Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Un orologio tondo. Da collezione. Venerato. Vetrinato. Cristallato.
“Bello, vero?” inorgoglì la signora Helema.
“Impareggiabile” stralunò Garjan.
“Lo prende?”
“No, mi basta contemplarlo… per qualche secondo… se permette…”
“Prego… non voglio offenderla, ma certo… ci vogliono molti, molti… soldi per un pezzo del genere… pur in co-proprietà…”
“Già…”
“È degli anni Venti del Ventesimo secolo, oltre quattro secoli… mi capisce?! Impossibile comprarlo…”
“Magari rubarlo…”
“Ma i ladri non esistono più… da un paio di secoli… con le memorie connesse!”
“Già…”
“Agenti c’è un assembramento in crescita in centro, città vecchia! Zona dei collezionisti.”
“E noi che c’entriamo comandate?… non siamo agenti di consolazione pubblica!”
“Di fronte all’assembramento c’è un negozietto e dentro al negozietto c’è una strana densità di memorie connesse… e questo ci interessa! E molto!”
Gli agenti erano in bicicletta. Tutti. Avevano lasciato il bus rosso. A sonnecchiare. Nella piazza del Museo Minore. Le luci s’accendevano. I vicoli s’apprestavano. La sera si addobbava. La notte impazientava. Le voci addensavano. Gli occhi attendevano. I piedi affreddavano. Le mani tascavano.
“Anche questi gemelli sono meravigliosi, vero signora?”
“Diamanti purissimi… ma, mi scusi ancora per la mia sfacciataggine, ma lei, lei la camicia coi polsini per gemelli ce l’avrebbe? Si usa ormai solo in pochissime cerimonie ufficiali, quasi tutte storiche… Sono l’unica che li fornisce in città…” Helema si appoggiava al bastone. Non per necessità. Per nobiltà. Residua.
“È stato bello guardare… ammirare… ma non mi posso permettere nulla… neppure un ciondolino di pietra dura… La ringrazio comunque… è stata molto gentile… la saluto…”
Helema affondò nei suoi occhi d’ambra.
Garjan uscì. Si arrestò. Sulla soglia. La piazzetta ingiallita. Il tramonto a dipingere. Le vetrine accorate. La gente adorante. Anche alle finestre. Sui tetti piatti. Protesa. Distesa. Attesa.
Garjan alzò le braccia. Abbracciò il cielo. Il polso inneggiava l’orologio tondo. Brillava l’oro della sua antichità. E due diamanti giganti. Per ogni gemello ai suoi polsini. Urlavano di lampi.
La folla immensa applaudiva l’immenso artista. Genio assoluto. Interprete sublime. Funambolo unico. Magnifico solista. La folla stradava. Idolatrava. Inneggiava. Abbarbicava. Strepitava. Mobbava.
Lo stuolo murava gli agenti della Memory Squad 11. “Sono tutti pazzi per quel tale!” straniava la comandante Akila Khaspros. “Dobbiamo aspettare! Si stancheranno di urlare e applaudire… e se ne andranno… tanto il negozietto non chiude mai…”
“Che ha fatto?” mi chiese.
“Ha splendidamente rubato in quella gioielleria.”
(116 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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