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Dotare i videogame di una mente credibile con le architetture cognitive e l’IA



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Nei videogame, i personaggi non giocabili si comportano ancora in modo stereotipato. Non c’è un realismo della mente estesa. Le Architetture Cognitive (quelle della storia delle scienze cognitive e della robotica) e Auto-Gpt possono essere la soluzione

Pubblicato il 16 giu 2023

Lorenza Saettone

Filosofa specializzata in Epistemologia e Cognitivismo, PhD Student in Robotics and Intelligent Machines for Healthcare and Wellness of Persons



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Ormai i videogame hanno raggiunto livelli estetici impressionanti. Unreal Engine 5 ci sta dando prova di quanto la simulazione assomigli a guardare da una finestra, potendo, però, agire nel “panorama” di gioco. Per quanto concerne l’aspetto narrativo, anche in questo caso molte volte ci siamo trovati ad affrontare in questa rubrica argomenti legati a politica e società e videogame. Tuttavia, resta un insoluto: i personaggi non giocabili si comportano ancora in modo stereotipato. Non c’è un realismo della mente estesa. In questo articolo esploro alcune delle soluzioni: dalle Architetture Cognitive (quelle della storia delle scienze cognitive e della robotica, per intenderci) a Auto-Gpt.

Le Architetture Cognitive

Le Architetture Cognitive sono modelli teorici che descrivono in maniera algoritmica come funziona la mente umana e come le informazioni vengono elaborate. Questi modelli sono stati sviluppati sulla base delle ricerche del cognitivismo e poi delle neuroscienze, per testare, come metafore del funzionamento umano, le operazioni del computer in parallelo con la cognizione.

Constano di diverse partizioni con cui simulano percezione, memorie, conoscenza dichiarativa e procedurale. Inserite nei robot vengono integrate di motori per l’esplorazione ambientale e percezioni multisensoriali. Esistono Architetture cognitive di vario tipo, divise tra quelle simboliche, in cui è il modeler che inserisce le informazioni già interpretate per gestire la pianificazione, subsimboliche, in cui è il sistema che apprende dai dati grezzi provenienti dall’ambiente, cercando regolarità e procedendo per prove ed errori, da cui vengono rinforzati i pattern più frequenti, sulla base della loro efficacia esperita. Infine, abbiamo sistemi ibridi, che combinano le due tipologie.

Le architetture simboliche più note

Tra le architetture simboliche più note c’è SOAR, tra quelle connessioniste, emergentiste LIDA, mentre di quelle ibride le più famose sono CLARION e ACT-R. Le architetture sono framework, i quali vengono modificati e integrati con diversi modelli per testare alcuni task specifici, come la memoria di lavoro, l’attenzione selettiva, le emozioni, il linguaggio, l’apprendimento, la pianificazione, la scelta di euristiche…

I videogame sono già stati utilizzati come ambiente-giocattolo in cui testare le skill degli esseri umani e confrontarle con quelle esibite dell’architettura, ma possono essere anche luoghi in cui utilizzare le architetture per dotare i personaggi non giocabili di una mente e di un’intelligenza che possano adattare al gamer e all’ambiente.

Realismo per la storia e la grafica, ma cosa ne è della cognizione?

Spesso nei miei articoli ho parlato di realismo, per quanto riguarda la storia e la grafica, ma cosa ne è della cognizione? Ramirez denunciava a proposito dei passi avanti nel gaming proprio uno sviluppo assente di adeguate teorie cognitive di cui dotare i personaggi. Ecco, dunque, che l’ingresso di esperti di scienze cognitive può essere l’ulteriore necessario elemento nel mondo già eterogeneo del gaming.

Leggendo il paper di Gentile, Città, Allegra e Lieto, “Some notes on the possibile role of cognitive architectures in serious games”, si può vedere una disamina di alcuni di questi usi dell’IA nei videogiochi[1]. Laird, lo sviluppatore di SOAR, fu il primo a testare le architetture cognitive dentro al gaming. Anche ACT-R è stata impiegata in sistemi di tutoring, che, per certi versi, non sono dissimili dall’impianto di molti applicativi di formazione basati sulla gamification, che, step by step, propongono nuovi apprendimenti sulla base delle informazioni colte dall’alunno, tra punti di forza e di debolezza. Offrire il contenuto appropriato, come la mossa migliore in un momento di gioco, richiede teoria della mente, empatia, decision-making, strategia. Insomma, quello che una architettura cognitiva esibisce come comportamento intelligente, pianificato in base allo scopo e all’intenzione. Le architetture ibride, probabilmente, sono le più adatte allo scopo, se è richiesto adattamento e quindi personalizzazione, ma anche conoscenze top-down. Alla fine, dotare un sistema di un simbolo è come fornire regole bell’e pronte a un bambino: è un sistema di apprendimento molto frequente, soprattutto nel vivere sociale.

I limiti tecnici da affrontare

Tuttavia esistono limiti tecnici da affrontare: innanzitutto il linguaggio dei videogame è incompatibile con quello delle Cas in uso; c’è poi il limite computazionale dei processori già a tappo per permettere ai giochi di girare. La soluzione può essere semplificare gli agenti, pur mantenendo l’abilità di simulare un comportamento complesso. In buona sostanza viene proposto di utilizzare la strategia umana di semplificare la decisione in assenza di risorse e di potenza di calcolo attraverso le euristiche. Kahneman le definisce come percorsi di ragionamento o eventi mentali che si verificano automaticamente e che hanno a che fare sia con alcune abilità innate (ad esempio, riconoscere gli oggetti, orientare l’attenzione, percepire il mondo) sia con abilità apprese (ad esempio, leggere e/o comprendere le sfumature di una situazione). Assumono la forma di attività automatiche di diverso tipo, come, ad esempio, leggere le parole su un cartellone pubblicitario, comprendere semplici frasi, notare che un oggetto è più lontano di un altro, guidare un’auto, adottare una distanza dagli altri, sulla base della conoscenza e del ruolo, comprendere certi indizi comportamentali e quant’altro.

Dotare i videogame di una mente credibile sfruttando l’intelligenza artificiale

Un altro modo per dotare i videogame di una mente credibile è sfruttando l’intelligenza artificiale. La maggior parte degli studi oggi sull’implementazione dell’IA nei videogame è legata allo sviluppo di sistemi autonomi che giocano da soli, come farebbe un essere umano, con errori, curve di apprendimento, strategie: noto era stato l’esempio di snake. Altro obiettivo è generare contenuti, un po’ come No Man’s Sky, o regole, personaggi, mappe e molto altro. Un’altra applicazione dell’IA per i videogame concerne l’utilizzo delle sue metodologie con cui profilare il giocatore, prevedendo mosse e interventi sulla base delle caratteristiche del gamer e la sua interazione con il gioco. Oppure si possono fare incontrare le architetture cognitive con le reti artificiali per dotare i PNG di comportamenti credibili.

AutoGPT

Recentemente, in linea con questo, ricercatori di Stanford e Google hanno utilizzato GPT-4 proprio per dotare i Sim di autonomia, anche se di nuovo è ancora una proposta embrionale. Alla base troviamo sistemi open source, codici su GitHub che permettono di ottenere software da cui si hanno agenti autonomi che in gradi di giungere a una soluzione complessa in un insieme di passi pianificato. Infatti, sono dotati di memoria a lungo termine. Il più noto sistema di questo tipo è AutoGPT, che ovviamente si basa sugli stessi algoritmi di ChatGPT. La differenza è che mentre il secondo è vincolato ai prompt, ed esegue risposte circostanziate sulla base delle richieste dell’utente, AutoGPT può agire da solo su un goal complesso.

In particolare, l’esperimento condotto dai ricercatori ha mostrato come gli agenti autonomi non solo hanno esibito comportamenti intelligenti, ma sono emerse anche dinamiche di gruppo. Nel paper si legge che gli agenti generativi hanno tratto un’ampia varietà di inferenze su sé stessi, sugli altri agenti e sull’ambiente; hanno creato piani giornalieri che riflettono le loro caratteristiche e le loro esperienze, hanno messo in atto questi piani, reagendo e ri-pianificandoli quando era il caso; hanno risposto quando l’utente cambiava l’ambiente o quando impartiva loro dei comandi in linguaggio naturale. Sicuramente molto interessante, anche da un punto ingegneristico. Intravedo già importanti utilizzi per la robotica sociale, in cui è indispensabile mostrare di possedere comportamenti il più naturali possibile per non creare malessere. Nel paper il fine dei ricercatori era quello di collegare i personaggi a GPT dimostrando, per esempio, che bastasse dire in linguaggio naturale a uno di essi che si aveva intenzione di partecipare a un party, perché fosse generata autonomamente una routine pianificata. Molto più semplice, capirete, rispetto allo scrivere righe e righe di codice. Per caratterizzare i personaggi che avrebbero agito nel sandbox, sono stati scritti, in linguaggio naturale, paragrafi con cui i modeler dell’esperimento hanno dipinto identità e relazioni di ogni PNG; queste descrizioni hanno caratterizzato la memoria iniziale degli agenti. L’architettura di cui sono stati dotati prevedeva, infatti, una memoria contenente le informazioni e poi le esperienze e le conoscenze via via acquisite; un sistema di recupero composto da giudizi di pertinenza, ricorrenza e importanza per far emergere le conoscenze e per tenere traccia del proprio stato, momento per momento. Il metodo utilizzato per fissare il punteggio di importanza legato all’informazione in memoria è uno tra i molti possibili. I ricercatori hanno chiesto direttamente al modello linguistico di fornire un punteggio intero al pezzo di memoria, in una richiesta simile a quella che segue: “Su una scala da 1 a 10, dove 1 è puramente banale (ad esempio, lavarsi i denti, fare il letto) e 10 è un’attività (ad esempio, lavarsi i denti, fare il letto) e 10 è estremamente toccante (ad esempio, una rottura, l’accettazione del accettazione all’università), valutate la probabile pregnanza del seguente ricordo.
Ricordo: l’acquisto di generi alimentari presso il mercato e la farmacia Willows.
Valutazione: <compilare>”

Il sistema, ad esempio, genera valore intero di 2 per “pulire la stanza” e di 8 per “chiedere un appuntamento” e tale misura è associata subito al chunk in memoria, nel momento in cui viene mantenuto. La rilevanza, invece, dà un punteggio più alto agli oggetti della memoria in relazione con la situazione attuale; perciò, è un punteggio contestuale.

C’è infine un modulo deputato alla riflessione, che sintetizza i ricordi in inferenze di livello superiore, consentendo all’agente di trarre conclusioni su sé stesso e sugli altri per meglio orientare il proprio comportamento. Infine, c’è la pianificazione, che traduce richieste e conoscenza attuale in piani d’azione di alto livello e ulteriormente in sotto-comportamenti intermedi. Ciò che va a buono o cattivo fine entra nella memoria per essere ripetuto o evitato.

Conclusioni

Insomma, come si capisce ci troviamo di fronte a una architettura cognitiva, come quelle studiate da mezzo secolo, nulla di magico. La differenza è che con GPT 4 è possibile avere un sistema allenato su una quantità di dati che in passato sarebbe stata impensabile, ciò fa sì che il comportamento intelligente sia sicuramente molto più performante, multi-dimensionale e applicabile a simulazioni più ricche dei mondi giocattolo fino ad ora usati e su task limitati. Peraltro, avere la possibilità di far testare a casa le architetture, dentro un ambiente di gioco, svincola di molti dei limiti della ricerca legati a tempi, numero di partecipanti, setting poco naturale e quindi sarà possibile conoscere misure di intelligenza e reazioni più attendibili.

Note

  1. I serious game sono essenzialmente giochi in cui il fine principale è quello educativo, dentro dinamiche tipiche del gioco. Possono essere videogame o giochi analogici, ma centrale resta il chiaro riferimento formativo.

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