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Google senza cookie? Ma per la privacy bisogna restituire controllo agli utenti

Google spinge per passare da un modello pubblicitario basato sul tracciamento a uno basato sulla profilazione che sfrutta l’analisi del comportamento dell’utente. Ma l’obiettivo dovrebbe essere consentire all’utente di riprendersi in mano la vita digitale, proteggendosi da analisi e manipolazioni comportamentali

Pubblicato il 04 Mar 2021

Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Stefano Quintarelli

Imprenditore digitale, già parlamentare e ideatore di Spid nel 2012

Che sta facendo Google con la pubblicità? Un passo confermato ieri, parziale, per passare da un modello basato sul tracciamento a uno basato sulla profilazione che sfrutta l’analisi del comportamento dell’utente.

Sempre di profilazione si tratta. E nessuna garanzia in più per la privacy, come giustamente scrive l’EFF.

La modifica di Google

In pratica, abbandonando nel corso del 2022 i cookie di terze parti, smetterà di tracciare la navigazione dell’utente su siti diversi. Invece, li inserisce in coorti – gruppi profilati – grazie a dati analizzati localmente, sulle macchine dell’utente.

In pratica la macchina dell’utente stessa farà il suo profilo – invece di quelle di Google – e glielo comunicherà. A Google del resto non interessa tracciarti, ma profilarti. E questo resta saldo.

I problemi privacy restano

Diverso sarebbe se gli utenti potessero gestire con grana fila le informazioni di profilo che vengono trasmesse; gestire se dare o no il proprio profilo a Google.

  • Questo è il primo problema: Google conoscerà le nostre abitudini.
  • L’altro problema è che nel nuovo sistema tanti soggetti potrebbero stabilire un collegamento tra le identità delle persone e il loro profilo, ad esempio offrendo log -in by Google.

Big tech, troppo potere: tutte le proposte per risolvere il dilemma del decennio

Un’ulteriore criticità della proposta di Google riguarda il possibile assetto competitivo del mercato della pubblicità online. Google possiede decine di brevetti che riguardano il “Federated Learning”, che è il meccanismo alla base della proposta FLOC, ed il suo uso.

Se non indirizzato, il tema della proprietà intellettuale su un ambiente che dovrebbe essere destinato ad essere la base del nuovo meccanismo di pubblicità online, potrebbe avere effetti anticompetitivi notevoli.

Ha ragione EFF: la nuova tecnologia eviterà i rischi per la privacy dei cookie di terze parti, ma ne creerà di nuovi. “Può anche esacerbare molti dei peggiori problemi di non-privacy con gli annunci comportamentali, compresa la discriminazione e il targeting predatorio”, scrive EFF.

Bene che si abbandoni l’era del cookie di terze parti, “forse il più grande errore del web”, dice EFF.

Ma davanti a noi ci sono due scenari possibili. Se Google potrà continuare indisturbata su questo percorso, il nostro comportamento sarà profilato, in modo invisibile e “intelligente” e forse ancora più subdolo rispetto ai cookie, su cui almeno gli utenti esperti un qualche controllo potevano tenere.

L’altro scenario è l’abbandono di ogni forma di profilazione pubblicitaria che comunque permette analisi, controllo e manipolazione delle nostre abitudini, restituendo finalmente il controllo all’utente.

Che è alla fine la direzione verso cui sta spingendo l’Unione europea.

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