Le trasformazioni della Società 4.0 relative alle relazioni sempre più strette tra sistemi fisici e digitali, alla grande diffusione dei Big Data e all’aumento dei sistemi intelligenti inducono a fare riflessioni ed a proporre importanti progetti per lo sviluppo di skills digitali sofisticate e di competenze trasformazionali legate al sempre più rapido mutamento dei sistemi di produzione e delle attività umane.
Anche a queste riflessioni ed a questi progetti si affida la possibilità di dare risposte al problema dell’occupabilità e soprattutto dell’occupabilità giovanile. In altri termini al problema del divario generazionale (Monti, 2017), la cui possibile soluzione è altresì legata a provvedimenti legislativi, interventi in materia fiscale, interventi di politica economica e sociale relativi a professioni del futuro, terzo settore, apprendistato, settore agricolo, lavori green, economia circolare e mobilità; interventi amministrativi; iniziative a favore dell’innovazione, dello sviluppo delle nuove tecnologie e delle start up; attività di formazione per lo sviluppo di competenze riguardanti il pensiero adattivo, la creatività e l’intelligenza sociale.
L’Osservatorio delle Competenze Digitali 2017 realizzato da AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia in collaborazione con MIUR e ad AgID, mostra dei dati estremamente significativi in merito ai requisiti delle professioni future, ai numeri del gap di professionisti ICT, alle caratteristiche dei percorsi di formazione dei laureati e di aggiornamento della forza lavoro. I risultati confermano l’urgenza di allineare l’offerta formativa alla domanda di competenze digitali. I dati dell’Osservatorio riguardanti le web job vacancy mostrano infatti uno skill digital rate medio del 68% con punte oltre l’80% per le professioni emergenti negli ambiti IoT, Mobile e Cloud Computing.
La pervasività delle competenze digitali nelle professioni non-ICT è stata calcolata su più di 600 mila annunci nelle aree dirigenziali, intellettuali e scientifiche, e tecniche, in termini di competenze digitali di base, competenze digitali per la comunicazione, competenze nell’utilizzo di strumenti per il supporto ai processi operativi e decisionali, e competenze tecniche ICT. L’incidenza delle skills digitali arriva a valori di picco del 35% nelle professioni in cui l’ICT riveste un ruolo sempre più abilitante per lo svolgimento delle mansioni richieste in azienda (Confindustria Digitale et al., 2017, p. 28).
Nel medio e lungo termine le professioni si chiameranno: change manager, agile coach, technology innovation manager, chief digital officer, It process & tools architect. Queste professioni saranno costituite da un mix articolato di competenze, per governare strategicamente i cambiamenti imposti dalle aree Big Data, cloud, mobile, social, IoT e security. Saranno soprattutto figure fatte da un impasto di skills tecnologiche, manageriali e soft skills quali leadership, intelligenza emotiva, pensiero creativo e capacità di gestione del cambiamento.
In un orizzonte temporale che arriva fino al 2025, le stime di Cedefop e City Research per l’Europa prevedono la creazione di nuovi posti di lavoro per ruoli e professioni a elevata qualificazione e una diminuzione significativa di quelli a bassa qualificazione. I dati mostrano evidentemente un aumento del deficit di laureati ICT. Il confronto tra domanda ed offerta stimati, per il 2017, individua, nello scenario conservativo, un deficit di 4.400 laureati ICT a fronte di un eccesso di circa 8.400 diplomati ICT, e nello scenario espansivo un deficit di circa 9.500 laureati e un surplus di diplomati ICT di 5.200. Di rilievo è dunque il mismatch tra domanda e offerta di competenze ICT medio alte (lauree), fattore legato alla richiesta crescente di professionisti ICT più qualificati da parte delle imprese che stanno perseguendo un deciso upskilling della forza lavoro ICT (Confindustria digitale et al. 2017, p. 11).
Riflessioni importanti rispetto al problema dell’occupabilità giovanile riguardano la definizione dei contesti abilitanti, delle politiche pubbliche, aziendali e territoriali che potrebbero favorire l’acquisizione di competenze innovative, la ridefinizione dei percorsi di istruzione e formazione in accordo con l’evoluzione delle politiche di impresa. Proprio all’interno di questa prospettiva si pone il Piano Impresa 4.0 lanciato nel 2015. La spinta innovativa ed attuativa di Impresa 4.0 non si ferma infatti agli investimenti in tecnologia, ma propone una strategia complessiva capace di interessare i livelli della cultura, del lavoro e della formazione, di coinvolgere sia i territori che le istituzioni e le parti sociali.
Le direttrici strategiche del Piano Impresa 4.0 interessano anche lo sviluppo di competenze innovative grazie alla scuola digitale ed all’alternanza scuola lavoro; a percorsi universitari e Istituti Tecnici superiori dedicati; a cluster ed a dottorati specialistici; alla creazione di Competence Center e Digital Innovation Hub. E’ significativo sottolineare in proposito che i Competence Center sono situati nei politecnici e nelle università proprio per garantire la formazione dei giovani ed i rapporti tra università ed imprese, mentre i Digital Innovation Hub rappresentano una sorta di cinghia di trasmissione, una rete trasversale grazie alla quale la cultura 4.0 dovrebbe toccare territori e istituzioni. Sia i Competence Center che i DIH inizieranno la formazione nel 2018 per consolidare le competenze relative all’applicazione dell’intelligenza artificiale, della robotica e dell’IoT negli ambiti del lavoro e del contesto aziendale.
Gli obiettivi del Piano Impresa 4.0 si integrano in primo luogo con quelli del MIUR per lo sviluppo della cultura e delle competenze nei giovani. Proprio in occasione della presentazione dell’Osservatorio delle competenze digitali 2017, Confindustria Digitale e MIUR hanno firmato un accordo. Nella prospettiva di questo accordo, la formazione alle competenze per l’occupabilità giovanile implica la necessità di lavorare in due direzioni: da un lato investendo su competenze di relazione, trasversali e trasformazionali in un’ottica di apprendimento continuo; d’altro lato, puntando sulla verticalizzazione delle competenze digitali siano esse riferite a Big Data, internet delle cose, cybersecurity, robotica o intelligenza artificiale.
Sempre nel luglio 2017, il MIUR ha firmato un accordo con il MISE per il rilancio del Piano Nazionale Scuola Digitale. L’accordo riguarda alcuni aspetti essenziali della formazione dei giovani alle competenze digitali: la diffusione della fibra in tutte le scuole; la realizzazione di ambienti innovativi e Fab Lab soprattutto nelle scuole di periferia; la conversione in chiave digitale dei laboratori delle scuole secondarie; il potenziamento della formazione alle competenze digitali ed al coding per la preparazione ai lavori del futuro.
Specifiche indicazioni e strategie emergono in definitiva dai dati e dalle ricerche sui percorsi ed i contenuti di una formazione capace di rispondere alle sfide del futuro: occorre investire sullo sviluppo di competenze digitali, diagonali, trasformazionali che consentano ai giovani di lavorare tra i confini di un mondo ibrido ed in continuo mutamento quale è quello disegnato dalla diffusione dell’Intelligenza artificiale e dall’internet delle cose; la formazione dovrebbe accompagnare i giovani anche dopo la conclusione di percorsi formali di studio come l’università; i sistemi di istruzione e formazione dovrebbero stabilire un rapporto continuativo e reciproco sia con i territori e gli enti di governo locali che con le imprese in modo da conoscere le competenze richieste e rispondere a specifiche esigenze; i giovani dovrebbero poter costruire i loro percorsi di formazione mettendo insieme esperienze diverse fatte nella scuola e nell’università, attraverso master, percorsi professionali, apprendistato e formazione on the job in modo che il risultato della formazione non sia il raggiungimento dei titoli ma l’acquisizione ed il riconoscimento delle competenze e delle abilità per il lavoro (McKinsey Quarterly, 2017).
Tutto questo, per dirlo con le parole di Luca De Biase, per dare un senso a concetti di estrema rilevanza ed attualità: “L’identità sociale. La fatica. Il percorso delle aspirazioni. La forma organizzativa dell’espressione personale. La principale porta di accesso all’indipendenza economica. Troppo, troppo spesso chiusa, in Italia. Insomma: il lavoro. Il punto di incontro tra la speranza e la paura del futuro. Sul lavoro del futuro, si addensa una nebbia che c’è bisogno di diradare. Perché l’incertezza in materia è paralizzante. Quanti vecchi lavori sono a rischio? Quanti mestieri nati per servire alla raffica di novità avviate dall’elettronica sopravvivranno a loro volta alla spasmodica velocità dell’innovazione digitale? Come si impara a immaginare e creare il lavoro del futuro?” (De Biase, 2017, pp. 1 – 7).
Bibliografia
Osservatorio delle Competenze Digitali 2017, realizzato da AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia in collaborazione con MIUR e ad AgID, Confindustria, Roma.
De Biase L., 2017, “Solo l’innovazione può creare i nuovi posti”, Il Sole 24 Ore, 20 agosto, testo accessibile al sito: www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-08-19/innovazione-abbracciare-opportunita-184504.shtml?uuid=AEKsPvAC
Martini E., “Impresa 4.0. A che servono i 250 milioni per la formazione delle aziende”, AgendaDigitale.eu, 14 Novembre 2017 testo accessibile al sito: www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/impresa-4-0-a-che-servono-i-250-milioni-per-la-formazione-delle-aziende/
McKinsey Quarterly, Learning innovation in the digital age, Settembre, 2017.
Monti L., 2017, “Generational Divide: A New Model to Measure and Prevent Youth Social and Economic Discrimination”, Review of European studies, n. 9, vol. 3.