L’industria del gioco d’azzardo online non sembra conoscere crisi. Anzi, la facilità di accesso, l’anonimato e la possibilità di giocare 24 ore su 24 hanno contribuito a trasformarlo in un fenomeno di massa. Tuttavia, dietro l’apparente innocuità si celano rischi gravi e spesso sottovalutati.
La dipendenza dal gioco d’azzardo online rappresenta, infatti, una sfida complessa che coinvolge diversi aspetti: dalla regolamentazione alla psicologia, passando per le strategie di prevenzione. Un viaggio nell’universo del gioco d’azzardo online che svela le dinamiche nascoste e i pericoli insospettabili di una realtà tanto affascinante quanto inquietante.
Il gioco d’azzardo online: origine e diffusione
La dipendenza da gioco d’azzardo, detta anche ludopatia, costituiva un sintomo degno di attenzione clinica da ben prima dell’invenzione di Internet. In effetti, lo stesso Freud ne scriveva già a suo tempo, in alcuni dei suoi testi. Nel 1980, è stata ufficialmente stigmatizzata come una problematica psicopatologica dall’Associazione degli Psichiatri Americani che l’ha denominata gambling. La diffusione su vasta scala dei giochi online e dei casinò online l’ha resa ancor più frequente. Un gambler si pone sovente in condizioni di sfilacciamento dei legami sociali e affettivi, tende a forme di degradazione estrema della propria esistenza che giungono fino alla dilapidazione drammatica dei propri patrimoni.
La dimensione aleatoria del gioco
Fin dall’antichità, gli esseri umani si sono sempre cimentati in varie configurazioni dell’attività ludica: queste si imperniavano tanto sull’abilità quanto sulla competizione sportiva il cui prototipo erano i giochi olimpici quanto su giochi dalla componente prevalentemente aleatoria. A quest’ultimo proposito, si pensi alle scommesse delle noci nei piccoli dell’antica Roma, al lancio dei dadi, a testa o croce, alle lotterie; questi giochi avevano pure la funzione di conoscere la presunta volontà divina che avrebbe orientato la sorte.
I latini ne conoscevano la pericolosità della quale già scriveva Ovidio nel suo Ars amandi: “Così ai dadi il giocator perdente, per non restare in perdita, continua a perdere”.
Per questo, il diritto romano ne aveva normati soltanto alcuni come legittimi e fra questi, oltre a quelli già citati, vi era il gioco della morra. Si rammentino culture come quella napoletana secondo la quale si riceverebbero indicazioni sui numeri che verranno estratti al Lotto tramite i propri sogni; si ricordino i giochi di carte che funzionano completamente a random oppure il divertimento nelle tombolate natalizie. Sfidare la sorte, affidarsi al caso, provare a padroneggiare l’imponderabile ha sempre infiammato la passione umana divenendo un fattore di eccitazione.
Gioco d’azzardo e senso di colpa
Le testimonianze di persone che vivono una certa problematica ci insegnano spesso più dei trattati di psichiatria e psicopatologia. Per questo apprendiamo molto sulle psicosi tramite un libro scritto da un soggetto psicotico e molto sull’anoressia grazie a un reel su Instagram di una ragazza affetta da disturbi alimentari.
“Il giocatore” di Dostoevskij
Ripercorriamo allora brevemente il celebre e coinvolgente romanzo autobiografico di Dostoevskij intitolato “Il giocatore”, ambientato nell’immaginaria cittadina tedesca di Roulettenburg. L’autore, attraverso la figura del giovane precettore Aleksej, descrive il proprio senso di colpa e la propria dipendenza da roulette, fiches e casinò con cui si ripromette di smettere definitivamente salvo rinviare tale decisione ogni volta all’indomani. Molto cambia nella vita dei personaggi della famiglia nella quale Aleksej lavora come precettore; cambia anche la situazione della donna da lui adorata tanto da rendere finalmente possibile questo incontro d’amore ma il protagonista, con la propria ludopatia, si mette nelle condizioni di mantenere l’irrealizzabilità del proprio amore e di ripetere il proprio avvilente senso di colpa.
Freud stesso dedica uno scritto a “Dostoevskij e il parricidio” e interpreta l’attività frenetica delle mani del giocatore d’azzardo come una dimostrazione di quanto le dipendenze in generale e, soprattutto, quella dal gioco patologico siano un sostituto della masturbazione infantile con il senso di colpa correlato a questa pratica.
Lo spostamento del gioco d’azzardo verso l’online
Mi sono trovato a lavorare con la dipendenza da giochi d’azzardo una ventina d’anni or sono, quando avevo un incarico come psicologo in un Servizio per il trattamento delle Dipendenze nell’ambito di un’istituzione pubblica della Regione Lombardia che aveva attivato uno specifico progetto sul gambling. Le situazioni che incontravamo prescindevano ancora da Internet: concernevano la frequentazione di agenzie ippiche dove scommettere sulle corse dei cavalli, di locali dove trascorrere ore alle slot machines e quella dei tavoli verdi al casinò; riguardavano l’organizzazione di bische clandestine e il contrarre enormi debiti con organizzazioni mafioso-delinquenziali per ripagare le proprie perdite di danaro. Una percentuale non esigua dei casi seguiti frequentavano anche gruppi di auto-aiuto come Giocatori Anonimi, corrispettivo della più nota Associazione Alcolisti Anonimi, sorta negli Stati Uniti dove fu la prima organizzazione di self-help.
Più saltuariamente, negli anni successivi, ho incontrato nel mio studio uomini con questa forma di dipendenza senza sostanze inebrianti che trovavo per molti versi analoga a quella incontrata con alcune mie pazienti donne: la dipendenza da shopping compulsivo. Come il comperare compulsivamente oggetti dallo scarso valore effettivo si spostava fra le ragazze sulle maggiori piattaforme d’acquisto online così la ludopatia si verificava anche e soprattutto nel mondo digitale. Non che non vi siano più problemi correlati al gambling nei casinò o nelle bische illegali ma questi si vanno via via affiancando alla ludopatia online, anche come conseguenza dell’attivazione dei siti dei vari casinò. Tale problematica risulta in via di incremento esponenziale nella nostra era digitale.
La funzione clinica dei videogiochi
Abbiamo già scritto qui, nell’articolo Digitale amico dell’autismo del febbraio 2020, quanto si dimostrino d’aiuto nel trattamento clinico e nella relazione educativa con ragazzi autistici i dispositivi digitali in generale e, fra questi, i videogiochi. Testimonianze come quella dell’adolescente autistico francese Théo Fache, che ha instaurato molti legami giocando a videogames quali Fortnite, sono di enorme insegnamento. In questi anni, del resto, si moltiplicano i progetti volti a ripensare i videogiochi come strumento terapeutico anziché considerarli soltanto un problema che causerebbe dipendenza dalla Play Station e da varie consolle o esplosioni di aggressività data dall’identificazione con immagini violente dei videogames. Sorgono attività come quelle degli Edugamers: educatori, psicologi, operatori sociali esperti del gaming, che giocano con i ragazzi in contesti appropriati quali le biblioteche e le ludoteche.
L’assunto fondamentale in questi termini sta nel fatto che i dispositivi digitali e, soprattutto, i videogiochi costituiscono uno strumento di autoregolazione padroneggiabile e, dunque, disangosciante. In particolar modo nell’adolescenza, periodo dell’esistenza nel quale avviene una ristrutturazione del proprio carattere, offrono una via di costruzione dell’identità attraverso gli avatar e i personaggi di fantasia dei quali viene assunto il ruolo.
Quando il gioco d’azzardo diventa dipendenza
A prescindere dai periodi di confinamento della primavera 2020 e dalle serate di coprifuoco dell’autunno successivo, che hanno evidentemente incrementato questo spostamento online del gioco d’azzardo, erano già diffusi giochi come Texas Hold’Em Poker in forma gratuita. Si possono ricordare “Campo minato” e “Solitario” con i quali si trascorrevano momenti del tempo libero quando sono entrati i personal computer nelle case della maggior parte delle persone, alla fine degli anni Ottanta.
Di fatto, la comodità di accedere alla schermata seduti sulla poltrona o sdraiati sul divano della propria abitazione, ha facilitato l’ampliamento del numero di persone che giocano online; fra questi, molti giocano d’azzardo anche in quanto non si devono recare in luoghi maggiormente connotanti quali i casinò o in contesti pericolosi come le case da gioco clandestine. Diversi clinici sostengono che l’immaterialità dei pagamenti, effettuati con carte di credito o con apposite App, sia uno dei fattori per i quali chi è schiavo di questa addiction sottostima il problema che noterebbe maggiormente se pagasse con proprie banconote.
Alcuni, di solito soggetti di giovane età che sono studenti o disoccupati, risultano completamente assorbiti dalla frenesia del giocare online giorno e notte sino a ritirarsi dalle relazioni offline e a divenire hikikomori. La passione per i videogames, di solito, non implica un particolare dispendio economico, salvo quando concerne il gioco d’azzardo patologico online. Noti casi di cronaca relativi al mondo del calcio hanno recentemente portato all’attenzione dell’opinione pubblica la dipendenza dalle scommesse online che configura una vera e propria ludopatia con esborsi economici effettivamente ingenti.
Accessibili a tutti, persino a bambini, questi giochi diventano a volta una sorta di esca per continuare a giocare acquistando skills, fiches allo stesso modo dell’acquisto di followers su Instagram. A quel punto non si tratta più del piacere del gioco, non abbiamo più a che fare con un momento ricreativo ma con un’attività centrale nell’esistenza del soggetto. A qualunque costo.
Molte istituzioni pubbliche e diverse associazioni del privato sociale si sono attivate per fornire aiuto clinico a chi reitera in modo problematico queste modalità.
I videogiochi gratuiti come esca
Non è facile stimare la diffusione del gambling come fenomeno clinico in quanto, analogamente ad altre forme di addiction quale quella dagli alcolici, la legalità di queste pratiche conduce sovente chi vi è dedito a sottovalutarle se non giunge a livelli estremi tra i quali il contrarre debiti per pagare i costi di questa dipendenza.
Uno studio, recente ma condotto prima di quell’evento spartiacque che è stato il lockdown, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa su adolescenti italiani tra i 15 e i 19 anni che hanno giocato almeno qualche volta d’azzardo riporta questi dati: il 62% gioca offline mentre soltanto il 15,6% gioca online; tuttavia, oltre il 20% dei giocatori online si caratterizzano come gamblers, dato che si riduce fino al 4% per quanto concerne i giocatori offline.
Molto ampia e successiva alla pandemia è una ricerca svolta nella Confederazione Elvetica, nazione da sempre caratterizzata dalla diffusione e dall’impatto dei casinò che, come scritto poc’anzi, propongono ormai giochi fruibili online. Ricercatori attivi nella Svizzera francese e che fanno parte dell’organizzazione Addiction Suisse, nel Canton Vaud, hanno svolto un ampio studio in collaborazione con membri dell’E-Games International Research Network di altri paesi come Francia, Germania e Canada a proposito di giochi online free-to-play. Essi avevano già constatato un incremento del gioco d’azzardo online sin dal 2018; il periodo delle restrizioni dovute all’emergenza coronavirus ha ovviamente incrementato tali modalità. Quest’ultima specifica ricerca ha riguardato giocatori e giocatrici che navigavano su siti di videogiochi free-to-play, gratuiti, salvo poi effettuare almeno una volta pagamenti nel corso del momento ludico. I siti free-to-play vengono utilizzati da persone di ogni età avendo acquisito una certa popolarità oltre a essere facilmente fruibili.
Dopo l’accesso al livello base del gioco, in particolar modo dopo una sconfitta, il partecipante si sente stuzzicato dalla proposta di incrementi di livello, di skills, di potenzialità che richiedono transazioni dagli oneri spesso minimi. Evidentemente, quando il gioco online si colloca in una dimensione di dipendenza dall’azzardo, costituisce un esborso ingente l’effettuare tali transazioni ogni giorno e anche diverse volte al dì. La suddetta ricerca ha coinvolto 1.414 persone svizzere, di età compresa fra i 18 e i 79 anni, che avevano giocato online nell’anno 2021 e 794 persone che, nello stesso periodo, avevano effettuato pagamenti dopo aver iniziato un gioco free-to-play: si tratta dunque di una ricerca eccezionalmente estesa e per questo attendibile. Tra i motivi dichiarati del passaggio al pagamento, il 70% degli intervistati riferiva il “servirsi al meglio del gioco” e il 42% il “poter continuare a giocare”. Si tratta quasi sempre di microtransazioni in quanto soltanto il 4% degli intervistati riferisce di effettuarne per cifre superiori ai 50 CHF; perciò, numerosi intervistati sottolineano di non rendersi neppure conto dell’ammontare dei costi che tuttavia, alla fine dell’anno, ammontano a migliaia di CHF e al valore analogo a quello di un’autovettura nuova.
La psicologia dietro la dipendenza dal gioco d’azzardo online
La dipendenza dall’azzardo online si verifica dunque quando un gioco che dovrebbe risultare rilassante e divertente, svolto in forma gratuita o con un esiguo dispendio economico, diviene motivo di tensione, di crisi di rabbia o d’angoscia; questo spinge a ingaggiarsi sempre di più in tale pratica che viene vissuta come una sorta di seconda professione e come un momento centrale della propria esistenza. Altri giochi, altre relazioni, la stessa propria effettiva professione risultano allora attività inappaganti, annoianti e il soggetto non vede l’ora di concluderle per poter stare di nuovo dinanzi allo schermo. Quello che maggiormente caratterizza questa forma di addiction è la reiterazione dei meccanismi alla base del gioco: aprire il computer o lo smartphone, connettersi al sito di scommesse o d’azzardo, puntare una cifra nella speranza di conseguire una vincita, sconfortarsi con una certa rabbia quando sopraggiunge una sconfitta, non riuscire a distogliersi dallo schermo (come avviene dunque nel 42% che avverte l’esigenza di continuare a giocare) e puntare di nuovo non senza nervosismo e fatalismo.
Chi gioca d’azzardo online, anziché prendersi qualche momento di pausa nel quale distrarsi e investire le proprie energie su altre attività, avverte questa sorta di compulsione a proseguire nelle puntate alzando progressivamente la posta nella malcelata e irrazionale speranza di recuperare quanto è andato perduto (come nel 70% che intende servirsi al meglio del gioco). Tale reiterazione va disgiunta da una ripetizione inconscia che avviene quando l’inconscio vuole affermare qualcosa e lo ribadisce con lapsus ricorrenti o con sogni nei quali si rintraccia sempre uno stesso canovaccio fondamentale. Si tratta piuttosto di riempire in questo modo un vuoto che potrebbe dimostrarsi allarmante, angosciante; di riempirlo con una routine che permette di scacciare pensieri, preoccupazioni, dubbi, tensioni e interrogativi inquietanti. Incorrere in un dispendio di danaro risulta sempre meno drammatico del trovarsi confrontati con un vuoto spaventoso e che mette in allerta. Risulta più facile, rassicurante, restare davanti allo schermo venendo travolti da questa dipendenza che trasforma un hobby gratuito in un gioco autolesionistico.
Conclusioni
La legalità del gioco d’azzardo online e la sua totale accessibilità portano molte persone a sottovalutarne la pericolosità. Le attività ludiche online, proposte a un primo step in forma gratuita, contribuiscono a incuriosire chi le svolge e a coinvolgerli nella dimensione aleatoria iniziando da transizioni di esiguo valore. Per le cura di questo insidioso sintomo vengono proposti trattamenti ambulatoriali, negli studi privati e finanche nelle Comunità in un modo analogo a quanto avviene con chi ha problemi di tossicodipendenza; al cuore di questi trattamenti vi è sovente il recupero di legami familiari e affettivi il cui deteriorarsi risulta strettamente intrecciato con questa forma di addiction.
Bibliografia
F. Dostoevskij (1866), Il giocatore, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2014.
S. Freud (1928), Dostoevskij e il parricidio in Opere, Volume 10, Bollati Boringhieri, Torino, 1989.
Istituto Fisiologia Clinica CNR Pisa, L’azzardo del gioco d’azzardo (cnr.it)
L. Notari, J. Vorlet , H. Kunedig, (2023) Les jeux vidéo Free-to-Play : entre jeux vidéo et jeux de hasard et d’argent – Addiction Suisse
Ovidio, L’arte di amare. Classici Oscar Mondadori, 2020.