L’esigenza di avere in azienda competenze specifiche per far fronte alla complessità e alle trasformazioni dettate dall’innovazione tecnologica e dal contesto socioeconomico, richiede di considerare come priorità la formazione continua delle persone. La risposta più efficace alle dinamiche imprevedibili del mercato è lo sviluppo di un’organizzazione pronta a cambiare pelle con flessibilità e velocità : una learning organization, in cui si ambisce a costruire un ambiente che incoraggi le persone ad apprendere ed evolvere.
Ecco perché investire nello sviluppo del capitale umano si rivela per le imprese il vero vantaggio competitivo. La consapevolezza al riguardo si sta diffondendo: un’indagine dell’edtech company Gility condotta su 200 aziende italiane di diversi settori e filiere industriali emerge che l’85 per cento delle aziende riconosce oggi l’importanza strategica della formazione aziendale.
Nell’indagine di Gility si fotografa lo stato dell’arte della formazione aziendale, così da avere chiaro il quadro attuale e per cercare di individuare gli scenari futuri. La ricerca è stata condotta con due approcci complementari: un’analisi quantitativa e un’indagine qualitativa con interviste semi-strutturate.
Il nodo del mismatch nella formazione
C’è una marcata discrepanza tra gli investimenti in formazione delle aziende e le aree ritenute prioritarie da chi lavora. In particolare, emerge una forte richiesta di competenze digitali, tecnologiche e relazionali, spesso trascurate a favore delle hard skill.
Esclusa la formazione obbligatoria, poco meno di un terzo (32%) degli investimenti in formazione è diretto verso le hard skill. Una schiacciante maggioranza di dipendenti (83%) preferirebbe che l’accento fosse posto sulle competenze digitali e tecnologiche.
Questo mismatch non è l’unico. Anche per quanto riguarda le soft skill ci troviamo di fronte a un simile disallineamento: solo il 20% della formazione programmata dalle aziende si dedica a queste aree, nonostante una richiesta di oltre la metà (54%) da parte dei dipendenti.
Green skill e sostenibilità: un’attenzione crescente
Secondo Gility, solo il 4% delle aziende offre formazione nell’ambito delle green skill, a fronte di un 15% di lavoratori che esprimono il desiderio di approfondire i temi legati alla sostenibilità ambientale, per concretizzare un domani più responsabile.
Questo gap rispecchia un trend più ampio identificato da studi di ManpowerGroup, Ey e Sanoma Italia, secondo cui il 94% delle organizzazioni a livello mondiale non possiede ancora il know-how necessario per affrontare con successo la transizione ecologica.
Il salto dalla consapevolezza personale all’azione professionale è evidente nel report “Il cittadino consapevole” di Deloitte, che sottolinea come metà degli intervistati adotti comportamenti sostenibili anche in ambito lavorativo.
Questa tendenza influenza anche la scelta del posto di lavoro, con gli italiani che prediligono aziende attente alle dimensioni della sostenibilità, dal benessere sociale ed economico alla lotta contro il cambiamento climatico.
La Gen Z, in particolare, richiede incentivi che legano le performance individuali a obiettivi sostenibili e sollecita le aziende a fornire formazione adeguata su questi temi cruciali.
Come diventare una learning organization
Ascoltare i dipendenti diventa indispensabile, in modo da sviluppare competenze che supportino da un lato il business ma al contempo accompagnino le persone in un percorso di crescita continua. L’obiettivo è trasformare le aziende in learning organization, dove l’apprendimento continuo e l’adattabilità diventano le chiavi per il successo.
FAD, formazione a distanza
Il ruolo dell’apprendimento digitale emerge in questo contesto come un asset rilevante per raggiungere gli obiettivi formativi in azienda. Le possibilità offerte dal digital learning, come poterne usufruire da qualsiasi luogo e dunque favorendo lo sviluppo di competenze anche nei dipendenti che lavorano da remoto.
L’86% dei partecipanti all’indagine privilegia la formazione digitale per la sua flessibilità, seguita da un risparmio di tempo (80%) e una maggiore semplicità di accesso (60%). La modalità e-learning on demand è preferita dal 74% delle aziende, mentre i formati live attraggono il 69%.
Tuttavia, solo il 4% si avventura in tecnologie avanzate come la realtà virtuale o il metaverso, evidenziando una prudenza nell’adozione di strumenti all’avanguardia o una minore possibilità di accesso a queste tecnologie.
Le aree tematiche privilegiate nelle strategie formative spaziano dalle vendite al marketing, passando per l’amministrazione e le finanze, con un’attenzione particolare verso le competenze digitali, l’intelligenza artificiale, la leadership, la diversità e l’inclusione, oltre al marketing digitale e alla sostenibilità (ESG).
Talent retention e giovani
Interessante notare come il 49% delle aziende intervistate identifichi nella formazione aziendale un potente strumento per attrarre e coinvolgere i giovani talenti (Millennial e Generazione Z).
I dipendenti di queste fasce di età, approssimativamente dai venti ai quarant’anni,manifestano un forte desiderio per un apprendimento continuo e flessibile, che unisca la teoria tramite e-learning asincrono e autodiretto all’applicazione pratica.
Questo approccio ibrido risponde alla loro esigenza di non solo apprendere nuove nozioni con la massima libertà e autonomia ma anche di sporcarsi le mani sul campo. I giovani, secondo la ricerca, vogliono vedere valorizzate le proprie competenze e accedere a opportunità di sviluppo. Questo è in linea con la ricerca del work-life balance e della gestione del proprio tempo lavorativo.
Le possibilità della formazione finanziata
Relativamente alla necessità di stanziare budget aziendale per la formazione, dall’indagine di Gility emerge che ancora troppo spesso viene trascurata la possibilità di accedere alla formazione finanziata. I fondi vengono erogati da enti pubblici e privati, come le regioni o i fondi paritetici interprofessionali, tuttavia, la complessità dei processi e una burocrazia ingombrante frenano molti imprenditori e responsabili, con il 59% delle aziende che si dibatte tra 2 e 5 fornitori per soddisfare le esigenze di formazione finanziata e di upskilling.
Questo scenario frammentato e la complessità nell’accesso ai servizi ostacolano questa scelta, limitando spesso le aziende ad erogare ai dipendenti la sola formazione obbligatoria.
Verso una cultura dell’apprendimento inclusiva e innovativa
È evidente che le PMI italiane si trovano di fronte a una sfida formativa di proporzioni significative. L’analisi non solo fotografa lo status attuale, ma offre anche una direzione verso cui orientarsi per colmare il gap esistente tra l’offerta formativa e le reali esigenze dei professionisti.
In questo contesto, diventa fondamentale per le aziende riconsiderare le proprie strategie di formazione, puntando su un approccio più inclusivo e mirato che tenga conto delle aspettative dei dipendenti e delle necessità emergenti del mercato, come quelle legate alla digitalizzazione e alla sostenibilità.
Ciò che emerge comunque, in generale, è che la formazione non può più essere considerata come una voce secondaria nei piani strategici aziendali: diventa un pilastro fondamentale, un imperativo da cui non si può prescindere e che richiede di contemplare la propria voce in bilancio.
Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Gility