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Guerra Hamas-Israele, ecco il peso delle fake news social



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Video e foto fake per confondere l’opinione pubblica, account creati appositamente per diffondere informazioni errate e propaganda: anche nel contesto del conflitto tra Israele e Hamas sui social network dilaga la disinformazione. Ecco come non cadere in trappola

Pubblicato il 13 ott 2023

Laura Teodonno

Senior Osint & Security Analyst, Hermes Bay

Maria Beatrice Versaci

Analyst, Hermes Bay



fake news guerra

Nel contesto della recente riaccensione delle ostilità tra Israele e Hamas, provocate dall’attacco improvviso sferrato da Gaza il 7 ottobre, l’importanza di ottenere informazioni accurate e attendibili si fa sempre più evidente. Mentre il conflitto si intensifica, l’accesso a notizie affidabili diventa cruciale per comprendere gli sviluppi dello scontro e le implicazioni globali.

Tuttavia, in questo clima di tensione, si sta assistendo anche a una diffusione preoccupante di notizie false e manipolate, accompagnate da immagini di precedenti conflitti presentate come attuali e materiale proveniente da videogiochi iperrealistici, che rendono ancora più complesso distinguere la realtà dalla disinformazione.

Fake news e social network

Grazie alla loro struttura, i social network si sono trasformati in veri e propri atomizzatori delle notizie, capaci di rendere qualsiasi contenuto virale in poco tempo. Negli anni sono stati manipolati ad hoc per creare delle condizioni favorevoli alla diffusione dell’informazione “orientata”, costruita cioè con lo scopo preciso di fornire una visione della realtà adattata alle proprie esigenze.

I canali di diffusione di questi contenuti sono diversi e vanno dai comuni user ai gruppi che, nati per influenzare l’opinione pubblica, si avvalgono persino di reti Bot, software sviluppati per generare automaticamente un elevato numero di messaggi al fine sia di supportare le campagne di disinformazione che di incrementare l’influenza e la credibilità di profili social falsi.

Non va infine sottovalutata la condivisone “involontaria” quella, cioè di utenti, che senza aver condotto un’opportuna verifica, diffondono la notizia agendo come i nodi principali della propagazione e badandosi solo sulla fiducia riposta nella propria rete di contatti. Molte delle notizie divulgate sono poi correlate da video o immagini che vengono caricati proprio per distogliere l’attenzione dal contenuto di un post o di un tweet, considerando che i lettori sono di fatto meno critici di fronte a video e immagini e tendono di rado a porli in discussione.

Le fake news sul conflitto fra Israele e Hamas inondano X

Esemplificativo il caso di X (ex Twitter) che negli ultimi giorni è stato inondato di fake news sul conflitto fra Israele e Hamas contribuendo ad alimentare una campagna di disinformazione senza precedenti per la velocità di diffusione. Nella serata di domenica 8 ottobre, Elon Musk aveva raccomandato di seguire in particolare due account per avere notizie in tempo reale, chiedendo inoltre agli utenti di suggerire delle opzioni di canali che trasmettessero direttamente dal posto: “For following the war in real-time, @WarMonitors and @sentdefender are good. It is also worth following direct sources on the ground. Please add interesting options in the replies below.” Entrambi gli account sono noti nel mondo social, WarMonitors per la sua storia di commenti antisemiti e sentdefender per postare regolarmente contenuti non verificabili.

A maggio del 2023, inoltre, questi stessi profili avevano fatto circolare la notizia di un’esplosione vicino alla Casa Bianca, bufala in seguito smentita, ma che ha causato un crollo temporaneo della borsa statunitense.

Secondo gli analisti di Cyabra, società israeliana specializzata nell’analisi delle interazioni online e nell’identificazione di profili fake, degli account impegnati nelle conversazioni sugli attacchi di Hamas uno su cinque sarebbe falso. Stando ai dati raccolti, infatti, sono stati identificati circa 30.000 profili fake impegnati in una vera campagna di disinformazione pro- Hamas. Molti di questi sono Bot.

Video e foto fake per confondere l’opinione pubblica

La public audience è stata quindi vittima di una strategia di comunicazione persuasiva ed efficace che si è servita di immagini falsificate, come quella di Cristiano Ronaldo con la bandiera palestinese (si tratterebbe invece del calciatore Marocchino Jawad El Yamiq in un’immagine del 2022), di video presi da videogiochi e spacciati per filmati di attacchi di Hamas e di altri filmati risalenti a conflitti degli anni passati come quello della guerra in Siria del 2020.

Tra di esse, ad esempio, è diventato virale un video la cui didascalia fa riferimento a un militante di Hamas che colpisce con un’arma a spalla un elicottero israeliano, ma proveniente in realtà dal videogioco Arma III. Un altro profilo avrebbe diffuso, invece, la notizia per cui Israele avrebbe autorizzato un attacco nucleare contro la Striscia di Gaza.

Account creati per diffondere informazioni errate

Sulla piattaforma sono stati individuati, inoltre, una serie di account che sembrano stati creati appositamente per diffondere informazioni errate, come quella di una presunta malattia del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, diffusa dal profilo – ora sospeso – “@Jerusalam_Post”, che ricalcava l’account della testata israeliana “The Jerusalem Post” (@Jerusalem_Post).

Sempre su X, secondo il Times, è stato individuato un video di bambini in gabbie, descritti come ostaggi israeliani di Hamas. Le origini del filmato non sono chiare: settimane fa è stato condiviso su TikTok, ma versioni datate del video sono state reperite su YouTube e Instagram. Ognuna di esse attribuiva il filmato a un luogo diverso, come Afghanistan, Siria o Yemen.

Diverso materiale, secondo quanto affermato da un – anonimo – esponente di Hamas intervistato dal New York Times, che ha dichiarato di essere stato responsabile della creazione di contenuti sui social per l’organizzazione, sarebbe stato pubblicato dallo stesso gruppo estremista allo scopo di diffondere la propria narrazione, terrorizzare i civili e ottenere sostegno dai propri alleati, sfruttando la mancanza di moderazione dei contenuti su alcuni siti di social media, in particolare X e Telegram, che non effettua controlli sulle informazioni che vi vengono condivise.

I precedenti di Daesh e Al Qaeda

Questa strategia è stata utilizzata, a suo tempo, anche da gruppi come Daesh e Al Qaeda, che hanno approfittato delle regole allora meno stringenti sui social per diffondere la loro propaganda e reclutare nuovi affiliati. Alla stessa maniera, questo modus operandi è stato seguito anche nel conflitto russo-ucraino dove all’ingaggio tradizionale sul campo di battaglia è corrisposta una vera e propria guerra dell’informazione.

Fake news su X, le colpe della gestione Musk

Ma seppur si tratta di una pratica nota, divenuta famosa grazie ad eventi di grande attenzione mediatica come le elezioni presidenziali statunitensi, il conflitto fra Mosca e Kiev e la pandemia da Covid 19, quanto sta accadendo intorno ai fatti di Israele rappresenta una novità. Si ritiene infatti che la gran parte della velocissima proliferazione delle fake news sia dovuta alle nuove modalità con le quali Musk ha deciso di gestire X. Dal licenziamento di gran parte dei dipendenti impegnati nel contrasto della disinformazione alla possibilità di acquistare la famigerata spunta blu che conferisce ad un account un’autorevolezza spesso immeritata e garantisce maggiore visibilità sul feed.

Emerson Brooking, ricercatore dell’Atlantic Council Digital Forensics Research Lab avverte che “I cambiamenti introdotti da Musk alla piattaforma vanno a tutto vantaggio dei terroristi e dei propagandisti di guerra. I cambiamenti nella struttura dei guadagni e degli incentivi fanno sì che le persone tendano a condividere un alto volume di informazioni che potrebbero non essere vere, perché cercano di massimizzare il numero di visualizzazioni. Chiunque può comprare una spunta blu e cambiare la propria immagine del profilo mettendone una che assomiglia a quella di una testata. Ci vuole un bel po’ di lavoro per verificare chi dice la verità e chi no”.

Sacrificato il fact checking

Se si considerano dunque tutti gli elementi e cioè la difficoltà di validare l’attendibilità di tutti gli account con la spunta blu, la velocità di diffusione e il fatto che l’algoritmo di X è stato sviluppato per promuovere quei contenuti che hanno ottenuto il maggior numero di interazioni appare chiaro che il fact checking, la verifica della veridicità di informazioni e della validità delle fonti dalle quali sono state reperite, abbia ormai ceduto il posto all’accettazione passiva delle informazioni, contribuendo notevolmente alla diffusione della disinformazione.

L’information warfare è un elemento cruciale nei conflitti moderni

La propagazione della propria narrativa come parte di una strategia di guerra, come quella adottata da Hamas, dimostra quanto l’information warfare sia diventato un elemento cruciale nei conflitti moderni. Tuttavia, l’uso di notizie false e manipolate può avere conseguenze gravi sulla percezione pubblica del conflitto e sulle opinioni delle persone coinvolte. Le fake news, se accettate come verità, possono alimentare l’odio, innescare reazioni violente e rafforzare le divisioni, rendendo molto più difficile raggiungere una soluzione pacifica. Inoltre, ostacolano gli sforzi di risoluzione del conflitto, poiché rendono difficile la creazione di una base di informazioni comune su cui condurre i negoziati e gli interventi diplomatici.

Come fare a non cadere nella trappola delle fake news

Nell’era della globalizzazione il diritto all’informazione si trova a dover sopravvivere in un ecosistema caratterizzato da un forte fenomeno di disinformazione, la cui crescita esponenziale richiede delle misure immediate. Nell’ambito di un conflitto tale esigenza è ancora più urgente e richiede una risposta corale da parte dei media, dei fact-checkers e della comunità internazionale che dovrebbero cooperare per arginare il fenomeno e diffondere la cultura della awareness sul tema

Esistono diverse misure che possono essere messe in atto per non cadere nella trappola delle fake news. Una delle prime azioni da compiere è verificare la fonte delle informazioni, non limitandosi a leggere il contenuto, ma cercando di scoprire chi sta dietro all’account o all’organizzazione che lo ha pubblicato. È fondamentale cercare evidenze che confermino ciò che è stato riportato. Questo potrebbe includere la ricerca di altre fonti attendibili che riferiscono gli stessi fatti o la verifica di dichiarazioni ufficiali da parte delle autorità competenti. Per ottenere una visione più completa e accurata, è consigliabile confrontare le informazioni con quelle provenienti da diverse fonti. Non da ultimo, sviluppare abilità di pensiero critico e media literacy è essenziale per discernere tra notizie accurate e false, imparando a riconoscere schemi di disinformazione e manipolazione delle informazioni.

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