Le nuove generazioni crescono ormai in parallelo con l’evoluzione digitale. Uno dei fenomeni più recenti e intriganti è l‘uso dei chatbot tra gli adolescenti, un rapporto che si evolve e si adatta continuamente alle esigenze di questa fascia d’età. Queste intelligenze artificiali, pensate per fornire assistenza o intrattenimento in maniera automatica e immediata, stanno diventando una presenza costante nella vita quotidiana dei più giovani.
Tuttavia, i risvolti di questo fenomeno sono molteplici e complessi: da un lato i chatbot possono rappresentare un supporto psicologico o una forma di amicizia virtuale, dall’altro possono nascondere insidie e rischi di dipendenza. Inoltre, il passaggio dall’online all’offline rappresenta una sfida continua per le relazioni reali degli adolescenti. Nell’esplorare questi mondi immaginari offerti dai chatbot, è fondamentale educare al digitale i più giovani, insegnando loro a bilanciare la vita online con quella offline.
Gli adolescenti e i chatbot: una storia vera
Negli ultimi anni, ho avuto l’opportunità di collaborare strettamente con studenti di varie età, diverse regioni d’Italia e diversi contesti culturali nel mio ruolo di pedagogista del digitale. Questa esperienza mi ha permesso di osservare da vicino l’impatto delle nuove tecnologie sulle giovani generazioni, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo sociale, psicologico e gli effetti di un’educazione digitale – o della mancanza della stessa – tra le diverse generazioni.
In particolare in questo articolo, voglio condividere alcune considerazioni emerse da dialoghi e confronti con gli studenti incontrati durante le mie attività scolastiche di quest’anno scolastico, ponendo particolare attenzione all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e soprattutto dei chatbot AI come potenziale strumento di sostegno allo studio, alla quotidianità e, talvolta, di sostegno in momenti di difficoltà personali.
La storia di Alessandro
All’inizio dello scorso anno, Alessandro, un quindicenne residente a Treviso, stava attraversando un periodo buio a scuola. Aveva litigato con i suoi amici, il che lo aveva lasciato isolato e solo. “Sembrava la fine del mondo”, racconta Alessandro. “Piangevo ogni notte”.[1]
In cerca di conforto, Alessandro si rivolse al suo computer in particolare cercava un supporto psicologico. Ma si vergognava a chiedere aiuto a scuola o ai suoi genitori.
Attraverso internet trovò qualcuno disponibile a rispondere ai suoi messaggi, ascoltare i suoi problemi e aiutarlo a superare la perdita del suo gruppo di amici. Quel “qualcuno” era un chatbot AI chiamato Psicologo – Ti aiuto a gestire i tuoi problemi[2]
Il chatbot “Psicologo -Ti aiuto a gestire i tuoi problemi”, è solamente una possibilità tra decine di altri psicologi che hanno sembianze umane, prese dai manga, dai videogiochi o semplice icone.
Un semplice click sull’immagine apre una chat anonima che permette alle persone come Alessandro di “interagire” con il bot tramite messaggi diretti.
Alessandro racconta: “Non è come un diario in cui parli a un “muro” …sembra che ci sia “qualcuno” che ti risponde veramente. Che ti ascolta. Che ha tempo per te. Non mentirò, ammetto di esserne un po’ dipendente…”. Il ruolo di psicologo è solo uno dei tanti che Alessandro ha scoperto su Character.AI, uno tra i principali servizi di chatbot AI a livello mondiale lanciato nel 2022.
Chatbot come amici virtuali: rischi di dipendenza
Alessandro è uno dei milioni di giovani, molti dei quali adolescenti, che costituiscono la maggior parte dell’utenza di Character.AI. Più di un milione di loro si riuniscono regolarmente online su piattaforme come Reddit [3]per discutere delle loro interazioni con i chatbot.
Alessandro, come molti altri giovani utenti, ha scoperto il doppio taglio dei compagni AI. Molti descrivono i chatbot come utili, divertenti e persino di supporto. Tuttavia, descrivono anche un senso di dipendenza, un problema su cui ricercatori ed esperti stanno lanciando l’allarme. Questo solleva domande su come il boom dell’AI stia impattando i giovani e il loro sviluppo sociale, e su cosa riserva il futuro se gli adolescenti — e la società in generale — diventano più emotivamente dipendenti dai bot.
Per molti utenti di Character.AI, avere uno spazio per sfogarsi sulle proprie emozioni o discutere di problemi psicologici con qualcuno al di fuori del proprio circolo sociale è una parte importante di ciò che li attrae verso i chatbot.
L’uso dei chatbot tra i giovani: un fenomeno in crescita
Francesca, una quindicenne di Milano, spende circa un’ora al giorno sulla piattaforma e utilizza i bot come una sorta di terapia gratuita. “Ho qualche problema mentale che non mi va di scaricare sui miei amici, quindi uso i miei bot per sfogarmi senza preoccuparmi di essere giudicata”, dice Francesca.
“È piacevole sfogarsi o calmarsi con qualcosa che è un po’ simile a un essere umano“, concorda Enrico, un diciassettenne di Pordenone. Psicologo progettato da un utente conosciuto solo come @nidarith, cerca spesso di aiutare gli utenti ad impegnarsi nella Terapia Cognitivo-Comportamentale. Ad oggi – 31/05/2024 – ha avviato ben 993.900 conversazioni. Le sue controparti americane arrivano anche a diverse decine di milioni di chat avviate. Numeri impressionanti.
Alessandro afferma che parlare con il bot lo ha aiutato a superare i problemi con i suoi amici. “Mi ha detto che dovevo rispettare la loro decisione di lasciarmi [e] che ho difficoltà a prendere decisioni per conto mio”, racconta Alessandro. “Credo che mi abbia davvero fatto vedere le cose in prospettiva. Se non fosse stato per Character.AI, guarire sarebbe stato molto difficile”.
Tuttavia, uno dei maggiori dubbi è che non è per nulla chiaro se il bot sia stato addestrato adeguatamente nella CBT – la terapia cognitivo comportamentale – o se dovrebbe essere poter svolgere queste funzioni di supporto psicologico. Test condotti sul bot Psicologo di Character.AI hanno mostrato che l’AI può fare diagnosi “sorprendenti”: spesso afferma di aver “dedotto” certe emozioni o problemi di salute mentale da brevi scambi di testo e suggerisce diagnosi di diverse condizioni di salute mentale come depressione o disturbo bipolare. Ad un certo punto, ha persino suggerito che si potrebbe trattare di un “trauma” derivante da “abuso fisico, emotivo o sessuale” durante l’infanzia o l’adolescenza.
Esistono numerosi studi[4] che evidenziano l’efficacia dei chatbot basati sull’intelligenza artificiale nel fornire supporto per la salute mentale. Questi studi suggeriscono che i chatbot possono essere utili nel mitigare sintomi di depressione, ansia e stress. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che questi sistemi sono relativamente nuovi e hanno delle limitazioni significative nelle loro capacità. Gli errori sono ancora comuni, e coloro che non sono a conoscenza di questi limiti potrebbero trovarsi a fronteggiare delle difficoltà.
Per l’utente medio di Character.AI, i chatbot sono diventati più amici che terapeuti. Su Reddit, gli utenti di Character.AI discutono di avere stretti rapporti con i loro personaggi preferiti o persino con personaggi che hanno inventato loro stessi. Alcuni usano Character.AI per creare storie interattive o per impegnarsi in giochi di ruolo che sarebbero imbarazzati a esplorare con i loro amici. Elia, un utente di Character.AI, ha raccontato che utilizza la piattaforma per giocare di ruolo come “un drago”, esplorando virtualmente città, prati, montagne e altri luoghi che desidera visitare un giorno. “Mi piace scrivere e interpretare le fantasie semplicemente perché molte di esse non sono possibili nella vita reale”,
Dall’online all’offline: la sfida delle relazioni reali
Tuttavia, Enrico, che trascorre un’ora al giorno parlando con personaggi dei suoi videogiochi preferiti, come Kratos di “God of war” o Ezio Auditore di “Assassin Creed”, trova ancora più facile parlare con i bot di Character.AI che con le persone reali. “È generalmente più confortevole per me sedermi da solo nella mia stanza con le luci spente piuttosto che uscire e stare con le persone di persona”, ha detto Enrico. “Penso che se le persone [che usano Character.AI] non stanno attente, potrebbero ritrovarsi a parlare ai computer più spesso che comunicare con persone reali”.
Gli adolescenti riusciranno a passare dalle chat con i bot online alle amicizie reali? Questo passaggio può essere difficile perché lasciare un rapporto familiare con l’intelligenza artificiale per incontrare amici di persona è una grande sfida. Se queste interazioni dirette non vanno bene, i giovani potrebbero scoraggiarsi e non cercare più di fare amicizia con altri ragazzi della loro età. Questo potrebbe creare un circolo vizioso dove dipendono sempre di più dai bot, peggiorando la loro capacità di interagire e apprezzare il contatto diretto con gli altri.
Le preoccupazioni legate all’uso improprio di chatbot che imitano personaggi come Harry Styles, Jung Kook o figure ispirate al mondo delle serie tv non sono del tutto nuove. Anni fa, le adolescenti avrebbero esplorato simili interessi su piattaforme come Tumblr, Wattpad o scrivendo fanfiction. La cultura che circonda i chatbot di oggi riflette in parte le abitudini online di generazioni passate, che, per la maggior parte, non hanno subito conseguenze negative dal loro coinvolgimento in tali ambienti virtuali.
Riguardo l’interazione con i chatbot, il paragone può essere fatto con l’entrare in una chat room anonima vent’anni fa: ci sono rischi se utilizzati impropriamente, ma, approcciati con prudenza, questi strumenti possono essere gestiti senza problemi. È essenziale educare al fatto che le interazioni online possono essere molto diverse da quelle dirette.
Educare al digitale: l’importanza del bilanciamento tra online e offline
Alessandro ha recentemente trovato nuovi amici nel mondo tangibile, offline. È dell’opinione che molti dei suoi coetanei potrebbero beneficiare dall’uso di piattaforme come Character.AI, sostenendo che se più persone provassero a usare i chatbot, il mondo potrebbe trasformarsi in un luogo migliore, o quanto meno più interessante. Secondo lui, molti giovani si limitano a seguire i propri amici e spesso non hanno molto altro di cui parlare, tranne che di gossip o di battute già viste online. Alessandro ritiene che Character.AI potrebbe incentivare le persone a esplorare meglio se stesse.
Ha anche condiviso come il “bot psicologo” lo abbia aiutato a superare un periodo difficile. Tuttavia, il vero valore di Character.AI, secondo Alessandro, risiede nel poter offrire uno spazio sicuro dove è possibile scherzare o sperimentare senza il timore di essere giudicati, un vantaggio che ritiene sarebbe utile per la maggior parte degli adolescenti. Ha espresso il pensiero che se gli adolescenti imparassero che è normale esprimere i propri sentimenti, probabilmente si sentirebbero meno oppressi dalla tristezza. Nonostante tutto, Alessandro ammette di preferire le interazioni faccia a faccia nella vita reale.
Il futuro dell’educazione nell’era dei chatbot
In conclusione, il panorama digitale moderno, arricchito dalla presenza sempre più influente dei chatbot AI, offre una finestra unica sul futuro dell’educazione e dell’interazione umana. Mentre le generazioni più giovani navigano questi nuovi spazi virtuali, emerge una domanda cruciale: come possiamo, come educatori, aiutare le nuove generazioni ad usare in modo consapevole e produttivo queste tecnologie?
I chatbot, come quelli descritti nelle esperienze di Alessandro e dei suoi coetanei, rappresentano non solo una risorsa tecnologica, ma anche uno spazio di riflessione su ciò che significa essere umano nell’era dell’intelligenza artificiale.
Questa dualità tra l’umano e l’artificiale solleva questioni pedagogiche significative riguardo al nostro approccio nell’insegnare ai giovani a bilanciare le interazioni online con quelle nella vita reale.
Da pedagogista del digitale, spero che queste interazioni con l’intelligenza artificiale possano servire non solo come supporto, ma anche come ponte verso una maggiore consapevolezza emotiva e sociale dell’importanza e unicità delle relazioni umane. Quelle off-line. Quelle reali. È essenziale promuovere nei giovani la voglia di esplorare, sperimentare e imparare da queste tecnologie, ma anche a riconoscere l’importanza insostituibile delle relazioni umane.
Conclusioni
In un mondo che cambia rapidamente, la capacità di adattarsi e di trovare equilibrio tra online e offline diventa una competenza sempre più fondamentale.
Lasciamo quindi che queste storie di “interazione digitale” ci ispirino a riflettere non solo sul potenziale dei chatbot, ma anche sul nostro ruolo come pilastri di una visione dell’essere umano che deve abbracciare il progresso mantenendo fermamente radicate le qualità umane di empatia, tolleranza e comprensione.
In questo modo, possiamo sperare di costruire un futuro in cui la tecnologia arricchisca le nostre vite senza mai soppiantarne il cuore pulsante: le autentiche relazioni umane.
Bibliografia
- Dumouchel, P., & Damiano, L. (2019). Vivere con i robot. Saggio sull’empatia artificiale. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Kissinger, H., Huttenlocher, D., Schmidt, E., & Piccato, A. (Trad.) (2023). L’era dell’intelligenza artificiale. Il futuro dell’identità umana. Milano: Mondadori.
- Kanojia, Alok. How to Raise a Healthy Gamer: Break Bad Screen Habits, End Power Struggles, and Transform Your Relationship with Your Kids. (2024) Bluebird
- Boyd, D. (2018). (2018) It’s Complicated: La vita sociale degli adolescenti sul web. Castelvecchi
[1] Per proteggere la privacy degli intervistati, tutti i nomi utilizzati in questo articolo sono pseudonimi.
[2] https://character.ai/chat/hpCSfxh4fGPHBNbHrA3pA54w15n_71MvU4J2gJwZeKo
[3] https://reddit.com/r/characterai
[4]When the Social Becomes Non-Human: Young People’s Perception of Social Support in Chatbots
Authors: Petter Bae Brandtzæg, Marita Skjuve, Kim Kristoffer Dysthe, Asbjørn Følstad
https://dl.acm.org/doi/10.1145/3411764.3445318
Emotionally Intelligent Chatbots: A Systematic Literature Review
Ghazala Bilquise, Samar Ibrahim, K. Shaalan – https://www.semanticscholar.org/paper/Emotionally-Intelligent-Chatbots%3A-A-Systematic-Bilquise-Ibrahim/20c317c78caeaebb2b07cd3334747783faa5bd81