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Disinformazione nei gruppi privati social e chat: un grosso problema

La moderazione dei contenuti messa in atto dai principali social ha spinto molti utenti a migrare su strumenti meno soggetti a censura. Dai gruppi privati Facebook alle chat su Signal e Telegram, sono molti i luoghi virtuali in cui l’estremismo trova terreno fertile e la disinformazione dilaga. Le possibili contromusure

Pubblicato il 12 Mar 2021

Marina Rita Carbone

Consulente privacy

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A seguito dell’adozione di misure di moderazione dei contenuti maggiormente restrittive da parte dei principali social media, in particolar modo Facebook e Twitter, una fetta dei loro utenti ha deciso di utilizzare nuovi strumenti per comunicare, tra cui anche piattaforme di messaggistica istantanea che consentono a gruppi di varie dimensioni di interagire fra loro senza essere oggetto di censura.

Tale situazione porta alla luce vecchi e nuovi quesiti, relativi sia alla potenziale pericolosità delle nuove piattaforme di messaggistica istantanea che all’impossibilità di contenere e gestire il dilagare della disinformazione all’interno dei gruppi privati di Facebook.

I gruppi chiusi di Facebook

Come noto, i gruppi privati di Facebook sono stati il terreno fertile, negli ultimi anni, per ogni tipo di teoria cospirazionista e fake news.

Il successo dei gruppi privati nel processo di crescita e diffusione di gruppi estremisti è dovuto allo stesso algoritmo utilizzato per “suggerire” agli utenti contenuti, gruppi e pagine che potrebbero rispecchiare i loro interessi.

La natura chiusa ed “elitaria” della maggior parte dei gruppi, poi, accessibili solo tramite invito, lascia confluire nello stesso posto un numero particolarmente elevato di discussioni accese e informazioni del tutto approssimative, senza che vi sia una possibilità, per gli utenti esterni al gruppo stesso, di confutarle o moderarle. È così che il clima di fervore e agitazione tipico delle forme estremiste di pensiero dilaga e si diffonde esponenzialmente, influenzando gli iscritti, fino a esplodere in fenomeni di violenza reali, come avvenuto con l’assalto al Congresso.

A ciò si aggiunga l’atteggiamento comune tenuto da gruppi come QAnon, i cui membri tentano di identificare sempre un capro espiatorio per i problemi della società, i cui errori devono essere “puniti”, e di alimentare la sfiducia verso i mezzi di informazione e la medicina tradizionale, anche al fine di ottenere dei ricavi.

Sulla base di tali premesse, è facile capire perché la gestione di tali gruppi sia divenuta, oggi, una vera e propria problematica, nei confronti della quale Facebook fatica a trovare delle possibili soluzioni.

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Come contenere la deriva estremista dei gruppi privati

Tuttavia, gli esperti nel settore della comunicazione online concordano nel ritenere che tale situazione possa essere, quantomeno, contenuta mediante l’adozione di alcune accortezze da parte di Facebook e delle altre piattaforme social a essa assimilabili:

  • Eliminazione degli algoritmi automatizzati che gestiscono le “raccomandazioni”: a tal riguardo, si rileva che Facebook ha già annunciato che avrebbe bloccato tutte le raccomandazioni automatizzate nei confronti dei gruppi a sfondo politico. È opinione condivisa, tuttavia, che tale blocco dovrebbe interessare anche tutti gli ulteriori gruppi privati, al fine di impedire che tale meccanismo possa essere sfruttato, manipolato e abusati dagli utenti, convogliando sempre maggiori persone verso gruppi di disinformazione e violenti. La maggior parte degli utenti che oggi popolano questi gruppi, infatti, vi è stata convogliata proprio sulla base delle raccomandazioni elaborate dallo stesso algoritmo di Facebook;
  • Maggior controllo e supervisione dei contenuti pubblicati nei gruppi privati: la “deprivatizzazione” dei gruppi chiusi più piccoli (che non appaiono nelle ricerche e sono accessibili solo su invito) consentirebbe non solo l’accesso semplificato a questi ultimi, ma anche una maggiore revisione e un controllo più puntuale e tempestivo dei contenuti pubblicati all’interno degli stessi. In tal modo, infatti, si attuerebbe un processo di revisione umano che garantirebbe la segnalazione immediata di possibili situazioni di rischio e la loro conseguente moderazione;
  • Identificazione e gestione degli “offenders” abituali all’interno dei gruppi privati: un’ulteriore azione di natura preventiva che si ritiene possa evitare il proliferare di fenomeni di odio all’interno dei gruppi privati, potrebbe essere il ban tempestivo e permanente di quegli utenti o di quei gruppi che persistono nel molestare e offendere altri utenti o che infrangono ripetutamente le regole di comportamenti della piattaforma. A tal fine, potrebbe essere utile incrementare il numero di operatori che si occupano di moderare i contenuti presenti nei gruppi privati, incentivandoli a operare con maggiore qualità rispetto ai contractors che, attualmente, si occupano di revisionare il materiale pubblicato sulla piattaforma;
  • Assunzione di personale qualificato che informi gli utenti su come identificare ed evitare contenuti di disinformazione, oltre che sulle modalità di verifica delle fonti.

Le chat private

Nell’ultimo mese, come anticipato in premessa, si è registrato un incremento vertiginoso degli utenti di Signal e Telegram, rendendoli due dei servizi di messaggistica istantanea più utilizzati. Fra i nuovi utenti, vi sono anche numerosi esponenti di gruppi politici di estrema destra, come QAnon e The Proud Boys, confluiti all’interno di tali piattaforme a seguito, come anticipato, delle rigide misure intraprese da Facebook e Twitter dopo l’assalto al Congresso statunitense.

La decisione di utilizzare tali applicazioni di messaggistica istantanea è dettata anche dal fatto che tutti i messaggi inviati agli altri utenti sono soggetti a forme di criptazione end-to-end che impediscono di attuare attività di verifica, monitoraggio e censura dei contenuti. Non solo: la tecnica di criptazione utilizzata impedisce anche alle Autorità di compiere controlli sulla legittimità dei messaggi che vengono scambiati: il messaggio, infatti, sarà visibile esclusivamente al mittente e ai destinatari dello stesso.

Tale profilo, in particolare, porta gli esperti a chiedersi se l’impossibilità, da parte di giornalisti, legislatori e autorità, di tenere traccia del contenuto dei messaggi, possa essere un pericoloso elemento di rischio per il problema delle fake news e della diffusione di contenuti d’odio/violenti. A tal riguardo, occorre evidenziare come, sebbene sia effettivamente molto più difficile per le Autorità intervenire attivamente per monitorare quanto avviene all’interno di tali micro-gruppi, l’utilizzo di piattaforme meno pubbliche e frequentate rende anche più complesso per gli stessi gruppi cospirazionisti/estremisti “pubblicizzare” i propri contenuti e reclutare nuovi adepti.

Tutti i contenuti pubblicati, infatti, rimangono confinati all’interno dei ristretti spazi delle chat, senza diffondersi all’esterno, come invece accade sulle piattaforme social.

Taluni associano tale fenomeno a quanto avviene nel processo di gestione di un’epidemia: il confinamento delle persone infette all’interno di spazi di quarantena evita che il virus si diffonda all’esterno e, conseguentemente, limita la potenza del virus stesso. Sotto questo punto di vista, limitare le possibilità dei gruppi violenti ed estremisti di attuare pratiche di reclutamento tramite i social tradizionali, che tipicamente consentono l’interazione immediata e semplificata tra tutti i loro membri e la visualizzazione di ogni contenuto, ne contiene la pericolosità e limita il rischio.

Il rischio connesso all’utilizzo delle app di messaggistica istantanea, attualmente molto ridotto, potrebbe aumentare nel caso in cui quest’ultime diventino sempre più simili ai social tradizionali, a seguito dell’implementazione di nuove funzionalità come l’inoltro dei contenuti combinato con l’aumento del limite di utenti delle chat di gruppo. Tali funzioni potrebbero rendere le app affette dalle medesime problematiche che ora riguardano le grandi piattaforme social.

Whatsapp, ad esempio, ha provveduto in passato a ridurre le possibilità di inoltro dei messaggi e il numero massimo di iscritti alle chat di gruppo proprio per evitare che si verificassero fenomeni di disinformazione su larga scala (evento, questo, avvenuto in India e poi risolto dall’adozione delle citate restrizioni).

Conclusioni

In conclusione, appare chiaro come sia sempre più necessario porre particolare attenzione ai fenomeni di disinformazione che dilagano sulla rete, siano essi riservati alle chat di gruppo che presenti sui social, al fine di evitare che le odierne forme social di comunicazione rappresentino non più un valore aggiunto, ma una fonte incontrollabile di rischio.

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