Si dibatte molto, negli ultimi anni, dei danni da “fake news“, della capacità delle bufale propagate via web, di influenzare l’opinione pubblica nelle decisioni cruciali (vedi le elezioni). Si è discusso di come limitare questi fenomeni, di come ridare senso critico alle persone e tamponare questa deriva emotiva e irrazionale. Ma se le fake news invece non fossero il vero problema? Proviamo di andare alla radice della questione.
Non sono le fake news il problema
Internet e i social media hanno cambiato il mondo dell’informazione e il nostro modo di interagire. Il fenomeno è stato talmente tanto profondo e radicale che da qualche anno ci si interroga sulle sue cause e conseguenze. Nel 2016 la parola dell’anno per l’Oxford Dictionary è stata “Post-truth”, l’anno dopo il Collins elegge “fake news”. Un terremoto che ha destrutturato l’ordine precedente e aperto una voragine. Abbiamo scoperto che l’essere umano improvvisamente è irrazionale, che decide su base emotiva piuttosto che so elementi fattuali.
Il punto è che le fake news non sono il problema, sono una sua espressione.
Per quanto si cerchi di mettere la polvere sotto al tappeto gli studi continuano ad andare nella direzione opposta. Sembra sempre più chiaro che la radice del fenomeno che stiamo vivendo sia nella polarizzazione delle opinioni, nel cosiddetto fenomeno delle “echo chamber” [1].
Attraverso Internet siamo immersi in un mondo costantemente iperconnesso in cui possiamo interagire con chiunque e arrivare a qualunque informazione disponibile con il minimo sforzo.
E’ aumentata incredibilmente l’offerta di fonti. Alla fine è semplice, ognuno su Internet è potenzialmente produttore e consumatore di contenuti. E’ la popolarità, il numero di like che fa emergere gli argomenti degni di nota. L’utente ha un’enorme offerta in termini di contenuti e si fatica a capire quale sia un metodo valido per farlo muovere in questi meandri.
Questo cambio di paradigma non ha fatto prigionieri. Chi prima svolgeva un ruolo di intermediario si ritrova esautorato senza capirne a pieno le ragioni.
Qualità e verità non sono più requisiti fondamentali
Il business model premia il numero di like, ma in un mondo dove un uovo è l’immagine più cliccata di Instagram, la qualità o la tanto ricercata verità non sembrano essere requisiti fondamentali.
Le reazioni sono variegate c’è chi vorrebbe fermare il tempo, c’è chi vorrebbe cambiare la testa dei consumatori di informazioni, c’e anche chi li insulta. Ma c’è anche chi ha abbracciato il cambiamento e ha cominciato a fornire servizi adatti a questo nuovo mercato.
I social sembrano favorire la comunicazione che agisce sull’emotività e ogni iniziativa personale trova la sua ragion d’essere e il suo seguito. Troll che si compiacciano di far passare per “creduloni” gli altri giocando sui temi caldi, guru che si inebriano sotto i fumi della polarizzazione, l’insulto facile, fino ad arrivare alla calunnia. A volte basta sollevare una discussione ad arte per provocare una reazione aumentando le divisioni e non sempre lo strumento impiegato è una notizia falsa.
L’importante è avere ragione
Non importa se l’informazione sia vera o falsa, non importa che ci siano versioni diverse, a contrasto, l’importante è aver ragione (anche dove torto o ragione non necessariamente ci sono). Cerchiamo informazioni che diano supporto alle nostre credenze. Su internet le troviamo molto velocemente.
Ci accodiamo ad un filone narrativo sia esso una pagina, un blog e liberi dai limiti geografici troviamo anche persone che sono finite li per lo stesso nostro motivo e cosi nasce il sodalizio. Insieme si coopera per rinforzare il credo condiviso.
Studiare e comprendere le dinamiche sociali
Questo scenario non è certo privo di controindicazioni. Risulta molto fragile, volubile, impaziente.
C’è chi addirittura ipotizza una possibilità di attacchi mirati attraverso i social per deviare l’opinione pubblica ed eventualmente influenzare le scelte importanti, tipo quelle elettorali. [2]
Purtroppo scientificamente non è possibile avere un riscontro, perché mancano i dati. Per riuscire a capire se davvero le notizie sui social influenzano il comportamento elettorale dovremmo sapere sia cosa ha letto un utente sia cosa ha poi votato. Però siamo ora in grado di capire meglio le dinamiche di come evolvono le pagine in base al tipo di contenuto che propongono e che tipo di utenti attraggono. [3]
Abbiamo una necessità profonda di capire cosa sta succedendo, ma capirlo davvero e non inventarci interpretazioni astruse. Nello specifico abbiamo elaborato un algoritmo in grado di prevedere la popolarità di una pagina, calcolando il numero di commenti che i post riceveranno, con un altissimo livello di precisione.
E’ fondamentale studiare le dinamiche sociali, capirle in maniera precisa e puntuale.
Questo è l’approccio che ha adottato l’autorità garante per le comunicazioni (AGCOM) con il suo ultimo Report sull’informazione e le piattaforme digitali. Nel rapporto si nota una crescita della quantità dei contenuti, ma non della loro qualità.
Il ruolo dei bot
Anzi, si nota che le difficoltà di monetizzazione dei contenuti e l’abbassamento degli investimenti nell’informazione potrebbero aver inficiato sulla qualità e l’accuratezza delle informazioni che potrebbero essere tra i motivi della sfiducia verso il sistema informativo tradizionale.
Recentemente abbiamo improntato anche un nuovo filone di ricerca orientato a capire il ruolo dei BOT, account falsi usati per influire sulla popolarità di alcuni contenuti.
Riconoscere un bot è difficile per un essere umano, figuriamoci per un algoritmo.
Con un accuratezza bassa si possono scambiare umani per bot e viceversa. Se poi si cerca di capire il meccanismo di diffusione e la loro influenza sul dibattito pubblico attraverso i social è ancora più importante essere precisi. Il nostro approccio sfrutta la regolarità e la sincronizzazione di questi BOT e l’accuratezza che abbiamo raggiunto è molto promettente.
Stay tuned.
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BIBLIOGRAFIA
1 Cota, W., Ferreira, S. C., Pastor-Satorras, R., & Starnini, M. (2019). Quantifying echo chamber effects in information spreading over political communication networks. arXiv preprint arXiv:1901.03688.
2 Bovet, A., & Makse, H. A. (2019). Influence of fake news in Twitter during the 2016 US presidential election. Nature communications, 10(1), 7.
3 Zaccaria, A., Del Vicario, M., Quattrociocchi, W., Scala, A., & Pietronero, L. (2019). PopRank: Ranking pages’ impact and users’ engagement on Facebook. PloS one, 14(1), e0211038.