Il digitale senza formazione dei docenti non serve. Il successo del progetto Distretto Digitale realizzato dalla città di Milano sta proprio in questa intuizione. La diffusione dei “nuovi media” di oggi influenza il mondo della scuola molto più di quando fecero i “nuovi media” del passato (radio e televisione, soprattutto). Il motivo è che i media digitali sono estremamente più pervasivi nella vita delle persone rispetto ai media analogici e a quelli a stampa, perché unificano nelle loro logiche comunicative attività che un tempo venivano svolte in situazioni molto diverse. Mentre radio e televisione erano limitate allo svago e alla informazione generale, i media digitali – oltre a svolgere queste stesse funzioni – sono gli stessi con cui si lavora, si riceve formazione, si amministra il proprio denaro, si partecipa alla vita dei gruppi sociali. Le modalità d’uso dei nuovi media di oggi hanno perciò un potenziale di influenza più esteso sulla vita culturale, formativa, professionale e sociale delle persone.
Questa situazione ha avuto un impatto sul mondo scolastico tanto rilevante quanto difficile da gestire. Da un lato, infatti, la scuola ha perso sempre più esplicitamente il suo tradizionale monopolio sul sapere. Fonti di conoscenza concorrenti – Internet in primis – la incalzano con la ricchezza e la facilità di accesso dei loro contenuti. Dall’altro, l’approccio scolastico alla conoscenza – lineare, argomentativo e organizzato – entra in conflitto con le nuove logiche dell’ipertestualità, della reticolarità e modularità portati dalla digitalizzazione.
C’è inoltre un problema generazionale nel confronto tra gli insegnanti e i loro studenti. Mentre questi ultimi sono sempre di più dei “nativi digitali”, gli insegnanti non hanno interiorizzato questi strumenti nel loro background, specie nel periodo della loro formazione. Negli ultimi anni, la diffusione degli usi innovativi dei media è partita quasi sempre dalle fasce più giovani della popolazione. Tuttavia queste novità riguardano per lo più lo svago e i rapporti interpersonali. Molto meno le novità riguardano un utilizzo formativo dei nuovi media, e scolastico in particolare. Su questo terreno i ragazzi sono, da un lato, meno propensi ad avventurarsi autonomamente e, dall’altro, mancano spesso di figure adulte di riferimento.
Se accettiamo l’idea che l’uso dei nuovi media faccia ormai inevitabilmente parte del profilo dell’uomo di cultura e del cittadino consapevole, la scuola si pone come l’istituzione che più è in grado di farsi carico di questa “socializzazione all’uso formativo dei media digitali”. Se i giovani usano molto le nuove tecnologie nel campo delle relazioni, dello svago, dell’informazione, allora un ritardo o un silenzio delle istituzioni formative sull’uso dei nuovi strumenti anche nell’ambito che gli è proprio appare comunque un gap da colmare (la buona scuola ha investito 90 milioni proprio su questo). Ritengo perciò che la scuola debba offrire agli studenti, almeno qualche volta durante l’anno, delle occasioni per confrontarsi sull’uso dei nuovi strumenti con la figura dell’insegnante, che dovrebbe trasmettere un approccio critico e un uso formativo dei contenuti della Rete.
Infatti, non potrà essere utile una scuola che si riempie di pc, lavagne interattive e connessione internet, senza che a ciò non si accompagni un modello pedagogico che sappia sfruttare il potenziale della tecnologia. In questo senso i sistemi educativi devono ancora individuare modalità efficaci per integrare la tecnologia nell’apprendimento in modo da fornire ai ragazzi le competenze necessarie. Perché le competenze digitali sono cruciali per l’inclusione nella vita sociale, economica e lavorativa di domani. Del resto, queste sono proprio le riflessioni che elabora Andreas Schleicher, direttore education and skills dell’OCSE. Ma per realizzare la scuola del futuro, quella descritta dal piano Education and training 2020 che indica sei priorità per lo sviluppo della scuola del futuro, servono insegnanti sostenuti e formati. Sono loro, infatti, gli attori chiave del cambiamento che si sta realizzando. Sono loro che devono mettere in connessione studenti, tecnologie e processo di apprendimento. La tecnologia da sola non fa scuola.
Ecco, con il progetto sperimentale Distretto Digitale si offrono risposte proprio a queste domande e ciò deve rappresentare il modello a cui la scuola nazionale dovrà guardare proprio nella fase di implementazione del piano nazionale digitale. Esistono buone pratiche disseminate sul territorio: mettiamole in rete.
Il Governo ha deciso di seguire questa strada introducendo con la Legge 107 il primo tassello per la costruzione di un nuovo sistema che si fondi sull’innovazione. Con il Piano nazionale per la scuola digitale, infatti, abbiamo messo al centro della nostra agenda il miglioramento delle competenze digitali degli studenti rendendo la tecnologia digitale uno strumento didattico fondamentale nel curriculum dei ragazzi. Tre i punti chiave su cui dare vita a questa rivoluzione digitale: formare insegnanti, fornire competenze agli studenti, fin dalla scuola primaria, potenziare la dimensione infrastrutturale, con laboratori interni alle scuole”.
Siamo sulla buona strada per offrire a tutto il Paese quello straordinario patrimonio di esperienze e sperimentazioni che le amministrazioni locali realizzano da molti anni offrendo a studenti e docenti nuove opportunità di crescita e apprendimento”