L’educazione alla cittadinanza digitale deve riguardare tutte le generazioni, poiché ognuna di essa si approccia in modo diverso alla comunicazione e all’utilizzo delle tecnologie. La scuola, in tal senso, inizia a svolgere un ruolo di primo piano, grazie a specifici progetti educativi che insegnino a confrontarsi costruttivamente con tutte le forme offerte dalla Rete, ma poco può fare contro gli “smombies”, ossia quelle persone (ognuno di noi a un certo punto lo è stato) che camminano per strada immersi nel loro dispositivo, senza curarsi degli altri.
Diventa fondamentale studiare le caratteristiche peculiari delle differenti generazioni, tenendo bene in mente, però, che il concetto stesso di generazione ha acquisito un significato diverso dall’avvento del web, tanto che è ormai divenuta riduttiva la semplice e netta divisione tra migranti digitali e nativi digitali.
Generazioni a confronto
La prima generazione che gli istituti di statistica considerano è quella detta della ricostruzione o silent generation, costituita dai nati dal 1926 al 1945. Essa si è avvicinata al digitale per allacciare relazioni sociali e combattere la solitudine, ma soprattutto per restare in “contatto” con figli e nipoti attraverso le loro forme di comunicazione; per tale motivo, circa il 15% è iscritto a Facebook e il 7% si collega a Youtube.
Segue la generazione dei Baby Boomers, nati dal 1946 al 1964, caratterizzata dall’ottimismo del dopoguerra; per loro Facebook è il social preferito, mentre non si sentono avvezzi a social più “moderni” come Instagram, Snapchat, per non parlare di TikTok.
La X Generation, che l’Istat chiama anche di Transizione, che va dal 1965 al 1980, ha vissuto per intero lo sviluppo e la diffusione dei PC e ritiene fondamentale l’utilizzo della tecnologia per poter comunicare (Facebook in testa, seguito a distanza da Instagram).
La generazione dei Millennials o Y Generation, che va dal 1981 al 1996, è costituita da coloro che pur essendo nati praticamente “analogici”, hanno poi tranquillamente familiarizzato con le nuove tecnologie e la rete. Sono abituati a usare contemporaneamente più media e per questo le loro comunicazioni si caratterizzano per essere brevi e spesso creative. Si caratterizzano inoltre per un utilizzo massiccio di piattaforme streaming, come Netflix.
Ultimamente, a scavalco tra la Generazione X e i Milllennials è stata definita una generazione ibrida e compatta, gli Xennial, che comprende i nati tra il 1977 e il 1983. Il motivo di questa estrapolazione è che essi sono passati dall’utilizzo dei telefoni fissi, della TV, delle cartoline vacanziere al mondo social in piena gioventù. Si sono adattati al cambiamento in maniera impressionante tanto da essere padroni di ogni aspetto del web.
Alla Z Generation, o NET Generation, appartengono i nati dal 1997 al 2010, quindi la prima generazione nativa digitale, il cui iter formativo e soprattutto sociale è fortemente legato a Internet, alla tecnologia mobile e ai social media, ma non tutti: Facebook e Twitter sono alquanto snobbati, al contrario di Instagram e, ultimamente, TikTok.
L’ultima generazione è la Generazione Alpha o Next Generation, rappresentata dai nati dopo il 2010: sono in pratica i bambini di oggi, nati nella tecnologia, con innate capacità di problem solving e multitasking, anche grazie al modello formativo web 2.0 fornito dallo stile genitoriale. Sono bravi a usare un tablet o un qualsiasi device prima ancora di saper scrivere, a volte imparano il concetto di condivisione prima della parola.
Chi sono gli smombies e a quale generazione appartengono?
Quando la maestra, i genitori o gli amici vedevano qualcuno distratto o perso nei pensieri, era quasi d’obbligo la famosa affermazione: hai la testa tra le nuvole oppure ti sei perso tra le nuvole.
A distanza di qualche lustro, se alla parola nuvola si sostituisce la sua traduzione inglese cloud, si può tranquillamente affermare che, in fondo, si è modificato tutto ma non è cambiato quasi nulla.
A chi non è mai capitato di imbattersi in uno smartphone walking? Immerso non nei pensieri, ma nello schermo dello smartphone tra un flip, uno swipe o un tap, dimenticando totalmente di essere inserito in un contesto sociale in cui potrebbe creare intralcio o creare danni a se stesso: camminando lungo un marciapiede, attraversando la strada o salendo su un mezzo di trasporto pubblico.
Ma potrebbe essere successo anche a uno di noi di rischiare la propria incolumità, intento a mettere un like, postare un’immagine, leggere un tweet?
In altre parole, ognuno di noi può essere almeno una volta uno smombie, unione delle parole zombie e smartphone, termine acquisito dal linguaggio giovanile tedesco.
Per non parlare del cosiddetto text-and-drive, ovvero la pessima abitudine di mandare messaggi o armeggiare col telefono mentre si è alla guida.
Il fenomeno è dilagante in ogni nazione, ed è causa di numerosi incidenti; per tale motivo è naturale che si corra ai ripari per limitare i rischi, a volte anche in modo fantasioso.
In una cittadina dell’Olanda si è sperimentato un particolare semaforo che proietta anche a terra la luce verde, arancione o rossa; a Bolzano, nelle zone pedonali, i pali della luce sono stati ricoperti, ad altezza d’uomo, da cuscini color fucsia; in Belgio e in Cina hanno pensato di attivare le texting walking line, corsie riservate segnalate a terra da appositi simboli, in Corea del Sud, il Garante per le telecomunicazioni ha reso obbligatoria una funzionalità che inibisce l’uso dello smartphone quando il suo proprietario cammina per più di cinque passi; in altre nazioni si è pensato alla repressione mediante multe anche salate.
Ma a quale generazione appartengono gli smombies?
Naturalmente i più monitorati sono i giovanissimi e i giovani (Z Generation e Millennials), ma i più pericolosi sono i nati prima degli anni ’80 (X Generation e Baby Boomer).
Il motivo è molto semplice: la Z Generation è nata multitasking, i Millennials non hanno avuto difficoltà a diventarlo; la velocità con cui utilizzano i device è tale da poter “alzare lo sguardo” quanto basta. E poi, come ribadito in precedenza, la scuola ha cercato fin dagli anni 2000 di inculcare alcune regole di “cittadinanza digitale”.
Il vero problema sono gli altri, i monotasking, gli immigrati digitali che, pur cercando di essere al passo con la tecnologia rappresentano, con i loro tempi dilatati di utilizzo dello smartphone, la criticità dello smartphone walking, essendo tra l’altro fuori da ogni programma di formazione e di integrazione digitale.
Non a caso, gran parte delle foto e dei video che girano in rete sugli smombies riguardano essenzialmente loro, i Baby Boomers o gli X Generation.