La riflessione

Due settimane negli Usa senza contanti: quanto s’impara sui ritardi italiani

Un viaggio in Florida. Colpisce la naturalezza estrema con cui accettano carte anche per importi modestissimi. Tutto è tracciato, tutto è legale, tutto è tassato. Una banalità che in Italia è fantascienza. Tanto lavoro attende per la nuova Agenzia

Pubblicato il 22 Set 2014

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Nel mio recente viaggio in Florida, a cavallo tra aprile e maggio, passare tredici giorni negli Stati Uniti senza avere neanche un dollaro fatto di atomi nelle tasche dei pantaloni è stata più che altro una scommessa – quasi un vezzo –, giusto utile per qualche tweet e qualche post.

Non si è certamente trattato di una mission impossibile ma alla fine ci ho preso decisamente gusto, ci ho riflettuto sopra, e quindi ho ripetuto con più attenzione l’esperienza nel viaggio estivo dedicato a Manhattan e Chicago e a tutto quello che c’è in mezzo di interessante che sia raggiungibile con una automobile.

Quello che mi ha più colpito non è “che si può fare” ma la grande naturalezza con la quale viene accettata, anche per importi di modestissima entità, la carta di credito e la capillare disponibilità di terminali per il pagamento elettronico.

Ovviamente non sempre tutto funziona al “primo colpo” tuttavia non viene mai proposta l’alternativa di pagare con delle banconote.

Si viene invitati a riprova con pazienta a “strisciare” la carta più velocemente o più lentamente perché quello non è “uno strumento” ma “lo” strumento di pagamento.

Si paga il taxi – potendo anche lasciare una piccola mancia – l’albergo, il pranzo e la cena – differenziando il conto dal servizio – l’ingresso ai musei e alle mostre, i grandi ed i piccoli acquisti, le multe – ahimè – il parchimetro, (…), insomma tutto.

In molti distributori di carburante non è consentito pagare con il contante che non viene accettato dagli addetti.

Tutto è tracciato, tutto è legale, tutto è tassato e tutto genera una quantità immensa di dati –BIG – che diventano preziose informazioni e pregiata conoscenza utili per generare buona organizzazione, gestione e programmazione e alla bisogna adeguate azioni di prevenzione.

Ho scritto delle cose banali?

Onestamente si, però concedermi l’attenuante che questa grande banalità da noi è immensamente distante da diventare la prassi, la normalità, la quotidianità, la consuetudine.

Uno spread, oltretutto, che non ci separa soltanto dagli Stati Uniti ma anche da nazioni a noi più vicine e dall’Europa.

I pagamenti annui pro-capite in Italia con carta di credito sono infatti solo 31, contro i 140 della Francia, i 175 del Regno Unito e i 93 della media europea mentre sono soltanto 398 i POS ogni 1000 imprese, rispetto ai 764 della Francia, ai 992 del Regno Unito ed ai 469 della media europea.

Questo insano ritardo è un importante fattore abilitante l’evasione fiscale, il riciclaggio del “denaro sporco” e altre forme di diffusa illegalità che attanaglia il nostro Paese.

Altre banalità?

Ovviamente si, se è banale osservare e raccontare quello che si è osservato.

Il problema oltretutto non è di natura tecnologica – nulla di esoterico o materia riservata ai nerd –, abbiamo tutto a disposizione come in un negozio della Lego o sugli scaffali dell’Ikea, basta comprare i mattoncini o i pezzi e assemblarli con un minimo di perizia e seguendo le istruzioni con cura.

Servono nuove regole?

Ho l’impressione che ne abbiamo già tante – forse troppe – e poi non è con le regole che si producono innovazione e cambiamento.

Forse sarebbe utile un ancora più forte endorsement politico.

Servono investimenti ingenti?

Probabilmente no, dovremmo farcela con una parte delle risorse dei fondi strutturali che siamo stati costretti a mettere dall’Europa sulla agenda digitale.

Servono competenze?

Assolutamente si, sono preziose come i diamanti e abbiamo il dovere di lavorarci sopra per generarne sempre di nuove e di grande qualità.

Vedo tanto lavoro per l’AgID, per il suo nuovo Direttorea cui faccio per la prima volta gli auguri in pubblico dopo averlo però fatto a tempo debito in privato – e per il Comitato di Indirizzo dell’Agenzia, sperando che prima o poi sia costitutivo nella sua interezza e possa finalmente essere convocato e iniziare ad operare.

Da parte mia dopo essere stato “nominato” per la seconda volta in rappresentanza delle Regioni – ringrazio sinceramente per la fiducia – inizio a sentirmi un pochettino come un concorrente del “Grande Fratello” anche se non ho sicuramente perso la voglia di dare il mio contributo

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