Premessa doverosa, in questo articolo ci saranno spoiler inerenti al gioco. Ghost of Tsushima si svolge durante un evento storico realmente accaduto: l’invasione mongola dell’isola di Tsushima, appunto, nel 1274. A difenderla troviamo tutti i samurai dell’isola, pronti a respingere l’invasore.
La trama di Ghost of Tsushima
Da subito è palese l’abissale diversità di approccio alla guerra dei due schieramenti: samurai valorosi e onorevoli contro barbari selvaggi. Inutile dire che la superiorità numerica, l’uso della polvere esplosiva e lo sprezzo di ogni regola di combattimento porteranno i mongoli a sterminare letteralmente i samurai. Ne resteranno vivi solamente due: Jin Sakai, il protagonista, e suo zio, Lord Shimura. Quest’ultimo, tuttavia, viene preso prigioniero proprio dal comandante dei Mongoli Khotun Khan.
Jin Sakai, invece, viene recuperato, gravemente ferito, da una pila di cadaveri, e messo in salvo da una donna.
Il comandante mongolo, cercando di convincere Lord Shimura a passare dalla sua parte, fa vacillare anche la nostra sicurezza iniziale e iniziamo a rileggere la faccenda in maniera più sfumata. Il Khan rivela la sua ammirazione per la stoicità ed i senso dell’onore del samurai e, al tempo stesso, gli spiega la non praticità di quell’approccio esistenziale.
Strategia versus disciplina
Più o meno letteralmente dirà che mentre il samurai allenava corpo e mente nell’arte della spada, lui studiava la loro lingua, le loro tradizioni e leggende, persino la loro economia, così da sapere quali villaggi bruciare e quali sottomettere, e aggiunge che la sua strategia di guerra si è affinata sul campo di innumerevoli sanguinose battaglie. Abbiamo quindi chiaro che non è un barbaro ignorante in grado di usare solo la violenza, ma uno stratega. È un guerriero che ha semplicemente scelto un’altra via e non per questo è da sottovalutare o sminuire.
La figura di Jin Sakai e la sua evoluzione in Fantasma di Tsushima
Tornando al nostro Jin Sakai lo ritroviamo parzialmente guarito dalle cure di Yuna, la donna che lo ha salvato, non per semplice gentilezza, ma perché sperava che con l’aiuto di un samurai sarebbe riuscita a salvare suo fratello dalle grinfie dei mongoli. Ironia della sorte, Jin deve la sua vita ad una donna che fa la ladra e che in maniera molto decisa farà capire al samurai che non può lanciarsi a testa bassa in ogni scontro. Considerata l’enorme disparità numerica non durerebbe due minuti e inizia ad insegnargli a muoversi nell’ombra per evitare gli scontri inutili.
Il fulcro del gioco
Il fulcro del gioco è tutto qui: lo scopo ultimo è scacciare i mongoli, mentre i passaggi intermedi si riferiscono a recuperare rinforzi, a liberare Lord Shimura e possibilmente a fare arrivare aiuti dal Giappone contattando lo Shogun, ma come può un uomo solo fare tutto questo?
La risposta è semplice, Lord Sakai dovrà fare i conti con tutto ciò che gli è stato insegnato in merito al codice di onore che contraddistingue ogni vero samurai. Inizia, dunque, a scendere a compromessi. Non solo si muove nell’ombra, ma incomincia pure a utilizzare armi meno onorevoli per la cultura giapponese, quali i Kunai, le bombe adesive, i fumogeni e persino dardi avvelenati. Inoltre arriva addirittura ad attirare il nemico con l’inganno, facendolo andare dietro a un edificio per assassinarlo di sorpresa.
Tutto questo sembra più il modo di agire di un Ninja che non quello di un valoroso samurai, ma proprio qui il dissidio interiore del protagonista si farà vivido: fino a che punto il fine giustifica i mezzi? In un percorso interiore non semplice, spinto anche da una donna, Yuna, che è molto pratica e diretta nell’affrontare le situazioni, Jin arriverà lentamente ad abbracciare la sua nuova immagine, il “Fantasma di Tsushima” cioè il samurai che agisce nell’ombra e sgomina e massacra gli invasori. Jin lo accetta non senza fatica sapendo che ci sarà un prezzo da pagare e non solo morale: dovrà infatti risponderne davanti allo Shogun. Tuttavia di questo se ne occuperà una volta liberata l’isola.
Anche i samurai hanno i loro demoni
Sebbene nell’immaginario occidentale, e anche in quello orientale, il samurai è integerrimo, leale e onorevole e segue i dettami del Bushido (via del guerriero), concetti a cui in realtà si rifà anche la Yakuza, la mafia giapponese, nella realtà dei fatti sono esistiti sia samurai esemplari sia samurai meno onorevoli (anche perché il Bushido è stato codificato solo a metà del 1600).
Il celeberrimo Miyamoto Musashi, ad esempio, vinse tantissimi duelli ma, a quanto pare, barando: arrivava appositamente in ritardo per innervosire l’avversario o truccava le armi per avere la meglio nelle sfide. Il suo inganno più famoso fu quello che gli permise di uccidere l’avversario con un singolo colpo di Bokken (bastone). Peccato che, oltre ad essere giunto in ritardo sull’isola scelta per risolvere il duello, si presentò con un Bokken che intagliò volutamente più lungo del normale. Scendendo dalla barca che lo aveva portato all’isola, nascose la lunghezza del bastone immergendone la sommità nell’acqua. Ciò gli permise di cogliere di sorpresa l’avversario che soccombette sotto il primo colpo.
Tornando al videogioco, anche uno degli alleati di Jin Sakai, Sensei Ishikawa, ritiratosi a vita privata, dirà più di una volta di non biasimare le scelte del protagonista, lasciando intendere che ognuno ha i suoi demoni e le sue debolezze. La stessa Lady Masako, benché sia una nobile guerriera, appare divorata da un desiderio di vendetta personale che le farà mettere da parte buon senso e onore senza troppi ripensamenti.
L’ambientazione e l’atmosfera del gioco
Il gioco è molto “giapponese” non solo per gli splendidi ambienti in cui ci si muove ma per le atmosfere tipicamente nipponiche che fa respirare: le Onsen (terme giapponesi) da visitare per ristorare corpo e mente, i templi da raggiungere per una preghiera, scorci particolarmente suggestivi in cui fermarsi a comporre un Haiku, poesia giapponese composta da 3 versi e non più di 17 sillabe, normalmente con lo schema 5/7/5 ma può variare. In ogni momento, poi, il nostro protagonista può estrarre il flauto e suonare contemplando il paesaggio.
Gli sviluppatori hanno lavorato tanto sulla fotografia, caricando di colori evocativi l’intera isola: enormi alberi di ciliegio in fiore i cui petali si staccano e lievemente cadono al suolo rendendo tutto rosa, oppure le tinte dell’autunno volutamente molto sature. Inoltre si può notare come tutto scolorisca mano a mano che ci si spinge verso nord, dove si trova il Khan.
Tutto appare grigio, la terra nera e i villaggi bruciati. Questa ricerca della fotografia trova la massima espressione se si decide di giocare con il “Filtro Kurosawa” (dal noto regista Akira Kurosawa) che tinge tutto in bianco e nero, aggiungendo un filtro che simula la pellicola rovinata. È molto più di un vezzo: i duelli e le scene narrative sono spesso girate strizzando l’occhio ai film del grande regista, attraverso inquadrature cinematografiche, primi piani degli occhi dei duellanti, movimenti quasi teatrali, eccetera.
Le figure femminili in Ghost of Tsushima
Nel gioco incontreremo anche alcune figure femminili molto forti, dalla semplice locandiera che non vuole sottomettersi agli invasori, alla proprietaria di una distilleria che non smette di lavorare perché è tutto quello che ha. Ma troveremo anche donne che combattono, Yuna, ad esempio. Quest’ultima, sebbene prediliga muoversi nell’ombra, quando si tratta di estrarre la katana si rivela un’avversaria da non sottovalutare.
Lady Masako, poi, vedova di un samurai, è a sua volta un’abile combattente. L’allieva di Sensei Ishikawa è un’arciera formidabile. Anche Jin incontrerà una ragazza che, vivendo in uno sperduto villaggio, aveva deciso di impugnare la spada perché non c’erano più uomini a difenderlo. Non si tratta di una mera manovra per la parità dei sessi. In Giappone esistevano realmente donne guerriere di questo genere. Erano chiamate Onna Bugeisha (artista marziale femminile). Queste donne eccezionali venivano addestrate alle armi esattamente come gli uomini e, sebbene lo scopo principale fosse la difesa della dimora in caso di assenza degli uomini, molte di esse partecipavano anche alle battaglie e non solo, alcune arrivarono ad essere famose come e persino di più dei grandi samurai, grazie alle loro doti con la spada.
Hoojoo Masako fu reggente dello shogunato di Kamakura e Nanako Takeko armata di Naginata (una specie di lancia corta ma con una lunga lama leggermente ricurva alla sommità) uccise moltissimi uomini in battaglia e quando cadde colpita da un colpo di arma da fuoco, prima di morire chiese alla sorella di decapitarla e portare via la testa, affinché non diventasse un trofeo per il nemico.
Conclusioni
In linea di massima possiamo concludere dicendo che Ghost of Tsushima è una gran bell’opera, in perenne bilico tra il Giappone storico e reale e quello cinematografico dei film di genere, tra la cruda realtà della guerra e il misticismo degli spiriti e del folklore. Ciò che riassume ottimamente questo concetto è il vento. Esso è protagonista silenzioso. Possiamo, infatti, sfiorando il pad, attivare una folata di vento che indicherà al protagonista la direzione da prendere per raggiungere la sua meta attuale, ed è di nuovo il vento che aiuterà a liberare l’isola dagli invasori assumendo la forma di un tempesta che affonderà le navi ed è qui che il “Vento Divino” (kamikaze) s’intreccia nuovamente con la realtà, richiamando il fatto storico di una tempesta che distrusse gran parte della flotta mongola.
Nonostante alcuni difetti, il gioco, nel complesso, si merita il successo che ha avuto e che continua a confermare, e non solo in occidente. Anche in Giappone le vendite hanno superato le aspettative degli sviluppatori, segno che la Sucker Punch Productions ha perfettamente colpito nel segno catturando persino un popolo in genere diffidente e geloso che le produzioni straniere osino “mettere mano” alla loro cultura e storia.