Leggo le recenti accuse a Google e Facebook di essere minacce alla salute pubblica, alla democrazia. Non sono d’accordo. Non ci sono pericoli per la democrazia. Semplicemente cambia il modo in cui si muove la società, e questo spaventa molti.
È l’inevitabile. Siamo davanti ad un cambio di paradigma, probabilmente più grosso di quello indotto dalla stampa. L’accesso disintermediato alla conoscenza e l’incapacità di gestirla.
Tante indagini sperimentali hanno messo in luce le problematiche del ragionamento umano e delle decisioni. Questa concettualizzazione non è di oggi è un problema che Karl Popper ha esplorato in profondità. Lui non ne fa un messaggio politico, né una critica al sistema scientifico in sé, quanto alla sua percezione esterna. Secondo Popper infatti, non esiste scienza che possa produrre conclusioni definitive. Suggerisce quindi di evitare derive autoritarie che portino la comunicazione della Scienza su posizioni dogmatiche.
Ovviamente per fare Scienza c’è bisogno di competenze, ma sono competenze messe a servizio di una società che richiede di essere coadiuvata. Questi temi tornano quanto mai attuali oggi. C’è una forte sfiducia verso le istituzioni, che si completa paradossalmente con il bisogno dell’uomo forte. Abbiamo Internet che ha dato un colpo ferale ai corpi intermedi favorendo una maggiore volontà di autodeterminazione nel processo di selezione e scelta. La rete in se è neutrale, non è di certo lei ad aver causato questa tendenza alla segregazione. Semplicemente riemergono tutti i limiti umani che ne determinano la sua magnifica natura e assieme la sua più profonda e imperfetta bellezza. abbiamo riscoperto la dimensione della piazza, del clan, della comunità di appartenenza