Contenuti che inquinano, con effetti tossici, il dibattito politico-sociale trovano sempre più terreno fertile su TikTok. La piattaforma, in attuazione delle linee guida della community, sta intensificando impegno e risorse per garantire la cosiddetta “integrità elettorale”, ma malgrado lo sforzo manifestato dai gestori dei social media, i pericoli di inquinamento comunicativo sono all’ordine del giorno.
La politica sbarca su TikTok: qualche vantaggio, molti rischi
Tik Tok e disinformazione elettorale: gli esempi recenti
Le fake news sembrano trovare terreno fertile proprio nelle piattaforme sociali, ove l’interazione massimizzata dei contenuti generati dagli utenti si disperde virtualmente in condizioni di elevata viralizzazione informativa difficilmente controllabile ex ante e verificabile ex post, neppure ricorrendo a sofisticati sistemi algoritmici di ricerca e selezione di notizie false o infondate.
A maggior ragione se si tratta di brevi video (dall’esclusiva natura divertente di entertainment?) come indiretti possibili veicoli di propaganda falsa, violenta o estremistica, che pare abbia raggiunto picchi di disinformazione elettorale molto critici già ora riscontrabili nel continente africano.
Per tale ragione, non sorprende di certo il recente approfondimento curato dal “The New York Times”, secondo cui “la disinformazione elettorale prospera su TikTok” al punto da paventare un significativo timore di crescente allerta generale in funzione delle prossime elezioni negli Stati Uniti d’America, sulla falsariga di quanto avvenuto in occasione di recenti votazioni verificatesi all’estero.
L’articolo fornisce un’interessante ricognizione di casi concreti, da cui si evince il rilevante impatto di TikTok sulle competizioni elettorali in vari Paesi (Germania, Colombia, Filippine), per sottolineare il pericolo di contenuti fuorvianti, suscettibili di compromettere il pluralismo informativo e il dibattito politico-sociale, propedeutici ad assicurare il regolare processo elettorale, destinato a concludersi con la proclamazione dei vincitori, chiamati ad espletare il ruolo di rappresentanti istituzionali al vertice dei sistemi pubblici democraticamente scelti dal popolo.
TikTok, ascesa e problemi
Lanciato soltanto nel 2016, TikTok sta progressivamente scalando la classifica globale dei social media più diffusi: “app più scaricata nel 2021”, ha avuto i guadagni più alti al mondo nella prima metà del 2022 e una media giornaliera di utilizzo pari a circa 1,5 ore. La riprova di una capillare notorietà tra gli utenti, soprattutto giovani, sempre più a loro agio all’interno del network cinese, ormai divenuto su scala planetaria un vero e proprio “status symbol” dei nativi digitali.
Al netto dei potenziali benefici di creatività artistica, che abili influencer riescono a sfruttare per promuovere originali prodotti e/o divulgare efficaci messaggi dal rilevante impatto informativo, laddove ciò consenta di veicolare contenuti costruttivi diretti alla platea dei propri “seguaci”, come spesso ormai accade quando si parla di Internet e del “doppio volto” dei social media, esistono anche implicazioni negative. Implicazioni legate, tra l’altro, al rischio di fake news in grado di destabilizzare l’opinione pubblica, con preoccupanti effetti manipolatori del flusso comunicativo condiviso online.
La netiquette di TikTok e le fake news
Pur orientando la propria “mission” a una specifica esclusiva funzione di intrattenimento, volta a “stimolare la creatività e portare allegria” nell’ambito di “una community globale in cui tutti possano creare e condividere, scoprire il mondo che li circonda ed entrare in contatto con altre persone”, TikTok formalizza esplicitamente nelle sue ufficiali “linee guida” il rigoroso rispetto dei principi di “sicurezza, diversità, inclusione e autenticità” nell’ottica di favorire, tra l’altro, lo sviluppo di un “ambiente che promuova interazioni veritiere” e che “non tolleri la discriminazione”, anche con l’ausilio della moderazione effettuata dal proprio personale incaricato unitamente all’applicazione di sofisticati algoritmi all’uopo perfezionati per le medesime finalità di monitoraggio e controllo dei contenuti.
Alla luce di quanto enunciato dalla citata cosiddetta “netiquette” applicabile alla piattaforma sociale, la disinformazione, rientrante tra le attività esplicitamente vietate, è definita in termini generali come qualsivoglia contenuto e/o comportamento falso e fuorviante, posto in essere da singoli individui o mediante azioni collettive coordinate, diretto a cagionare “danni significativi” provocati dall’incitamento all’odio o al pregiudizio, ovvero in situazioni in grado di “scatenare il panico”, o ancora suscettibile di pregiudicare la salute fisica di un individuo, nonché di “ingannare” gli utenti su “temi quali elezioni o altre attività civiche”.
Riconoscendo l’impatto che i temi politici – anche quando si tratta di contenuti creativi ascrivibili a forme originali di manifestazione artistica realizzata online – possono avere sulla fiducia collettiva a presidio della stabilità sociale, TikTok dichiara, ad esempio, di non accettare annunci politici a pagamento e, con l’intento di combattere la diffusione della disinformazione sulla piattaforma, si avvale della collaborazione qualificata di un team di esperti (come, ad esempio, il Content Advisory Council) per rafforzare la sicurezza degli utenti.
Inoltre, il servizio Hashtag PSA fornisce in tempo reale avvisi sugli hashtag più condivisi, compresi quelli relativi alle elezioni, come ulteriore strumento che consente di verificare fatti e segnalare contenuti ritenuti anche potenzialmente in contrasto con le linee guida vigenti.
TikTok afferma altresì di incentivare la promozione di campagne di “alfabetizzazione mediatica” per aiutare la comunità a pensare in modo critico ai contenuti che crea e ai contenuti che consuma”.
È stata pianificata la pubblicazione di video educativi TikTok “che forniscono ai membri della comunità gli strumenti di cui hanno bisogno per diventare cittadini digitali più esperti”, così come risulta attivato un sistema di raccomandazione progettato per monitorare costantemente – ed eventualmente rimuovere – i contenuti condivisi, inclusi spam, e video in corso di revisione o recensiti ove siano considerati “scioccanti per un pubblico generico”.
Peraltro, in occasione delle presidenziali statunitensi del 2020, è stata sviluppata una guida in-app al fine di veicolare informazioni autorevoli su tale competizione elettorale, realizzando anche un caso di studio curato dal Centro di sicurezza di TikTok, incaricato di fornire “aggiornamenti quotidiani” sulle misure adottate “per ridurre al minimo le opportunità di interferenza e i danni sulla piattaforma”.
TikTok, secondo quanto indicato dal suo Report sulla Trasparenza riportato dal “NYT”, ha dichiarato, tra le concrete azioni operative realizzate, di aver “rimosso quasi 350.000 video” associati alla disinformazione elettorale, bloccando altresì “441.000 video con affermazioni infondate”.
Resta però centrale, e oltremodo complesso, il problema della disinformazione elettorale online in presenza di un difficile bilanciamento tra libertà di opinione e salvaguardia della “verità” (che postula un giudizio talvolta troppo discrezionale, comunque rimesso agli operatori telematici nella veste di imprenditori e non di autorità pubbliche), da cui di fatto dipende il monitoraggio preventivo di una dilagante insidia tuttora irrisolta.
Conclusioni
Il nostro Paese è ritenuto vulnerabile a presunte ingerenze esterne, in grado di condizionare il regolare svolgimento delle imminenti elezioni politiche. Il fenomeno della disinformazione è quindi in questo momento storico estremamente attuale e il rischio di possibili frodi elettorali davvero concreto.
Anche perché, pur ammettendo che gli strumenti di rimozione e di disabilitazione dei contenuti falsi sui social media funzionino perfettamente, senza nessuna “falla” critica di imperfezione tecnica, è comunque realistico ipotizzare che le informazioni fuorvianti, una volta immesse online, raggiungano velocemente un ampio numero di utenti, grazie alla rapidità con cui si propagano le centinaia di migliaia di visualizzazioni associate: a riprova di ciò, ad esempio, “durante il primo trimestre del 2022, oltre il 60% dei video con disinformazione dannosa è stato visualizzato dagli utenti prima di essere rimosso” (secondo alcune evidenze emerse da una recente ricerca scientifica menzionata dal “The New York Times”).
Sembra così tratteggiarsi l’avvento della cosiddetta “era della post-verità” come nuova “società dell’incertezza”, ove le persone potrebbero persino rassegnarsi a convivere con la dilagante disinformazione esistente, senza più nettamente distinguere dal flusso comunicativo di notizie autorevoli e credibili il contenuto “tossico” delle fake news prodotte – anche intenzionalmente – con la finalità di inquinare il dibattito dell’opinione pubblica e compromettere la stabilità dei sistemi politici vigenti.