Il Digital services act, che oggi comincia l’iter legislativo come proposta di regolamento della Commissione europea, avrà molteplici gli impatti su utenti e su operatori digital. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una prima vera regolamentazione competitiva dei servizi digitali, con potenziali benefici su diversi fronti:
- dall’uso dei dati e la connessa tutela dei diritti fondamentali,
- a una maggiore responsabilizzazione degli operatori online.
Le novità pratiche del Digital services act
- A livello pratico, i c.d. “providers of hosting services” dovranno, ad esempio, mettere in atto meccanismi che consentano a qualsiasi persona (fisica o giuridica) di notificare la presenza di contenuti che questa consideri illeciti (le “piattaforme online” dovranno, inoltre, adottare le misure necessarie affinché gli avvisi presentati da chi ha ricevuto lo status di “trusted flaggers” siano trattati prioritariamente). Parallelamente, in caso di rimozione o disabilitazione dell’accesso a determinate informazioni, il provider dovrà fornire al destinatario del servizio una motivazione chiara e specifica relativamente a tali decisioni.
- Per quanto riguarda poi le piattaforme online, è richiesta la previsione di un sistema interno di gestione dei reclami relativi alle decisioni prese dalla piattaforma con riferimento ai contenuti illeciti o incompatibili con i propri termini e condizioni (quali, ad esempio, la rimozione del contenuto o la sospensione dell’account del destinatario).
- Per risolvere le eventuali dispute relative a tali statuizioni è riconosciuto al destinatario il diritto di rivolgersi a organismi certificati di composizione extragiudiziale delle controversie. Sempre avuto riguardo alle piattaforme online, la proposta di regolamento detta specifiche misure da adottare in caso di abusi, dedicando altresì particolare attenzione alle ipotesi in cui tali piattaforme consentano ai consumatori di concludere contratti a distanza con i professionisti.
- La proposta di Digital Services Act assoggetta le piattaforme online anche a degli obblighi di trasparenza in materia di pubblicità online, mentre ulteriori obbligazioni in tale ambito, così come nel caso di impiego di sistemi di raccomandazione, scattano solo per quelle di grandi dimensioni.
In conclusione
Insomma, si attendeva da tempo un intervento come quello annunciato oggi dalla Commissione Europea. Sono passati vent’anni dalla Direttiva sul commercio elettronico. Questo strumento non è da tempo più sufficiente il mondo trasformato dalle grandi piattaforme digitali.
L’anno del lockdown – come anche più di recente il down di Google – ci ha testimoniato senza possibilità di dubbio la forte dipendenza delle nostre vite e società dal digitale, che ora coincide o quasi con pochi grandi nomi.
Ecco che la proposta di regolamento è pensata affinché anche in Rete i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini dell’Unione possano essere vissuti ed esercitati in modo più sicuro e tutelato.
Questo obiettivo implica intervenire sui soggetti che oggi detengono una posizione dominante e riequilibrare la bilancia tra opportunità economiche, esigenze di innovazione e responsabilità giuridiche ed etiche.
Si è letto in questi giorni di istituzioni europee sotto pressione da lobby straniere del digitale. Le big tech fanno il loro lavoro, ma anche l’UE fa il suo. Non bisogna sempre demonizzare a priori i portatori di interessi qualificati, così come occorre avere più fiducia nelle istituzioni, partendo dalle nostre Autorità indipendenti, come il Garante Privacy e fino alle diverse istituzioni europee in campo.