Ormai siamo a quota 87 (secondo il censimento operato dal Centro Berkman dell’Università di Harvard) per quanto riguarda il numero di proposte, nel mondo, di dichiarazioni di diritti su Internet, e siamo anche in attesa della proposta di una “MagnaCharta” per Internet da parte di Tim Berners-Lee. Questa proliferazione è la dimostrazione di due fatti:
- c’è un’esigenza di riconfigurare il panorama dei diritti fondamentali, interpretandoli alla luce delle nuove dimensioni sociali introdotte nella rete;
- non tutti i contesti sono uguali, per cui esistono esigenze specifiche legate al particolare ambito culturale e sociale.
La Carta dei diritti proposta dall’Internet Governance Forum pan-africano ne è un esempio. Un’ottima carta che mette in evidenza, non a caso, la libertà di espressione, il diritto di informazione che, non essendo affermati in molte aree del continente, hanno necessità di essere ribadite e non solo, come ad esempio è nella proposta italiana, inclusi nella logica dell’interpretazione sulla rete dei diritti già affermati.
Da questo punto di vista è stata senz’altro di rilievo l’iniziativa della presidente della Camera Boldrini di istituire una Commissione di Studi parlamentare, sotto il coordinamento di Stefano Rodotà, per definire una Carta da proporre in sede europea e internazionale, anche perché è la prima che si situa a livello istituzionale e che quindi riconosce l’esigenza istituzionale di procedere a una riconfigurazione dei diritti. Riconfigurazione che parte dal fatto che si concepisce il “diritto di accesso alla Rete, ad internet, come diritto fondamentale della persona, poiché Internet è ormai uno spazio nel quale si manifesta sia l’attività pubblica sia lo svolgimento della vita privata” , come afferma Rodotà, e che ha due ambiti di intervento:
- la reinterpretazione dei diritti già affermati nelle Carte dei diritti fondamentali;
- la considerazione dei diritti “generati da Internet”, come specificati da Rodotà durante l’ultimo Internet Governance Forum Italia, tenutosi non a caso nei locali della Camera.
Una considerazione, quest’ultima, che parte dall’assunto che si è ampliato, grazie alla rete, lo spazio sociale in cui si esercitano i diritti fondamentali e di cittadinanza (in questo senso è utile la sollecitazione sulla costituzione di “fori pubblici” da parte di una delle iniziative della società civile). Cittadinanza il cui ambito e la cui definizione si estende fino a includere temi critici come la “net neutrality”, che emblematicamente diventa il nodo che consente di comprendere l’impatto e l’importanza dell’iniziativa della Carta dei diritti.
Net neutrality che, grazie anche al presidente USA Obama, è diventato nodo cruciale perché si tratta di scegliere con chiarezza una delle due strade di interpretazione del ruolo della rete nella società contemporanea, semplificando:
- la trattiamo come un problema di regolamentazione di mercato, per cui l’utente/cittadino in qualche modo vede legate a questa visione la propria possibilità di utilizzare i servizi;
- la si intende come una questione di diritti, riconoscendo alla rete la dimensione di spazio pubblico, e non di semplice strumento tecnologico, anche se/quando gestito da privati, e si decide conseguentemente che questa visione debba condizionare e indirizzare le regole per il mercato.
Appunto per l’elevata valenza di questi temi anche a livello di mercato, il successo della dichiarazione dei diritti di Internet dipende in modo decisivo dal fatto che sia accompagnata e spinta dai cittadini, e l’andamento della consultazione online sulla proposta italiana mostra invece una lontananza della società civile che rischia di far diventare quest’iniziativa un’operazione di élite. Per questo mi sembra necessario che da parte di IGF Italia si promuovano iniziative per sviluppare la consapevolezza che affermare e tutelare i diritti su Internet significa affermare e tutelare i nostri diritti di cittadini.
C’è una frase chiave nell’articolo 1 della dichiarazione, lì dove si afferma che i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi “devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della Rete”. L’IGF Italia può (e, a mio avviso, anche deve) giocare un ruolo importante proprio per far comprendere e diffondere la consapevolezza di questa “interpretazione”, per cui è opportuno che IGF Italia:
- chieda un impegno del governo italiano sul tema della cultura digitale e sul riconoscimento effettivo di questi diritti, anche rilevando che nella riforma della PA, attualmente in discussione al parlamento, non sono affermati in modo esplicito ad esempio i principi di partecipazione e collaborazione che sono alla base di diversi articoli della dichiarazione;
- definisca e avvii un monitoraggio sull’esercizio effettivo dei diritti fondamentali nella Rete, e quindi sia di quelli generati da Internet e dettagliati nella dichiarazione sia di quelli preesistenti e che però oggi rischiano di essere sempre meno tutelati.
Si tratta del futuro della nostra società, sempre più globalizzata e sempre più bisognosa di avere regole comuni, con dei diritti base che tengano conto dei problemi e delle opportunità della rete.