetto ai 40-45 anni dei brand tradizionali. In Francia, testate focalizzate sui giovani come Brut e Konbini sono molto citate, mentre nel Regno Unito, Politics Joe e TLDR News, fondati da Jack Kelly, attirano attenzione per i video che rendono accessibili argomenti seri ai giovani. Il creatore di notizie più menzionato su TikTok nel Regno Unito è Dylan Page, con oltre 10 milioni di follower. Negli Stati Uniti, Vitus Spehar presenta un riassunto quotidiano di notizie divertente su @underthedesknews, spesso in posizione prona sul pavimento, facendo la parodia del formato classico della TV.

Il nodo dell’affidabilità dei contenuti

In questo anno critico per le elezioni, molti sono preoccupati per l’affidabilità dei contenuti, il potenziale di manipolazione delle piattaforme online da parte di “attori malevoli”, il modo in cui alcuni politici e personalità dei media si esprimono, le modalità opache con cui le piattaforme selezionano e promuovono i contenuti. Nei vari mercati, la percentuale di persone preoccupate per la distinzione tra notizie reali e false su internet è aumentata dal 56% al 59%. Le preoccupazioni sono maggiori nei Paesi dove si svolgeranno le elezioni questo anno, come il Sudafrica (81%), gli Stati Uniti (72%) e il Regno Unito (70%). A livello regionale, i livelli di preoccupazione più alti sono in Africa (75%) e più bassi in gran parte dell’Europa settentrionale e occidentale (Norvegia 45% e Germania 42%). Le preoccupazioni riguardano spesso non tanto le fake news, ma piuttosto opinioni con cui non si è d’accordo, nonché il giornalismo superficiale e non corroborato da una seria analisi.

La politica è il tema che genera maggior preoccupazione per i contenuti “falsi o fuorvianti”, insieme alle informazioni sulla salute e alle notizie sulle guerre in Ucraina e Gaza. Per la prima volta in questa indagine è stato chiesto, agli utenti di specifiche piattaforme online, quanto trovano facile distinguere tra contenuti affidabili e non. Oltre un quarto degli utenti di TikTok (27%) trova difficile rilevare notizie affidabili, il punteggio più alto tra tutte i social esaminati. Un ulteriore quarto non ha un’opinione forte e circa quattro su dieci (44%) dicono di trovare facile la distinzione. I fact-checker hanno prestato molta attenzione a questo canale, con Newsguard che nel 2022 ha riportato che un quinto delle ricerche su argomenti di notizie come l’Ucraina e i vaccini COVID conteneva disinformazione.

Anche una significativa proporzione di utenti di X (24%) trova difficile individuare notizie affidabili, forse a causa del ruolo preponderante delle notizie sulla piattaforma o della vasta gamma di opinioni espresse, ulteriormente incoraggiate da Elon Musk, un sostenitore dichiarato della libertà di parola. Percentuali leggermente inferiori si registrano sui grandi social implicate in problemi di disinformazione come Facebook, Instagram, YouTube e WhatsApp. Tutte le principali piattaforme social e video stanno potenziando le loro difese tecniche e umane, soprattutto a causa del potenziale aumento di contenuti sintetici generati dall’IA durante le elezioni di quest’anno.

Paure legate all’IA e alla disinformazione

Nell’ultimo anno, si è registrato un aumento dei cosiddetti “deep fake” generati dall’IA, tra cui una registrazione audio falsamente attribuita a Joe Biden che chiedeva ai sostenitori di non votare in una primaria, un video di campagna con foto manipolate di Donald Trump e immagini artificialmente generate della guerra in Medio Oriente, pubblicate da sostenitori sia palestinesi che israeliani per ottenere simpatia per la loro causa. La ricerca suggerisce che, sebbene la maggior parte delle persone non pensi di aver visto personalmente queste immagini o video sintetici, alcuni giovani, forti utilizzatori dei social media, ritengono di incontrarli regolarmente.

Negli Stati Uniti, alcuni partecipanti hanno espresso preoccupazione che l’uso diffuso delle tecnologie di IA generativa renda più difficile rilevare la disinformazione, soprattutto su temi importanti come politica ed elezioni; altri sono preoccupati per la mancanza di trasparenza e il potenziale di discriminazione contro i gruppi minoritari. Alcuni hanno adottato una visione più equilibrata, riconoscendo che queste tecnologie potrebbero fornire contenuti più rilevanti e utili, pur riconoscendo i rischi associati.

Utilizzi dell’intelligenza artificiale nelle redazioni

Le redazioni stanno adottando tecnologie AI per due motivi principali: ridurre i costi, automatizzando processi come trascrizione, editing e layout; personalizzare i contenuti per renderli più attraenti al pubblico, senza però compromettere la fiducia dei lettori. Negli ultimi anni, le testate hanno implementato varie soluzioni AI con diversi livelli di supervisione umana. Editori nordici, come Schibsted, utilizzano “bullet points” generati dall’IA per aumentare il coinvolgimento. Un editore tedesco impiega un robot AI, Klara Indernach, che scrive più del 5% degli articoli pubblicati, mentre altri usano strumenti come Midjourney o Dall-E per illustrazioni grafiche automatizzate. In alcuni paesi, come Indonesia e Messico, utilizzano chatbot e avatar per presentare le notizie.

Le redazioni e le agenzie stanno usando sempre di più l’IA per riscrivere notizie, spesso senza permesso e senza controllo umano, sollevando preoccupazioni su diritti d’autore e sulla generazione di errori. La maggior parte dei rispondenti al sondaggio in 28 Paesi si sente a disagio con contenuti creati principalmente dall’IA, ma c’è meno disagio quando l’IA assiste i giornalisti umani. I rispondenti statunitensi sono più a loro agio con l’uso dell’IA rispetto agli europei, probabilmente influenzati da narrazioni mediatiche più positive negli USA rispetto a quelle negative e sensazionalistiche nel Regno Unito. I giovani, che usano strumenti come ChatGPT, mostrano maggiore comfort con l’IA. La fiducia sarà una questione cruciale in futuro, con la sensazione che i media tradizionali abbiano molto da perdere. Le persone si sentono meno a loro agio con notizie generate dall’IA su argomenti come politica e crimine, sono più a loro agio con sport, arte o intrattenimento, dove gli errori hanno meno conseguenze e la personalizzazione è più utile.

Gateway alle notizie e importanza dei portali di ricerca e aggregazione

Gli editori non sono preoccupati solo per la diminuzione del traffico proveniente dai social media, ma anche per l’impatto dei chatbot sulle ricerche. Google e Microsoft stanno sperimentando risposte dirette generate dall’IA alle query di notizie, e varie app mobili cercano di fornire risposte senza reindirizzare ai siti degli editori.

In tutti i mercati, le ricerche e gli aggregatori (33%) sono una porta d’accesso alle notizie più importante dei social media (29%) e dell’accesso diretto (22%). A differenza dei social media, la ricerca è importante per tutte le fasce d’età: il 25% degli under 35 preferisce iniziare le proprie ricerche di notizie tramite motori di ricerca. Poiché le persone cercano attivamente informazioni, il traffico derivante dalla ricerca è generalmente più prezioso per gli editori rispetto al traffico fugace dei social media.

Il business delle notizie: le sottoscrizioni stanno rallentando?

Un mercato pubblicitario difficile, insieme all’aumento dei costi e al calo del traffico dai social media, ha messo sotto pressione i bilanci, soprattutto per gli editori che hanno fatto affidamento sulla distribuzione tramite piattaforme. Questi fattori, uniti alle notizie sui licenziamenti negli Stati Uniti presso il Los Angeles Times, Washington Post, NBC, Business Insider, Wall Street Journal, Condé Nast e Sports Illustrated, hanno spinto il New Yorker a pubblicare un articolo intitolato: “I media sono pronti per l’estinzione?“. L’articolo sostiene che alcuni tipi di giornalismo di interesse pubblico sono ora antieconomici e che è necessario un nuovo approccio più orientato al pubblico. In questo contesto, con pressioni simili in tutto il mondo, i media cercano di introdurre o forzare il pagamento dei lettori con abbonamenti, adesioni e donazioni. Ci sono risultati positivi in alcuni dei Paesi più ricchi coinvolti nella ricerca, qui gli editori mantengono forti connessioni dirette con i lettori, ma sono difficili da implementare altrove. La ricerca mostra una significativa proporzione di persone che pagano per le notizie online in Norvegia (40%) e Svezia (31%), oltre un quinto negli Stati Uniti (22%) e in Australia (21%), mentre i numeri sono molto più bassi in Germania (13%), Francia (11%), Giappone (9%) e Regno Unito (8%).

Perdita di attenzione, tendenza a evitare le notizie

Negli ultimi anni, diversi indicatori hanno suggerito una crescente ambivalenza verso le notizie, nonostante – o forse a causa – dei tempi incerti e caotici in cui viviamo. L’interesse per le notizie continua a diminuire in alcuni paesi, ma si è stabilizzato o è aumentato in altri, specialmente in paesi come l’Argentina e gli Stati Uniti. Il trend a lungo termine, però, è in calo tranne che in Finlandia, l’interesse si è dimezzato in alcuni paesi nell’ultimo decennio (Regno Unito: dal 70% nel 2015 al 38% nel 2024). Le donne e i giovani rappresentano una parte significativa di questo declino. Sebbene l’interesse per le notizie si sia leggermente stabilizzato quest’anno, la percentuale di persone che dichiarano di evitare selettivamente le notizie (a volte o spesso) è aumentata di 3 punti percentuali, arrivando al 39% – 10 punti percentuali in più rispetto al 2017. Aumenti significativi si sono registrati in Irlanda (+10%), Spagna (+8%), Italia (+7%), Germania (+5%), Finlandia (+5%), Stati Uniti (+5%) e Danimarca (+4%).

Bisogni degli utenti e lacune informative

I leader del settore riconoscono le sfide della stanchezza e della tendenza a evitare le notizie, specialmente per storie a lungo termine come le guerre in Ucraina e Gaza. La disillusione verso la politica contribuisce al calo dell’interesse, particolarmente tra i giovani. Gli editori cercano di rendere le notizie più accessibili e coinvolgenti, senza banalizzarle.

Il modello dei “bisogni degli utenti”

Un approccio adottato è il modello dei “bisogni degli utenti”, che integra aggiornamenti con storie che educano, ispirano, forniscono prospettive, connettono o intrattengono. Basato su ricerche della BBC, il modello è stato implementato globalmente. Nella ricerca sono stati esaminati otto bisogni, raggruppati in quattro categorie: conoscenza, comprensione, sentimento e azione. I tre bisogni principali a livello globale sono restare aggiornati (“aggiornami”), imparare di più (“educami”) e ottenere prospettive diverse (“dammi una prospettiva”). Questo è coerente tra i vari gruppi demografici, anche se i giovani sono più interessati a storie che ispirano, connettono e intrattengono rispetto ai gruppi più anziani. Negli Stati Uniti, ad esempio, oltre la metà (52%) degli under 35 ritiene molto o estremamente importante che le storie li facciano sentire meglio riguardo al mondo, rispetto a circa quattro su dieci (43%) degli over 35.

Lacune nell’agenda e nei temi

Adottare un modello basato sui bisogni degli utenti è utile per affrontare la tendenza a evitare le notizie e il basso coinvolgimento. Analizzando l’interesse per diverse aree tematiche per età, emergono somiglianze e differenze marcate. Le notizie locali e internazionali sono considerate le più importanti per tutte le fasce d’età, ma c’è meno consenso sulle notizie politiche. Queste non rientrano tra le prime cinque per gli under 35, mentre per gli over 45 la politica rimane tra le prime tre. I giovani mostrano maggiore interesse per l’ambiente e il cambiamento climatico, così come per il benessere, che sono meno prioritari per i più anziani. Le differenze di genere sono ancora più pronunciate: gli uomini sono più interessati a politica e sport, mentre le donne si interessano di più a salute/benessere e ambiente. Questo indica che le redazioni, spesso dominate da uomini più anziani, potrebbero non essere sempre in sintonia con i bisogni di chi ha prospettive diverse.

Nuovi formati e il ruolo dell’audio

Gli editori stanno esplorando diversi format per affrontare la sfida del coinvolgimento, specialmente quelli meno dipendenti dagli algoritmi delle piattaforme, come i podcast. Negli ultimi anni, editori di spicco come il New York Times e Schibsted si sono uniti ai broadcaster pubblici per creare proprie piattaforme di distribuzione, competendo con giganti come Spotify attraverso contenuti esclusivi o strategie di distribuzione differenziata per attirare traffico diretto. Gli editori della stampa tradizionale stanno aumentando la produzione di podcast, trovando la combinazione di testo e audio adatta per argomenti giornalistici specialistici e relativamente economica rispetto al video. Nel Regno Unito sta emergendo un settore indipendente con nuove produzioni su politica ed economia, oltre a versioni statunitensi di podcast quotidiani popolari come “The News Agents”. Molti dei podcast più popolari sono ora filmati e distribuiti tramite piattaforme video come YouTube, sfumando ulteriormente i confini tra podcast e video.

In 20 paesi monitorati al 2018 su questo tema, poco più di un terzo (35%) ha ascoltato uno o più podcast nell’ultimo mese, ma solo poco più di uno su dieci (13%) utilizza regolarmente un podcast di notizie. La quota di ascolto dei podcast per i programmi di notizie è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a sette anni fa.

Il contesto italiano

Il sistema mediatico italiano è in una fase di transizione. Storicamente caratterizzato da un settore televisivo dominante, una stampa influente ma più debole, una trasformazione digitale più lenta rispetto ad altri Paesi, oggi il panorama vede la televisione perdere il suo primato, i principali editori vendere i quotidiani tradizionali e i nuovi media digitali sfidare seriamente i giocatori affermati. La televisione italiana rimane molto popolare, ma il suo ruolo come principale fonte di notizie è in contrazione passando dall’85% nel 2017 al 65% nel 2024. Solo il 50% dei giovani (18-24) usa la TV per le notizie settimanalmente. I tre principali broadcaster – RAI, Sky e Mediaset – rappresentano circa tre quarti dei ricavi totali del settore televisivo. La pubblicità online ha superato quella televisiva negli ultimi anni e nel 2022 ha rappresentato oltre la metà (58%) dei ricavi pubblicitari totali, mentre la televisione e la stampa rappresentano rispettivamente il 29% e il 5%. La crescita della pubblicità online non sta salvando l’industria editoriale: le testate raccolgono solo una piccola parte (15%) dei ricavi pubblicitari digitali, mentre piattaforme come Google e Facebook fanno la parte del leone (85%). La crisi strutturale del settore dei giornali sta accelerando, principalmente a causa del calo delle copie vendute (-37% dal 2019 al 2023) e della preferenza degli inserzionisti per altre piattaforme mediatiche. Molti giornali hanno risposto implementando soluzioni a pagamento, mentre alcuni media digitali nativi come Il Post, Open e Linkiesta hanno recentemente introdotto forme di abbonamento. Purtroppo, ci sono pochi cambiamenti nella percentuale di persone che pagano per le notizie online settimanalmente – solo il 10%. L’impatto della trasformazione digitale è evidente anche dai cambiamenti nella portata online brand. Fino al 2016-17, i player tradizionali dominavano nel mercato delle notizie online, negli ultimi anni nuove testate come Fanpage e Il Post hanno sfidato le posizioni degli editori affermati. Il mercato dei giornali è meno concentrato di quello televisivo.

I gruppi editoriali principali, GEDI e Cairo/RCS, rappresentano insieme il 38% delle copie totali vendute nel 2023, mentre altri editori contribuiscono ciascuno con meno del 10%. Grandi cambiamenti sono avvenuti all’interno del gruppo GEDI dopo la sua acquisizione nel 2020 da parte della famiglia Agnelli-Elkann, che ha venduto L’Espresso e molti giornali locali. Le acquisizioni sono avvenute anche tra i giornali di centro-destra. Antonio Angelucci ha recentemente acquistato Il Giornale dalla famiglia Berlusconi e sta negoziando l’acquisizione dell’AGI, la seconda più grande agenzia di stampa in Italia. La chiusura delle edicole testimonia la gravità della crisi dell’industria delle notizie italiana. Quasi 2.700 edicole sono scomparse in quattro anni, riducendo il numero totale a circa 13.500 nel 2023. Inoltre, la fine dell’obbligo di pubblicare informazioni su appalti e contratti pubblici sui giornali a partire da gennaio 2024 rappresenta una nuova sfida, con perdite di entrate stimate intorno ai 40 milioni di euro all’anno.

Conclusioni

Il rapporto di quest’anno mostra come gli editori di notizie si trovino nel mezzo di nuovi cambiamenti, facendo lievitare le pressioni sul giornalismo. Anche i giganti della tecnologia come Meta e Google stanno affrontando sfide da parte di rivali come Microsoft e nuovi concorrenti agili guidati dall’IA, modificando rapidamente il funzionamento dei loro prodotti con ripercussioni su un ecosistema delle notizie sempre più delicato.

Un “reset” delle piattaforme è in corso, con un maggiore focus sul mantenere il traffico all’interno e su format funzionali all’engagement, come i video. Le nuove piattaforme, con un pubblico più giovane, sono meno incentrate su testo e link rispetto alle piattaforme tradizionali, con contenuti creati da una moltitudine di creator piuttosto che da editori affermati.

Il traffico dai social media e dai motori di ricerca diventerà più imprevedibile nel tempo, ma uscire dalla dipendenza algoritmica non sarà facile. Mentre alcune testate continuano a ottenere buoni risultati in questo ambiente difficile, altre faticano a convincere le persone che le loro notizie meritano attenzione, per non parlare di pagare per le stesse.

L’interesse per le notizie è in calo, la percentuale di chi le evita è aumentata, la fiducia rimane bassa e molti consumatori si sentono sempre più sopraffatti e confusi dalla quantità di notizie. L’intelligenza artificiale potrebbe peggiorare questa situazione, creando una marea di contenuti di bassa qualità e media sintetici di dubbia provenienza. Questi cambiamenti offrono anche una speranza che alcuni editori possano stabilire una posizione più forte. Se le redazioni riusciranno a dimostrare che il loro giornalismo si basa su accuratezza, equità e trasparenza – e che gli esseri umani rimangono al controllo – è più probabile che il pubblico risponderà positivamente. Riconquistare il pubblico richiederà anche che gli editori ripensino i format e le modalità del passato; trovino modi per essere più accessibili senza banalizzare; riportino il mondo com’è, dando anche speranza; offrano prospettive diverse senza trasformarle in polemiche. In un mondo sovrabbondanza di contenuti e notizie, il successo sarà radicato nella capacità di distinguersi, diventando una destinazione per qualcosa che l’algoritmo e l’IA non possono fornire, rimanendo comunque accessibili tramite diverse piattaforme.

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