Ferdinand Marcos Jr. – secondogenito dell’ex dittatore filippino per lungo tempo alla guida del Paese – ha vinto le ultime elezioni presidenziali, in tandem con la figlia dell’uscente leader Duterte (nel ruolo di Vice-Presidente designata e votata in perfetta continuità dinastica), e pertanto si appresta a ricoprire, in un clima non del tutto pacifico – la carica istituzionale più importante nell’arcipelago sud-est asiatico.
Marcos ha trionfato nella sfida con gli altri candidati, grazie ad un inequivocabile consenso popolare – sia pure dai contorni tutt’altro che chiari e trasparenti a causa delle possibili interferenze manipolative della disinformazione sull’opinione pubblica – che gli ha consentito di ottenere una legittimazione plebiscitaria funzionale ad esercitare la carica pubblica elettiva di 17º Presidente della Repubblica delle Filippine.
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Lo sfruttamento pervasivo dei social media
Non vi è dubbio che Marcos Jr., nel pianificare la sua ascesa al potere, abbia dimostrato una rilevante leadership strategica aperta alle innovazioni digitali, grazie alla capacità di raggiungere ruoli chiave istituzionali di notevole influenza sociale, unitamente all’acquisizione di un bagaglio culturale frutto di esperienze di studio vissute anche all’estero, nell’ambito di un ricco “cursus honorum” che, tra l’altro, ha visto affermare la sua presenza nella politica nazionale già come senatore nel 2010, dopo l’esordio da membro della Camera dei rappresentanti nei primi anni ’90, sino al recente ambito traguardo ottenuto grazie alla vittoria delle ultime elezioni presidenziali.
Uno dei fattori chiave del successo politico del neopresidente può essere individuato nello sfruttamento pervasivo dei social media utilizzati come preminenti canali comunicativi destinati a diffondere una capillare “narrazione” massiva volta ad enfatizzare l’immagine positiva della famiglia Marcos grazie ad una sofisticata – e ben finanziata – campagna di marketing digitale basata sullo sfruttamento dei “punti di forza” delle piattaforme sociali.
Il ricorso agli strumenti digitali ha consentito di amplificare, tra i principali topic della strategia elettorale, l’esistenza di irrisolti problemi sociali che storicamente alimentano le radicate diseguaglianze riscontrabili nel Paese, considerato che più di un quinto dei filippini vive al di sotto della soglia di povertà del Paese, mentre un ulteriore rapporto del 2018 rileva che solo l’1,4% circa della popolazione dispone di un reddito medio-elevato, stimato a partire dai $ 43.400 l’anno.
Con encomiabile intelligenza strategica e spiccata lungimiranza operativa, nell’ottica di stimolare svariate azioni di engagement interattivo nei confronti delle nuove generazioni è stato considerato prioritario fidelizzare gli utenti giovani tra i più convinti sostenitori della campagna politica promossa.
Una precisa strategia virtuale (grazie alla profilazione)
Sfruttando anche le lacune formative del sistema educativo filippino (ove l’ex dittatura di Marcos è a malapena discussa nei programmi didattici delle scuole), ha preso forma una precisa strategia virtuale profilata sull’età dell’elettorato. In particolare, la comunicazione ha generato contenuti semplificati, brevi e concisi, prevalentemente concentrati a sollecitare la partecipazione attiva di uno specifico target anagrafico corrispondente alla fascia giovanile del Paese, come principale segmento di popolazione da intercettare per costruire “lo zoccolo duro” del consenso politico che poi sarà decisivo ai fini della vittoria finale. In questo senso, è emblematico che circa il 56% dei 65,7 milioni di elettori registrati nei sistemi di voto risulti avere meno di 40 anni: in altri termini, per il candidato Marcos Jr. è stato più agevole e oltremodo determinante soprattutto fare breccia nel cuore dei “Millennials”, come nativi digitali privi di una memoria storica stratificata risalente nel tempo, poiché troppo giovani per ricordare la negativa esperienza dittatoriale riferibile al padre del neo eletto Presidente. Non a caso un sondaggio ha rilevato che poco più del 70% degli elettori di età compresa tra 18 e 24 anni dichiara il proprio sostegno a Marcos Jr.
Social e campagne elettorali, il precedente di Duterte
In ogni caso, l’uso dei social media nelle campagne elettorali non rappresenta una novità assoluta della storia politica filippina: in questo senso, anche l’ex presidente Rodrigo Duterte per gestire le sue campagne di comunicazione ha fatto massivamente ricorso a tali piattaforme, spesso inondate da false informazioni sui suoi oppositori, come tecnica di manipolazione comunicativa rivolta all’opinione pubblica al fine di screditare gli avversari politici: risulta quindi calzante la descrizione delle Filippine come “paziente zero nell’epidemia di disinformazione globale”.
Rispetto al passato, però, nell’attuale strategia elettorale di Marcos Jr. si registra un perfezionamento sofisticato dei social media, ove ha assunto una notevole centralità l’impatto comunicativo dei video livestream, grazie alla mobilitazione pianificata di un ampio esercito di volontari reclutati per trasmettere in tempo reale le manifestazioni organizzate seguendo tempi e modi della narrazione comunicativa realizzata a sostegno della campagna politica pianificata, da cui spesso sono scaturiti contenuti di incitamento all’odio, molestie verbali e forme disinformazione massiva – sebbene ritualmente smentite dall’interessato – come inevitabile effetto collaterale di sistemi algoritmici che, per incrementare il livello di coinvolgimento degli utenti, esasperano le reazioni emotive destinate a degenerare ben oltre le normali dinamiche di un civile – sia pure aspro – scontro dialettico tra contrapposte posizioni ideologiche riferibili a fazioni politiche avversarie.
Il ruolo di TikTok
Un ulteriore decisivo strumento comunicativo per la vittoria elettorale di Marco Jr. è stato il noto social cinese TikTok, ormai da tempo divenuto nel Paese uno dei principali veicoli di notizie politiche, a fronte di una quota di utenti registrati su tale piattaforma pari a 36 milioni di filippini, rispetto agli 84 milioni di utilizzatori di Facebook, che rimane quindi la prima piattaforma social più diffusa nelle Filippine.
In particolare, su TikTok si è concentrata la proliferazione di messaggi – anche dai contenuti falsi e fuorvianti – di tipo celebrativo sulla figura dell’ex dittatore come “miglior presidente del mondo”: ad esempio, è diventato presto virale un video postato con cui si ricostruisce la vasta ricchezza della famiglia Marcos accumulata lecitamente grazie a guadagni professionali e lavorativi, escludendo piuttosto i presunti fenomeni corruttivi legati a illecite appropriazioni di fondi pubblici. Parimenti elevati sono stati i flussi di visualizzazione associati ad un video ove si rievoca in chiave positiva la legge marziale imposta dal dittatore filippino Ferdinand Marcos Sr. (padre dell’attuale neo Presidente), come normativa indispensabile per garantire la sicurezza generale del Paese al punto da consentire a chiunque di “lasciare la propria casa aperta” senza il rischio di subire furti e altre forme di vandalismo.
Peraltro, non a caso proprio TikTok, già sospettata di essere fonte di disinformazione a causa della massiva proliferazione di contenuti da propaganda pro-Cremlino sull’invasione russa dell’Ucraina, ritorna ancora al centro di possibili criticità – comunque tutte da verificare in modo certo e completo – sul rischio di possibili interferenze manipolative, veicolate tramite bot e troll automatizzati, in grado di inquinare il dibattito politico, anche alla luce di specifiche evidenze secondo cui all’interno dell’app “le bugie” di Marcos Jr. non sarebbero controllate, al punto da avvantaggiarlo rispetto agli altri candidati: sarebbe, infatti, stata riscontrata la pervasiva pubblicazione di messaggi “pro-Marcos” finalizzati ad amplificare la condivisione dei relativi contenuti processati dagli algoritmi dell’app che li rendono visibili ad un numero maggiore di utenti soprattutto giovani.
Il peso elettorale della Generazione Z
In questo senso è stato centrale il peso elettorale della Generazione Z, costituita dai nativi digitali come principali utilizzatori delle attuali piattaforme sociale, ove si è concentrato lo sforzo comunicativo della strategia politica di Marcos Jr., mediante video accattivanti e semplificati rivolti a persone troppo giovani per ricordare la precedente dittatura filippina e le repressioni sancite nel vigore della legge marziale.
Tutto ciò, quindi, al netto degli indubbi positivi benefici misurabili in termini di performance elettorali di successo, sembra facilitare la diffusione di massive campagne di disinformazione in grado di promuovere talvolta anche visioni revisionistiche volte ad avallare un eccessivo appiattimento storico del passato, al fine di “tutelare” l’immagine del candidato Marcos Jr., tenendola al riparo da qualsivoglia possibile collegamento con le responsabilità addebitate al padre, la cui storia politica è stata nel frattempo oggetto di una rivisitazione mitigata dei fatti mediante la circolazione di notizie condivise online, sebbene talvolta false, fuorvianti e non affidabili, ma comunque fatte passare in ogni caso come voci autenticamente alternative alla contrapposta comunicazione “mainstream”. È la nuova frontiera della propaganda elettorale?
L’inquietante ritorno al potere dei Marcos
La famiglia Marcos, dopo essere tornata dall’esilio già nel 1991, riconquista quindi il potere, all’esito di una progressiva riabilitazione politica sagacemente costruita nel tempo che esprime, come una sorta di “quadratura del cerchio” da discendenza diretta, all’insegna dei noti “corsi e ricorsi storici”, la rievocazione ciclica di una delle fasi politiche più controverse della recente storia filippina. In particolare, il riferimento non può che essere indirizzato alla discussa figura di Ferdinand Marcos Sr. (padre e omonimo dell’attuale neo-eletto Presidente), rimasto ininterrottamente in carica, nella qualità di Capo dello Stato, dal 1965 al 1986, durante un periodo “buio” segnato da massive violazione di diritti umani, restrizioni e censure, nonché da accuse di uccisioni di migliaia di avversari oppositori, al pari di sospetti casi corruttivi legati alla gestione delle risorse pubbliche, sino a determinarne la definitiva caduta a seguito della sua estromissione avvenuta al culmine di una rivolta popolare non violenta nota anche come “Rivoluzione di Febbraio” (“People Power Revolution”), che pose fine alla cruenta dittatura, ripristinando il regime democratico, con conseguente fuga della famiglia Marcos alle Hawaii.
Oggi, a distanza di tempo da tali fatti, Ferdinand Marcos Jr. raccoglie l’eredità politica del capostipite: l’incognita è se in totale continuità o meno con l’uscente Rodrigo Duterte, anche se l’elezione della figlia alla carica di Vicepresidente sembra presagire la prosecuzione di una stretta collaborazione tra le due esperienze istituzionali.