Il focus

Esoscheletri: cosa sono, da dove vengono, applicazioni

Gli esoscheletri seguono l’intenzione di movimento dell’essere umano: robot indossabili, sono utilizzati nella riabilitazione e nella produzione industriale. La storia, la frontiera dei soft exosuit, il valore di mercato

Pubblicato il 10 Mar 2022

Antonio Frisoli

docente di robotica presso la Scuola Superiore Sant'Anna

esoscheletri industriali

Il mercato degli esoscheletri viene valutato in mezzo miliardo di dollari con una crescita importante del 46.2% come CAGR nei prossimi 5 anni, che lo porterà ad una stima di 3,5 miliardi nel 2026.

Cosa sono gli esoscheletri

Gli esoscheletri sono robot indossabili, modellati sottoforma di ortesi, cioè tutori, motorizzate. I robot indossabili sono sistemi robotici simbiotici umani avanzati caratterizzati da adeguati fattori di forma, cinematica e peso da indossare sul corpo umano con la funzione di aumentare e assistere o ripristinare la funzione degli arti umani (robot protesici) (Pons, Ceres, & Calderon, 2008).

Morti sul lavoro, Metta (IIT): “Ecco le tecnologie per evitarle e lavorare meglio”

L’etimologia aiuta a comprendere cosa sono gli esoscheletri. In biologia, il prefisso “exo-“, che sta per esterno, è usato per riferirsi alla struttura esterna che protegge il corpo degli insetti: in analogia, gli esoscheletri sono strutture robotiche che possono essere indossate su arti esistenti. Quando sostituiscono un arto umano mancante, vengono invece chiamati robot protesici. (Frisoli, 2019).

Una caratteristica peculiare degli esoscheletri è agire in simbiosi con l’operatore umano, seguendo la sua intenzione di movimento: ciò pone requisiti specifici a livello di controllo, attuazione e cinematica.

Neuroprotesi e robotica al servizio della riabilitazione post-ictus

Figura 1 L’esoscheletro Alex commercializzato dalla Wearable Robotics srl per la riabilitazione dell’arto superiore

Da Harvard viene proposto in modo convincente il concetto di “soft exosuit”, un esoscheletro per gambe (Asbeck, De Rossi, Holt, & Walsh, 2015) in grado di ridurre in modo significativo il consumo energetico e l’affaticamento muscolare di chi lo indossa, ovvero una “tuta che non contenga elementi rigidi che supportino carichi di compressione” (Asbeck et al., 2015).

Questi sistemi di exosuit, che sono in grado di alleviare la fatica dell’uomo, si prestano ad essere usati in una molteplicità di contesti anche di vita quotidiana, tra cui l’assistenza per lo svolgimento di compiti sportivi o il supporto al movimento di persone anziane.

Ad oggi il prezzo di acquisto di queste tecnologie rappresenta ancora il fattore principale che ne limita l’adozione e la diffusione su scala più grande, ma nella prospettiva di breve periodo ci aspettiamo che una classe di questi dispositivi diverrà sempre più accessibile.

La storia degli esoscheletri

La storia degli esoscheletri inizia negli anni ’70, con il primo progetto di esoscheletro di potenziamento: “Hardiman” della General Electric negli Stati Uniti, aveva l’obiettivo di raggiungere una capacità di sollevamento da parte della persona fino a 680 kg, con un fattore di amplificazione della forza umana pari a 25.

La mancanza di elettronica e controllori digitali dell’epoca non ha reso possibile il funzionamento e la messa in sicurezza di una macchina così complessa e a così stretto contatto con l’uomo.

Si scrive infatti nell’Hardiman Project Report della General Electric del 1969, “Quando si accendeva l’alimentazione per azionare l’articolazione della spalla, il braccio oscillava e il gomito non funzionava”[1]. Il progetto è stato quindi interrotto ed abbandonato, non essendo maturo il livello tecnologico dell’epoca.

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Figura 2 Il Progetto Hardiman della GE fu interrotto negli anni ’70 per motivi di sicurezza. Il suo inventore Ralph Mosher in una foto d’epoca

Dobbiamo aspettare quindi gli anni Duemila perché lo stimolo del programma di ricerca americano finanziato dalla Darpa porti alla costruzione di nuovi esoscheletri per l’aumento delle prestazioni umane nell’esercizio fisico.

In quel periodo, il prof. Kazerooni dell’università di Berkeley ha sviluppato uno dei primi esoscheletri di gambe, il BLEEX (Zoss, Kazerooni, & Chu, 2005), che sta appunto per Berkeley Lower Extremity Exoskeleton, diventerà il capostipite di una serie di dispositivi per la riabilitazione e l’assistenza.

Una delle aziende a industrializzare la tecnologia, la Ekso Bionics, ha contribuito in modo importante al trasferimento della tecnologia in ambito biomedicale, di modo tale da fornire un valido ausilio riabilitativo per i pazienti mielolesi affetti da paraplegia.

Nello stesso periodo, in Israele, l’ingegnere Amit Goffer progettava un esoscheletro per camminare, fondando nel 2001 la Rewalk Robotics[2].

Proprio nel 2001 infatti un incidente con un veicolo fuoristrada aveva reso tetraplegico Goffer, abile inventore e imprenditore, già fondatore della Odin Medical Technologies ceduta a Medtronic.

Goffer ha aperto la strada all’invenzione e allo sviluppo dell’esoscheletro indossabile ReWalk Robotics, che consente alle persone con paralisi degli arti inferiori di camminare di nuovo. Secondo le sue parole, la possibilità di non dover essere costretti a vivere la vita da paraplegico, solo in carrozzina, all’altezza equivalente di un bambino, è già una grande opportunità offerta dagli esoscheletri per camminare [3].

ReWalk exoskeleton on sale in January, for a price you can't afford | Engadget

Figura 3 L’esoscheletro Rewalk

Esoscheletri: le applicazioni riabilitative e industriali

La diffusione degli esoscheletri per il walking ha prodotto una serie di effetti benefici a cascata che hanno favorito ulteriormente lo sviluppo di queste tecnologie verso usi molteplici, in ambito riabilitativo e in ambito industriale.

Uno degli ultimi sviluppi della ricerca europea è ad esempio Atalante, un esoscheletro in grado di poter garantire un passo naturale in assenza completa di stampelle, attraverso algoritmi di controllo che tengono in conto della dinamica non lineare del cammino (Gurriet et al., 2018).

Ad oggi le tecnologie degli esoscheletri sono in assoluto tra le più promettenti: già il calcio d’apertura dei mondiali in Brasile nel 2014 è stato dato da un paziente paraplegico, attraverso un esoscheletro robotico controllato con una interfaccia cervello-macchina[4].

Al CES 2020 di Las Vegas l’americana Sarcos ha presentato un esoscheletro sviluppato in collaborazione con Delta Airlines per la manutenzione degli aerei[5] che tanto ricorda il concetto di Hardiman, mentre nel 2014, nel laboratorio PERCRO della Scuola Sant’Anna, è stato sviluppato il primo esoscheletro italiano di potenziamento, il Body Extender, che consentiva di eseguire sollevamenti fino a 100 Kg di carico (Marcheschi, Salsedo, Fontana, & Bergamasco, 2011) [6].

Sarcos Robotics partners with Delta to demo Guardian XO Exoskeleton Robot at CES 2020 - Highways Today
Figure 1 from Body Extender: Whole body exoskeleton for human power augmentation | Semantic Scholar

Figura 4 – Il Sistema Guardian XO della Sarcos (2020) ed il Body Extender della Scuola Sant’Anna

Numerose aziende hanno poi lanciato sul mercato prodotti in grado di fornire un valido ausilio ai lavoratori con la conseguente riduzione delle patologie muscolo-scheletriche associate a compiti usuranti.

Dalla italiana Comau che ha lanciato con successo internazionale l’esoscheletro “Mate” al colosso cinese Sany da 15 miliardi di fatturato, per citarne solo alcune, diverse aziende hanno proposto sul mercato esoscheletri passivi non attuati in grado di fornire un supporto efficace ai lavoratori che devono usare gli arti superiori in compiti gravosi in ambito industriale.

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Bibliografia

Asbeck A. T., De Rossi S. M., Holt K. G., & Walsh C. J. J. T. I. J. o. R. R. (2015), “A biologically inspired soft exosuit for walking assistance”, 34(6), 744-762.

Frisoli A. (2019), “Wearable robots”, In Handbook of Robotics (Vol. 107, pp. 70-73): Springer.

Gurriet T., Finet S., Boeris G., Duburcq A., Hereid A., Harib O.,(2018). “Towards restoring locomotion for paraplegics: Realizing dynamically stable walking on exoskeletons”, Paper presented at the 2018 IEEE international conference on robotics and automation (ICRA).

Marcheschi S., Salsedo F., Fontana M., & Bergamasco M. (2011). “Body extender: whole body exoskeleton for human power augmentation. Paper presented at the 2011 IEEE international conference on robotics and automation.

Pons J. L., Ceres R. & Calderon, L. J. W. R. B. E. (2008).” Introduction to wearable robotics”, 1-16.

Zoss A., Kazerooni H., & Chu A. (2005). “On the mechanical design of the Berkeley Lower Extremity Exoskeleton (BLEEX)”, Paper presented at the 2005 IEEE/RSJ international conference on intelligent robots and systems.

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Note

  1. https://www.ge.com/news/reports/do-you-even-lift-bro-hardiman-and-the-human-machine-interface
  2. https://ir.rewalk.com/news-releases/news-release-details/rewalk-robotics-founder-dr-amit-goffer-retire
  3. https://www.youtube.com/watch?v=7GUZG1mjQ6I
  4. https://www.bbc.com/news/science-environment-27812218
  5. https://www.youtube.com/watch?v=XKrk-JhAmgM
  6. https://www.youtube.com/watch?v=MpkmDnwT2XI

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