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Esperienze sensoriali per “resuscitare” il brand: ecco perché il marketing non basta più

Il marketing è in difficoltà: non basta più mostrare prodotti e servizi per farsi notare, ma è necessario combinare gli stimoli visivi con gli altri sensi

Pubblicato il 24 Set 2021

Luca Scarcella

Freelance investigative journalist and author

omnichannel-marketing

È un dato di fatto: il marketing oggi sta attraversando una fase delicata, e la maggior parte delle campagne di branding registrano tassi di conversione poco esaltanti. Il costo per raggiungere i consumatori aumenta costantemente, in un mondo frenetico, iperstimolante, e una forma di disturbo del deficit di attenzione che ci ha inevitabilmente colpito.

Secondo una stima conservativa della Harvard Business School, ogni anno circa 30 mila nuovi prodotti vengono lanciati sul mercato, e il 95% di essi falliscono. La maggior parte dei prodotti si presenta come merce intercambiabile, non come marchi unici e distintivi. Ci sono le eccezioni, certo, e queste hanno imparato a far “vivere” il loro marchio nella mente dei clienti. Per farlo c’è bisogno di qualcosa in più di un grande investimento economico in pubblicità. Essi devono essere potenziati per offrire un’esperienza sensoriale ed emotiva completa: la combinazione di stimoli visivi con altri che attivano l’udito, il gusto, il tatto e l’olfatto, è la strada da percorrere.

A me gli occhi

Secondo Geoff Crook, capo del laboratorio di ricerca sul design sensoriale presso il Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, l’83% delle informazioni che ricordiamo sono quelle che ci arrivano dalla vista. Per ovvie ragioni, i nostri occhi sono lo strumento più potente, e i colori hanno un forte impatto sul nostro quotidiano. Un esempio? Prima che Coca-Cola iniziasse a promuovere Babbo Natale vestito di rosso, questo tradizionalmente indossava abiti verdi.

Anche la forma è di fondamentale importanza, basti considerare le confezioni di profumo: le statistiche evidenziano come il 40% di tutte le decisioni di acquisto di profumi si basano sul design della bottiglia (dati Central Saint Martins College of Art and Design). Un esempio di buon uso di forma e colori lo offre il marchio Jean Paul-Gaultier, con la fragranza femminile “Fragile”, presentato in una scatola di cartone con il nome stampato in rosso. All’interno, una palla di vetro contenente il profumo, che, agitandola, farà danzare nel liquido dei fiocchi dorati intorno a un’esile figura femminile.

Siamo tutt’orecchi

Il suono si sta prendendo le scene del mercato: è efficace e potenzialmente virale. Chi non conosce il classico fischio della catena di fast food McDonald’s?

Può essere un jingle, una voce, o un rumore familiare. Ma non è sufficiente avere una melodia orecchiabile da associare al proprio prodotto. Lo studio meticoloso delle agenzie di sound design parte dai valori che l’azienda vuole esprimere, creando la soluzione migliore per veicolare i prodotti o i servizi offerti.

I marchi che utilizzano musica e sound design hanno il 96% di probabilità in più di essere ricordati (dati Central Saint Martins College of Art and Design), e un altro esempio è il brand Victoria’s Secret, che all’interno dei suoi negozi suona musica classica, creando un’atmosfera esclusiva, e conferendo un’aria di prestigio alla merce.

Che profumo!

I risultati delle ricerche condotte dal Central Saint Martins College of Art and Design hanno dimostrato come l’umore migliora del 40% (secondo la scala di sensazioni proposta al focus group) quando esposti a una piacevole fragranza, in particolare se questa richiama un ricordo gioioso. L’olfatto è uno strumento potente, e può innescare una vasta gamma di emozioni, riportando alla mente oggetti, luoghi, persone.

Sono moltissimi i marchi di moda, come Hollister e Abercrombie & Fitch, noti per il profumo che viene diffuso nei loro punti vendita. Ma basti solo pensare alla fragranza “auto nuova”, che viene appositamente spruzzata nei veicoli utilizzando una bomboletta spray in fabbrica. In piena recessione, Mitsubishi creò una campagna pubblicitaria stampa, annunciando un nuovo profumo di “auto nuova” per la linea Lancer Evo X: esaurita in due settimane, e vendite complessive aumentate del 16%.

Sulla punta della lingua

Nell’industria del food & beverage è ovviamente il gusto a farla da padrone, ma non tutte le aziende ne approfittano, e, inoltre, questo è un senso estremamente interconnesso con gli altri. Basti pensare che quando siamo raffreddati, perdiamo l’80% del nostro gusto.

Ad esempio, quanti sanno che lo scricchiolio prodotto dai cereali di Kellogg’s non è naturale? Ebbene sì, quel suono è stato effettivamente creato in un laboratorio. Il brand considera la croccantezza del grano come un segno distintivo di freschezza e genuinità, motivo per cui nei loro spot televisivi esso viene enfatizzato.

Al di là dell’industria del cibo e delle bevande, il gusto rappresenta una sfida per brand di molti altri settori merceologici. Circa il 18% delle aziende nella lista Fortune top 1000 hanno incorporato il “fattore gusto” nei propri prodotti. Un esempio su tutti: Colgate ha addirittura brevettato il gusto del suo dentifricio, creando così una potente “terza dimensione” di esperienza.

Il tocco dei brand

Il tocco è legato a doppio filo al packaging, e ai materiali di costruzione dei prodotti.

Un esempio del potere del tatto viene dalla catena di supermercati Asda in Gran Bretagna, una controllata di Walmart, che ha letteralmente creato un buco sulle confezioni di carta igienica, per dare modo ai clienti di toccare e confrontare le trame della carta. Questa soluzione ha fatto impennare le vendite del marchio, e aumentare del 50% lo spazio sugli scaffali destinato al prodotto.

In una ricerca condotta sull’industria dei telefoni cellulari dal Central Saint Martins College of Art and Design, si evince come il 35% dei consumatori pone più attenzione a come sente l’oggetto nelle proprie mani piuttosto che al suo aspetto.

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