L’innovazione e il progresso tecnologico stanno portando profondi cambiamenti in tutte le nostre vite con il potenziale di migliorare i risultati sociali, economici e politici ma che purtroppo non sono ancora condivisi in modo equo in tutte le categorie sociali.
Le competenze digitali come strumento di empowerment femminile
Le donne sono in ritardo rispetto agli uomini nell’uso efficace della tecnologia poiché tale capacità interagisce con altre dimensioni di discriminazione, come lacune di istruzione, competenze digitali e limiti all’autonomia ma l’accelerazione del cambiamento tecnologico aumenta il rischio di consolidare ulteriormente queste disuguaglianze. È di estrema importanza il superamento del “Digital Divide” visto non solo come problema di competenze digitali o di accesso alle tecnologie ma soprattutto come “consapevolezza digitale” cioè la capacità di comprendere quanto il digitale sia di impatto nella nostra vita e gli enormi benefici ma anche i potenziali rischi che questa rivoluzione digitale porta con sé.
Durante la 67a sessione della Commission on the Status of Women del maggio del 2023, Sima Bahous, Executive Director di UN Women ha affermato “Digital rights are women’s rights” e che non potremo raggiungere la parità di genere e avere una ripresa economica sostenibile a lungo termine senza prima colmare il Digital Gender Gap, il divario digitale di genere, diventato sempre di più un problema cruciale.
È importante che le donne siano consapevoli che le competenze digitali sono un enorme strumento di empowerment femminile. La vera opportunità del digitale offerta alle donne è rappresentata dall’acquisizione di competenze specifiche nel settore che le metterebbero in grado di essere le artefici della trasformazione in atto. È indispensabile creare le condizioni per diffondere un’alfabetizzazione digitale necessaria per vivere in un mondo che è in continua innovazione e saperne trarre i benefici senza correre il rischio di rimanerne escluse.
Parità di genere: la verità dei dati
Il Global Gender Gap Report 2024 del World Economic Forum posiziona l’Italia al 87th posto in termini di parità di genere su 146 paesi analizzati, perdendo ben 8 posizioni rispetto al 2023, e ad ampia distanza rispetto ai Paesi Europei che occupano le posizioni più alte delle classifica (Islanda 1°, Finlandia 2° Norvegia 3° Svezia 5°, Germania 7°, Irlanda 9°, Spagna 10°, Belgio 12°, UK 14°, Francia 22°, Olanda 28°…)
A differenza di quanto avvenuto negli altri Paesi europei, dal 2008 in Italia e specialmente al Sud la struttura occupazionale femminile ha subito un declassamento delle qualifiche professionali. Attualmente le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto all’Europa (media UE 72,5): Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%). Le restanti regioni del Centro- Nord si avvicinano alla media europea, ma restano lontane dal benchmark dei Paesi scandinavi e della Germania. Questo fenomeno, è la conseguenza di un sistema welfare debole, di scarsi incentivi per l’occupazione femminile verso i settori più produttivi e di assenza di infrastrutture sociali.
Donne e scienza
La storia della Scienza contemporanea è afflitta da un sistematico pregiudizio di genere, troppo spesso non viene dato il giusto credito al ruolo femminile nelle grandi rivoluzioni scientifiche. Per anni le donne nella ricerca hanno lavorato nell’ombra dando credito della loro ricerca a degli uomini. Questo è conosciuto come “effetto Matilda” dal nome di una suffragetta che per prima descrisse tale discriminazione.
E pensare che è una donna nata nel 1815, Ada Byron Lovelace, matematica, ad essere considerata la madre dell’informatica moderna per aver fatto il primo algoritmo elaborabile da una macchina. Le donne hanno dato un grande contributo all’innovazione ma restano sottorappresentate nelle materie scientifiche.
In Italia solo il 16,5% delle ragazze si laurea nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics)contro il 37,% degli uomini, solo il 22% delle ragazze si diploma in istituti tecnici a fronte del 42% dei maschi e le donne laureate in tecnologie ICT-Information Communications Technology sono 1,7%, rispetto all’8,2% ai maschi. Proprio per questo le donne non hanno le stesse opportunità di accedere a lavori più innovativi, soprattutto quelli del futuro, aumentando sempre di più il divario di genere, un gap che nasce già nei primi anni di scuola e prosegue nel mondo del lavoro.
Donne e mondo del lavoro
Si stima che le donne che lavorano nel settore tecnologico guadagnino il 19% in meno degli uomini e sarà necessario rompere il cosiddetto “tetto di cristallo” per consentire alle donne di raggiungere posizioni apicali in organizzazioni innovative ad oggi dominate dagli uomini. E non per problemi di capacità, basti pensare che secondo Forbes, le imprenditrici in aziende innovative sono in grado di generare il 20% in più di profitti rispetto a quelle gestite da uomini, nonostante abbiano avviato le loro aziende con ben il 50% in meno di capitale.
Il vantaggio nell’istruzione femminile che è più alto non si traduce però in un vantaggio lavorativo: il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (57,3% contro 78,0%) e i differenziali occupazionali si riducono al crescere del livello di istruzione.
Le cause sono molteplici: oltre alle minori opportunità di carriera e formazione e a scatti salariali meno frequenti, le donne affrontano un maggiore impegno sul fronte familiare non compensato da un adeguato welfare causa anche di un significativo tasso di abbandono del lavoro.
Donne e intelligenza artificiale
Secondo una ricerca dell’European Institute for Gender Equality (EIGE) anche il settore dell’IA presenta delle disparità importanti nella parità di genere che sono in parte anche correlate ai dati sulla parità di genere nell’ambito STEM. In Europa e nel Regno Unito (si veda quanto riportato in EIGE), solo il 16% delle persone che lavorano nel campo IA sono donne e solo il 12% ha più di 10 anni di esperienza. Questo dato si ripresenta anche in Italia dove le donne ricoprono solo il 16% dei posti di lavoro dell’IA.
Il Gender Equality Index rivela che le donne non sono sufficientemente presenti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e di piattaforme tecnologiche. ll risultato di questa diseguaglianza di genere si ha nei prodotti e nei servizi realizzati dalle aziende high-tech, dove i codici delle soluzioni di IA più ampiamente utilizzate, scritti con una visione prevalentemente maschile, portano dei bias sulle analisi dei dati alla base degli algoritmi adottati. Dovrebbero essere proprio le donne che operano nel settore a essere sensibili a questi aspetti discriminatori sia come sviluppatrici che utilizzatrici di soluzioni di IA. La reale partecipazione delle donne all’industria dell’IA e il loro contributo nel renderla più inclusiva e meno soggetta a “bias” cognitivi e pregiudizi è un aspetto è un aspetto cruciale del problema,.
Il rapporto dell’UNESCO The Effects of AI on the Working Lives of Womenpubblicato nel marzo 2022, indica che solo. il 18% dei ruoli esecutivi e di leadership nelle maggiori start up di IA mondiali è ricoperto da donne. E questi aspetti di non parità sono presenti anche in ambito accademico dove ci si attenderebbe una mentalità più aperta e innovativa, infatti i dati OECD.AI del 2020 riportano come solo il 14% degli autrici di articoli accademici sull’IA erano donne; Il Gender Gap riguarda anche il settore della Digital Health dove la ridotta rappresentatività del pubblico femminile nei campioni sui quali algoritmi di machine learning vengono istruiti può portare a dei problemi come ad esempio nella telemedicina e altre app per la salute.
Il gap di genere nella salute e nella ricerca in medicina
Un altro ambito importante nel quale le donne devono investire e la ricerca in medicina.
Fino ad ora la ricerca è stata fatta da uomini per uomini. Ora è importante studiare la medicina di genere e fare in modo che la ricerca sia fatta anche per le donne.
“Le malattie comuni ad entrambi i sessi non sono eguali nel maschio e nella femmina e si differenziano per vari fattori, inclusi la prevalenza, i sintomi e gli esiti. Esistono anche altre importanti differenze che riguardano le modalità con cui l’organismo degli uomini e delle donne reagisce alla presenza dei farmaci nel corpo umano. Sappiamo anche che la tossicità dei farmaci è differente e che solitamente le donne subiscono maggiormente gli effetti tossici dei farmaci. È necessario un nuovo approccio nei percorsi di ricerca farmaceutica per sanare questa ingiustizia nei confronti delle donne”.L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riportato che sebbene le donne dell’Unione Europea vivano più a lungo degli uomini, con una media di 5,4 anni in più rispetto ai maschi, la percentuale di anni trascorsi in buona salute per le donne è inferiore, con una differenza del 4,4%, (WHO, 2021).
Gli interventi di sanità pubblica svolti finora hanno spesso posto maggiore attenzione sulla salute sessuale e riproduttiva delle donne trascurando le malattie comuni a donne e uomini che hanno effetti diversi. Alcune malattie come ansia, dolori muscoloscheletrici, malattie cardiovascolari colpiscono in modo maggiore il genere femminile (World Economic Forum, 2024) ma molte di esse non sono ancora studiate a sufficienza perchè non ci sono dati per condurre studi con valenza di genere . Storicamente le donne sono state escluse o poco rappresentate nelle sperimentazioni cliniche in quanto considerate non idonee a causa di alcune variabili, in particolare relative al ciclo ormonale e riproduttivo che le rendevano più problematiche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito “medicina genere-specifica” lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. “L’oncologia di genere” si inserisce in questo contesto rappresentando l’ambito della medicina di genere relativo all’oncologia. Si tratta di un nuovo approccio metodologico che pone attenzione alle differenze sia nella fisiopatologia che nell’epidemiologia, nonché nelle manifestazioni cliniche delle patologie, con un conseguente impatto sulla prevenzione, diagnosi, risposta al trattamento, sia sull’appropriatezza, la sicurezza e l’accesso alle cure, coinvolgendo tutti i professionisti sanitari e gli operatori coinvolti nel percorso diagnostico, terapeutico ed assistenziale.
Un approccio di genere nella pratica clinica consente quindi di promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure generando un circolo virtuoso con conseguenti risparmi per il Servizio sanitario nazionale.
L’OMS nel 2009 ha istituito un Dipartimento sulle differenze di genere e ha identificato il “genere” come tema della programmazione sanitaria (Action plan 2014-19) e nel 2019, in Italia, il Ministro della Salute ha approvato il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale firmando il decreto attuativo relativo alla Legge 3/2018.
L’empowerment femminile
Nel G20 del 2021 c’è stata una svolta epocale, per la prima volta il Women Empowerment entra nell’agenda G20, grazie al lavoro straordinario del gruppo Italia Women 20 (W20) con cui hanno poi collaborato anche molte associazioni di donne attive sui problemi del digitale. In quella occasione è stato preso dal governo italiano l’impegno di aumentare il numero di donne che scelgono di studiare le discipline tecnico-scientifiche, di ampliare i servizi di prima infanzia e di istruzione primaria in modo tale da poter aiutare le mamme lavoratrici e di stanziare fondi a sostegno dell’imprenditoria femminile.
L’Associazione Donne 4.0 ha redatto un Manifesto per promuovere l’empowerment femminile nell’ambito specifico Tech con l’identificazione di quattro pilastri e dodici azioni mirate per superare il Digital Gender Gap.
Il futuro della tecnologia non deve essere un futuro di disuguaglianza
Durante il convegno dedicato al “Digital Gender Gap nella cultura del digitale in Sanità” organizzato dalla Commissione Donne di ASSD-Associazione Scientifica Sanità Digitale assd.it si è parlato molto di questi temi ed è stato presentato un libro dove sono raccolti vari articoli sull’argomento.
È giunto il momento di assicurare che le ragazze e le donne sviluppino abilità e fiducia per avere successo nelle scienze e nelle tecnologie. Si tratta di promuovere una maggiore consapevolezza pubblica da parte dei genitori e dei formatori per incoraggiare le ragazze nelle materie STEM e promuovendo una mentalità di crescita per portare le donne, le ragazze, le bambine ad accettare le sfide odierne e future. Anche portando ad esempio le tante donne che hanno lavorato in ambiti scientifici, tecnologici e innovativi raggiungendo grandi traguardi.
Non solo rappresentazione, ma partecipazione attiva
Le aziende del settore, le istituzioni accademiche e gli enti di formazione dovrebbero garantire che le donne non solo siano rappresentate, ma che siano attivamente coinvolte nella ricerca, nella leadership e nei ruoli decisionali. Le donne costituiscono quasi il 70% della forza lavoro globale nel settore sanitario e sociale, ma si stima che ricoprano solo il 25% dei ruoli senior (WHO, 2024; ). La legge 162/2021 ha introdotto importanti novità in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. E’ necessario perseguire un approccio di valutazione e monitoraggio delle pari opportunità e di contrasto ad ogni genere di discriminazione, attraverso strumenti dedicati, e integrati fra loro, quali il Piano di Equità di Genere, il Bilancio di Genere e la Certificazione di Genere con l’ applicazione delle linee guida UNI/PdR 125:2022 che prevedono l’adozione di specifici KPI -Key Performances Indicators – inerenti alle Politiche di parità di genere nelle organizzazioni, secondo i 4 macro temi: opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda; equità remunerativa per genere; tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. Nell’Agenda 2030 del Sustainable Development Goals (SDGs), sviluppata dall’ONU, tra i 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030 si trova la parità di genere (SDG 5).
Le istituzioni e le aziende devono aumentare non solo il numero delle donne tech, ma anche la loro rappresentanza nei ruoli apicali, un maggior numero di donne in posizioni dirigenziali può sostenere politiche a favore della salute delle donne.
A fronte delle molteplici aree di impiego di soluzioni di IA, è evidente l’importanza di operare in gruppi di lavoro con competenze, visioni diverse e complementari con figure maschili e femminili per rendere inclusivo e etico lo sviluppo dell’IA.
Investimento nella ricerca e sviluppo in Sanità
Altro punto importante è quello dell’investimento nella ricerca & sviluppo in Sanità, dove il finanziamento alla ricerca potrebbe ridurre il divario di salute per raggiungere l’uguaglianza con l’applicazione di linee guida più rigorose in materia di diversità, equità e inclusione per la progettazione degli studi clinici.
È inoltre fondamentale rafforzare la raccolta, l’analisi e la comunicazione sistematica di dati disaggregati specifici sul genere, per stabilire una rappresentazione più accurata del carico sanitario delle donne e valutare l’impatto dei diversi interventi.
Ci dovrebbero essere programmi di studio in medicina e corsi di specializzazione e formazione dedicati alla medicina di genere e sarebbe importante anche il potenziamento degli investimenti nel settore FemTech, soluzioni mirate amigliorare la salute delle donne, che sono sottovalutate e a ricevono attualmente solo il 3% di tutti i finanziamenti per la salute digitale.
Il 15 dicembre 2022, è stata firmata la Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali, con l’impegno dell’UE per una trasformazione digitale sicura e sostenibile che ponga le persone al centro, in linea con i valori fondamentali e i diritti fondamentali dell’UE perché la tecnologia dovrebbe unire, non dividere, le persone.