proprietà intellettuale

Diritto d’autore e opere create dall’AI, prove tecniche di tutela: le questioni aperte

L’intelligenza artificiale può creare opere suscettibili di proprietà intellettuale? La questione apre numerosi interrogativi. Vediamo il caso recente della Creativity Machine

Pubblicato il 17 Mar 2022

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale

A_Recent_Entrance_to_Paradise

La pubblicazione e diffusione del provvedimento in data 14 gennaio 2022 con cui il Copyright Office di Washington DC ha respinto, per la seconda volta, la domanda di registrazione del copyright su un prodotto artistico bidimensionale suscettibile di essere incluso fra le arti figurative, dal titolo “A Recent Entrance to Paradise” ha suscitato grande interesse da parte degli esperti per comprendere se, e in quale misura, lo sviluppo della tecnologia di intelligenza artificiale possa generare opere suscettibili di proprietà intellettuale non ascrivibili all’essere umano.

Tale lavoro è stato realizzato con l’impiego di un apparato (la “Creativity Machine”) appartenente al signor Steven Thaler che – secondo le stesse sue dichiarazioni nel rivendicarne la registrazione in qualità di proprietario – è stato prodotto dalla macchina di cui sopra “autonomamente”. Ciò è avvenuto, infatti, attraverso l’implementazione di un algoritmo caricato sulla Creativity Machine la quale ha generato il prodotto finale[1] con l’impiego dell’intelligenza artificiale (“IA”).

Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale: come promuovere innovazione e certezza del diritto

La peculiarità di questa attività, volta alla realizzazione di opere “nuove e originali” non ricollegabili direttamente al cervello umano, apre le porte a numerose questioni che – come spesso accade – sono il frutto dell’impetuosa evoluzione tecnologica dei nostri tempi della quale le norme di legge non hanno potuto prevedere la nascita al tempo in cui esse hanno fissato le condizioni affinché alla loro produzione conseguisse il riconoscimento di determinati diritti; in questo caso i diritti d’autore sui lavori creativi che non sono direttamente riconducibili all’uomo.

Il precedente del macaco Naruto

Il tema di cui ci occupiamo oggi non è del tutto nuovo al panorama giuridico attuale in quanto, come si ricorda nel parere dello studio legale incaricato dal Copyright Office nel caso Thaler, già in passato i tribunali statunitensi si erano pronunciati sulla tutela di opere dell’ingegno non attribuibili agli esseri umani, come è accaduto nel caso – che fece scalpore nell’anno 2015 – delle fotografie scattate dal macaco Naruto, dopo che il fotografo inglese David John Slater aveva lasciato (deliberatamente) incustodita una “camera” che la scimmia ha preso e utilizzato per scattare alcune immagini.

Fra questi scatti, vi erano alcuni “selfie” del macaco Naruto, dotati di tale spontaneità e naturalezza, oltre che di qualità e definizione dell’immagine, che Slater decise di inserirli in una propria raccolta di fotografie artistiche, facendole pubblicare dall’editore statunitense Blurb Inc.. A fronte di questo sfruttamento dell’opera della scimmia, la P.E.T.A (People for the Ethical Treatment of Animals) e un’altra associazione animalista la Wildlife Personalities, si sono rivolte al giudice per fare cessare l’abusivo sfruttamento delle fotografie di Naruto e per ottenere il riconoscimento del copyright in capo a loro, rivendicandone la titolarità in qualità di rappresentanti dell’autore, come pure i ricavi che Slater e l’editore Blurb avevano ottenuto da tali sfruttamenti.

La tesi avanzata in giudizio da P.E.T.A., in particolare, si basava sul fatto che il macaco Naruto aveva imparato a utilizzare gli apparecchi fotografici osservandone l’uso fattone dagli esseri umani, ascoltando il funzionamento dei meccanismi di tali apparati e sperimentandone l’uso, così da dare vita a “azioni indipendenti ed autonome” – non dissimilmente da quanto accade con l’impiego dell’IA nel caso della Creativity Machine – sfociate nello scatto dell’otturatore e, di conseguenza, nella creazione delle immagini recanti l’autoritratto della scimmia.

Con le “Civil Minutes” del 6 gennaio 2016, il giudice William Orrick del Northern District of California[2], presso la Federal Court di San Francisco, ha anticipato i termini della sentenza con cui egli ha accolto la domanda di rigetto del ricorso, avanzata dai convenuti, il fotografo inglese David Slater e l’editore statunitense Blurb, Inc.. La motivazione data dal giudice statunitense prende spunto da una precedente decisione risalente all’anno 2004 (20 ottobre) nella causa fra “The Cetacean Community contro George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti d’America e altri”, nella quale il giudice Fletcher del Nono Circuito delle Corti d’Appello statunitensi osservò, fra l’altro che “se il Congresso e il Presidente avessero inteso intraprendere il passo straordinario di autorizzare gli animali, al pari delle persone fisiche e giuridiche ad agire in giudizio, avrebbero potuto, e dovuto, stabilirlo con chiarezza”[3].

Inoltre, il giudice Orrick, nel fare riferimento al “Compendio della prassi dello U.S. Copyright Office” pubblicato nel 2014 e al fatto che i tribunali della nazione in tale materia per giurisprudenza consolidata devono fare riferimento alle decisioni di tale organo in materia di opere tutelate dal diritto d’autore, ha rimarcato il fatto che in base a tale documento la registrazione dell’opera a favore degli aventi causa da Naruto dovesse essere negata, in quanto essa era esclusa con specifico riferimento a domande relative a “natura, animali o piante”. Nel concedere la “motion to dismiss” al fotografo, il tribunale ha soggiunto che Naruto non può essere considerato un autore ai sensi del Copyright Act per cui, in assenza di tale attribuzione di legge, la domanda formulata dagli attori non potesse che essere rigettata.

Giova notare che, in precedenza a tali fatti, lo stesso Slater aveva visto respinte dal Copyright Office di Washinton DC le proprie istanze di riconoscimento dei diritti di privativa sulle immagini scattate dalla scimmia Naruto, utilizzando la macchina fotografica dallo stesso lasciata incustodita, uscendo quindi egli stesso sconfitto nel riconoscimento della paternità dell’opera. Questa precedente vicenda aveva visto contrapposti, di fronte al Copyright Office, Slater, la “Wikimedia Commons” e il blog “Techdirt”, i quali ultimi avevano ripreso e messo a disposizione del pubblico le immagini della scimmia Naruto dopo la loro prima pubblicazione su un giornale, avvenuta nell’anno 2011, e per le quali lo stesso fotografo naturalista aveva chiesto invano la registrazione del copyright.

Opere creative realizzate dall’IA: gli interrogativi

Se, quindi, come sopra visto, già da tempo si pone il tema della tutela delle opere prodotte da esseri non appartenenti al genere umano, la possibilità di attribuire a una macchina dotata di IA, non tanto il risultato, quanto la paternità, di un manufatto creativo, genera interrogativi non molto dissimili e non meno complessi di quelli che abbiamo sopra brevemente tratteggiati per le fotografie scattate da una scimmia.

Quali ulteriori riflessioni, quindi, possiamo trarre dal ragionamento che sostiene la carenza normativa di una possibile tutela per le opere create da esseri non umani?

Un primo spunto in proposito è stato fornito dagli avvocati del Thaler negli atti sottoposti al Copyright Office di Washington DC. Essi affermano infatti che il rifiuto di registrazione del lavoro “A Recent Entrance to Paradise” a favore del proprietario della Creativity Machine costituirebbe una decisione incostituzionale, poiché il requisito della c.d. “creazione umana” non sarebbe sostenuto né dalle norme di legge, né dalla giurisprudenza in materia. Inoltre, secondo la parte istante, i programmi generati da computer ben possono essere attribuiti a persone giuridiche le quali ne risultano autrici.

Le norme vigenti nell’ordinamento giuridico internazionale

Se ci soffermiamo su questi punti fondamentali per analizzare la questione sotto il profilo delle norme vigenti nell’ordinamento giuridico internazionale, comunitario europeo ed interno al nostro paese, non ci può sfuggire il fatto che, prescindendo per un attimo dalla notazione di base svolta dal Copyright Office circa l’assenza nel caso di specie di un contributo umano alla realizzazione dell’artwork da parte dell’IA, è necessario risalire all’origine delle norme in materia di diritto d’autore, le quali hanno stabilito che l’intervento dell’uomo sia necessario al fine di dare vita a un’opera creativa tutelabile.

Prendendo le mosse dalla Convenzione dell’Unione di Berna[4] (CUB), il trattato su cui si fondano le disposizioni in materia di diritto d’autore a livello planetario, notiamo che esse non stabiliscono un deciso collegamento fra autore e opere protette[5], pur stabilendosi che la paternità dell’opera e gli inerenti diritti patrimoniali spettino agli “autori” (vedi gli artt. 2, 3, 6-bis)

Anche nelle dichiarazioni comuni contenute nel successivo Trattato WIPO / OMPI del 1996, all’Art. 2 troviamo definito l’”oggetto della protezione del diritto d’autore”[6] norma che, senza stabilire chi possa o debba essere autore delle opere tutelate, esclude dal loro novero “le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali”.

Anche i TRIPS, il trattato sui “Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights” (1994, Uruguay Round, emendato con il Proitocollo del 2005), l’accordo fra tutte le nazioni del World Trade Organization (WTO) che fissa standard minimi per la tutela della proprietà intellettuale, non sembrano essere decisivi nel chiarire questo punto. All’Art. 9[7] i TRIPs stabiliscono che, ferma restando la vigenza delle norme della CUB che disciplinano la materia – al secondo comma – ribadiscono quanto poi statuito dal Trattato WIPO sopra ricordato, cioè che “la tutela del diritto d’autore si estende alle espressioni e non alle idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali”. Nulla si dice anche qui in merito a chi debba essere considerato autore di una delle opere tutelate[8].

Neppure la Direttiva 2001/29/CE (c.d. Direttiva Infosoc o Copyright) definisce esplicitamente la figura dell’autore delle opere protette. A un esame più approfondito del suo testo, notiamo che al Recital n. 55 essa introduce invece un concetto che amplia il tradizionale criterio di identificazione del creatore dell’opera con l’“essere umano”, proprio in relazione allo sviluppo tecnologico, prevedendo, da un lato, la necessità per i titolari dei diritti di identificare meglio l’opera o i materiali protetti, dall’altro di meglio individuare “l’autore dell’opera o qualunque altro titolare di diritti”.

Questa almeno apparente apertura delle norme comunitarie europee verso la possibile esistenza di creatori di opere diversi dall’essere umano[9] è stata presa in giusta considerazione dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE la quale si è espressa sull’argomento in maniera articolata e equilibrata[10].

Essa, pur non pretendendo un elevato livello di creatività per la tutela dell’opera[11], fa intendere che alla base di ogni opera che si voglia fare rientrare nel novero delle opere protette debba porsi una “scelta creativa”, di tal guisa non escludendo che l’impiego dell’IA, quando sia fatto alla stregua di opzioni connotate almeno inizialmente da originalità e novità, possa contribuire alla fase genetica di beni giuridicamente protetti dal diritto d’autore, con la conseguenza che anche alcune tipologie di opere sviluppate da un prototipo studiato dall’uomo e trasformato in un prodotto finale utilizzando procedimenti algoritmici di IA possano godere di tale protezione.

Conclusioni

Questa, ci sembra la risposta più consona al tema che ci è stato posto dinanzi, almeno fintanto che il legislatore non intervenga una soluzione che funga da anello di congiunzione fra il diritto d’autore consolidato e il suo futuro, augurandoci che ci sarà.

  1. A Recent Entrance to Paradise”, secondo Thaler è la visualizzazione dell’esperienza di pre-morte di un cervello simulato, raffigurante un arco ferroviario abbandonato con foglie ed inframmezzato da increspature viola, accompagnato da una narrazione.
  2. https://cases.justia.com/federal/district-courts/california/candce/3:2015cv04324/291324/45/0.pdf?ts=1454149106
  3. https://www.animallaw.info/case/cetacean-community-v-bush
  4. Il testo originario è del 9 settembre 1886. Esso è stato completato a Parigi il 4 maggio 1896, riveduto a Berlino il 13 novembre 1908, di nuovo finalizzato a Berna il 20 marzo 1914 e riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e, infine, a Parigi il 24 luglio 1971.
  5. La norma invero recita: “Art. 2(3) – L’espressione «opere letterarie ed artistiche» comprende ogni produzione del dominio letterario, scientifico od artistico, qualunque sia il modo o la forma d’espressione, come: libri, opuscoli ed altri scritti; conferenze, allocuzioni, sermoni ed altre opere della stessa natura; le opere drammatiche o drammatico-musicali, le opere coreografiche e le pantomime, la cui messa in scena sia fissata per iscritto o altrimenti; le composizioni musicali, con o senza parole; le opere di disegno, pittura, architettura, scultura, incisione e litografia; le illustrazioni, le carte geografiche; i piani, schizzi e lavori plastici relativi alla geografia, alla topografia, all’architettura o alle scienze”.
  6. “La protezione del diritto d’autore copre le espressioni e non le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali”.
  7. Article 9 – Relation to the Berne Convention. Esso recita:1. Members shall comply with Articles 1 through 21 of the Berne Convention (1971) and the Appendix thereto. However, Members shall not have rights or obligations under this Agreement in respect of the rights conferred under Article 6bis of that Convention or of the rights derived therefrom.

    2. Copyright protection shall extend to expressions and not to ideas, procedures, methods of operation or mathematical concepts as such.

  8. La nostra legge 633/1941 sul Diritto d’Autore implicitamente attribuisce al solo essere umano la titolarità delle opere dell’ingegno agli articoli 6 e 7 della normativa stabilendo che: “Art. 6. Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”. Essendo il “lavoro intellettuale” strettamente connesso allo sforzo umano (“Vinta è la materia dal lavoro” Angelo Poliziano), assume identica valenza strettamente connessa all’essere umano il seguente Art. 7 “È considerato autore dell’opera collettiva chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa. È considerato autore delle elaborazioni l’elaboratore, nei limiti del suo lavoro”..
  9. Una tale situazione si manifesta in molte delle opere collettive ove esistono una pluralità di autori che possono essere almeno in parte sostituiti da algoritmi di IA, e che non solo talvolta neppure precisamente identificati nel loro nome e ruolo (pensiamo non solo alle redazioni dei giornali on-line ma anche ai programmi per elaboratore, i quali bene possono fare capo a una persona giuridica, mentre i loro singoli creatori anche quando si tratta di persone fisiche rimangono regolarmente tagliati fuori dal riconoscimento del loro ruolo nei titoli dell’opera).
  10. Nella sentenza C-140/10 Painer / Standard Verlags GmbH et al. del 1° dicembre 2011, la Corte di Giustizia ha deciso in merito alla liceità dell’uso di una fotografia (un ritratto) al fine di realizzare l’identikit di altre persone. La decisione, nell’interpretare la direttiva 93/98/CE sulla durata del diritto d’autore, ha interpretato il suo art. 6 nel senso di riconoscere, seppure in via incidentale, che solo le creazioni umane sono protette, facendo intendere che tale tutela include le opere realizzate da un essere umano tramite l’uso di una macchina fotografica, come nel caso Naruto di cui ci siamo occupati sopra.
  11. Sentenza C‑5/08 della Corte del 16 luglio 2009 (Quarta Sezione) fra Infopaq International A/S contro Danske Dagblades Forening, con cui il tribunale Comunitario ha stabilito che in un procedimento tecnico consistente in una digitalizzazione mediante scansione degli articoli di giornale seguita da una conversione degli stessi in file di testo, il trattamento elettronico della riproduzione e della memorizzazione di una parte di tale riproduzione e della stampa della stessa, anche se composta di un numero limitato di parole (nella fattispecie undici), debba essere autorizzata dal titolare dei diritti.

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