Internet è la Rete che ci circonda e connota le nostre vite, il nostro modo di esperirle, le nostre relazioni e la nostra comunicazione. Tuttavia, essa può rappresentare anche lo scenario di dipendenze e esasperazioni che modificano e influenzano sensibilmente il corso di quelle stesse esistenze, contestualizzandole all’interno di criticità patologiche.
Una patologia, riconducibile all’uso del web, riconosciuta e inserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) è il cosiddetto IAD: Internet Addiction Disorder ossia il disturbo della dipendenza da Internet. Classificata come un disturbo del controllo degli impulsi, la IAD si declina in diverse forme e si palesa in altrettanti ambiti: dalla dipendenza da social network appunto, fino, nei casi più estremi, al cyberbullismo e alla pedopornografia on line.
Storia e definizione dell‘Internet Addiction Disorder
Il termine fu concepito nel 1995 dallo psichiatra Ivan Goldberg e utilizzato per la prima volta in un saggio satirico che trattava di soggetti che trascurano i loro obblighi familiari per fissare lo schermo di un PC, porta d’ingresso per un mondo virtuale[1].
Altra importante personalità nel panorama delle dipendenze da Internet è la statunitense Kimberly Young: psicologa ed esperta mondiale di quello sopracitato e di altre distorsioni comportamentali online, fu una delle prime a parlarne in un’intervista nel 1996.
Lo IAT (Internet Addiction Test)
Nelle fasi primigenie della diffusione Internet la Young ha elaborato lo IAT (Internet Addiction Test) con l’obbiettivo di valutare la possibilità fattuale di rischio psicopatologico legato al suo utilizzo: il questionario mirava a identificare chi trascorreva un tempo eccessivo sul web, fino a un massimo di 40/50 ore a settimana, con evidenti effetti nella vita reale come trascurare gli affetti e gli impegni quotidiani. Una volta ottenuto il punteggio, il soggetto avrebbe potuto valutare il proprio livello di dipendenza in base al profilo ottenuto e agire di conseguenza.
Indicatori e sintomi della dipendenza
L’individuazione della dipendenza in un soggetto a rischio non è immediatamente rilevabile, tuttavia è possibile notare alcuni indicatori che preconizzano la IAD[2]:
- la necessità irrinunciabile di trascorrere sempre più tempo in Rete per trarne gratificazione,
- la necessità di navigare per periodi temporalmente più estesi rispetto a quelli pianificati trascurando, come detto, gli impegni della vita reale, un bisogno causato dall’impossibilità di interrompere volontariamente l’utilizzo del web, obbedendo a dinamiche comportamentali sottese a ogni forma di dipendenza.
Tuttavia, risulta più critica la fase successiva alla disconnessione: proprio quando ci si disconnette insorgono ansia, depressione, agitazione psicomotoria e pensieri ossessivi che non permettono di pensare ad altro se non a cosa stia accadendo online: evidenti e inequivocabili sintomi di un’astinenza in corso. Tra gli atri sintomi si riscontra anche il mentire ai familiari riguardo l’utilizzo di Internet, continuare la navigazione nonostante i problemi fisici, emicrania, iper-sudorazione, tachicardia, crampi, bruciore agli occhi, denota un’attiva dipendenza causata da un uso disfunzionale e distorto del web.
Tappe della genesi e sviluppo dell’IAD
Sono state individuate tre tappe fondamentali che caratterizzano la genesi e lo sviluppo della IAD:
- tolerance: l’ossessione compulsiva per il web e per gli strumenti tecnologici in generale, che si palesa attraverso il controllo della posta elettronica e delle piattaforme social, obbedendo a dinamiche di continuità temporale;
- astinenza: ossia l’agitazione e il malessere che emergono quando non si è collegati; si rinuncia per esempio al normale ritmo circadiano veglia-sonno, oppure si utilizza la Rete per scopi personali anche durante l’attività lavorativa o scolastica, perdendo la capacità di scindere l’identità reale dal quella virtuale, disturbo diffuso soprattutto tra i nativi digitali;
- craving, o tossicomania: ossia il bisogno incontrollabile di collegarsi a Internet, che, se non viene soddisfatto, causa sofferenze fisiche e psicologiche, con rabbia, irritabilità, ansia e, nei casi più gravi, derealizzazione, ossia quel processo secondo cui il mondo reale viene percepito come un ostacolo all’esercizio, illusorio, dell’esistenza e dell’apparente onnipotenza virtuale[3].
I sintomi descritti hanno numerose affinità con quelli causati dall’abuso di sostanze stupefacenti e da altre dipendenze come il gioco d’azzardo o i disturbi di natura sessuale.
Dipendenze minori legate all’uso di internet
Esistono inoltre delle dipendenze minori legate all’utilizzo di Internet che si sviluppano in due fasi:
- Nella prima fase, detta di osservazione esplorativa, possono emergere processi compulsivi come il Net-gaming, lo shopping on line, la cyberporn addiction e l’information overload addiction, ossia il cosidetto sovraccarico cognitivo, che inibisce le capacità di attenzione, comprensione e valutazione, critica e consapevole, delle informazioni[4];
- nella seconda fase, detta relazionale/comunicativa, si rischia di attivare dipendenze di tipo cyber-relazionale, come la Social Network Addiction, la Chat Addiction e la CyberSex Addiction[5].
Elementi che contribuiscono alla psicopatologia
Sono state individuate quattro categorie di elementi che contribuiscono all’insorgenza di psicopatologie congiunte ad Internet:
- i disturbi psichici preesistenti causano, nel 50% dei casi, lo sviluppo della dipendenza: un passato di dipendenza multipla, condizioni psicopatologiche con disturbi depressivi, ossessivo-compulsivi, bipolarismo, compulsione sessuale, abuso infantile;
- condotte a rischio, come ad esempio un eccessivo consumo di alcool o sostanze stupefacenti, una riduzione delle esperienze di vita e delle esperienze reali,
- eventi di vita sfavorevoli, che inducono il soggetto a utilizzare Internet come via di fuga virtuale e valvola di sfogo per neutralizzare, almeno apparentemente, tali criticità;
- proprietà psicopatologiche tipiche della Rete, come le pulsioni di onnipotenza che, grazie all’illusione dell’anonimato internettiano, rischiano poi, nei casi più gravi, di sfociare nella creazione di “aberrazioni digitali” secondo logiche piramidali d’intensità: dalle false identità, fino al cyberbullismo e alla pedopornografia on line[6].
Quando, negli ultimi anni, gli esperti di settore hanno iniziato a parlare della Dipendenza da Internet come di un disturbo psichico vero e proprio, Goldberg[7] ha risposto criticamente affermando che l’esistenza di tale dipendenza è paragonabile come una qualsiasi altra forma di dipendenza: è possibile esagerare con ogni abitudine o attività, quindi considerarla una patologia indipendente da altre esasperazioni di questo tipo potrebbe essere un errore[8].
La diatriba clinica sulla IAD
I pareri degli esperti clinici, in questo senso, sono tra loro contrastanti: la IAD, infatti, viene ancora considerata una diagnosi sperimentale, inutilizzabile a fini legali e ancora subordinata alla necessità di studi approfonditi. In questo senso molti professionisti del settore sostengono che non possa essere considerata uno specifico disturbo psichiatrico, ma piuttosto un sintomo psicologico che può dipendere e intrattenere rapporti meccanicistici di causa-effetto con quadri clinici già esistenti, inoltre è fondamentale evidenziare che, alla base di tali situazioni di disagio, esiste una struttura emotiva molto fragile, in alcuni casi compromessa, causata dall’assenza di autostima, dall’incompetenza sociale (sfera relazionale), e dall’insorgenza regolare di pensieri ossessivi (sfera cognitiva)[9]. Insomma tale diatriba clinica si concentra sulla questione se l’utilizzo esagerato di Internet costituisca un disturbo fattuale: anche se il rapporto malsano di alcuni soggetti col web sembra impedire loro di condurre un’esistenza attiva e dinamica, non è chiaro se essa sia la causa eziologica o l’effetto del problema.
Meccanismi neurologici e psicologici che innescano l’abuso del web
L’abuso del web è innescato da meccanismi neurologici e psicologici legati al piacere: a livello cerebrale ciò è dovuto ad un maggiore rilascio di sostanze psicotrope psicoattivanti, e a livello mentale, dalla continua formazione di schemi compensatori che spingono il soggetto a un riutilizzo crescente della piattaforma.
Nel 2008, l’esponenziale diffusione di Facebook ha posizionato l’Italia al primo posto nel mondo per la percentuale più alta di incremento utenti rispetto agli altri social: le ultime stime ci dicono che nel nostro Paese più di 5.000 ragazzi sono considerati a rischio dipendenza, circa 8 adolescenti su 10 sono continuamente connessi ad un social network di cui aggiornano ossessivamente il profilo personale[10].
I rischi per i nativi digitali (e non solo)
Proprio i nativi digitali sono più spesso prede di questa moderna forma di dipendenza essendo ancora in una fase di formazione e costruzione dell’identità: trascorrono gran parte del loro tempo sul web per restare in contatto con il gruppo dei pari, unica istituzione socializzatrice reale a cui si dà ascolto, e nella ricerca di percorsi finalizzati alla costruzione di una spiccata personalità[11].
Tuttavia, i ragazzi non sono le uniche vittime dell’evoluzione tecnologica: se si valuta il tempo che un adulto trascorre davanti ad uno schermo, pc, smartphone o tv, si giunge a una complessiva porzione temporale di 8/9 ore al giorno, in questo modo rimane poco tempo per dedicarsi alle altre attività e alla cura delle relazioni personali.
Perché ricorriamo alla tecnologia quando abbiamo problemi o difficoltà
Ultimamente si tende a ricorrere alla tecnologia ogni volta che si presentano problemi o difficoltà: si preferisce rifugiarsi nella sicurezza, auto e eteroindotta, dell’online, o almeno nella sua rassicurante percezione, per sfuggire alle sensazioni di ansia, solitudine ed esclusione sociale tipiche della vita reale[12]. I social network hanno il potere di condurre l’utente alla neutralizzazione di tali criticità esistenziali: per questo motivo le dinamiche relazionali digitali con altri utenti fungono da inibitore della dell’esclusione sopracitata, catalizzando gratificazione, soddisfazione e rafforzamento del proprio ego.
Social Network addiction e Friendship addiction
Tale processo provoca una distorsione del vero significato del concetto di rapporto amicale, e può portare anche alla Social Network addiction e Friendship addiction, una vera e propria dipendenza da amicizia, o “amicodipendenza”, che spinge il soggetto a un uso compulsivo della piattaforma al fine di controllare nuove condivisioni o richieste da parte di possibili nuovi amici[13].
Le dinamiche psico-emotive che si originano concretizzano un surrogato esistenziale, una sorta di simulacro relazionale-virtuale che conferisce all’individuo una possibilità socializzatrice che inibisce il solipsismo e il timore dell’esclusione: tale situazione rappresenta il postulato che potenzialmente condurrà a sviluppare la dipendenza e quindi l’isolamento sociale e, di conseguenza, un sostanziale danno alle sfere lavorative, sociali, affettive e familiari nella vita reale.
Tali elementi possono stimolare l’insorgenza della IAD: quando l’utilizzo smodato di Internet riduce la qualità interattiva e relazionale dell’individuo, impedendogli anche di tener fede ai normali impegni quotidiani, allora ci potremmo trovare davanti ad un primo, importante sintomo della presenza della patologia, ma anche, specularemente, alla possibilità di poter agire.
Bibliografia
Bisacca E., Cerulo M., Scarcelli M. S., Giovani e social network. Emozioni, costruzione dell’identità, media digitali, Carocci, Roma 2024.
Goldberg, I. Internet addiction disorder. Diagnostic criteria. Internet Addiction Support Group (IASG) [en líena]. 1995.
Guerreshi C., New addiction, San Paolo Editore, Milano 2005.
Janiri L., Caroppo E., Pinto M., Pozzi G., Impulsività e compulsività: Psicopatologia emergente, Franco Angeli, Milano 2006.
Perrella R., Caviglia C., Dipendenze da internet. Adolescenti e adulti, Maggioli, Rimini 2014.
Scurti P., Internet Addiction Disorder. Social, emozioni e identità alternative, Franco Angeli Milano 2024.
Young K., Internet Addiction: The Emergence of a New Clinical Disorder, CyberPsychology and Behavior, 1996.
Zanon I., Bertin I., Fabbri Bombi A. et al., Trance Dissociativa e internet dipendenza: studio su un campione di utenti della rete, Giornale Italiano di Psicopatologia, VIII 2002.
Kırcaburun, K., Alhabash, S., Tosuntas, S, Griffiths, M.; “Uses and gratifications of problematic social media use among university students: A simultaneous examination of the big five of personality, social media platforms and social media use motives”; 2020.
Fabris, M.A., Marengo, D., Longobardi, C., Settanni, M.; “Investigating the links between fear of missing out, social media addiction, and emotional symptoms in adolescence: The role of stress associated with neglect and negative reactions on social media”; 2020.
Note
[1] Goldberg, I. Internet addiction disorder. Diagnostic criteria. Internet Addiction Support Group (IASG) [en líena]. 1995.
[2] Young K., Internet Addiction: The Emergence of a New Clinical Disorder, CyberPsychology and Behavior, 1996.
[3] Scurti P., Internet Addiction Disorder. Social, emozioni e identità alternative, Franco Angeli Milano 2024.
[4] Guerreshi C., New addiction, San Paolo Editore, Milano 2005.
[5] Si consulti https://mimulus.it/iad-internet-addiction-disorder/
[6] Scurti P., op. cit.
[7] Goldberg, I. op. cit.
[8] Scurti P., op. cit.
[9] Zanon I., Bertin I., Fabbri Bombi A. et al., Trance Dissociativa e internet dipendenza: studio su un campione di utenti della rete, Giornale Italiano di Psicopatologia, VIII 2002.
[10] Fabris, M.A., Marengo, D., Longobardi, C., Settanni, M.; “Investigating the links between fear of missing out, social media addiction, and emotional symptoms in adolescence: The role of stress associated with neglect and negative reactions on social media”; 2020.
[11] Janiri L., Caroppo E., Pinto M., Pozzi G., Impulsività e compulsività: Psicopatologia emergente, Franco Angeli, Milano 2006.
[12] Si consulti https://www.insidemarketing.it/utenti-tempo-libero-davanti-allo-schermo/
[13] Kırcaburun, K., Alhabash, S., Tosuntas, S, Griffiths, M.; “Uses and gratifications of problematic social media use among university students: A simultaneous examination of the big five of personality, social media platforms and social media use motives”; 2020.