La sfida della rivoluzione digitale nella ricerca storica si vince utilizzando l’eccesso di dati come leva metodologica per costruire e argomentare i temi a cui vengono ricondotti. Una metodologia che Natural Rights History, biblioteca e galleria digitale di fonti scritte e iconografiche sulla storia dei diritti e della concezione di umanità e natura, intende adottare per la comprensione del valore e del significato dei diritti umani contemporanei.
Rivoluzione digitale e ricerca storica
Per la ricerca storica, l’epoca (e la credenza) che con i big data si potesse fare una big history è ormai tramontata da un pezzo, inchiodata a una questione metodologica[i]: come governare l’elevata quantità di dati a disposizione per un’elevata qualità della ricerca? Come non soccombere di fronte alla miriade di dati solitamente ingovernabili e perlopiù eterogenei ed evitare di “citare qualcosa e costruire nulla”[ii], oppure di citare molto e non argomentare alcunché?
Ricerca storica: utilizzare l’eccesso di dati come leva metodologica
L’elevata quantità di dati compulsati non solo non corrisponde automaticamente a un’elevata qualità della ricerca, ma addirittura la ostacola, perché non facilita la costruzione e l’argomentazione dei temi e dei problemi di cui la storia è fatta, e in cui la storia consiste. Quel che è certo è che soccombere alla sfida significa nullificare un potenziale enorme, lasciando che un’accessibilità alle fonti mai così vasta costituisca un limite anziché un’opportunità senza precedenti per la ricerca storica[iii].
Per vincere la sfida, la lezione di un gruppo di storici della Stanford University guidati dal modernista Dan Edelstein, con il loro Mapping the Republic of Letters Project, rimane la strada da seguire[iv]: trasformare il limite in una forza, utilizzare l’eccesso di dati come leva metodologica, fare della massa quantitativa non il punto di arrivo, ma il punto di partenza per “tornare indietro”, e “dai dettagli” risalire “a osservare i contorni” (Edelstein et a. 2017, p. 408). Si tratta di adottare una nuova euristica in una nuova prospettiva ermeneutica: la miriade di dati rintracciabili all’interno delle fonti non sono il fine, ma il mezzo per una interpretazione migliore dei ‘contorni’ – cioè i contesti, i profili, i temi, i problemi, i case studies a cui quei dati vengono ricondotti.
Il Natural Rights History Project
Natural Rights History intende adottare questa metodologia. Si configura come una biblioteca e galleria digitale di fonti scritte e iconografiche sulla storia dei diritti e della concezione di umanità e natura (‘A Digital Library and Gallery for the History of Rights, Humanity, Nature’). Realizzata dalla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura all’interno del Progetto PNRR CHANGES (Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society) Spoke DiLAPh (Digital Libraries, Archives and Philology) in collaborazione col Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, sarà attiva entro il novembre 2025 all’indirizzo web ‘naturalrightshistory.medialibrary.it’.
Nel back-end, il patrimonio digitale di testi e immagini caricato tramite Coosmo, il servizio di Digital Asset Manager per la conservazione e la fruizione degli oggetti digitali mediante IIIF, viene ricondotto, attraverso il software per la gestione degli oggetti culturali Arianna4Work progettato e realizzato da Hyperborea, in due principali case studies: ‘Rights’ e ‘Human Nature’, i diritti e la concezione di umanità e natura. Il primo tema è a sua volta ricondotto a otto profili: ‘Man’, ‘Woman’, ‘Human’, ‘Nature’, ‘People’, ‘Society’, ‘Politics’, ‘Constitutionalism’. Questi sono i case studies presenti nel menù di navigazione e nei moduli che dominano la home page, nel front-end per la ricerca e la fruizione di risorse digitali e relativi metadati realizzato da MLOL.
L’accesso al patrimonio digitale
L’accesso al patrimonio digitale e l’opportunità di interrogarlo tramite OCR, resa possibile solo in seconda battuta, avvengono o tramite i case studies oppure tramite altre pagine apribili dalla sidebar (‘Sources’, ‘Authors’, ‘Areas’, ‘Events’, ‘Languages’) che rimandano sempre a essi, facendo in modo che testi, immagini e dati ricercati non siano mai fini a se stessi ma vadano sempre, in prima battuta, a costruire e argomentare il profilo a cui sono ricondotti: la storia dei diritti dell’uomo, della donna, dell’essere umano, delle genti o del popolo, oppure quella dei diritti naturali, sociali, politici o costituzionali, oppure ancora la storia della concezione di umanità e natura.
Le pagine apribili dalla sidebar del front-end sono il frutto della metadatazione nel back-end attraverso il sistema Dublin Core per la conservazione documentale e l’architettura condivisa per la descrizione degli oggetti digitali: la miriade di dati (autore, titolo, editore, anno, tipologia di fonte, luogo, lingua) viene compulsata in entità (soggetto, area geografica, area linguistica, periodo storico) in modo che i big data non si disperdano ma convergano in aggregazioni logiche per attinenza tematica, geografica, linguistica e storica, e vadano a costruire e argomentare i case studies. Quindi, attraverso le entità, che corrispondono alle voci nella sidebar, si può accedere e interrogare il patrimonio digitale, e le entità possono anche essere messe in relazione tra loro, ma sempre al servizio dei case studies a cui sono rimandati, per costruire e argomentare, per esempio, la storia dei diritti della donna in un determinato periodo storico e/o in una determinata area geografica e/o linguistica, o per esempio il contributo di quell’autore, volume o tipologia di fonte nella storia dei diritti naturali.
La costruzione di percorsi a scopo personale, didattico o di ricerca
Inoltre, Natural Rights History intende anche mappare e rendere visualizzabili i dati associati e incrociabili delle entità su grafici e cartine geografiche attraverso la geolocalizzazione del metadato, nella convinzione che quello cliometrico, se messo al servizio dei contesti, lungi dall’essere un mero esercizio statistico fine a se stesso sia uno strumento assai intrigante per la ricerca storica. Ecco perché alcune delle pagine apribili dalla sidebar saranno presenti anche come moduli nella home page in data visualization: senza sfociare in una “positivistica, cliometrica visione di supremazia computazionale”, non solo la cliometria costituisce l’evidenza che la miriade di dati confluisce nella costruzione e argomentazione dei profili tematici, ma fa in modo che “i metodi computazionali forniscano conoscenze innovative all’interno delle fonti” (Edelstein et a. 2017, pp. 408, 409)[v].
L’utente può costruirsi, attraverso le fonti scritte e iconografiche, dei percorsi a scopo personale, didattico o di ricerca (che si possono salvare attraverso le funzioni ‘register’/‘log-in’, ‘my desk’)[vi]. Questi percorsi, sia all’interno dei singoli profili (per esempio nella storia dei diritti del popolo o dei diritti sociali, anche per aree geografiche e/o linguistiche e/o per periodi storici) sia tra i profili che costituiscono il tema dei diritti (per esempio come, dove e quando i diritti dell’uomo sono diventati diritti umani, oppure come dove e quando i diritti della donna sono diventati diritti costituzionali), sono il nucleo portante di Natural Rights History.
Il modulo “Community”
Alcuni percorsi sono presenti e costituiscono un modulo in evidenza della home page, ma un altro modulo in evidenza è denominato ‘Community’ perché gli utenti sono invitati a contribuire, inviando i loro percorsi alla redazione web nelle modalità specificate (‘register’/‘log-in’, ‘proposal’): il comitato scientifico di Natural Rights History vaglierà la loro validità scientifica e verranno inseriti nel modulo dei percorsi tematici, naturalmente a firma dell’utente. Questo modulo verrà aggiornato ogni mese: i percorsi verranno così costruiti e argomentati dalla comunità scientifica che si vuole creare intorno a Natural Rights History.
Le proposte dell’utente possono non riguardare soltanto i percorsi, ma anche le fonti da inserire, scritte e iconografiche. La costruzione del portale ha previsto ampliamenti di ‘Sources’, ‘Authors’, ‘Areas’ e ‘Languages’ per dotarsi dei contributi partecipativi e rappresentare un centro virtuale di storia transnazionale sui diritti e sulla concezione di umanità e natura [vii]: Natural Rights History è pensato come luogo di aggregazione di ricercatori e studiosi, di insegnanti e studenti, di chiunque sia interessato alle radici e alle evoluzioni storiche dei diritti umani contemporanei.
La storia per il valore e il significato dei diritti umani contemporanei
La struttura fin qui descritta, in effetti, è pensata per rispondere alle esigenze e agli obiettivi di un preciso progetto scientifico: ‘History is the key to understanding contemporary human rights’. Questa è la proposta epistemologica che sostiene il progetto: la storia è il terreno fondamentale per la comprensione dei diritti umani, del loro valore e significato nel mondo contemporaneo.
Come nasce Natural Rights History
Natural Rights History nasce da una concezione evoluzionistica dei diritti, basata sulla convinzione che il moderno concetto di diritti umani sia frutto di una gestazione lunga secoli: in essa convergono non soltanto lo sviluppo delle discipline giuridiche, nel segno di una progressiva individuazione dell’essere umano come portatore di diritti, ma anche lo sviluppo delle discipline filosofiche e scientifiche, nel segno di una progressiva individuazione dell’idea e della concezione di umanità e di natura. Ecco il perché dei due case studies, ‘Rights’ e ‘Human Nature’, ed ecco il perché del fatto che nella pagina di accesso a ogni oggetto digitale del primo tema compaiono tra i ‘suggested’ gli oggetti digitali del secondo tema relativi al medesimo periodo storico (e viceversa): l’idea è che sia impossibile comprendere qualsiasi fonte, per esempio, sui diritti dell’uomo, senza considerare la concezione di uomo nel periodo storico in cui la fonte è stata realizzata (scritta o dipinta).
I diritti come come prodotti culturali
In Natural Rights History, infatti, i diritti sono concepiti non come semplici ‘oggetti giuridici’ ma come prodotti culturali sempre in relazione a una determinata concezione di umanità e natura a cui si riferiscono, e sempre vincolati a un determinato contesto storico, sociale, politico, istituzionale nel quale si esprimono e prendono forma, nella loro specificità ed evoluzione storica: questa concezione e ‘culturalizzazione’ dei diritti intende emergere nella descrizione della fonte che precede l’accesso all’oggetto digitale, valorizzata in prima battuta prima di poter interrogare l’oggetto digitale, in seconda battuta.
Questa concezione dei diritti, insieme ai big data dell’intero patrimonio digitale che confluiscono in entità per la comprensione dei ‘contorni’ scelti, cioè i due case studies e i rispettivi profili in costante dialogo fra loro, intende caratterizzare Natural Rights History rispetto a una biblioteca e galleria digitale: saranno infatti digitalizzate un centinaio di fonti presenti nella Fondazione Firpo e nella Fondazione Einaudi, due prestigiosi istituti torinesi per gli studi storici e politici nazionali e internazionali, ma perlopiù il portale si avvarrà di fonti già digitalizzate.
Cosa distingue Natural Rights History dalle altre biblioteche e gallerie digitali
A caratterizzare Natural Rights History rispetto alle altre biblioteche e gallerie digitali presenti sul web[viii], sarà allora il suo configurarsi come un portale tematico, in cui anche attraverso il costituirsi di una comunità scientifica e dei suoi contributi partecipativi è possibile scrivere, costruire e argomentare una storia globale dei diritti e della concezione di umanità e natura, attraverso percorsi storici utili e funzionali alla comprensione dei diritti umani contemporanei. Per comprenderne il valore e il significato attraverso la (loro) storia, ed evitare che una delle più grandi conquiste dell’umanità, una delle più straordinarie garanzie per l’individuo nel mondo moderno si nullifichi in un’ideologia non ben definita e non ben definibile. Un rischio, questo, che il filosofo della politica e del diritto Norberto Bobbio denunciava già più di trent’anni fa: “nonostante gli innumerevoli tentativi di analisi definitoria, il linguaggio dei diritti resta molto ambiguo, poco rigoroso e spesso usato retoricamente” (Bobbio 1990, p. 182). Un rischio che per certi versi si è già materializzato nel mondo moderno (Maurini, Motta 2022, pp. 4:1-4:2).
Bibliografia
[i] L’espressione è parafrasata da Edelstein et a. (2017, p. 401): “This was the old era of big history with big data”. Cfr. anche Grossman 2012. Sulla questione metodologica, cfr. Blevins (2015).
[ii] Jonathan Barnes in Grafton (2009, p. 322). Qui come in seguito, laddove il riferimento bibliografico in nota non prevede un’edizione italiana, la traduzione è da intendersi come mia.
[iii] Sulla questione, la letteratura è molto ampia. Qui ci si limita a rimandare a Cohen et a. (2008), Hitchcock (2008), Townsend (2010), Solberg (2012), Weller (2013), Jordanova (2014).
[iv] Cfr. http://republicofletters.stanford.edu/.
[v] Cfr. anche Moretti (2005).
[vi] Sull’importanza di questi percorsi per l’insegnamento della storia cfr. soprattutto Sibaja (2011), Kee (2014) e il convegno organizzato dall’AIUCD in Allegrezza (2019).
[vii] Sulla storia transnazionale cfr. soprattutto Hertzman (2009), Putnam (2016).
[viii] Per una panoramica sempre aggiornata, cfr. il Newsletter-Archiv di FakultätForschung und Digitales del Historisch-Kulturwissenschaftliche della Universität Wien: https://hist-kult.univie.ac.at/forschung-und-digitales/digitales/newsletter-archiv/.
Bibliografia
Allegrezza S. (a cura di), 2019, “Didattica e ricerca al tempo delle Digital Humanities”, Book of Abstracts, Ottavo Convegno Annuale AIUCD, 23-25 gennaio, Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale, Udine.
Blevins C., 2015, “The Perpetual Sunrise of Methodology”, in “Authoring Digital Scholarship for History: Challenges and Opportunities”, 129th Annual Meeting of the American Historical Association, AHA Session 158, New York City, January 4, http://www.cameronblevins.org/posts/perpetual-sunrise-methodology/.
Bobbio N., 1990, “L’età dei diritti”, Einaudi, Torino.
Cohen D.J., et a., 2008, “Interchange: The Promise of Digital History”, in “Journal of American History”, n.95(2), pp. 452–491.
Edelstein D., Findlen P., Ceserani G., Winterer C., Coleman N., 2017, “Historical Research in a Digital Age: Reflections from the Mapping the Republic of Letters Project”, in “American Historical Review”, n.122(2), pp. 400-424.
Grafton A., 2009, “Worlds Made by Words: Scholarship and Community in the Modern West”, Cambridge University Press, Cambridge, 2009.
Grossman J., 2012, “‘Big Data’: An Opportunity for Historians?”, in “Perspectives on History”, n.50(3), March, https://www.historians.org/publications-and-directories/perspectives-on-history/march-2012/big-data-an-opportunity-for-historians.
Hertzman M.A., 2009, “The Promise and Challenge of Transnational History”, in “A Contra Corriente: A Journal on Social History and Literature in Latin America”, n.1, 2009, pp. 305-315.
Hitchcock T., 2008, “Digital Searching and the Reformulation of Historical Knowledge”, in “The Virtual Representation of the Past”, ed. by M. Greengrass, L. Hughes, Ashgate, Farnham, pp. 81–90.
Jordanova L., 2014, “Historical Vision in a Digital Age”, in “Cultural and Social History”, n.11(3), pp. 343–348.
Kee K. (ed), “Pastplay: Teaching and Learning History with Technology”, University of Michigan Press, Ann Arbor.
Maurini A., Motta F., 2022, “Towards a History of Human Rights”, in “Journal of Interdisciplinary History of Ideas”, n.11(21) pp. 4:1-4:9.
Moretti F., 2005, “Graphs, Maps, Trees: Abstract Models for a Literary History”, Verso, London.
Putnam L., 2016, “The Transnational and the Text-Searchable: Digitized Sources and the Shadows They Cast”, in “American Historical Review”, n.121(2), pp. 377-402.
Sibaja R., 2011, “Teaching and Learning History in the Digital Age”, in “National History Education Clearinghouse”, March, http://teachinghistory.org/nhec-blog/24526.
Solberg J., 2012, “Googling the Archive: Digital Tools and the Practice of History”, in “Advances in the History of Rhetoric”, n.15, pp. 53–76.
Townsend R.B., 2010, “How Is New Media Reshaping the Work of Historians?”, in “Perspectives on History”, November, http://www.historians.org/publications-and-directories/perspectives-on-history/november-2010/how-is-new-media-reshaping-the-work-of-historians;
Weller T., 2013, “History in the Digital Age”, Routledge, Abingdon.