l'esperimento

Firma su carta vs firma digitale: pro e contro nei contesti didattici e produttivi

La firma simboleggia la proiezione della nostra immagine all’esterno e la sua esecuzione sul foglio di carta è condizionata dall’attesa del risultato, dall’attrito tra strumento scrittorio e carta, dalla posizione del foglio, dalle sue dimensioni. Cosa cambia con la scrittura digitale? Cosa perdiamo?

Pubblicato il 22 Ott 2020

Lorella Lorenzoni

Grafologa forense

Alessandra Panarello

Avvocato, Grafologa, specialista in Grafologia Giudiziaria

iacomo Balla, “espansione dinamica + velocità”, 1913

Continuando il nostro studio sui concetti di tempo, azione e pausa[1] attraverso la metafora della scrittura digitale come azione umana nell’attuale contesto socioculturale, ci chiediamo se l’implementazione della digitalizzazione si traduca in una maggiore attività, in una accelerazione dei ritmi esecutivi e quali effetti ne derivino.

Numerosi esperimenti dimostrano come l’approccio “virtuale” alla realtà tenda, anche per quanto riguarda l’atteggiamento grafico, ad amplificare la percezione dello spazio e a enfatizzare la centralità del soggetto, facendo perdere quella sensazione di contatto, che nella scrittura su carta è conferito dal calore dell’inchiostro, nelle sue singolari modulazioni pressorie, e dall’esteriorità della forma che si percepisce come maggiormente “reale” e concreta; aspetti che nel digitale sono sostituiti dall’dea di velocità e movimento.

Proviamo perciò a valutare se la maggiore rapidità ottenuta con i nuovi strumenti digitali e la minore accuratezza possano effettivamente portare un vantaggio in termini di produttività e di efficienza, in contesti didattici e produttivi.

Azione e velocità

Fredric Jameson nelle sue analisi di matrice sociologica ed economica su postmodernismo e globalizzazione sostiene che “la verità dell’esperienza non coincide più con il luogo in cui essa avviene”, attribuendo alla globalizzazione l’effetto della compressione della percezione spazio temporale con l’aumento della velocità di azione.

Oggi percepiamo pienamente la modernità di tale pensiero con l’esperienza della realtà digitale, che ci induce a vivere in una dimensione non più dia-cronica, ma sin-cronica con il monito del tutto, subito, ora, immediato, istantaneo, condiviso, globale.

L’immediatezza dell’azione e del risultato non ammette distrazioni e il prodotto assume caratteri quasi “neutri”, poiché disancorato dalla realtà spaziale nella quale viene ad essere realizzato.

Questa riflessione ci viene suggerita dall’osservazione, in questo particolare frangente storico, dell’implementazione dello smart working e delle sessioni di meeting in videoconferenza per l’espletamento di quelle attività soprattutto intellettuali che si fondano sull’interazione umana con il contatto de visu nel medesimo spazio reale, oggi forzatamente sostituite con la comunicazione a distanza, nello spazio virtuale di quella nuvola che ci accoglie in una dimensione unitaria, ma al contempo ci conserva come entità singole ed isolate.

La digitalizzazione implementa i nostri ritmi produttivi? L’esperimento

E’ stato richiesto ad un campione di donne e uomini di diversa età di apporre in sequenza la loro firma o semplicemente il loro nome, fino allo scadere del limite di tempo assegnato, prima su un normale foglio di carta e poi su un rilevatore di firma grafometrica.

Nella maggior parte dei soggetti il confronto tra firme su carta e firme grafometriche ha evidenziato il seguente risultato: in un arco temporale di 30/40 sec sul dispositivo di firma grafometrica è stato apposto un numero maggiore di firme, rispetto a quelle eseguite nel medesimo tempo su carta; sul dispositivo di acquisizione grafometrica, inoltre, la velocità di scrittura è aumentata, trascurando la cura dell’aspetto formale.

La firma simboleggia la proiezione della nostra immagine all’esterno e la sua esecuzione sul foglio di carta è condizionata dall’attesa del risultato, dall’attrito tra strumento scrittorio e carta, dalla posizione del foglio, dalle sue dimensioni.

Con dispositivo di rilevazione grafometrica, la tipologia della superficie di scrittura agevola la rapidità di esecuzione. L’annullamento dell’attrito stilo/superficie, la limitazione del campo di azione (superficie ristretta) e l’impossibilità di agire sulla posizione di scrittura, favoriscono la concentrazione sulla automatica ripetizione dell’atto, senza distrazioni.

Di seguito alcuni esempi del confronto tra scrittura su carta e scrittura digitale eseguito in uno stesso intervallo temporale, estratti dalla campionatura di riferimento.

17 firme su supporto digitale in 40 sec. 15 firme su carta in 40 sec.

Il supporto digitale determina un aumento della velocità di scrittura, facilita l’apposizione di un maggior numero di firme nel medesimo contesto spazio temporale e lo scrivente manifesta l’impulso a riempire ogni spazio disponibile, anche quello che sulla carta è lasciato come naturale “respiro” tra una azione e quella successiva.

Cosa cambia a livello espressivo

In alcuni casi il soggetto, nello stesso intervallo temporale, ha mantenuto analogo numero di firme sia su carta che su tool grafometrico, ma osserviamo cosa avviene in punto di espressività grafica.

30’’

Numero 8 firme su carta.

Il soggetto ha collocato spontaneamente una serie di firme seguendo una sorta di ordine verticale.

In 30 secondi la scrivente ha apposto otto firme con uno stile semplificato, la maggiore personalizzazione avviene nella “B” iniziale e nella “”P”.

Con il dispositivo grafometrico lo stesso soggetto è riuscito ad apporre lo stesso numero di firme modificando la sequenza spaziale e favorendo un’occupazione consequenziale verso destra che simbolicamente rappresenta il futuro.

Grafico della velocità – software Namirial

L’esperimento mostra come il gesto scrittorio di uno stesso soggetto, al variare delle condizioni legate al diverso supporto, muta nell’espressività individuale.

Il grafismo – pur mantenendo le componenti grafiche identificative e personali – sembra perdere le caratteristiche spaziali della collocazione su carta.

Se consideriamo simbolicamente lo spazio del foglio come il luogo ove s’immette il gesto e si “muove” verso l’azione futura, lo scrivente su supporto cartaceo dimostra di avere maggiore consapevolezza dei confini del proprio agire e dirige il gesto.

Lo spazio virtuale e digitalizzato (il tablet), sembra essere vissuto con minor consapevolezza dei confini e la velocità, agevolata dalla superficie liscia, sembra metaforicamente rispecchiare una dilatazione maggiore che sembra perdere il confine tra sé e l’altro in una sorta di dilatazione dello spazio e della vita.

Nella scrittura digitale, quindi, così come in ogni comunicazione virtuale, sembra amplificarsi la presenza, si annullano i margini, aumenta la velocità, si sacrifica l’accuratezza e l’espressività tipiche della scrittura manuale.

Come cambia la nostra capacità di comunicare nel gesto scritto su carta, rispetto a quello digitale?

Testo redatto in 25 secondi su carta

Stesso testo redatto con uno stesso tempo esecutivo su dispositivo digitale

Nel confronto tra le due forme espressive si coglie come sul supporto digitale l’amplificazione del gesto e l’incremento della velocità determinano un grafismo più agile e meno strutturato, dove lo spazio si espande come se non vi fosse bisogno di lentezza o pause.

L’applicazione digitale, favorendo maggiore rapidità esecutiva e ottimizzazione del tempo, sembrerebbe garantire una maggiore quantità di contenuti e di risultati, senza dispersione del tempo in elementi secondari.

DaD, quando il reale diventa lo schermo

Decontestualizzare, dunque, le nostre azioni dall’ambiente concreto, lavorare nella neutralità dello spazio virtuale è sempre garanzia di maggiore efficienza e produttività?

Probabilmente è così per alcuni contesti, ma non sempre a una maggiore rapidità corrisponde un risultato migliore.

Data la necessaria diffusione della cosiddetta DAD (didattica a distanza) è vero che l’uso della tecnologia può agevolare la trasmissione di contenuti e la produttività, ma tale modalità può considerarsi altrettanto efficiente ai fini della trasmissione della “conoscenza”?

Cosa cambia quando la didattica viene sostituita da una relazione a distanza, dove il reale diventa lo schermo?

La questione è antica, se solo si pensa che già ai tempi di Platone analoghi interrogativi si posero in merito alla crescente diffusione del libro, come mezzo di trasmissione di dati, ma – secondo il filosofo – non di Sapere. (Fedro, Platone)

Gli interrogativi sulla efficacia della DAD sono stati rivolti ad alcuni studenti e possono essere così sintetizzati come elemento d’indagine qualitativo in più rispetto all’acquisizione grafica

  • Cosa è cambiato nella comunicazione utilizzando la DAD?
  • Cosa preferite nella esperienza di comunicazione e relazione, tra didattica in presenza e DAD?
  • Cosa è mancato di più nella DAD rispetto alla didattica tradizionale?
  • Come vi sentite più liberi nella vostra espressività?

Le risposte sono state pressoché unanimi, e sintetizzano le criticità su cui l’intera collettività – studenti e non – si trova a confrontarsi nel passaggio dalla relazione reale a quella virtuale e che possono sisntetizzarsi così:

  • maggiore difficoltà nella comunicazione, difficoltà nell’uso della scrittura in quanto si è persa l’abitualità di questo strumento espressivo;
  • è preferibile la didattica tradizionale per la possibilità di interazione con i compagni;
  • è mancata la possibilità di comunicare (ridere, scherzare) con i compagni e insegnanti;
  • maggiore libertà nella didattica tradizionale, in quanto nella DAD – specialmente all’inizio – eravamo intimoriti e intimiditi dalla nuova modalità.

Esempio di firma di un adolescente (14 anni) su carta:

Firma su tablet – dispositivo Namirial

Il confronto conferma che nel passaggio dalla scrittura tradizionale a quella digitalizzata, pur rimanendo invariate le costanti grafiche, sembra esserci una maggiore rapidità del gesto che evolve verso la destrutturazione, ovvero la perdita di aspetti formali e di ordine spaziale.

Le riflessioni ed esperimenti sulla comunicazione scritta digitale suggeriscono che l’utilizzo della tecnologia, sia nell’attività didattica che in quella produttiva a largo spettro, abbia influenzato in modo peculiare l’aspetto relazionale ed emotivo.

La tecnologia agevola, semplifica e colma ogni spazio e tempo vuoto a discapito di una minore partecipazione emotiva, dimenticando che l’espressività necessita anche di pause, lentezza e forma.

La distanza digitale amplifica, paradossalmente, la centralità dell’individuo, ma pare collocarlo in un mondo a sé, ciascuno nel proprio microcosmo e la relazione viene spostata su un piano virtuale.

E’ plausibile ipotizzare che l’accelerazione dei ritmi esecutivi con l’impiego del digitale risponda all’esigenza di riempire, senza lasciare margini a vuoti, pause e silenzi, intollerabili nella comunicazione a distanza; mentre quelle stesse pause, se condivise in un medesimo spazio reale, non sono vuoti, ma si caricano di contenuti altrettanto comunicativi e di significati, seppur non traducibili.

Forse non sempre quantità è sinonimo di qualità e l’implementazione della digitalizzazione non dovrebbe snaturare l’individualità delle nostre azioni che, in positivo o in negativo, sono anche il prodotto dei fattori ambientali che caratterizzano il contesto nel quale vengono poste in essere.

Conclusioni

L’aspetto materico che trasmette la comunicazione scritta traduce una maggiore accuratezza. L’autore si contestualizza nella relazione spazio-tempo e lascia tracce della storia della sua scrittura: può ripercorrere il manoscritto, anche a distanza di anni, e “ricordare” le emozioni del momento; può apprezzare come la scrittura possa essersi deteriorata e la pagina ingiallita e ristabilirà il contatto con la sua memoria oggettiva e soggettiva.

Nella comunicazione scritta digitale, così come in ogni forma di comunicazione virtuale, le tracce meno complesse e più rapide, sfrondate nell’essenzialità, non possono emanare l’intensità di un originale, ma potranno solo tradurre quelle che sono le gestualità grafiche del “qui e ora” ma forse per progredire ciò è necessario e soprattutto come afferma Seneca “ gran parte del progresso sta nella volontà di progredire”.

  1. L. Lorenzoni – A. Panarello, La percezione del tempo in pandemia: cosa cambia se la nostra vita è in stand – by, www.agendadigitale.eu – 04 giugno 2020.

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