A tre giorni dal voto, il Garante per il Trattamento dei dati personali chiede con urgenza a Facebook Italia notizie sui “promemoria” che compariranno sul social. Dopo Cambridge Analytica e il progetto “Candidati” il Garante vuole prevenire altri scandali legati all’impiego elettorale del social.
Il comunicato stampa del Garante
Il Garante per il Trattamento dei dati personali vuole chiarimenti sulle attività dei social Facebook ed Instagram in materia elettorale, tema sensibile sia sul piano della riservatezza delle opinioni politiche (e relativo diritto garantito dal GDPR), sia sul piano strettamente socio-politico.
Nel comunicato stampa del Garante la campagna di Meta viene descritta nei seguenti termini: “La campagna, indirizzata espressamente agli utenti maggiorenni italiani, sarebbe volta a contrastare le interferenze e rimuovere i contenuti che disincentivano al voto. Fra le iniziative intraprese da Meta vi sarebbero: la collaborazione con organizzazioni indipendenti di fact-checking e l’utilizzo di un Centro operativo virtuale per identificare in tempo reale potenziali minacce”.
Per disinnescare eventuali comportamenti indesiderati, Meta ha comunicato di voler far ricorso a collaborazioni “con organizzazioni indipendenti di fact-checking e l’utilizzo di un Centro operativo virtuale per identificare in tempo reale potenziali minacce”.
Il Garante ha messo i puntini sulle “i”: “Facebook dovrà fornire informazioni puntuali sull’iniziativa intrapresa; sulla natura e modalità dei trattamenti di dati su eventuali accordi finalizzati all’invio di promemoria e la pubblicazione degli “adesivi” informativi (pubblicati anche su Instagram – Gruppo Meta); sulle misure adottate per garantire, come annunciato, che l’iniziativa sia portata a conoscenza solo di persone maggiorenni”.
Al di là della tutela dei minorenni – sacrosanta – e dell’analisi dei soggetti “indipendenti” (davvero?) che dovrebbero aiutare Meta a far pulizia dei post “spazzatura”, ci sono degli aspetti inquietanti (e il Garante ha fatto più che bene a intervenire in via preventiva)…
Meta e l’astensionismo
Non è chiaro, tra tutte le questioni messe sul tavolo da Garante, per quale motivo Meta dovrebbe focalizzarsi sulle – cioè contro le – iniziative volte a “disincentivare il voto”.
Letto così, pare che i due social del gruppo Meta vogliano fare politica attiva per portare le persone a votare.
In assoluto nulla di male, ma non è chiaro a che titolo venga presa questa iniziativa e quale sia lo strumento concreto con cui tale intenzione verrà messa in pratica.
Fact-checkers indipendenti verificheranno i post di tutti i maggiorenni dal 22 al 25 settembre 2022 per verificare che non vi siano contenuti inneggianti al non voto?
Detto altrimenti: chi vorrà fare campagna per l’astensionismo, perché non si sente rappresentato dalle forze politiche in campo, vedrà finire il proprio post nell’inferno dei feed, ossia dove nessuno lo leggerà?
La prospettiva, al netto delle legittime posizioni di ciascuno, è inquietante e dovrebbe essere oggetto sia di approfondimento da parte del Garante, sia da parte degli organi di informazione, oltre che della politica vera e propria.
Il rischio – concreto – è che il passo successivo alla disincentivazione dell’astensionismo sia l’indicazione attiva del soggetto da votare, sula base di un determinato set valoriale, più che di appartenenza ad un partito.
Conclusioni
Va detto che per Facebook Italia (ma per il gruppo Meta in generale nel mondo) le elezioni sono un business importantissimo: basti pensare ai post sponsorizzati da partiti politici e candidati alle elezioni comunali, regionali e politiche.
È quindi chiaro che per Facebook l’astensionismo è, in un certo qual modo, un nemico da combattere sul piano del marketing: meno persone votano, meno interesse avranno i post a pagamento per i politici di ogni schieramento.
Detto questo, il controllo su adesivi e indicazioni di – non – voto anche da parte di soggetti esterni alla società richiede, quantomeno, una valutazione di impatto, al netto della qualifica di detti soggetti esterni quali responsabili ai sensi dell’articolo 28 del GDPR che, forse, il Garante farebbe bene a controllare con attenzione e anche con un pizzico di puntiglio.
Idem per quanto attiene al controllo maggiorenni/minorenni: se TikTok non è riuscita a chiarire in mesi con quale modalità effettua il discrimine, riuscirà Facebook a fornire chiarimenti urgenti prima della fatidica data del 25 settembre?