La prossima integrazione tra le tre principali piattaforme di messaging al mondo – Whatsapp, Instagram e Facebook Messenger – rappresenta un’evoluzione in termini di vantaggi strategici di cui Mark Zuckerberg non può più fare a meno per una serie di importanti motivi (concentrazione di dati è potere e quindi ricchezza; risparmi sui costi; monetizzazione di una platea di utenti sterminata). Ma sarà anche una grande sfida dal punto di vista tecnico: pensiamo solo all’estensione della crittografia end-to-end anche al Messenger Facebook e a Instagram.
Sarà una sfida anche per la privacy: un banco di prova decisivo per il Gdpr. Tutto questo proprio mentre Facebook è (di nuovo) sotto il fuoco delle polemiche per la privacy: Apple ha rimosso la sua app Atlas (di ricerca) che rastrellava tutti i dati di traffico di teenager (pagandoli).
Perché l’operazione è cruciale per Zuckerberg
Cominciamo col dire che l’unione delle tre piattaforme di messaging più importanti al mondo creerà un nuovo ecosistema da oltre 2,5 miliardi di utenti e dovrebbe avvenire, secondo un recente articolo del New York Times, entro la fine del 2019.
Dal punto di vista tecnologico, si tratta di una sfida molto grande che vede impegnate migliaia di persone con il compito di integrare 3 sistemi completamente diversi tra loro sia per l’utilizzo che ne è stato fatto fino ad oggi che per il modo in cui collezionano i nostri dati e li rendono disponibili al mercato.
E’ un’operazione delicata perché potrebbe avere conseguenze non ancora del tutto prevedibili, ma è l’unica mossa che Zuckerberg può fare in questo preciso momento storico, secondo me per almeno 4 motivi diversi.
L’ossessione di Mark Zuckerberg per i dati
L’idea alla base della sua piattaforma è sempre stata quella di avere informazioni quanto più precise sui propri utenti. Basti pensare che uno degli obiettivi fondanti dell’azienda fu quello di raccogliere foto, indirizzi e numeri di telefono degli studenti di Harward semplicemente perché (cosi narra la leggenda) il buon Mark non aveva molto successo con le ragazze.
Come se non bastasse, da alcuni giorni sappiamo dell’ennesima mossa azzardata di Facebook, che nel pieno rispetto delle regole e per la prima volta a pagamento, chiede di installare un’app certificata in grado di raccogliere ogni tipo di informazione dai nostri devices in cambio di una fee mensile di 20 dollari.
Si chiama Atlas ed è il progetto che dietro ricompensa prevede l’installazione sui nostri smartphone di una vpn che registra tutte le nostre abitudini.
Il target di Atlas è la fascia di utenti in età compresa tra i 13 ed i 35 anni. Proprio il gruppo meno propenso all’uso di Facebook ed in parte più sensibile ai 20 dollari mensili, non tanto per il loro valore reale, ma perché rappresentano la possibilità di rinnovare gli abbonamenti alla compagnia telefonica o comprare nuove features per i giochi a pagamento.
Zuckerberg ci aveva già provato con “Onavo project”, un’app che prometteva di proteggere gli utenti da tutti i mali del web in cambio dei loro dati personali. Finì rapidamente in soffitta perché Apple lo rimosse dallo store in quanto violava le regole sulla privacy, ci fu un po’ di rumore sulla faccenda ma nulla più.
La sua ingordigia lo ha portato di nuovo sulla strada della sorveglianza di massa, ma con una mossa più astuta e nel rispetto delle regole. Facebook ha infatti tentato di stare alla larga dai problemi stabilendo il consenso scritto alla vpn ed il parental control per i minori, ma quello che è sfuggito ancora una volta è che Apple, che sulla privacy ha costruito il proprio brand, non vede l’ora che uno qualsiasi degli altri big commetta un errore sul campo dove è comunque leader e così è stato.
I vantaggi strategici di un’unica base dati
Si tratterebbe della più grossa concentrazione di dati mai avuta al mondo e di gran lunga superiore alla popolazione cinese che guarda caso, sempre a partire dal 2020, sarà progressivamente sottoposta al sistema di social ranking governativo che genererà un nuovo metodo per catalogare usi ed abitudini delle persone. Come se non bastasse Zuckerberg, che è molto attento al suo portafoglio, ha perso in un solo anno 19 dei suoi 75 miliardi di patrimonio personale e la cosa gli è piaciuta talmente poco che sarebbe stupido non pensare come l’integrazione delle 3 piattaforme possa essere un modo per risalire rapidamente la classifica delle 500 persone più ricche al mondo.
Risparmi sui costi e miglioramenti sui margini
Il 2018 è stato l’annus horribilis di Facebook che ha perso oltre il 20% della sua capitalizzazione ed in più di una circostanza Zuckerberg ha balbettato di fronte a commissioni d’inchiesta che hanno cercato di inchiodarlo davanti alle proprie responsabilità ed a qualche bugia. Non era possibile pensare che stesse troppo tempo nell’angolo in cui si era cacciato con le proprie mani e nonostante avesse giurato e spergiurato che i tre sistemi sarebbero rimasti indipendenti tra di loro, non si è fatto problemi a rimangiarsi la parola non appena si è trovato in difficoltà.
I primi segnali di un possibile cambiamento ci sono stati a maggio dell’anno scorso quando sull’onda dello scandalo di Cambridge Analytica Jan Koum, CEO e cofondatore di WhatsAPP, ha pensato bene di farsi da parte senza dare troppo nell’occhio e poi a settembre quando Systrom e Krieger, fondatori di Instagram, hanno a loro volta rassegnato le dimissioni senza dare apparenti motivazioni.
Non dimentichiamo però alcuni altri aspetti importanti:
- Ognuna delle tre piattaforme intercetta segmenti di utenti, aree geografiche e quindi mercati molto diversi tra loro;
- Messenger, nonostante gli sforzi non è mai stato un sistema efficace ed il recente tentativo di staccarlo dalla piattaforma madre non ha avuto i risultati sperati.
- Gli utenti di Facebook sono da tempo in declino, Instagram continua a crescere e WhatsApp (che è l’unica vera app di messaggistica dei tre) è il sistema più utilizzato al mondo.
- Gli investimenti che Facebook ha fatto per l’acquisto degli altri due sistemi non hanno mai portato a significativi guadagni.
Zuckerberg sa che è il momento giusto per cambiare, sa soprattutto che unendo i tre servizi avrà la possibilità di raggiungere, analizzare e quindi monetizzare una platea sterminata di utenti.
Sa in fine che il tempo per provare a gestire questo cambiamento epocale è molto limitato, perché le regole sono cambiate e da troppo tempo si trova nel mezzo della tempesta.
I sistemi di messaggistica saranno i social del futuro
Arrivare per primi e con un numero cosi vasto di utenti potrebbe significare l’all-in nella partita a poker che si sta giocando a livello mondiale con i nostri dati.
Il nostro modo di comunicare è cambiato molto negli ultimi 20 anni partendo dall’introduzione degli sms, passando per i 140 caratteri di Twitter ed avvicinandosi sempre più al linguaggio dei segni con le emoticon. Cosa dire poi delle foto e dei video?
Instagram, Facebook e Whatsapp hanno integrato tutte queste modalità espressive e poterli riunire in un’unica soluzione creerebbe un effetto leva devastante per il mercato della profilazione dei dati su cui si muove una larga fetta dell’economia mondiale.
Come se non bastasse, Facebook è già popolato da utenti “fidelizzati” e questa fusione, che oggi riguarda solo il back-end delle piattaforma ma che prima o poi inevitabilmente toccherà anche l’interfaccia utente, potrebbe creare dei benefici indiretti tra cui la possibilità di contenere il rischio che gli stessi utenti escano dall’ecosistema Facebook per rivolgersi ad altre piattaforme come quelle di Apple o di Google.
Le sfide tecniche dell’unificazione
Dal punto di vista tecnico la sfida è molto complessa infatti solo WhatsApp usa la crittografia end-to-end, ovvero un sistema sufficientemente sicuro da poter garantire che solo i partecipanti alla chat ne conoscano realmente il contenuto.
Estenderla anche ad Instagram e Messenger non sarà indolore, ma è comunque una necessità che potrebbe mettere Facebook un pò più al riparo da nuovi possibili scandali e comunque garantire uno standard minimo di sicurezza in linea con i tempi.
Rischi privacy: Ue e Usa pronte a intervenire
Ci sono poi altri aspetti delicati che meritano di essere accennati, il primo riguarda la privacy ed il secondo la posizione di dominanza se non di monopolio che Facebook avrebbe dopo la fusione.
Per quanto riguarda l’Europa e le inevitabili conseguenze legate al rispetto del GDPR, si è immediatamente mossa l’Autorità garante irlandese (dove ha sede la rappresentanza Facebook nell’Unione europea) che ha chiesto urgenti spiegazioni in merito al progetto di fusione.
Non c’è dubbio, gli scandali del recente passato, hanno creato una certa sensibilità da parte delle autorità di vigilanza europee nei confronti delle mosse di Facebook e la necessità di tutelare i diritti e la privacy dei cittadini della UE impone un monitoraggio preventivo, su questo il DPC irlandese è stato chiarissimo: l’integrazione delle piattaforme potrà essere accettata nella UE solo se in grado di soddisfare tutti i requisiti del GDPR.
Anche negli Stati Uniti si è aperto un dibattito politico che forse porterà al coinvolgimento della Federal Trade Commission, l’ente preposto alla tutela della privacy e della concorrenza. E’ chiaro infatti che dopo l’integrazione la posizione di Facebook sarà di assoluta dominanza su una larga fetta del mercato dei dati, ma è altrettanto chiaro (anche se scomodo da ricordare), che Facebook è già proprietaria di Instagram e WhatsApp per cui, a mio avviso, parlare di monopolio in questo momento mi sembra perlomeno tardivo se non poco opportuno.
Cosa succederà nei prossimi mesi
Cosa succederà nei prossimi mesi?
Molto dipenderà dalle contromosse dei rivali che non tarderanno ad arrivare; dipenderà anche da come l’opinione pubblica reagirà a questo progetto e da quanto le norme a livello globale, sapranno realmente affrontare l’argomento.
Sicuramente sarà un immenso banco di prova per il GDPR, le cui prescrizioni potrebbero anche non bastare più e necessitare di adeguamenti. Potrebbe essere un’ulteriore possibilità di migliorare quando possibile e colmare lacune dove necessario, le certezze al momento sono poche ma tra queste c’è il fatto che sia in atto un cambiamento epocale che sarà sempre più amplificato dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale e del machine learning, fermarlo sarà molto difficile e forse nemmeno giusto.
Sarà però un nostro dovere provare a governarlo, con regole chiare, flessibili e possibilmente valide a livello mondiale.
Sarà una sfida titanica, nella quale la prima vulnerabilità è la diversità dei tempi di attuazione tra tecnologia e giurisprudenza, ma è una sfida che dobbiamo accettare se vogliamo porre le basi della futura etica dei dati.
Zuckerberg sa tutto questo, non ha paura delle sfide e detesta perdere. Sa che deve correre prima che qualcun altro giochi la partita al suo posto, noi possiamo solo scegliere se fare da semplici spettatori o provare a fare l’arbitro.
In qualsiasi caso, non abbiamo molto tempo e forse è meglio iniziare a correre.