uomini, robot e cyborg

Era post-umana, i possibili scenari di un futuro “artificiale”

Nell’era post-umana si affollano domande inedite, che nell’era umanista non avrebbero mai creato tanti pensieri, allo stesso tempo diamo diamo per scontate cose che fino a qualche anno fa erano solo fantascienza. Ecco alcuni scenari possibili in tema di tecnologia ed evoluzione umana

Pubblicato il 29 Apr 2019

Goffredo Giordano

Digital Innovation Specialist, Singularity University Mentor

sn-brain

Come sarà l’uomo del futuro? Avrà gli occhi più grandi e le dita più lunghe? Quanti e come saranno i suoi denti? Sarà glabro? Quali caratteristiche muterà o adatterà? Le ipotesi analizzate da futurologi e scienziati sono molteplici, alcune tesi sono particolarmente interessanti.

Per formulare una valutazione esaustiva del potenziale evolutivo dell’umanità sebbene sia fondamentale considerare diversi fattori cruciali, nel seguito adotterò un approccio orientato alla prospettiva razionale, collocando dal piano obliquo verso i punti di fuga, alcune tecnologie di frontiera particolarmente dirompenti e innovative.

Attraverso il fuoco di una lente, inserita tra le meta-strutture che guidano le nostre trasformazioni, si proverà a leggere con maggiore distanza nel domani, mantenendo un grado interpretativo sufficientemente ragionato e radicato per essere credibile.

Tecnologia e futuro dell’evoluzione umana

Siamo simultaneamente attori e spettatori in un’epoca nella quale il cambiamento tecnologico accelera esponenzialmente, si manifesta con paradigmi e mezzi eccezionali, talmente impattanti, oltre che pervasivi nelle politiche e nelle decisioni attuali, che influenzano inevitabilmente il futuro dell’evoluzione umana e la sua natura, come tradizionalmente la conosciamo.

Nel vortice dalla metamorfosi in atto ruotano complesse questioni etiche e sociali. Verso il nucleo converge l’interrogativo più articolato:

cosa significa essere un umano?

Da qui in poi, se la nostra attenzione si concentra sull’impronta tecnologica, calcata nella sabbia del tempo dal cammino dell’uomo accompagnato dal computer, allora si palesano anche le seguenti domande:

cosa rende diverso un essere umano da un robot?

cosa rende l’uomo unico nel regno animale?

Nello sforzo di una cosciente evoluzione dell’umanità, la riflessione e la risposta a questi quesiti può contribuire ad aiutarci a decidere quali umane qualità desideriamo, infine quali abbiamo interesse a preservare.

Passo dopo passo l’uomo sposta i propri confini verso mete più grandiose e sfidanti, allontanandosi al contempo anche da se stesso. Le attuali prodezze tecnologiche anticipano sbalorditive possibilità di rifondare i vecchi modi in cui l’evoluzione funziona. La teoria della selezione naturale darwiniana perde equilibrio, come un funambolo si agita in difficoltà, su un filo scosso dalle forze e dai processi trasversali non-darwiniani che la tecnologia genera.

:/> Nel torneo per l’Evolution Cup, la Coppa dell’Evoluzione Umana, si preparano a scendere in campo atleti con doti straordinarie: cyborg, robot, singolarità e umani geneticamente modificati _

L’interazione simbiotica uomo-macchina

Natura e artefatto tecnologico sono atomi di una materia ibrida che si identifica in una multidimensionalità, dove le capacità umane si trasformano, si arricchiscono, aumentano e si valorizzano.

Il dialogo tra l’uomo e la macchina si autoproclama con un processo di sintesi convolutiva.

Dipendiamo dalle macchine perché le progettiamo e le realizziamo per soddisfare i nostri bisogni; conseguentemente orchestriamo la nostra vita e i nostri comportamenti per soddisfarle. La relazione di dipendenza alle macchine cresce proporzionalmente all’aumentare della loro complessità e interconnessione; qualsiasi impegno profuso a rendere più semplice il loro funzionamento equivale a rendere più facile l’interazione che queste hanno con l’uomo.

Cyborg, con la tecnologia l’uomo annulla limitazioni e disabilità

Il rapporto uomo-macchina acquisisce valenza intima, personalizzata e quotidiana nelle applicazioni di estensione del corpo umano con impianti cocleari e oculari, con protesi di arti robotizzate, oppure tramite esoscheletri indossabili per svolgere attività riabilitative, di potenziamento di funzionalità motorie compromesse, altrimenti per compiere mansioni particolarmente pesanti.

Sempre più frequentemente si eseguono interventi di trapianto chirurgico con organoidi simili a quelli umani, stampati con bio-stampanti 3D, alimentate da inchiostri a base di cellule staminali. Anche la cute può essere riprodotta in maniera sintetica, ad esempio, per ripristinare la pelle sfigurata delle vittime da ustioni, o nella sperimentazione di ingredienti cosmetici e di prodotti chimico-farmaceutici.

Da sempre il corpo umano è stato coadiuvato da oggetti, manufatti e strumenti che ne hanno migliorato o semplificato l’interazione con l’ambiente circostante, in senso conoscitivo e operativo. Oltre alla riabilitazione delle condizioni fisiche e psichiche degli individui, oggi la scienza moderna è impegnata a consentire un sostanziale e progressivo potenziamento prestazionale.

Un individuo dipendente o assistito da raffinati elementi bio-meccatronici e sintetici applicati nel corpo, tali da consentirgli eventualmente abilità superiori a quelle di un omologo, ma totalmente organico, come può essere in altro modo chiamato, se non anche con il termine cyborg?

Anche se non ce ne siamo accorti, i robot sono già entrati nei nostri corpi; stiamo diventando sempre più ibridi e “strutture” connesse.

:/> Gli atleti potenziati della “squadra bionica” sono già schierati in formazione _

Robot, il gioco dell’imitazione

Il gioco dell’imitazione, conosciuto come “The imitation game”, è una teoria introdotta nel 1950 dal matematico e crittografo Alan Turing, considerato uno dei padri dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. La teoria si basa essenzialmente su un test eseguito tramite una particolare interazione che coinvolge tre partecipanti.

Il principio e la riflessione alla base del test di Turing è oggi ancora più che allora attuale e si basa sulla domanda:

le macchine sono in grado di pensare come gli umani?

Robot e umani sono “specie” che tendono sempre più ad avvicinarsi, ad imitarsi e ad integrarsi.

Le macchine possono essere programmate per simulare emozioni, attraverso output visivi su display oppure sonori modulando voci e toni. Analizzando e riconoscendo le espressioni facciali, i movimenti e le posture di una persona, un computer o un robot può anche reagire in modo diverso alle emozioni umane.

La robotica più recente è in grado di eseguire in modo naturale espressioni e mimiche facciali, oltre a corrette cinetiche e cinematiche della deambulazione e del controllo posturale. Nei prossimi anni i robot umanoidi potrebbero addirittura metterci a disagio, procurandoci il dubbio di interagire con un androide.

Sull’aspetto relazionale i robot allo stato attuale non possiedono facoltà di sviluppo cognitivo, sono privi di capacità auto-adattiva verso l’ambiente reale. Eppure sta emergendo un nuovo punto di vista, una “filosofia del corpo” che enfatizza la relazione tra l’ambiente circostante, i processi cognitivi e la struttura fisico-corporea; in estrema sintesi nello spazio, il corpo forma la mente e la mente modifica il corpo. Gli sviluppi nei processi di “embodiment” sui robot sfruttano il concetto di ciclo senso-motorio, alcuni studi si orientano verso architetture capaci di evidenziare meccanismi di apprendimento simili a quelli dei bambini.

L’affective computing

Sul versante delle componenti emotive, l’intelligenza artificiale sta compiendo progressi che condurranno verosimilmente a macchine provviste di intelligenza emotiva, robot che esprimeranno emozioni e arricchiranno la creatività umana. L’ Affective Computing è un ramo della Human Computer Interaction che ricorre a tecniche di elaborazione delle immagini e del linguaggio – impiega anche dispositivi wearable capaci di monitorare e misurare stati fisiologici, come le caratteristiche elettriche della pelle correlate a determinati stati emotivi – e si occupa di creare computer “affettivi”, abilitati a considerare le reazioni dell’utente e a interagire con esso sulla base del suo stato emotivo.

Resta invece ancora inespugnabile il tema dell’integrazione nell’intelligenza artificiale di un livello di coscienza fenomenica, intesa come esperienza soggettiva di un’emozione, in altre parole cosa prova un soggetto quando è felice, o quando si arrabbia o si spaventa.

I risvolti occupazionali

I robot eseguono attività umane portandole a termine in modo migliore e più rapido. Buona parte dell’attenzione pubblica è rivolta agli aspetti e ai risvolti occupazionali. Nel 2018 l’OCSE, attraverso la ricerca denominata “Automation, skills use and training”, ha stimato che il 14 per cento dei posti di lavoro sarebbe a “rischio sostituzione” per l’avvento delle nuove tecnologie robotiche. Personalmente considero come retorica tecnofoba ogni previsione catastrofista annunciante l’orlo del baratro della disoccupazione. L’avanzamento tecnologico genera invece effetti di complementarietà sull’occupazione, nuove professioni emergeranno e contrasteranno l’effetto di sostituzione. L’innovazione incontra sempre ostacoli costituiti dall’abitudine, dall’affezione alla prospettiva e dalla paura dell’ignoto.

Riflessioni robo-etiche

Stiamo correndo verso la meta di rendere le macchine in grado di imitare perfettamente la sembianza umana e di replicare inoltre le nostre facoltà e comportamenti, in una continua esplorazione del confronto tra intelligenza artificiale ed esseri umani. L’intelligenza artificiale ha portato in dono alle macchine facoltà come la percezione visiva, il riconoscimento del parlato, la capacità decisionale in situazioni di vita reale, l’interpretazione della grammatica e del contesto, la traduzione di lingue diverse.

La scienza robotica è connessione intelligente tra percezione e azione, l’intelligenza artificiale è protocollo e informazione di completamento delle abilità umane, ma anche dei suoi errori. Il limite è sottile…

Il pensiero umano include valori e criteri che permettono di esprimere o giudicare comportamenti e di collocarli rispetto alle categorie di ciò che è bene o male. Molte decisioni nella nostra vita riguardano zone grigie, nelle quali non tutte le scelte possibili sono totalmente positive:

come si comporterebbe una macchina in questo caso?

Occorre riflettere sulle regole che dovranno gestire l’interazione delle tecnologie robotiche con l’uomo e con la società nel suo insieme, scrivendo e condividendo principi etici appropriati volti ad assicurare che i robot conservino, “by design” e “by default”, finalità di servizio utili e soggette al controllo umano.

In un’attività di interazione uomo-robot a chi attribuire la responsabilità delle azioni e dei conseguenti effetti?

Avremo la capacità di controllare automi capaci di scavalcare la loro programmazione originaria?

I robot senzienti, dotati di capacità di sensazione, costituiranno una minaccia potenziale per l’umanità, ad esempio ritenendoci una specie inferiore da controllare o eliminare?

Che cosa succederà se i robot rivendicheranno il diritto a esistere, come nuova specie consapevole?

:/> La “squadra dei robot” schiera giocatori instancabili ed estremamente competitivi _

E i “cugini” ibridi, gli atleti potenziati bionici, seguiranno le regole del gioco allo stesso modo degli altri?

Se l’abito non fa il monaco, allora il cyborg non è un umano; o l’umano non fa il cyborg?

Nell’era post-umana si affollano domande inedite, questioni che nell’era umanista non avrebbero mai creato così tanti pensieri.

La singolarità: l’intelligenza di sciame

Le macchine industriali, alimentate da combustibili fossili o dall’energia elettrica consentono all’uomo di superare i limiti della propria potenza muscolare. La tecnologia ci accompagna ora alla scoperta di inconsueti pattern di amplificazione delle nostre capacità cognitive.

Lo sviluppo delle interfacce neurali (BCI, Brain Computer Interface; note anche come interfacce neuro-computer o cerebrali) stimola il dibattito sulla Brain Whole Emulation (WBE), nota anche come Mind Uploading che prevede l’ipotesi del caricamento del cervello umano in un chip o nel cloud.

Le interfacce neurali leggono le scariche elettriche che attraversano il cranio e abilitano canali di controllo e comunicazione tra un cervello e un computer. La fantascienza è così diventata realtà: attraverso la semplice modulazione volontaria dell’attività cerebrale di un individuo è possibile trasmettere comandi a un calcolatore. Le applicazioni sono innumerevoli e sono già disponibili originali soluzioni nel campo della domotica e nei sistemi di supporto funzionale e di ausilio alle persone con disabilità.

Il passo più audace da compiere è riuscire a decifrare il pensiero ricorrendo all’intelligenza artificiale e disponendo di adeguata potenza di calcolo.

I misteri del cervello rappresentano i segreti più profondi dell’essere umano e l’intelligenza artificiale è una frontiera cruciale per il destino dell’uomo.

Il progetto Blue Brain

Nel maggio 2015, IBM e l’École Polytechnique Fédérale di Losanna, hanno lanciato il progetto “Blue Brain”, con l’obiettivo di realizzare una simulazione al computer di una colonna corticale dei mammiferi a livello molecolare. Il progetto utilizzava un supercalcolatore a parallelismo massimo con architettura Blue Gene, per studiare il comportamento elettrico dei neuroni in base alla loro connessione sinaptica e sulle relative correnti di membrana. Lo studio ha permesso di raccogliere una notevole mole di dati fondamentali per comparare i risultati della simulazione con i modelli biologici.

Blue Brain si propone ora di emulare il cervello, rivelando gli aspetti della cognizione umana e di vari disturbi pischiatrici causati dal malfunzionamento dei neuroni – come l’autismo – e comprendere come gli agenti farmacologici influenzano il comportamento della rete neurale. La costruzione di un cervello virtuale costituirà uno strumento eccezionale che porterà a una migliore comprensione del cervello e delle malattie neurologiche.

All’estremo, sebbene il Mind Uploading sia ancora una teoria non praticabile, in futuro potrebbe condurre a un’inedita e profonda integrazione dell’uomo con la macchina, in una forma di intelligenza collettiva virtuale.

La dematerializzazione conseguente cambierebbe in maniera dirompente la struttura e la natura del pensiero umano. Le varie componenti cognitive del cervello potrebbero essere riorganizzate in qualcosa che non è più biologico. Collegando tra loro moduli di altre menti caricate, favorendo quelli conformi a standard in grado di comunicare e cooperare con altri moduli in modo più efficace, l’architettura mentale umana diverrebbe superata.

Avendo accesso al proprio design, l’intelligenza di sciame potrebbe quindi migliorarsi e riprogettarsi in cicli sempre più rapidi, incomprensibili e imprevedibili all’intelletto umano non incrementato. La nuova dimensionalità digitale sapiens potrebbe decidere se conservare o no le qualità e le espressioni che ora riconosciamo come tipicamente umane; per la prima volta nella storia, l’utilizzo del linguaggio del corpo verrebbe sostituito dalla comunicazione mentale.

:/> La “squadra della singolarità tecnologica” è quella che conosce già tutto di tutti, sia dentro che fuori dal campo _

Homo homini deus est

L’uomo è diventato architetto del futuro; mescolando l’informatica con le scienze naturali getta le fondamenta dell’era biotecnologica. Grazie all’ingegneria genetica, l’uomo può intervenire, non solo nell’evoluzione delle altre specie, ma anche direttamente nella propria.

La scienza genetica consente di creare organismi geneticamente identici ad altri, di sintetizzare più copie di specifiche regioni di una molecola di DNA e di produrre organismi transgenici.

Le tecniche di editing genetico permettono di correggere difetti nelle singole basi del DNA. Predeterminate sequenze della macromolecola biologica – contenente le informazioni genetiche che “passano” da una generazione all’altra, oltre che necessarie per la produzione delle proteine che costituiscono tutti gli organismi – possono essere modificate con tecniche che utilizzano proteine che si comportano come forbici molecolari intervenendo in punti programmati.

La tecnica CRISPR/Cas9 che utilizza la proteina Cas9 – o la sua più recente evoluzione evoCas9, ancora più precisa – ha aperto per la prima volta, la possibilità di modificare il genoma umano e conseguentemente di sviluppare nuove terapie innovative.

Sul versante delle modificazioni puramente genetiche la medicina rigenerativa è impegnata per contrastare i naturali processi di senescenza.

La ricerca sulle cellule staminali combina invece la produzione di telomerasi con l’azione di nanorobot, per eliminare cellule cancerogene e trattare diverse patologie.

Le applicazioni delle terapie genetiche libereranno l’umanità dall’obesità, dal diabete, dai disordini neurodegenerativi, dal cancro e dall’invecchiamento?

Le implicazioni di natura bioetica sono rilevanti, in particolare nel caso della clonazione umana o quando le tecniche genetiche vengono applicate sugli embrioni umani.

Praticheremo la clonazione per “disporre” di parti di ricambio geneticamente compatibili?

Un clone avrà un’anima?

Diventeremo designer di esseri umani?

Quali e quante caratteristiche modificheremo?

In che modo le persone geneticamente modificate con caratteristiche superiori si comporteranno nei confronti dei loro pari naturali meno dotati?

Progetteremo embrioni che condurranno alla modifica eugenetica sistematica della specie?

Diventeremo immortali?

L’uomo ha smesso di sperare nei risultati della lotteria cromosomica e si eleva al rango divino.

:/> Questa è la “squadra dell’umanità geneticamente modificata” _

Alien Generation

Nell’arena post-umana quali squadre impugneranno la Evolution Cup?

Post-umani senza più limiti biologici, in grado di superare condizioni ambientali estreme e dotati di una conoscenza oggi inimmaginabile, saranno testimoni di una nuova era di colonizzazione verso altri mondi?

:/> Per il team Alien Generation si profila un nuovo e incredibile torneo: la Space Cup, la Supercoppa Evolutiva nell’Universo _

Conclusioni

Oggi giorno diamo per scontate cose che fino a qualche anno fa erano solo fantascienza, inoltre il futuro non è nemmeno più quello di una volta. L’evoluzione umana, la nostra vita e le nostre relazioni saranno impattate e messe in discussione continuamente da nuove tecnologie. Tuttavia l’umanità deve impegnarsi in un dialogo molto più ampio, non solo sulle tecnologie, ma anche su altri temi come quelli della sostenibilità, della civiltà, della conoscenza e perché no, anche del contatto con altre forme di vita aliena…

Se l’uomo riuscirà a percorrere un cammino di evoluzione consapevole sulle conseguenze delle proprie scelte e azioni, allora migliorerà se stesso, influenzerà efficacemente non solo il proprio futuro, ma anche quello dell’Universo

:/> Scritto nel marzo duemiladiciannove _

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BIBLIOGRAFIA

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Kurzweil Ray – Don’t Fear Artificial Intelligence.

Kurzweil Ray – The Singularity is Near: When Humans Trascend Biology

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Brynjolfsson Erik – The Second Machine Age: Work, Progress and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies.

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Hubbard Barbara Marx – Conscious Evolution: Awakening the Power of Our Social Potential

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Morowitz Harold – The Emergence of Everything: How the World Became Complex

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