prospettive

Che c’è in ballo con il Metaverso di Facebook-Meta

La società di Mark Zuckerberg cambia nome e diventa Meta. L’obiettivo è quello di incentrare il futuro della compagnia sul Metaverso, una piattaforma futuristica ad altissimo livello di tecnologia per la quale investirà anche in Europa. Ma sarà solo questa la ragione? Proviamo a capirne di più

Pubblicato il 16 Nov 2021

Marco Martorana

avvocato, studio legale Martorana, Presidente Assodata, DPO Certificato UNI 11697:2017

Zakaria Sichi

Studio Legale Martorana

metaverso facebook

Mark Zuckerberg ha annunciato il cambio del nome di Facebook per rivoluzionare il mondo del web creando il Metaverso, una Internet in cui non ci sia distinzione tra virtuale e reale. Investendovi per 10 miliardi di dollari l’anno per creare un’ecosistema aperto: tutto l’opposto del social Facebook, insomma (e di altri social).

Fino a poco tempo fa era un’idea della letteratura fantascientifica, oggi sembrano esserci i margini perché diventi realtà.

Ma si prospetta un percorso lungo e costoso che solleva qualche dubbio etico.

Facebook Meta, i perché del rebrand

Il primo a riportarlo era stato il sito The Verge, ma la conferma è arrivata ieri all’evento Facebook Connect: la società di Zuckerberg cambia nome e diventa Meta. L’obiettivo è quello di incentrare il futuro della compagnia sul Metaverso, una piattaforma futuristica ad altissimo livello di tecnologia per la quale investirà anche in Europa.

Watch Mark Zuckerberg's vision for socializing in the Metaverse

Watch Mark Zuckerberg's vision for socializing in the Metaverse

Guarda questo video su YouTube

L’investimento di Facebook-Meta nel Metaverso

La società stanzierà circa 50 milioni di dollari per il suo sviluppo, denaro che verrà poi gestito dal fondo Xr Programs and Research Fund.
Non è previsto solo capitale finanziario, ma anche capitale umano: oltre all’investimento da capogiro, Nick Clegg e Javier Olivan – due top manager di Facebook – avevano già annunciato da tempo l’intenzione di creare dieci mila posti di lavoro in Europa entro i prossimi cinque anni, in quanto il progetto necessita di ingegneri altamente specializzati.

L’obiettivo dichiarato è quindi quello di rendere Facebook non più un semplice social network, ma un universo completo attraverso lo sviluppo di modernissime tecnologie in grado di intercettare le esigenze e i desideri degli utenti con nuove funzionalità legate alla realtà aumentata. A luglio proprio Mark Zuckerberg aveva anticipato che “nel futuro passeremo effettivamente dalle persone che ci vedono principalmente come una società di social media a una società del Metaverso”.
Ieri ha ribadito che l’attuale prodotto non rappresenta più ciò che Facebook sta facendo, e a maggior ragione non potrà rappresentare ciò che farà negli anni a venire.
Si tratterà dunque di un rebrand in piena regola, finalizzato ad una vera rivoluzione del web. Il progetto però non convince tutti, ed ha già iniziato a destare i primi sospetti sulle reali intenzioni del giovane CEO.

Il metaverso di Facebook: la realtà aumentata come distruzione sociale

Cos’è il Metaverso 

Il Metaverso è sostanzialmente una realtà virtuale che ripropone il modo in cui si vive nel mondo fisico. Il primo a utilizzare questo termine fu Neal Stephenson nel libro di fantascienza Snow Crash del 1992. Lo scrittore statunitense lo descriveva come un mondo virtuale condiviso dove ogni soggetto veniva rappresentato attraverso un proprio avatar. L’immagine del Metaverso consisteva in una gigantesca sfera nera divisa in 2 all’altezza dell’equatore. All’interno di questa sfera, poi, ogni avatar poteva fare – in 3D – tutte quelle cose che avrebbe potuto fare anche nel mondo fisico.

Alcuni esempi che possono avvicinarsi a questo modello sono le chat tridimensionali come Second life e Active Worlds, oppure alcuni videogame di ruolo.

Come entrare nel Metaverso

Ora si entra nel metaverso con visori di realtà virtuale come Oculus 2 (della stessa Meta), ma si prevedono anche applicazioni in realtà aumentata e accessibili con occhialini.

L’utilità del Metaverso

L’utilità del Metaverso sarà quella di lavorare, giocare e svolgere la vita quotidiana come se fosse nel mondo reale, soltanto che a rappresentarci ci sarà un nostro alter ego virtuale. Ad esempio, un individuo crea un avatar tridimensionale all’interno di una piattaforma, il quale rappresenta la persona fisica nel Metaverso per partecipare alle riunioni virtuali. Una volta terminata la riunione, potrà andare virtualmente a seguire un evento musicale insieme ad altre persone che utilizzano altri avatar. Qui ci potranno essere anche shop virtuali o altro, come se l’evento si svolgesse dal vivo, potendo ogni avatar comprare il merchandising del musicista che si esibisce pagando con le cripto valute.

Dopodiché la maglietta acquistata al concerto nel Metaverso potrà essere indossata in altre occasioni virtuali, prestata ad altre persone, e così via. Insomma, verrebbero in questa maniera coinvolti diversi strumenti di comunicazione come streaming di eventi live, e-commerce e social. Facebook, infatti, fornisce già diverse opportunità di interazione: è possibile fare dirette con performance musicali, sessioni di gaming, corsi o conferenze, oppure acquistare beni su Marketplace; l’obiettivo è quello di portare tutto questo al di fuori del social, in un “mondo” che mischia reale e virtuale.

I limiti intrinseci del Metaverso

Tuttavia, si tratta di piattaforme limitate all’attività ludica, e non dei veri e propri “luoghi” riconducibili alla realtà, che è invece l’obiettivo di Facebook. Nel progetto della società, il Metaverso si baserà infatti sull’idea che l’interazione online sarà molto più vicina all’esperienza che si ha con le interazioni di persona, sbloccando l’accesso a nuove opportunità creative, sociali ed economiche.


Ad oggi, però, la tecnologia esistente non consente ancora di sfruttare al massimo il potenziale del Metaverso, poiché i sistemi di connessione conosciuti non sono in grado di supportare l’enorme flusso contemporaneo di dati richiesto, soprattutto se si vuole godere dell’esperienza con lo smartphone.

Le connessioni in 4G sono ampiamente insufficienti, il che ha condotto diverse aziende a investire sul 5G, anche se, per molti, non è nemmeno questo il passo decisivo. Infatti, servirà lavorare ancora di più per creare le basi del Metaverso come idealmente concepito. Questo lo sapeva l’allora Facebook prima di presentare il progetto, così come è perfettamente consapevole che il lavoro della nuova Meta sarà una rivoluzione storica come lo è stata l’avvento di internet prima, e dei social media poi.

I dubbi: in nome del progresso o del brand?

Come anticipato in introduzione, la decisione di Facebook di avviare il progetto del Metaverso è stata accolta con molti interrogativi legati alle reali intenzioni di Zuckerberg. Dalla compagnia e dal suo CEO sono arrivati anche ieri messaggi promozionali che cercano di rendere appetibile la prospettiva e creare entusiasmo nell’opinione pubblica. È stato affermato che grazie a Meta in futuro saremo in grado di uscire con gli amici, lavorare, giocare, imparare, fare acquisti, creare e altro ancora, specificando che con questa novità “saremo in grado di esprimerci in nuovi modi gioiosi e completamente immersivi”.

Metaverso design

Uno degli abiti di applicazione del Metaverso potrebbe essere quello del design: con il Metaverso potrebbero emergere nuove possibilità in questo settore, cambiando l’esperienza di creativi e acquirenti e rendendola più interattiva.

Un altro escamotage per raccogliere più dati?

Ebbene, è proprio questo nuovo modo di immergersi nel mondo della tecnologia che preoccupa alcuni esperti. Infatti, molti temono che la creazione di un ulteriore spazio sul web, colmo di attività e opportunità, sia un altro escamotage per raccogliere ancora più dati personali e trarne profitto. Facebook tenta di sedare i critici e continuerà a farlo, soprattutto tramite il coinvolgimento strategico di politici, ricercatori e comunità dei diritti umani e civili per far sì che il risultato del lungo lavoro sia solido, inclusivo e sicuro.

Tuttavia, probabilmente non basteranno gli annunci, proprio perché la reputazione del social è ancora piuttosto barcollante a causa dei vari eventi tumultuosi, e sarà difficile per Zuckerberg cancellare la fama che tormenta la sua società. Non a caso, è su quest’ultimo punto che si fondano i principali sospetti. Oltre alle preoccupazioni per la sicurezza dei dati personali degli utenti, infatti, molti pensano che le aspirazioni rivoluzionarie e il cambio di nome siano soprattutto un modo per cercare di distogliere l’attenzione dai molteplici problemi comparsi su tutti i mass media e “ripulire” la reputazione della compagnia a seguito degli scandali che di tanto in tanto vengono alla luce. E non si tratta soltanto degli anni passati, ma anche di avvenimenti ben più recenti.

Le rivelazioni della whistleblower Frances Haugen

Frances Haugen è una ex product manager di Facebook, recentemente divenuta la più famosa whistleblower del mondo per aver deciso di rendere pubbliche migliaia di documenti interni che dimostrerebbero che la società ha fatto prevalere il profitto al benessere dei suoi utenti.
Haugen ha raccontato alla commissione del Senato statunitense come alcuni studi condotti da Facebook abbiano rilevato dei legami tra gli algoritmi e l’aumento dei casi di anoressia. Molti adolescenti sarebbero anche dipendenti dai social di Zuckerberg, il che sarebbe causa di disagi psicologici, ansia, stress e problemi fisici. Pur conoscendo questi dati – secondo la donna – nessuno avrebbe fatto niente per impedirlo pur avendone la possibilità. Inoltre, Haugen sostiene che Facebook avrebbe anche ingannato gli investitori distorcendo i dati consegnati a loro e agli inserzionisti, per esempio sui contenuti prodotti e sulla crescita del numero di utenti, facendo quindi pagare loro somme più alte rispetto a quelle effettivamente dovute. Infine, secondo la sua testimonianza, il social avrebbe rimosso i filtri contro la disinformazione subito dopo la fine delle elezioni americane, “giocando“ con le fake news in nome del profitto e fingendo di combatterne la diffusione.
Le rivelazioni della Haugen rappresentano la crisi più grave nella storia della società di Mark Zuckerberg dopo lo scandalo Cambridge Analytica, quando vennero attribuite a Facebook gravissime violazioni della privacy degli utenti per alcune campagne elettorali, tra cui quella di Donald Trump. Si tratta di una vicenda ancora lontana dalla parola fine ma che ha ovviamente un peso enorme, soprattutto se si pensa che Frances Haugen aveva un ruolo importante nella società, ha una lunga esperienza nel settore avendo lavorato anche per Google, e sta anche ricevendo pieno sostegno da parte di Pierre Omidyar, il fondatore di eBay.

I blackout delle piattaforme 

Altro evento di impatto globale che – per molti – sarebbe tra i motivi del rebrand di Facebook sono i recenti gravi malfunzionamenti. Il 4 ottobre scorso, tutte le piattaforme legate alla società di Mark Zuckerberg hanno smesso di funzionare per 7 ore consecutive, suscitando scalpore e timori in tutto il mondo. C’è chi ha ricondotto il blackout a iniziative preoccupanti legate al trattamento dei dati personali come attacchi hacker, raccolte di informazioni od altro. È improbabile, ma questo dimostra che sui social si “vive” con minore serenità. Ufficialmente, le cause sarebbero legate a modifiche apportate alla configurazione dei router che coordinano il traffico di rete, quindi un problema interno, come affermato dal vicepresidente delle infrastrutture di Facebook, Santosh Janardhan.
Non è comunque la prima volta che accadono eventi di questo tipo, l’ultimo risale allo scorso 19 marzo ed era durato circa un’ora, ma quello più lungo si è verificato il 13 marzo 2019, con un record di 14 ore di stop. Naturalmente Mark Zuckerberg – che dall’ultimo down generale ha perso circa 6 miliardi di dollari – si è scusato in prima persona con gli utenti, ma non è stato sufficiente a convincere tutti.

Vari motivi che hanno spinto Facebook su questa strada

A parte la necessità di rifarsi una reputazione, Facebook apre a Meta per altri motivi.

Il metaverso potrebbe aiutare con la crisi demografica dell’azienda, se incoraggia i giovani ad allacciare le loro cuffie Oculus e a frequentare Horizon – l’app sociale di Facebook per i V.R. – invece di guardare i video di TikTok sui loro telefoni. Facebook sta perdendo i giovani e quelli su Instagram tendono ad abbandonare la piattaforma quando diventano grandi.

Il metaverso può aiutare inoltre Facebook-Meta a essere più indipendente da Apple e Google. In particolare le scelte privacy di Apple già hanno danneggiato il suo business, come risulta dagli ultimi dati finanziari. Con Apple ha una causa in corso.

Infine, essendo un ecosistema aperto potrebbe allontanare la pressione regolatoria-antitrust sull’azienda. Ma potrebbe aumentare quella regolatoria-privacy.

Conclusioni: sarà una lunga strada (e incerta)

Partendo dai motivi della decisione di fare il metaverso, occorre affrontare la questione da due prospettive.

Mark Zuckerberg è un imprenditore ai massimi livelli, come qualunque altro collega mira a massimizzare i profitti, ma punta anche ad essere ricordato, una cosa che invece spetta a pochi. Riuscire nell’impresa di creare un Metaverso che possa rendere reale ciò che fino a poco tempo fa era un’utopia lasciata alla letteratura, sarebbe sicuramente un modo per ritagliarsi uno spazio nella storia dell’umanità per sempre.

Questo per dire che, senz’altro, il CEO di Facebook vuole rivoluzionare il web e portarlo ad un altro livello, così come aspira ad ampliare ulteriormente la società e i suoi profitti come già fatto con l’acquisizione di quasi tutti i principali social network esistenti. Tuttavia, è anche vero che forse non si aspettava che un percorso imprenditoriale così pieno di insidie e, come è noto, la storia non ricorda solo ciò che hai fatto, ma anche il come lo hai fatto. Qui probabilmente interviene la seconda prospettiva, quella dell’immagine. È pacifico che negli anni Mark Zuckerberg e Facebook abbiano ricevuto attacchi da ogni lato per condotte poco etiche rispetto al trattamento dei dati personali e alla gestione delle interazioni sui social, oltre ai problemi di funzionamento.

Dalle rivelazioni di Edward Snowden al Caso Schrems, passando per lo scandalo Cambridge Analytica fino alle recenti denunce di Frances Haugen e i lunghi blackout: ciascuno di questi eventi ha contribuito a deteriorare l’immagine della società e del suo fondatore agli occhi dell’opinione pubblica, tanto da far correre voci di dimissioni che, alla luce dell’evento di ieri, sono da considerarsi ormai sepolte. Sta di fatto che è comunque del tutto possibile che tra le ragioni del nuovo progetto Meta vi siano anche l’obiettivo a breve termine di distogliere l’attenzione dalla cronaca, e quello a lungo termine di “smacchiare” l’immagine di Facebook. Anzi, da un punto di vista imprenditoriale non è una strategia inusuale. In tal senso, anche il fatto che le assunzioni avverranno soprattutto in Europa – dove Zuckerberg ha subito le principali critiche – è un indizio che va in questa direzione.

Venendo infine alla questione relativa agli effetti che potrebbe avere la realizzazione del progetto sulla vita delle persone, la risposta potrebbe essere nostro malgrado prevedibile, soprattutto se ci si basa sull’esperienza. In effetti, se teniamo conto di ciò che i social hanno rivelato fino ad oggi, chiunque si aspetta che la creazione di un Metaverso ricco di tecnologia e interazioni, andrebbe ad amplificare ciò che già stiamo vedendo con le piattaforme esistenti: raccolta massiccia di grandi quantità di dati personali, profilazione degli utenti, geolocalizzazione costante, trasformazione delle informazioni in fonti di profitto, compravendita delle stesse tra social e inserzionisti, ecc.

Se poi pensiamo che, tra gli ostacoli ad una rapida realizzazione del progetto vi è l’incapacità delle tecnologie esistenti di supportare il flusso di dati necessario per il funzionamento del Metaverso, è facile intuire che la quantità di informazioni trattate sarà nettamente superiore, e probabilmente riguarderà anche dati che oggi non vengono ancora carpiti e utilizzati dalle piattaforme.

Ciò da cui bisogna trarre vantaggio è il tempo necessario per raggiungere l’obiettivo, che secondo i calcoli dei promotori si aggira intorno ai 15 anni, seppure potrebbe volerci anche di più. Ebbene, questo tempo dovrebbe essere utilizzato dagli addetti ai lavori per creare infrastrutture digitali sicure, etiche e accoglienti che possano essere utilizzate con serenità da chiunque voglia farlo, e dai legislatori nazionali e sovranazionali per intavolare regole che possano andare di pari passo con le novità, monitorando costantemente l’evolversi degli eventi. Ciò che è certo, ad oggi, è che nel frattempo dovremo abituarci al nuovo nome, parlando del presente e futuro di Meta. I mercati, dal canto loro, sembrano riuscirci: il Metaverso è ancora lontano, ma da ieri il titolo in borsa è già in rapida crescita.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati