Quando si svilupparono le grandi possibilità di navigazione della Rete, speranza di un futuro migliore per un’umanità interculturalmente connessa, ovvero la grande intelligenza collettiva di Pierre Lévy o connettiva di Derrick de Kerckhov, ciò che di maggiormente interculturalmente popolò la rete globale di questo nuovo homo sapiens sapiens e tecnologicus fu la pornografia su scala mondiale.
In articoli precedenti abbiamo considerato le potenzialità per forme di attivismo dei social, in parte riuscite come alcuni smart mob che hanno mobilitato l’intera popolazione, in parte annichilite dalla chiusura dei canali di comunicazione nei paesi in rivolta, dalla discesa in campo dell’esercito e dalla risposta tecnologica dei governi contestati.
Svilupperemo qui invece riflessioni sull’utilizzo che le persone fanno di Tinder e che ovviamente valgono anche per tutti i social omologhi o che vengono utilizzati con gli stessi obiettivi o modalità.
L’app, per chi non lo sapesse, è un facilitatore di incontri di persone vicine con le quali, sulla base degli interessi in FB, vi potrebbero essere affinità di interessi: all’interno di una perimetro chilometrico scelto vengono ricercati gli utenti disponibili.
Intanto, che cosa ci dice il mondo della ricerca in merito a Tinder (Tyson et al. 2016):
L’utilizzo attivo dello strumento avviene principalmente dalle 9 alle 11 e poi più intensamente dalle 17 alle 20, con una coda fino alle 22, per intensità simile all’attività mattutina.
Si può ipotizzare pertanto che gestisce gli incontri serali ed eventualmente pomeridiani. Gli uomini sono in maggior numero delle donne e compongono messaggi più lunghi. Vi sono maggiori probabilità che gli uomini lo utilizzino per incontri di una notte sola, le donne per chattare ed uguali tra i generi per guardare il profilo e conoscere un partner.
Altri studi spiegano invece come l’intrattenimento nell’attivazione di relazioni seduttive, in Tinder, abbia assunto maggiore importanza sulla relazione stessa, dell’impegno e del progetto che ne conseguono: ovvero attivare relazioni per il divertimento di farlo senza poi portarle avanti (Cohen 2015), paese dei balocchi per narcisisti. Dall’analisi dei discorsi femminili si evince anche che per le donne sia ancora di più degli uomini uno strumento per incoraggiare il corteggiamento più che l’attività sessuale vera e propria: anche da questa descrizione appare evidente come una componente narcisistica nel ricevere senza dare nulla in cambio.
È difficile stabilire se sia una tecnologia a produrre modifiche in una società o viceversa, potremmo dire piuttosto che si influenzano e si modificano a vicenda, tanto che ora possiamo parlare di web society (Cipolla, 2015): una società che ha fuso le caratteristiche del mezzo al suo interno diventano caratteristiche della stessa. In questo caso, oltre Mc Luhan, il mezzo non è solamente il messaggio, il mezzo è la società.
Ragionamento che appare evidente dagli studi sugli smart mob, fenomeno studiato da Rehingold (che ha reso celebre precedentemente il termine “comunità virtuale”): tecnologie sociali che uniscono dispositivi e persone in forme simili a sciami o banchi di tonni. Ora la connessione non è più limitata all’interno dei gruppi che condividevano in maniera istantanea i messaggi via sms, come alcuni degli esempi riportati dall’autore, ma la connessione è ovunque, diffusa, è connessione di sensi, di pensieri, di discorsi, di percezione e di indirizzamento nelle azioni concrete nel reale. Rimane, per parte del mondo sviluppato, ormai difficile dire che cosa sia proprio del mondo offline nelle pratiche dei giovani rispetto a quello online.
A suo tempo avevo chiamato Comfusion, questo aspetto (Strizzolo, 2010). Ma è chiaro che ora siamo ben oltre la semplice fusione comunicativa. Per cui la società è anche fusa, per caratteristiche etiche. Etiche e non morali, poiché le etiche sono particolari, costituibili e negoziabili, mentre la morale ha vocazioni universalistiche e perciò sia trascendenti che legate alla natura universale dell’uomo (dunque trascendentali), richiede perciò comunque un comune accordo su principi non negoziabili e mi interrogo quanto e dove abbia oggi senso parlare di morale, quando ognuno proietta un suo universo di significati e di etica pretendono l’accettazione universale del suo punto di vista anche quando va a incidere se non anche ledere dimensioni altrui. E’ evidente perciò come social che pongano al centro un ego fortemente narcisista non possa che fondersi pienamente con mondi narcisisti. Sia Lasch che Cesareo hanno infatti indagato a fondo questo aspetto, caratterizzante la nostra società. E in una società di narcisisti non ci possono essere relazioni vere, dove per relazioni si intende l’accettazione dell’altro, anche delle differenze, che diventano importanti momenti di confronto e sviluppo, anche se non conformi a propri modelli e valori.
Già Meyrowitz aveva sostenuto negli anni ‘80 la crisi di relazioni stabili nel tempo, quando la modernità offriva nuove tecnologie per viaggiare e comunicare offriva anche frequenti possibilità di incontri con persone che potevano ammaliare di più di quella con cui si stava e si conosceva da tempo.
Oggi siamo ben oltre anche la relazione: la nostra rete di contatti è in continua ricostituzione, considerando il numero di Dunbar non possiamo superare una certa soglia, per cui oltre i 150 contatti con una certa intensità, per farne di nuovi, dobbiamo abbandonare dei vecchi. E la possibilità di incontrare persone nuove è resa esponenziale dai social e dalla loro influenza (reciproca) sulla nostra società. Questo rende imperfetto in potenza il partner in sé, non più perfettibile (come la relazione attraverso un processo di conoscenza e crescita all’interno del rapporto) ma imperfettibile, ancora prima di scoprirne uno migliore (oramai alla portata di un clic o comunque rintracciabile, se visto anche di sfuggita, quasi sicuramente attraverso la rete). Questo da adito ulteriormente al narcisismo: non vale la pena neppure affrontare la possibilità di un cambiamento delle persone nella relazione, meglio, molto meno faticoso e rapido, cambiare la relazione. Questo l’aveva già previsto Simmel: nelle metropoli le persone non valgono per la loro unicità ma per il valore di scambio socialmente riconosciuto, porta all’interscambio delle stesse sulla base per l’appunto di un valore di scambio generalmente riconosciuto e induce un atteggiamento di generale indifferenza verso gli altri, tanti, troppi, per essere persone uniche e non sostituibili.
La relazione così sparisce del tutto, ed emergono aspetti soltanto di gratificazioni dell’ego e lì dove invece si crede di volere una relazione, non è una relazione matura nella quale le parti accettano il cambiamento di sé ma neppure dell’altro, perché l’attesa e il dialogo rappresentano già uno sforzo superiore a quello che offre l’effervescenza di contatti nel web e conseguentemente nella società.
Web society a tutti gli effetti, dunque, che implementa così il paradigma degli ego centered network, utilizzato per lo studio dei social network off line, con un io al centro di relazioni di legami di intensità che gli ruotano intorno: configurazione cioè di una ego centered society.
Indizio potrebbe essere la diffusione di personalità che adottano schemi piuttosto rigidi a salvaguardia dell’io, persone chiuse come fortezze (l’io minimio di Lasch), potremmo dire con legami solo con sé stessi o verso altri che rispecchiano sé stessi (strategie queste percepite non poche volte come necessario meccanismo di difesa), con un apparente benessere interiore, senza però un reale dialogo esterno, non sono pronte ad accogliere il diverso e il cambiamento nella relazione, che cercano dunque solamente, autoreferenzialmente, con persone che riproducono i loro mondi: ovvero, proprio come il bubble filter, il web e la società che ne deriva, non diventano più luogo di dialogo e comunicazione, ma solamente di autoreferenzialità e autoaffermazione. Per chi invece è aperto al confronto, al mettersi in discussione, verso persone che non lo fanno, non rimangono che sensi di inadeguatezza, frustrazioni e nevrosi, che spesso a loro volta conducono – più o meno legittimamente – alle medesime strategie difensive.
Così un’altra occasione perduta: le grandi potenzialità di conoscenza di una società fusa con il web sociale riducono la società più individuale.
Riferimenti:
Cesareo V., Vaccarini I. (2014), L’era del narcisimo, FrancoAngeli, Milano
Cipolla, C. (2015), Dalla relazione alla connessione nella web society, FrancoAngeli, Milano
Cohen L. (2015), World attending in interaction: Multitasking, spatializing, narrativizing with mobile devices and Tinder, Discourse, Context & Media, Volume 9, September 2015, Pages 46–54, Communicating time and place on digital media
Lasch C. (2001), La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano
Rheingold H. (2003), Smart mobs. Tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura, Cortina Raffello, Milano
Strizzolo N. (2010), Com-fusion: fusion between on-line and off-line through communicativeinteraction, www.academia.edu/2626228/Com-fusion_fusion_between_on-line_and_off-line_through_communicative_interaction
Tyson G., Perta H.H., Michael S. (2016), A First Look at User Activity on Tinder, arxiv.org/pdf/1607.01952.pdf