l'analisi degli studi

Digitale, l’insostenibile arretratezza dell’Italia: perché è un problema grave

Tra resistenze, ritardi e radicati problemi, l’Italia digitale arranca e crescono le diseguaglianze sociali e geografiche. Una situazione già insostenibile, resa ancora più grave dagli effetti della pandemia di Covid. Ecco perché il digital divide dovrebbe diventare un tema centrale nell’agenda, oltre l’annuncite

Pubblicato il 28 Lug 2020

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

digital divide

La cultura digitale degli italiani è una ferita aperta che deve preoccupare tutti. Ne va dei nostri diritti civili, sociali. Del nostro futuro.

Dopo il desolante quadro fornitoci dall’ultima edizione dell’indice europeo DESI, arriva anche il Rapporto annuale 2020 dell’Istat a restituirci la fotografia di un’Italia in cui la lotta al digital divide non riesce ad andare oltre gli annunci, con tutti i danni e le disuguaglianze che ne derivano.

Fa da coro il ritardo sulla partecipazione dei cittadini alla PA digitale, come denunciato dall’UN E-Government Survey 2020”, della scorsa settimana. 

Una situazione che, specialmente dopo il Covid, non si può più tollerare.

Dal DESI al rapporto ISTAT: la conferma dell’arretratezza

L’ultima edizione del DESI ha descritto un impietoso scenario da “medioevo digitale” per il nostro Paese, peraltro con l’aggravante di uno stallo “recidivo” dal punto di vista delle performance digitali monitorate negli Stati membri sin dalla pubblicazione del primo Report risalente al 2015.

In linea con il deludente risultato del “Capitale umano” descritto dal DESI che colloca l’Italia all’ultimo posto della classifica (perdendo addirittura posizioni rispetto alle precedenti edizioni), in ragione del preoccupante livello di analfabetismo digitale visto che solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base (rispetto al 58% nell’UE) e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base (a fronte del 33% nell’UE), adesso anche l’ISTAT, certifica tra le principali criticità nostrane anche il divario digitale geograficamente diffuso a “macchia di leopardo” con effetti negativi destinati a incrementare le diseguaglianze sociali esistenti, così aumentando il gap tra “cittadini di serie A” (inclusi digitali) e “cittadini di serie B” (esclusi digitali), a causa di un pericoloso deficit tecnologico caratterizzato da un radicato ritardo infrastruttuale-cognitivo in grado di frenare le prospettive di crescita di fronte a una già precaria situazione economica e produttiva del Paese, con un possibile crollo del sistema a discapito delle categorie più povere e meno istruite a rischio di esclusione digitale, sempre più ai margini della società.

In particolare, prendendo atto degli effetti della pandemia Covid-19 sulla vita quotidiana delle persone, il Rapporto descrive l’esistenza di una profonda situazione di arretratezza generale, che ha costretto il nostro Paese ad “affrontare questo shock partendo da una situazione di svantaggio consistente, in confronto agli altri paesi avanzati, non solo in termini di digital divide, ma anche di livelli di scolarizzazione e di marcate differenze territoriali”.

Digital divide, un ritardo che pesa sul futuro

In tale prospettiva, nonostante un aumento di consapevolezza, senza dubbio stimolata dalle condizioni di necessità e urgenza prodotte dal prolungato stato di emergenza, pesa “il ritardo del Paese in investimento in conoscenza” anche “in termini di recupero dell’economia”, con prospettive destinate ad avere ripercussioni sul futuro delle giovani generazioni, perché “il nostro Paese ha con fatica continuato a progredire nell’istruzione, nella diffusione di modelli organizzativi più avanzati e nell’uso delle tecnologie nell’economia, nella pubblica amministrazione e nella vita quotidiana degli individui”, senza però fare quel definitivo salto di qualità nell’ambito di una strategia progettuale in materia di innovazione digitale indispensabile per definire con lungimiranza proficue condizioni di benessere diffuso come fattore di sostenibile generale fruibile dalla collettività.

Il Rapporto ISTAT descrive “un rilevante ritardo” digitale dell’Italia, dal momento che il 20% delle persone non risulta utente di Internet “contro 11% della media europea”.

Significativo anche il fatto che solo il 22% degli utenti di 16-74 anni è in possesso di competenze digitali elevate “contro il 33% della media UE”.

Non raggiungono neanche il 40% “le famiglie in cui è presente almeno un‘internauta con competenze digitali elevate” e soltanto il “25,2% delle famiglie ha competenze digitali di base, mentre sono il 33% le famiglie con almeno un componente con competenze basse”.

Non sorprende quindi che secondo le Nazioni Unite nel rapporto recente, il nostro Paese sia passato dal 24esimo posto del 2018 al 37esimo posto sul fronte e-government, in particolare per colpa della scarsa partecipazione: due anni fa occupavamo la 15esima posizione, oggi scendiamo in 41esima.

Il punto è che gli altri Paesi galoppano, noi avanziamo a passo di lumaca per accesso (e usabilità) dei servizi online della PA: speriamo che i piani del Governo con il decreto Semplificazioni, intorno all’app IO, davvero facciano la differenza promessa nel 2021.

Si aggravano le diseguaglianze sociali e geografiche

Lacune gravi, problema urgente, se si pensa che secondo il Rapporto Istat, durante il periodo di emergenza Covid-19, “le famiglie che si sono trovate completamente sprovviste di internauti sono 6 milioni 175 mila (il 24,2% del totale)”, con particolare riferimento ai nuclei familiari costituiti “da soli anziani e quelle con un basso titolo di studio”.

Si delinea, peraltro, un preoccupante gap digitale tra Nord e Sud del Paese, dal momento che “la percentuale di famiglie in cui nessun componente usa internet tocca quasi il 30% al Sud e nei comuni fino a 2.000 abitanti”.

Eppure al Sud la copertura banda ultra larga è mediamente migliore.

Di fronte ad una situazione di profonda arretratezza digitale, emerge, in tutto il suo rilevante impatto negativo, il divario digitale come problema non solo tecnologico ma anche sociale, culturale e economico, perché la mancanza di reti a banda larga ultra veloci che garantiscano una connessione efficiente ad Internet e il ritardo culturale legato al basso livello di competenze digitali di base incidono in maniera molto grave sulla vita delle persone.

Come può sperare la Pubblica Amministrazione di avviare un processo di trasformazione digitale dei propri servizi, se dal lato dell’utenza che ne fruisce, mancano le competenze minime necessarie per sfruttare i vantaggi offerti dalle tecnologie?

A rischio i diritti fondamentali

Si delinea un grave deficit di tutela dei diritti fondamentali che impedisce alle persone anche la possibilità di cogliere nuove opportunità lavorative nel contesto di un rinnovato mercato del lavoro in cui aumenterà sempre di più la domanda di professionisti e di esperti del digitale.

A fronte di questo bisogno, non possedere competenze specialistiche digitali significa precludersi nuove opportunità lavorative, con conseguente incremento della disoccupazione a causa della contrazione dei lavori tradizionali, che avrà un peso molto grave nel sistema produttivo, senza consentire alle persone in possesso di elevate competenze digitali la possibilità di reinventare in modo tecnologico creativo le proprie attività da una dimensione tradizionale (che fino ad oggi con grande precarietà reggeva) ad una dimensione digitale innovativa che sarà sempre più indispensabile.

Conclusioni

Ecco perché il digital divide dovrebbe diventare un tema centrale nell’agenda politica, giuridica e istituzionale che richiederebbe un urgente adeguamento del quadro normativo esistente.

Occorre superare la “sindrome dell’annuncite”, e concretizzare una visione progettuale a lungo termine in grado di pianificare strategie digitali oltre il breve termine dell’emergenza, della necessità e della contingenza del momento.

Se il nostro paese vuole promuovere un processo di digitalizzazione efficace, occorre stimolare in maniera importante un cambiamento culturale prima, e poi giuridico e politico, senza il quale non saremo in grado di sfruttare i benefici offerti dal digitale, subendo soltanto gli svantaggi della Rete come “lato oscuro” di questa grande innovazione (violazione della privacy individuale, scarsa consapevolezza sull’uso di Internet, manipolazioni virtuali), senza però sfruttare gli straordinari vantaggi che la Rete offre.

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