etica delle piattaforme

Guerra, così le big tech sono costrette a una svolta morale

Anche le Big Tech sono entrate nello scenario di guerra con misure contro l’invasione russa e hanno subito pressioni dai paesi occidentali per chiudere molti account. Il dilemma etico è sempre tra libertà di parola e tutela dei diritti umani

Pubblicato il 08 Mar 2022

Norberto Patrignani

Politecnico di Torino

Stop_War

Le grandi piattaforme del mondo digitale si trovano di fronte a uno scenario di guerra che pone, anche a loro, grandi interrogativi ineludibili.

Quali misure prendere nei confronti di paesi che compiono atti di guerra? Quali persone specifiche bandire dall’accesso ai servizi online?

Tutto questo proprio nella fase storica in cui l’Europa e molti altri Stati iniziavano a parlare della necessità di introdurre delle norme per limitare il potere delle stesse Big Tech.

D’altra parte, quando i paesi entrano in guerra, i primi obiettivi sono proprio le piattaforme online, in particolare il controllo dei social media come ha fatto in questi giorni l’agenzia russa che regola le comunicazioni Roskomnadzor.

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La responsabilità delle big tech nell’ascesa di Putin e Russia

Le big tech, come pure riflette un recente articolo del Financial Times, hanno giocato un ruolo di primo piano nel periodo precedente la guerra per dieci anni e favore dell’agenda russa e di Putin in particolare. I social hanno aiutato la televisione di Stato RT e il suo canale video Ruptly. Su YouTube, RT si vantava di miliardi di spettatori, significativamente più che attraverso la TV. Ruptly è stata la “agenzia di notizie” più vista su YouTube nel 2020.

Di contro le compagnie di social media abbiano dato al popolo russo accesso all’informazione e così contribuito a costruire il dissenso alla guerra che ora si vede tra i giovani a Mosca e San Pietroburgo. Ma questa non è un’attenuante. Le piattaforme social sono comunque responsabili di ogni falsità e ideologia che propagano in nome della viralità che alimenta il loro modello di business.

La svolta morale

La guerra in Ucraina ha rafforzato la spinta delle aziende a cambiare il loro comportamento verso la Russia.

  • Le sanzioni dell’UE vietano RT e altri media di Stato. I social si sono allineati. Facebook e Twitter per vendetta di Putin sono stati bloccati in Russia.
  • Google ha temporaneamente disabilitato gli aggiornamenti in diretta del traffico nella sua funzione di mappe, per evitare di rivelare i movimenti delle truppe.
  • Attraverso i servizi satellitari commerciali di aziende come Maxar e Cognitive Space, le immagini potrebbero essere accessibili per corroborare gli eventi a terra.
  • BackSky ha dichiarato che sarebbe “al fianco del coraggioso popolo dell’Ucraina” e Elon Musk di Tesla ha risposto a un tweet del vice primo ministro ucraino chiedendo che il servizio internet Starlink fosse reso disponibile in quanto la connettività è stata interrotta.

La sempre più evidente convergenza tra mondo online e offline

Il peso delle big tech è indubbio, anche se non sono impattate più pesantemente dalle sanzioni come le banche. I leader degli stati baltici hanno scritto a YouTube, Google, Twitter e Facebook chiedendo alle piattaforme di demonetizzare gli account dei media statali, e di non permettere agli account di glorificare i crimini contro l’umanità. “Il fatto che sia necessario un appello politico per spingere le aziende a prendere una posizione contro la glorificazione della guerra e dei presunti crimini di guerra è devastante”, scrive sul FT Marietje Schaake, international policy director at Stanford University’s Cyber Policy Center.

La convergenza tra mondo digitale e mondo reale (il famoso onlife) è sempre più evidente: già la notte prima dell’invasione dell’Ucraina, il 26 Febbraio 2022, le sue infrastrutture digitali erano state attaccate, in particolare il Ministero degli Interni ucraino. Questo conferma ancora una volta l’importanza della sicurezza informatica a tutti i livelli.

Purtroppo, tutte le voci che segnalavano i rischi enormi legati all’uso delle tecnologie digitali in ambito militare non hanno trovato ascolto: ormai tutti i diversi scenari di guerra (mare, terra, aria, spazio e ciberspazio) sono basati su reti di computer.

Quando però si inizia a parlare di prepararsi all’uso di armi nucleari, con conseguenze inimmaginabili per l’umanità e il pianeta, i rischi introdotti dal digitale diventano inaccettabili (Unal, 2021). Infatti, le probabilità di incidenti crescono esponenzialmente a causa di possibili eventi scatenanti legati all’interconnessione di migliaia di server, alle vulnerabilità inevitabili del software, alla complessità dei sistemi che controllano i silos missilistici (agendadigitale.eu, 25 Giugno, 2021). Questi attacchi provengono spesso da stati o gruppi sponsorizzati dagli stati stessi e fanno emergere domande difficili: quando un attacco informatico deve essere considerato un “atto di guerra”? A chi e come va attribuito? Quali sono le risposte e le difese possibili?

L’enorme impatto sociale dei servizi online

Un rischio ancora più insidioso è legato all’enorme impatto sociale che hanno i servizi online quando diventano veicolo di disinformazione, di falsi allarmi, di propaganda.

Si pensi ai potenti strumenti di controllo e sorveglianza tramite la rete sviluppati nella Russia attuale (Soldatov, Borogan, 2015) come pure all’enorme impatto che hanno i social media in Occidente: ad esempio, il 31% di tutti gli statunitensi crede ancora a Trump quando dice che Biden “ha vinto perché le elezioni sono state truccate” (PRRI, 2021).

Da quando i dati e l’informazione sono diventati merce, invece che accesso alla conoscenza, si moltiplicano in rete esempi di abusi. Anche la guerra in Ucraina ha scatenano molti criminali che approfittano del momento per lanciare false raccolte fondi, improbabili giornalisti “sul campo” che attraggono utenti della rete sui loro siti, diventando degli “hub” che tornano utili per rivendere pubblicità online e poi in seguito usare queste comunità artificiali per altri scopi. Il “mindshare” delle persone, risorsa sempre più scarsa online, da strumento marketing diventa terreno di guerra vera e propria. I dati dei “follower” vengono venduti come merce sul mercato dei dati, fino ad arrivare ai siti che permettono di scambiare direttamente denaro e quindi il “click” equivale a “donare” denaro ai truffatori online, il “like” diventa transazione.

Quali strumenti etici e legali per proteggere la società dalla disinformazione

Ormai è tempo di discutere a livello internazionale (includendo i governi, le Big Tech, le persone esperte del mondo accademico e del giornalismo, le organizzazioni per i diritti civili, esperti di diritto internazionale) per costruire strumenti cooperativi per identificare e implementare strumenti etici e legali per proteggere la società dalla misinformazione e dalla disinformazione.

La misinformazione (informazione falsa e fuorviante, creata e diffusa senza l’esplicita intenzione di ingannare, purtroppo percepita e ritrasmessa come fosse vera) e la disinformazione (informazione falsa, diffusa con l’esplicita intenzione di ingannare le persone, polarizzare l’opinione in gruppi incomunicanti, senza vie intermedie, fino alle conseguenze estreme) sono ormai diventate vere e proprie “armi” con effetti devastanti nell’opinione pubblica e nella società, la loro miscela crea il cosiddetto caos epistemologico (Zuboff, 2019). Esattamente il contrario del metodo scientifico.

Quando le Big Tech sono entrate nello scenario della guerra hanno subito preso misure per schierarsi contro l’invasione russa ma nello stesso tempo hanno subito molte pressioni anche da paesi occidentali per chiudere molti account. D’altra parte, si pone immediatamente il dilemma etico tra libertà di parola e tutela dei diritti umani.

Quelle che venivano presentate come neutre bacheche elettroniche, sono state finalmente disvelate per quello che sono: immense concentrazioni di potere digitale sulla società, in grado di orientare (a pagamento) miliardi di persone, fino ad influenzare in modo drammatico l’opinione pubblica e le scelte politiche.

La Russia, ad esempio, è il più grande bacino di utenti Internet in Europa con oltre cento milioni di utenti, ma i servizi online come i social network VKontakte e Odnoklassniki o il motore di ricerca Yandex (Michailova, 2003; Gritsenko e al., 2021) sono strettamente regolamentati dalle autorità russe. D’altra parte, è ormai noto il ruolo svolto dai social network nelle diverse elezioni presidenziali negli USA, come pure nell’assalto al Congresso il 6 Gennaio 2021 a Washington.

Conclusioni

La discesa in campo delle Big Tech in questi drammatici giorni dell’invasione dell’Ucraina ha ancora una volta fatto emergere l’immenso potere nelle loro mani, in un mondo digitale dove solo mercato e tecnologia dominano incontrastati da decenni. Diventa ancora più urgente reintrodurre i due dominii dimenticati negli ultimi anni: la società che si dota di norme condivise e l’educazione, la crescita culturale.

Essendo temi globali dovranno essere portati su tavoli internazionali, ormai sempre più necessari per affrontare le sfide dell’Antropocene (emergenza climatica, pandemie, migrazioni “bibliche”) e per fermare e prevenire le guerre.

Con quale “bussola morale” andrebbero regolamentate le Big Tech? I diritti umani e le leggi internazionali sono sempre stati gli strumenti fondamentali per trovare vie d’uscita quando l’umanità si è infilata in vicoli ciechi. Strumenti che devono aiutarci a costruire un mondo multipolare, basato sulla cooperazione (e non sulla competizione), individuando azioni contro i dittatori, non contro i popoli.

Leggi il nostro Speciale sulla Guerra in Ucraina

Bibliografia

– Agendadigitale.eu (2021, 25 Giugno). Patrignani, N., Fermiamo la cyber-war, prima che sia troppo tardi: la soglia da non attraversare. agendadigitale.eu

– BAS (2022, 20 Gennaio). At doom’s doorstep: It is 100 seconds to midnight. Bulletin of Atomic Scientists. https://thebulletin.org/doomsday-clock/current-time/

– Bloomberg (2022, 26 Febbraio). Hackers Destroyed Data at Key Ukraine Agency Before Invasion. https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-02-26/hackers-destroyed-data-at-key-ukraine-agency-before-invasion

Gritsenko, D., Wijermars, M., Kopotev, M. (eds) (2021). The Palgrave Handbook of Digital Russia Studies, Springer Nature.

– Michailova, S., Worm, V. (2003). Personal Networking in Russia and China. European Management Journal, Volume 21, Issue 4.

– PRRI (2021). America Values Survey. prri.org

– Soldatov, A., Borogan, I. (2015). The Red Web. PublicAffairs

– Unal, B. (2021). Strategic Stability and Cyber and Space Dependency in Nuclear Assets. Chatham House (UK)

– Zuboff, S. (2019). Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri. Luiss University Press.

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