Le tematiche della diversità di genere e il tentativo di colmare le disparità di remunerazione sono oggetto di dibattito anche in settori come l’eSport dove le prime posizioni della classifica mondiale delle competizioni di videogiochi online come Dota2, Fortnite, Counter-Strike, Starcraft II, ecc. sono dominate da giocatori maschili.
La prima giocatrice occupa la posizione 367 con un guadagno in premi in denaro pari a 400.000 dollari, una cifra assai inferiore rispetto a quella del giocatore di eSport più pagato al mondo che, nel corso della carriera, ha accumulato più di 7 milioni di dollari.
La disparità non riguarda solo le vincite dei premi ma anche altri aspetti delle carriere nel settore dei videogiochi: sono poche le donne stipendiate e molte, quando non partecipano a competizioni, si rivolgono alla piattaforma Twitch di videogiochi di proprietà di Amazon per integrare i propri guadagni con attività di live streaming. Inoltre, solo tre dei primi 100 creatori di live streaming risultano essere donne.
eSport e misoginia: servono codici di condotta
Sebbene l’industria di eSport sia da considerarsi un contesto di gioco senza disparità di genere, tuttavia risulta caratterizzata da una dose di misoginia. Ovvero: le donne non risultano essere benvenute nei team di gioco né tantomeno accettate come allenatrici; inoltre, alcune forme di misoginia sono correlate ed aggravate da manifestazioni di sessismo.
Uno studio dal titolo “Communication in multiplayer gaming: Examining player responses to gender cues” aveva già evidenziato nel 2013 come, in un contesto di videogiochi una voce femminile provocasse tre volte più commenti negativi o molestie rispetto ad una voce maschile e come fosse più difficile per le donne raggiungere i primi posti delle classifiche delle competizioni quando la loro squadra risultasse poco collaborativa o aggressiva.
Ne consegue che se le donne sono scoraggiate, inibite o si ritirano anticipatamente dalle competizioni e-Sport, è molto meno probabile che gareggino e vincano i principali tornei che rendono milionari i colleghi maschi, confutando così l’idea che gli e-Sport siano meritocratici solo perché non si basano sulla forza fisica.
Questa situazione ha indotto alcuni gruppi ad intraprendere azioni atte a favorire maggiori opportunità alle giocatrici. Tra questi ricordiamo Girl Gamer che, a partire dal 2017, organizza un festival di e-Sport con l’obiettivo di offrire alle giocatrici un’esperienza nei tornei di “League of Legends” e “Valorant”.
La risoluzione di questi problemi sistemici non è un compito facile, dato che presuppone che l’intera industria riconosca che esistano stakeholder femminili.
Pertanto, diventa urgente elaborare codici di condotta che includano regole contro il sessismo, l’omofobia e il razzismo. Ne consegue che tali codici dovrebbero essere redatti in consultazione con i gruppi sociali vulnerabili, quali: donne, minoranze razziali, persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali. Il + indica inoltre tutte quelle identità di genere e orientamenti sessuali non eterosessuali e non binarie che non rientrano nelle lettere dell’acronimo).
Nel panorama dell’e-Sport, Cloud9 White è una squadra tutta al femminile che sta dominando tutte le altre nel gioco “Valorant” e si impegna duramente per battere anche i team maschili nel tentativo di superare ogni record. Di fatto, Cloud9 White ritiene che si possa arginare, in parte, il problema, incoraggiando sia tutte le altre giocatrici a sfidare lo stereotipo di genere – secondo cui le donne non possono farcela negli e-Sport – sia le organizzazioni di videogiochi a sostenere maggiormente le squadre femminili al pari di quelle dei colleghi maschili.
e-Sport e gender gap: i passi dell’industria verso l’inclusione
A livello di industria qualcosa si sta muovendo: si assiste ad una maggiore consapevolezza delle problematiche in termini di diversità ed inclusione. Ovvero, gli editori di videogiochi si stanno impegnando sia a limitare i comportamenti tossici, sessisti o omofobici nelle chat room sia ad offrire personaggi femminili meno stereotipati. La famosa eroina Lara Croft, ad esempio, ha gradualmente adottato una forma del corpo più realistica.
Si assiste, inoltre, a tentativi per aumentare la presenza femminile negli e-Sport: F1 Esports Series, ad esempio, ha suggerito di garantire almeno un posto nei tornei di alto profilo a una giocatrice; altre associazioni propongono di dividere gli e-Sport in tornei maschili e femminili.
È interessante notare come, ad oggi, gli uomini risultino in prima linea in tutte le immagini promozionali dei videogiochi, fattore che può indurre ad un atteggiamento discriminatorio anche se – dietro le quinte – quasi la metà di coloro che sono coinvolti nel settore e-Sport sono donne, i.e. il 47% delle persone che lavorano nell’industria dei videogame in Europa secondo uno studio commissionato dalla Interactive Software Federation of Europe. Purtroppo, secondo il rapporto “Gender breakdown of games in 2020”, la proporzione di videogiochi basati su personaggi femminili o non di genere raggiunge ancora il 21% nel 2020, anche se ha raddoppiato il tasso (11%) dell’anno precedente.
Per aiutare i giocatori a “identificarsi” con i loro personaggi, gli editori hanno iniziato ad offrire una più ampia varietà di scelte di personaggi nel 54% delle volte, sia per i videogiochi a squadre come League of Legends sia per i videogiochi di combattimento individuali come StreetFighter.
Incoraggiare le ragazze e le donne ad intraprendere studi STEM – anche se non riguarda sempre specificamente il settore dei videogame – può contribuire ad un ulteriore aumento dell’interesse nell’industria e-Sport da parte delle donne in termini occupazionali.
Interessante notare come, a partire dal 2019, British Esports ha lanciato un’iniziativa per celebrare le donne nel settore degli e-Sport nel tentativo di sensibilizzare e migliorare la diversità e l’inclusività. Altre organizzazioni quali Women in Games/Women in Esports, Women of Esports, AnyKey, FemaleLegends, a loro volta, cercano di promuovere un’industria, una cultura e una comunità dei videogiochi libere da discriminazioni di genere, in cui la piena uguaglianza di opportunità, di trattamento e di condizioni consenta a tutte le donne di raggiungere il loro pieno potenziale.
Conclusioni
Il 2021 sembra essere stato un anno di svolta importante per il settore degli e-Sport, che ha dimostrato di prendere consapevolezza della necessità di avviare un percorso per ovviare alle problematiche di diversità ed inclusione e riconoscere il potenziale enorme dei talenti femminili, ad oggi non pienamente sfruttato.
Molti gruppi stanno cercano di trovare soluzioni alle discriminazioni, soprattutto considerando il fatto che i videogame sono considerati uno dei mezzi di intrattenimento più accessibili del pianeta. Una delle soluzioni potrebbe consistere nel diffondere maggiormente una cultura basata sulla diversità ed inclusività in modo tale da comprendere che – sebbene ogni giocatore/persona negli e-Sport sia diverso – i contesti di gara non si devono convertire in un luogo in cui enfatizzare la superiorità sugli altri.
Pertanto, sia un approccio riflessivo ai ruoli di genere stereotipati sia una maggiore consapevolezza a tutti i livelli – in termini di gestione delle problematiche di inclusione e di diversità – potrebbero essere determinanti, non solo a livello di industria, ma anche a livello di società. Di fatto, l’uguaglianza di genere e l’inclusione per lo sviluppo sostenibile si sono convertite in tematiche strategiche per trasformare il mondo in cui viviamo.
Le donne, con determinazione, dovranno riuscire a dimostrare le proprie capacità, acquisire gli skill necessari e liberare maggiormente quell’energia che è dentro di loro.
Si tratta insomma di “autorizzarsi” a non smettere di mettersi in discussione e ad imparare e, soprattutto, con serietà, tenacia e professionalità proseguire in questo cammino, per farsi ascoltare, non con forza, ma con autorevolezza e maturata assertività anche nel mondo degli e-Sport.