Ben oltre l’elaborazione di supposizioni su cui si fonda qualsivoglia teorema astratto (specie complottistico) sembra emergere l’esistenza di uno stretto intreccio eziologico, in perfetta continuità temporale, tra la pandemia “Covid-19”, la guerra in Ucraina e le sanzioni irrogate alla Russia.
Si tratterebbe di un’inedita triade di eventi consequenziali da cui discenderebbero implicazioni socioeconomiche ancora non del tutto chiare e decifrabili, destinate però a trasformare profondamente le catene di approvvigionamento globale, con effetti destabilizzanti per tutto il mondo: lo rivela un articolo di approfondimento a cura del “The Wall Street Journal”.
Come la Russia costruisce un’autarchia digitale, contro le sanzioni occidentali
Verso un nuovo ordine mondiale?
Limitarsi a esaminare isolatamente le dinamiche del conflitto russo-ucraino senza contestualizzare lo scenario generale di riferimento, quindi, potrebbe rivelarsi un errore metodologico nel valutare, senza un’appropriata lungimiranza di indagine, tutte le conseguenze che potrebbero derivare – nel medio-lungo termine – da una complessa concatenazione di accadimenti in grado di travolgere l’attuale economia globale.
Potrebbe farsi strada verso alternativi mercati, rispetto agli attuali sbocchi produttivi, una movimentazione controcorrente di ingenti flussi di capitali e merci, dando vita alla nascita di un nuovo ordine mondiale sempre più distante dalle prospettive di globalizzazione negli scambi commerciali e negli investimenti internazionali che caratterizzano l’odierno ecosistema su cui si fonda la contemporanea interdipendenza di materie prime, beni e risorse per soddisfare i bisogni di consumo, con ripercussioni negative per i livelli di occupazione e produzione riscontrabili soprattutto nei Paesi occidentali.
La delocalizzazione produttiva delle aziende, unitamente alla convenienza di beneficiare, come ulteriore surplus di profitto massimizzato, di bassi livelli salariali in nome di un crescente incremento della competitività, ha favorito la creazione di catene di approvvigionamento iper-efficienti che hanno progressivamente spostato il fulcro nevralgico della produzione nel contesto asiatico, soprattutto in Cina, divenuto quindi l’asset centrale del traffico industriale mondiale, anche grazie ad una significativa accelerazione innovativa avallata sulla prioritaria spinta tecnologica strategicamente sostenuta per rendere Pechino un Paese digitalmente all’avanguardia come superpotenza mondiale.
La pandemia e l’inasprirsi delle tensioni Usa-Cina
Secondo il citato articolo, in un mutato clima di rapporti commerciali, già in parte alterati dalle tensioni USA-Cina risalenti al 2018, la pandemia “Covid-19” avrebbe accentuato le criticità riscontrate, aggravate anche dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni irrogate alla Russia, come colpo di grazia in grado di compromettere le attuali catene di approvvigionamento nazionali nell’ambito di una “deglobalizzazione” degli scambi economici che potrebbe favorire la consolidazione a “geometria variabile” di blocchi commerciali privilegiati ed esclusivi tra Paesi politicamente alleati anche per salvaguardare interessi preminenti di sicurezza nazionale. Emblematica, in tal senso, la strategia cinese da tempo perfezionata con notevole lungimiranza verso un’autosufficienza nazionale – anche e soprattutto tecnologica – senza rischi di dipendenza dal resto del mondo, al punto da indurre anche gli USA ad agire nella medesima direzione, concentrando, ad esempio, la propria attenzione sul potenziamento della fabbricazione di microchip.
La tecnologia asset decisivo per la sovranità
La tecnologia, quindi, sta diventando il decisivo asset per favorire la crescita economica nazionale di ogni Paese: non a caso, nel sud-est asiatico si sta registrando la proliferazione strategica del cd. near-sourcing al fine di intensificare la concentrazione geolocalizzata di tutte le operazioni produttive in corrispondenza delle aree ove viene venduto e consumato l’output finale, piuttosto che esternalizzare le fasi di assemblaggio della filiera produttiva presso paesi in via di sviluppo anche con costi di manodopera inferiori.
Per le medesime ragioni, risulta comprensibile la scelta dell’Unione europea di rafforzare la propria sovranità tecnologica a presidio del mercato interno digitale, cercando di colmare l’attuale ritardo esistente, nell’ottica di stimolare la competitività innovativa, facendo leva sulla opportunità offerte dalla “new economy”, considerato che il 65% del PIL globale sarà digitalizzato entro il 2022.
Le dinamiche che spingono i nuovi equilibri geopolitici
Rispetto a tale complicato scenario, la guerra russo-ucraina e le relative sanzioni occidentali previste nei confronti del Cremlino potrebbero oltremodo paralizzare le catene di approvvigionamento, mettendo fine alla pluridecennale cooperazione economica che si è realizzata a livello mondiale, sino a determinare la nascita di un nuovo ordine globale in grado di affermarsi come conseguenza di nuovi equilibri geopolitici definiti a livello mondiale, a causa della distruzione di rilevanti siti produttivi localizzati soprattutto nelle aree direttamente colpite dal conflitto.
Risulterà poi rilevante l’impatto del flusso migratorio di profughi e rifugiati sulle dinamiche socio-economiche dei Paesi di accoglienza, anche alla luce delle incalcolabili conseguenze negative derivanti da un possibile embargo sulle importazioni di petrolio e gas dalla Russia, per la difficoltà di trovare combustibili alternativi da utilizzare in un sistema di generale interconnessione economica globale: resta, infatti, problematica, tra le più evidenti vulnerabilità prive di attuali soluzioni, l’eccessiva dipendenza dell’Europa dal gas naturale e dal petrolio greggio dalla Russia, considerato che il “vecchio continente” si rifornisce di quasi il 40% del suo gas dal Cremlino, così come risulta essere parimenti dipendente sia dalla Russia che dall’Ucraina per le principali materie prime agricole (che rappresentano, secondo specifiche stime di settore, oltre il 25% del commercio mondiale di grano e oltre il 60% dell’olio di girasole globale e il 30% delle esportazioni mondiali di orzo). Peraltro, la Russia è anche un importante esportatore globale di fertilizzanti, la cui carenza di approvvigionamento potrebbe avere un devastante impatto sui raccolti a livello globale, oltre a detenere una fonte significativa di risorse minerarie e chimiche vitali per gli interessi economici e di sicurezza nazionale di una nazione. A ciò si aggiunge che l‘Ucraina fornisce oltre il 90% del neon statunitense per la produzione di semiconduttori utilizzati nel processo di produzione dei chip.
Conclusioni
In tale prospettiva, il progressivo accentuarsi dell’escalation conflittuale, destinata a sfociare in una crisi umanitaria aggravata dal rischio di una carenza di cibo, coinvolgendo direttamente i Paesi occidentali potrebbe provocare una generalizzata impennata dei costi per i produttori e per i consumatori, colpendo tutti gli anelli della catena di approvvigionamento anche a causa di una problematica paralisi dei trasporti, da cui scaturirebbe un continuo aumento del livello generale dei prezzi, con il rischio di compromettere del tutto i traffici commerciali, i cui flussi tenderanno a rimodellarsi verso sbocchi alternativi accessibili soltanto ai Paesi preparati in anticipo a gestire cambiamenti così radicali.
Sembrano quindi delinearsi, nello scacchiere globale, inediti posizionamenti tra gli Stati nazionali in vista di possibili alleanze geopolitiche, che potrebbero alimentare guerre economiche e commerciali dalla vasta portata planetaria, sino a determinare la nascita di un nuovo ordine mondiale.
È la fine della civiltà occidentale?