(dalle puntate precedenti) Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse (solo quelle connesse) della galassia col Grande Ictus Mnemonico. Dice d’averlo fatto per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta, provocata dal conoscere (attraverso le memorie connesse), fin dalla nascita, la propria vita futura in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, deve rintracciare e portare davanti al Primo Tutor il dottor Mabiis, per costringerlo a fagli rimettere in connessione almeno le Memore Vitali.
L’agente Shaiira, distaccatasi dalla sua Memory Squad 11 è all’inseguimento del dottor Mabiis. Dopo varie tappe si inoltra in un bosco. Si perde nel buio. La Memory Squad 11 si mobilita per rintracciare Shaiira e giunge al bosco, in una radura incontra un folto gruppo di defunti vivi, avatar luminosi. Sono le In-Memorie. Si stacca dal gruppo, Lucy, ominide morta 3,4 milioni di anni fa, inghiottita dal fango di una palude.
“Lucy in the sky with diamonds” Lucy cantava. Lucy ascoltava. I larici vibravano. Gli avatar luminosi battevano. Il tempo. Stringevano. Le mani. Accavallavano. Le voci. Ruotavano. Il busto. Avviluppavano. I pensieri. Assottigliavano. I ricordi. Assomigliavano. Gli sguardi.
Voltavano. La testa. Verso la fine della radura.
“Agenti, occhio! Guardano tutti là in fondo!… spostiamoci… andiamo a vedere!” balenò Akila Khaspros, comandante della Memory Squad 11. I larici quintavano la grande folla di In-Memorie. Respirava all’unisono. Attratta. Astratta. Sognante. Cangiante. Complice. Semplice.
“Lucy in the sky with diamonds” coravano i favolosi quattro, gli inventori della “musica della memoria generazionale”, come la chiamavano gli storici già dalla fine del XXI secolo. Lo sciame di voci d’ogni secolo.
“Lucy in the sky with diamonds” armoniavano gli altri strumenti della radura. Pianoforti del romanticismo. Clavicembali barocchi. Sax del cool jazz. Fender della diaspora del rock. Acubon del santis. Penstini della musica cente. Insieme. Brandivano gli strumenti invisibili. I grandi. Si intercettavano. Si rimpallavano. Si fondevano. Il prato elettrizzava. I tronchi intravedevano un cielo meno buio. Due farfalle bianche folleggiavano fra le mille dita. Le mille corde. I mille tasti. Mille percussioni. Mille volteggi in aria.
“Le farfalle! Le farfalle bianche!” puntò l’agente Magli. “Seguire le farfalle! È stato l’ultimo messaggio di Shaiira”.
Le due farfalle bianche si posarono sulla capigliatura del grande sordo. Gli agenti lo circondarono. “Lucy in the sky with diamonds” intonava Ludwig. Allungarono le mani verso i suoi capelli liberi. “Le afferro io!” sibilò la comandante. Le farfalle si staccarono dai capelli di Ludwig. Le farfalle s’allungarono. Ludwig svanì in una memoria connessa. Le farfalle l’afferrarono. Poi si unirono. La musica azzittì. Le farfalle mutarono in un signore grasso. Grosso. In tenuta da escursione.
Il dottor Mabiis attraversò il catino della radura fra due ali di splendidi suoni zittiti.
Fuggì fra i larici alti, mentre il cielo si faceva chiaro.
Serrava la memoria fra le dita.
(70-continua)