La guida

Green pass aziende, guida agli obblighi per lavoratori e datori

Dal primo settembre ci sono i primi obblighi di green pass per alcune aziende. Dal 15 ottobre scattano per tutti i lavoratori, di aziende private e pubbliche, dipendenti e non. Ecco gli aspetti salienti connessi all’attività lavorativa e all’impatto per le aziende e i dipendenti

Pubblicato il 11 Feb 2022

Chiara Ponti

Avvocato, Privacy Specialist & Legal Compliance e nuove tecnologie – Baccalaureata

Guida al Green pass in azienda

Il nuovo obbligo green pass che riguarda dal 15 ottobre 2021 tutti i lavoratori di tutte le aziende, private e pubbliche, e che parimenti impone obblighi di controllo ai datori di lavoro, dovrà essere digerito in fretta dagli uni e dagli altri. Già da settembre, tuttavia, vigono alcuni obblighi per le aziende, in limitati casi.

Il quadro è articolato, in un misto di punti fermi e molta incertezza. Proviamo a tracciare una rotta, dando indicazioni utili

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Indice degli argomenti

Green pass aziende private, gli obblighi

Il tema del Green pass influenza già da settembre il mondo del lavoro, in base all’assunto che le mense aziendali debbano essere equiparate ai servizi di ristorazione, e grandi imprese (come, per esempio, Mediaset ed Enel) hanno già risposto a queste esigenze. Ma vediamo come le aziende al rientro dalle ferie, si stanno organizzando. È altrettanto vero che per alcune categorie di lavoratori come i sanitari e parasanitari l’obbligo di avere il Green pass è già realtà. Ciò ha suscitato ampi dibattiti, azioni legali e pronunce giurisprudenziali.

A stabilire l’obbligo per tutti invece, dal 15 ottobre, è il Decreto-legge n. 127/2021.

È evidente che il Green pass obbligatorio ovunque offre un’ulteriore accelerazione alla campagna di vaccinazione. Una sorta di “arma” di “convinzione di massa”.

Ma non pochi sono gli ostacoli per un pieno e pacifico utilizzo del Green pass, non di meno legati alla mole di fonti normative/provvedimentali in continua produzione. Sono legati, per esempio, allo svolgimento di controlli nonché al trattamento dei dati. Fronte su cui il Governo promette soluzioni come, una per tutte, la piattaforma dello stato vaccinale in ambito scolastico.

Green Pass, Sogei: “Così abbiamo gestito la sfida di milioni di certificazioni Eu Covid 19”

Green pass base obbligatorio per tutti i lavoratori, e quello super per gli over 50

Dal 15 febbraio 2022 per gli over 50 arriva l’obbligo del super Green pass da esibire nell’aziende, mentre persiste l’obbligo di verifica per tutti nella modalità base.

Super green pass nei luoghi di lavoro, dal 15 febbraio

In forza dell’art.1 che del D.L. 1/22 che introduce l’art. 4-quinquies, viene esteso l’impiego dei certificati vaccinali e di guarigione sui luoghi di lavoro.

In pratica, a decorrere dal 15 febbraio 2022, per l’accesso ai luoghi di lavoro devono «…possedere e sono tenuti a esibire una delle certificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione o di guarigione di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis) del decreto-legge n. 52 del 2021».

I datori di lavoro sia pubblici che privati sono tenuti a verificare il rispetto di tale prescrizione ponendosi il problema di dover aggiornare il Protocollo aziendale e quanto per conseguenza.

Resta fermo che i lavoratori, i quali comunichino di non essere in possesso del Green pass super se over 50 o base se under 50, o che gli stessi ne risultino privi al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, entrambi saranno considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione di un Green pass a seconda di quale dei due “corridoi” il lavoratore appartenga, e comunque non oltre il 15 giugno 2022.

Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo, resta valida la nota prescrizione a mente della quale: non è dovuta alcuna retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.

I due decreti in pillole

Entrambi i decreti si compongono di pochi articoli, nemmeno dieci. Ma le disposizioni sono molto chiare, semplificando l’ambito di estensione del “certificato verde” a tutti, ma proprio tutti optando per il “principio universale dell’accesso ai luoghi di lavoro”.

Il green pass (base o rafforzato se over 50) bisogna averlo quindi al momento dell’ingresso del posto di lavoro (ufficio, fabbrica, mezzi pubblici, casa se si è lavoratori a domicilio, ecc…).

Il lavoratore che non lo possiede perde la retribuzione, ma solo quello di aziende con meno di 15 dipendenti viene sospeso, e non può comunque essere licenziato.

A chi si rivolge l’obbligo, controlli e sanzioni

Obbligati quindi

  • Dipendenti, consulenti, partite Iva che entrano in ufficio
  • Lavoratori che entrano in mezzi pubblici
  • Lavoratori a domicilio (elettricisti, colf, badanti…).

Nuovo obbligo green pass ai lavoratori

 

A chi si rivolgePubblico e Privato

Chi deve averlo

Lavoratori PubbliciLavoratori Privati(art 2)
Il personale delle PA, ivi compresi i soggetti, anche esterni, che svolgono a qualunque titolo, la propria attività lavorativa o formativa presso le PATutti quelli che svolgono attività lavorativa nelle aziende di qualunque settore e natura.
Controlli(art. 2 comma V)I datori di lavoro sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni, meglio all’ingresso e, nel caso, anche a campione.  Dovranno essere individuati i soggetti incaricati dell’accertamento.

Conseguenze assenza pass

(art. 2, comma VI)

Lavoratori pubbliciLavoratori privati
Chi risulti privo del green pass è considerato assente ingiustificato dal primo giorno senza green pass fino alla presentazione dello stesso. La retribuzione non è dovuta dal primo giorno di assenza.Il personale privo del green pass è considerato assente, dal primo giorno senza green pass non è dovuta la retribuzione.
Non ci sono tuttavia conseguenze disciplinari e si mantiene il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Eccezione: aziende con meno di 15 dipendenti. Lavoratore sospeso dopo il quinto giorno, per massimo 10 giorni rinnovabili una sola volta.
SanzioneLavoratoriDatore di Lavoro
Se aggirano controlli, da 600 a 1500€, ben potendo essere aumentata in caso di contraffazione del green passDa 400 a 1.000 euro per non aver predisposto corrette modalità di verifica

In più super green pass sul lavoro a chi ha compiuto 50 anni

Un decreto del 5 gennaio chiede inoltre il super green pass – non bastano i tamponi e il green pass base – sul lavoro a chi ha compiuto 50 anni. Scatta dal 15 febbraio.

Esenzioni al green pass obbligatorio in azienda

Restano le eccezioni precedenti, ossia l’esenzione per specifiche patologie che il medico di famiglia deve certificare.

Esentati anche avvocati difensori, periti nell’accesso alle aule di giustizia; ma non i magistrati né gli avvocati dello Stato.

Green pass in azienda, cosa sapere

Ecco i punti cardine da sapere sul tema green pass in azienda, per lavoratori e datori.

Come devono avvenire i controlli sul green pass (base o rafforzato) dei lavoratori nel settore pubblico e in quello privato?

Ogni amministrazione/azienda è autonoma nell’organizzare i controlli, nel rispetto delle normative sulla privacy e delle linee guida emanate con il DPCM 12 ottobre 2021. I datori di lavoro definiscono le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. È opportuno utilizzare modalità di accertamento che non determinino ritardi o code all’ingresso. Nelle pubbliche amministrazioni l’accertamento, che dovrà avvenire su base giornaliera, prioritariamente nella fascia antimeridiana della giornata lavorativa, potrà essere generalizzato o a campione, purché in misura non inferiore al 20% del personale presente in servizio e con un criterio di rotazione che assicuri, nel tempo, il controllo su tutto il personale dipendente.

Oltre all’app “VerificaC19”, saranno rese disponibili per i datori di lavoro, pubblici e privati, specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni. Tali verifiche potranno avvenire attraverso:

  • l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici, inclusi quelli di rilevazione delle presenze, o della temperatura;
  • per gli enti pubblici aderenti alla Piattaforma NoiPA, realizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze, l’interazione asincrona tra la stessa e la Piattaforma nazionale-DGC;
  • per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, sia privati che pubblici non aderenti a NoiPA, l’interazione asincrona tra il Portale istituzionale INPS e la Piattaforma nazionale-DGC; per le amministrazioni pubbliche con almeno 1.000 dipendenti, anche con uffici di servizio dislocati in più sedi fisiche, una interoperabilità applicativa, in modalità asincrona, tra i sistemi informativi di gestione del personale del, e la Piattaforma nazionale-DGC.

Quali provvedimenti deve prendere il datore di lavoro per i lavoratori senza green pass (base o rafforzato)

Il lavoratore, pubblico o privato, è considerato assente ingiustificato, senza diritto allo stipendio, fino alla presentazione del green pass; nel caso di aziende con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta. Il datore di lavoro deve poi effettuare una segnalazione alla Prefettura ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa.

Quali sanzioni rischia il lavoratore?

Il lavoratore che accede al luogo di lavoro senza green pass è soggetto, con provvedimento del Prefetto, a una sanzione amministrativa che va da 600 a 1.500 euro. Vengono poi applicate anche le sanzioni disciplinari eventualmente previste dai contratti collettivi di settore.

Oltre alla retribuzione, non sarà più versata al lavoratore senza green pass qualsiasi altra componente della retribuzione, anche di natura previdenziale, avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario, previsto per la giornata di lavoro non prestata. I giorni di assenza ingiustificata non concorrono alla maturazione delle ferie e comportano la perdita della relativa anzianità di servizio.

Da chi devono essere effettuati i controlli sul green pass dei lavoratori che arrivano da società di somministrazione? Dalla società di somministrazione o dall’azienda in cui vengono distaccati?

I controlli devono essere effettuati da entrambe, sia dalla società di somministrazione, sia dall’azienda presso la quale il lavoratore svolge la propria prestazione.

È necessario verificare il green pass dei lavoratori autonomi che prestano i propri servizi a un’azienda e che per questo devono accedere alle sedi della stessa?

Sì, tutti coloro che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nelle sedi dell’azienda sono soggetti al controllo.

È possibile per il datore di lavoro verificare il possesso del green pass con anticipo rispetto al momento previsto per l’accesso in sede da parte del lavoratore?

Sì. Nei casi di specifiche esigenze organizzative, i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni relative al mancato possesso del green pass con il preavviso necessario al datore di lavoro per soddisfare tali esigenze (massimo 48h).

Quali sanzioni rischia il datore di lavoro che non effettua le verifiche previste per legge?

Il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass rischia una sanzione amministrativa che va da 400 a 1.000 euro.

Si può sostituire il lavoratore sospeso senza green pass?

La sostituzione del lavoratore senza green pass è stato possibile solo per aziende fino a 15 dipendenti. Un decreto del 5 gennaio estende la possibilità a tutte le aziende.

La sostituzione è per 10 giorni rinnovabili fino al 31 marzo.

La possibile verifica automatizzata

Il citato DPCM (del 12 ottobre 202) ha peraltro introdotto “la possibilità di verifica automatizzata delle certificazioni verdi Covid- 19”, attraverso diverse modalità di integrazione con la piattaforma nazionale DGC.

Al riguardo, l’INPS nella giornata del 21.10.2021 con il Messaggio n. 3589 ha reso noti e definiti «i dettagli tecnici e le modalità di utilizzo delle soluzioni informatiche per la verifica automatizzata delle Certificazioni verdi COVID-19, da realizzare tramite diverse modalità di integrazione con la Piattaforma Nazionale DGC (PN-DGC) di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) del DPCM 17 giugno 2021»; oltre alla cd “procedura di Greenpass50+”

In breve, con particolare riferimento ai datori di lavoro aventi più di 50 dipendenti (sia privati che pubblici non aderenti al circuito “NoiPA”), in conformità al DPCM del 12 ottobre, è stato prevista, attraverso una specifica funzionalità gestita da INPS, la possibilità di verifica massiva ed asincrona della certificazione verde relativa ad un gruppo di codici fiscali, prevedendo comunque che le verifiche possano essere effettuate con esclusivo riferimento al personale effettivamente in servizio.

Ne discende che resterebbero esclusi dalla verifica i lavoratori in malattia, ferie, permessi ecc.

Green pass nel mondo del lavoro, come devono organizzarsi le aziende

I datori di lavoro tanto del comparto pubblico quanto di quello privato devono definire, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, «…prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro», dovendo individuare «…con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento».

Le verifiche delle certificazioni verdi «…sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». Quest’ultimo, su proposta dei Ministri per la PA e della salute, ha la facoltà di adottare linee guida per la omogenea definizione delle modalità organizzative.

Non resta che navigare a vista. Nell’attesa delle eventuali linee guida, le aziende devono però comunque attrezzarsi entro il 15 ottobre, però.

Dal 15 febbraio, le aziende sono chiamate a predisporre una doppia o meglio diversificata verifica, nel senso che per gli over 50 occorrerà impostare l’app VerificaC19 nella modalità rafforzata.

Piano Organizzativo e Operativo e adempimenti privacy

È il documento attestante le “modalità organizzative” messe in atto dalle Organizzazioni tanto private quanto pubbliche, finalizzato a dare l’evidenza di un’adeguata applicazione di quanto previsto dal D.L. n. 127/2021 in correlazione al successivo D.L. 139/2021.

Si tratta di un documento esplicativo, peraltro, delle misure adottate e da porre in essere per il rispetto degli adempimenti richiesti in ottemperanza alla protezione dei dati personali come:

  • adeguata e aggiornata informativa integrandola all’ultimo decreto che prevede l’obbligo della verifica del super Green pass per i lavoratori senior (over50);
  • modus operandi circa il controllo del Green pass, o del certificato di esenzione dalla vaccinazione;
  • gestione delle ulteriori comunicazioni di cui all’art. 3 del D.L. cd “capienze”;
  • aggiornamento dei registri delle attività di trattamento;
  • atto di nomina del personale individuato per il controllo;
  • DPIA che incombe sul titolare del trattamento, da valutarsi in relazione alla tipologia dei dati trattati oltre che alla complessità dell’Organizzazione;
  • eventuale contratto ex art. 28 GDPR (meglio se conforme al nuovo template, sì vigente/cogente dal 27 settembre 2021 che nel marasma normativo forse si è dato poco conto e peso).

Tale documento a parte ovvero integrato nel Protocollo di sicurezza anticovid, vanno condivisi con il DPO, ove presente, come misura di accountability (nel coinvolgimento del medesimo) in piena aderenza al GDPR (art. 38, par. 1).

Sanzioni per le aziende che non adottano le modalità operative di controllo

Le aziende che entro il 15 ottobre non hanno adottato le modalità operative di controllo subiscono le sanzioni dell’articolo 4 del decreto 22 marzo 2020, da 400 a mille euro.

Il quadro normativo definitivo

Il Green pass è legge. In data 20.11.2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il testo di legge 19 novembre n. 165 di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening».

Non solo, anche il super Green pass — che ricordiamo ottenibile grazie in primis al vaccino fatto— è legge grazie al D.L. 1/22. La differenza tra i due è sostanziale, in altro e articolo approfondiremo il perché, oltre a quanto già avuto modo di dire in articoli connessi e pertinenti.

In pratica, il Governo in “zona cesarini” (perché il termine di decadenza del DL 127/2021 sarebbero altrimenti scaduti, trascorsi i 60 gg di legge) converte in legge il decreto sul green pass nei luoghi di lavoro, con alcune modifiche e in particolare circa le campagne di sensibilizzazione sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, secondo l’inserito art. 4 bis, onde garantire la più elevata “copertura vaccinale”, e proteggere i soggetti a rischio, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza, tutti i datori di lavoro (sia pubblici che privati) sono caldamente invitati a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla necessità e importanza della vaccinazione.

L’attuale quadro normativo quindi appare oggi composito, ancora piuttosto complesso, amplificato dai media e dalle anticipazioni relative ai suoi possibili sviluppi oltre alle numerose polemiche.

Il primo, quello di cui tratteremo, è l’arcinoto DL 23 luglio 2021 n° 105, che ha previsto le prime regole sull’impiego delle certificazioni verdi da Covid-19 comprendenti l’uso del green pass per poter accedere a determinati servizi e attività (“servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo al tavolo, al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; concorsi pubblici”).

Il comma II dell’art. 9 bis prescrive poi un differente utilizzo del green pass in base al colore della regione.
Fin qui sembrerebbe tutto chiaro, se non che lo scorso 10 agosto una nota della Regione Piemonte e una successiva FAQ del Governo di Ferragosto hanno acceso i fari sulla gestione delle mense aziendali.

Le novità della Legge 165/2021 di conversione “decreto Green pass” attendendo anche la conversione di quello “super”

Non poche sono le novità; o meglio diverse sono le modifiche apportate in sede di conversione ma prevalentemente stilistiche. Rimandando alla lettura integrale del testo (di sole 5 pagine), qui ci soffermiamo sulle novità formali, approfondendo i risvolti organizzativi altrove.

Restando qui ad un primo commento a caldo, vediamo come le principali novità normative sono inserite agli artt. 3, 4, 8, e 10. Riportiamoli di seguito, testualmente.

Art. 3 bis – ter – quater

«Art. 3-bis (Scadenza delle certificazioni verdi COVID-19 in corso di prestazione lavorativa). – 1. Dopo l’articolo 9-octies del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, e’ inserito il seguente: «Art. 9-novies (Scadenza delle certificazioni verdi COVID-19 in corso di prestazione lavorativa). – 1. Per i lavoratori dipendenti pubblici e privati la scadenza della validità della certificazione verde COVID-19 in corso di prestazione lavorativa non dà luogo alle sanzioni previste, rispettivamente, dagli articoli 9-quinquies, commi 7 e 8, e 9-septies, commi 8  e  9.  Nei  casi  di  cui  al  precedente periodo la permanenza del lavoratore sul  luogo  di  lavoro  è consentita esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro».

In pratica, viene normata/positivizzata la faq (n.12).

«Art. 3-ter (Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 per gli operatori volontari del servizio civile universale). – 1. Agli operatori del servizio civile universale che prestano il proprio servizio presso enti pubblici e privati accreditati ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, si applicano, secondo l’ambito di appartenenza, le disposizioni di cui all’articolo 9-quinquies, comma 6, e all’articolo 9-septies, comma 6, del decreto-legge 22 aprile 2021, n.  52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno  2021,  n.   87, come introdotti dal presente decreto.»

In breve, potremmo commentare una mera estensione a detta categoria.

«Art. 3-quater (Misure urgenti in materia di personale sanitario). – 1. Fino al termine dello stato di emergenza di  cui   all’articolo   1 del decreto-legge 23 luglio  2021,  n.  105,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, agli   operatori delle professioni  sanitarie  di  cui  all’articolo  1  della  legge  1° febbraio 2006, n. 43, appartenenti al personale del comparto sanità, al di fuori dell’orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore, non si applicano le incompatibilità di cui all’articolo 4,  comma  7,  della  legge  30 dicembre 1991, n. 412, e all’articolo 53  del decreto   legislativo   30 marzo 2001, n. 165.

  1. In ogni caso gli incarichi di cui al comma 1, per i quali non trovano applicazione gli articoli 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono previamente autorizzati, al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale nonchè di verificare il rispetto della normativa sull’orario di lavoro, dal vertice dell’amministrazione di appartenenza, il quale attesta che la predetta autorizzazione non pregiudica l’obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all’emergenza pandemica».

Art. 4 bis

«Art. 4-bis (Campagne di informazione e sensibilizzazione sulla vaccinazione anti-SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro). – 1. Al fine di garantire il più elevato livello di copertura vaccinale e al fine di proteggere, in modo specifico, i soggetti a rischio,  fino    alla   data di cessazione dello stato di emergenza, i datori di lavoro pubblici e privati possono promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione  sulla  necessità  e   sull’importanza  della vaccinazione anti-SARS-CoV-2. Le campagne di informazione sono dirette alla tutela della salute dei dipendenti e al contrasto e al contenimento della diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro.

  1. Le amministrazioni pubbliche provvedono alle attività previste dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  2. Per le finalità di cui al presente articolo i datori di lavoro si avvalgono del medico competente nominato ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81».

Che dire di più se non che, ca va sans dire. L’importanza della campagna di vaccinazione è evidentemente, secondo la scienza, la via.

Art. 8 bis

«Art. 8-bis (Disposizioni per lo svolgimento delle attività teatrali in ambito didattico per gli studenti).  –  1.  Per lo svolgimento delle attività teatrali in ambito didattico per gli studenti, comprese le rappresentazioni in orario curricolare, con riferimento all’impiego delle certificazioni verdi COVID-19, si applicano le disposizioni relative allo svolgimento delle attività didattiche».

Art. 10 bis

Da ultimo, è inserito, come si conviene, la clausola di salvaguardia secondo la quale «…le   disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a  statuto  speciale  e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione».

Sic, ita sic.

Le norme sul Green Pass nel settore privato

Soffermiamoci, in particolare, sull’art. 3 D.L. 21 settembre 2021 n. 127 che prevede «Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo privato: Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al  fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2,  a  chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta,  la  certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2.  […]

  1. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
  2. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
  3. I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2.  Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.
  4. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifichedi cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2.  Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10.
  5. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel   luogo   di   lavoro, sono   considerati   assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di. emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
  6. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.
  7. L’accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzionedi cui al comma 9 e restano ferme   le   conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
  8. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonchè per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n.  33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.
  9. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal PrefettoI soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione».

I problemi del green pass sul lavoro: domande da porsi

Orbene, alla luce del testo normativo appena riportato, riteniamo utile offrire degli spunti di riflessione sollevando dubbi, questioni e perplessità dell’intero impianto.

  • Il possesso e l’esibizione del Green Pass da parte del soggetto che presta attività lavorativa avviene “su richiesta”; ciò significa che, se il datore di lavoro non si attrezza per la verifica, il lavoratore non verrebbe sanzionato (pur essendo in astratto sanzionabile)?
  • Le verifiche possono avvenire “anche a campione”; quindi di nuovo sul piano astratto, al datore di lavoro potrebbe bastare la previsione dei controlli, e la tutela effettiva (d.lgs. 81/2008) come verrebbe garantita?
  • L’obbligo del green pass (possesso – esibizione su richiesta) non si applica ai lavoratori esentati dalla campagna vaccinale “sulla base di idonea certificazione medica” con quali accortezze?
  • I datori di lavoro “sono tenuti a verificare” anche i lavoratori esterni, i quali a loro volta sono verificati dai rispettivi datori di lavoro. Un doppio controllo, quanto è legittimo (benché da una legge legittimato), utile, strumentale, effettivo, opportuno?
  • Il datore di lavoro deve prevedere “prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro”; sembrerebbe dunque lasciata alla discrezionalità del datore di lavoro, ripercuotendosi negativamente sugli aspetti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro?
  • Il possesso ed esibizione del Green pass è applicato anche a “tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nei luoghi [di lavoro privato] anche sulla base di “contratti esterni”; creando di nuovo disparità dal momento che rimarrebbero fuori agenti, rappresentanti, clienti, visitatori, con la conseguenza che sarebbe ridotta l’efficacia delle misure anti-contagio specie con riferimento a contesti di lavoro non aperti al pubblico (come aziende che fanno B2B)?
  • L’attività di verifica è demandata ai “datori di lavoro” (con ‘doppia verifica’ nel caso di cui sopra), che “individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi […]”; talché il datore di lavoro potrà incaricare anche un proprio dipendente per la verifica del Green Pass dei suoi colleghi? Se sì, che ne è delle raccomandazioni emanate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personaliin merito alla conoscibilità di informazioni personali dei lavoratori, direttamente o indirettamente legate allo stato di salute?
  • Come le aziende potranno mitigare i rischi per i lavoratori con Green pass non (più) valido, nei confronti del datore e degli altri lavoratori?
  • Da ultimo, ma non ultimo, quanto è il rischio, dato dall’introduzione del super Green pass, di discriminazione al quale le aziende potrebbero incorrere, oltre a una circostanza sgradevole che potrebbe portare a creare una sorta di duplice “corridoio” Covid: over di qua, under di là?

Attendiamo gli ulteriori sviluppi che ci auguriamo risolvano questi o altri dubbi che da una interpretazione normativa, seppure attenta, ancora emergono.

Green pass e mense, un nodo che si è sciolto 

Con l’obbligatorietà del green pass viene a sciogliersi quel nodo gordiano sulle green pass nelle mense.

Pur sembrando un problema superato, riteniamo utile richiamare i passaggi istituzionali che hanno caratterizzato il dibattito in questione nel corso dell’estate, se non altro per amor di informazione.

Le FAQ del Governo

Il 15 agosto il Governo ha rilasciato mettendo fine al dibattito una FAQ dal seguente tenore «Per la consumazione al tavolo nelle mense aziendali o in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti pubblici e privati è necessario esibire la certificazione verde COVID-19?

Sì, per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti. A tal fine, i gestori dei predetti servizi sono tenuti a verificare le certificazioni verdi COVID-19 con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021

Il 12 ottobre il Governo ha pubblicato ulteriori FAQ inerenti ai DPCM riguardanti il tema del Green pass nel contesto lavorativo, a firma del Presidente del Consiglio Draghi, in attesa dell’ufficalità del DPCM previsto a breve in GU quale modifica/integrazione di quello del 17.06.2021, come si è detto.

Di seguito, si segnalano testualmente le più significative ai fini che ci occupano. Per la visibilità di ciascuna si rimanda al sito ufficiale https://www.governo.it/it/il-presidente

Il DPCM del 12 ottobre 2021

Nela Gazzetta Ufficiale del 14 ottobre è uscito il DPCM tanto atteso riguardante le modifiche al DPCM del 17 giugno 2021 e recante «Disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante “Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19″».

Si tratta di un testo che si compone di un solo articolo, ma che ha, al suo interno, non pochi commi e tanti rimandi legislativi, con 5 allegati (B, E, F, G, e H).

Il più significato è l’allegato H, per quanto sia squisitamente tecnico.

I punti salienti che riteniamo utile segnalare sono:

  • il punto i) della lettera m) che concerne “ulteriori modalità automatizzate”;
  • la lettera p) che ribadisce chiaramente che «L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma» se non quelli strettamente necessari all’applicazione delle misure previste per la ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento del Covid, nel settore privato;
  • il comma X, che in sostanza richiama “specifiche funzionalità” (descritte nell’allegato H), consentendo «una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità del personale effettivamente in servizio, di cui è previsto l’accesso ai luoghi di lavoro, senza rivelare le ulteriori informazioni conservate, o comunque trattate»;
  • ancora al comma X, si segnala alla lett. d) l’opportunità di una «interoperabilità applicativa in modalità asincrona, tra i sistemi informativi di gestione del personale delle amministrazioni pubbliche con almeno mille dipendenti»;
  • al comma XIV, infine, si segnala altra novità di rilievo che consiste «nelle more del rilascio e dell’eventuale aggiornamento delle certificazioni verdi COVID-19 da parte della piattaforma nazionale DGC, i soggetti interessati possono comunque avvalersi dei documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale …». Di qui discende che, in pratica, quand’anche il Green Pass non fosse disponibile sulle apposite App, al fine di dimostrarne il possesso/validità, basterà esibire il certificato (cartaceo rilasciato, a seguito di vaccinazione o esito di tampone, da tutte quelle strutture dalla norma citata.

Per ulteriori e specifici dettagli, clicca qui.

Le note di Confindustria

A chiusura del quadro generale, citiamo ancora la nota di aggiornamento sul tema del 18 agosto che, nello specifico al punto 3 commenta la “FAQ sulle mense aziendali” di cui al punto precedente. Essa afferma che «… La risposta è […] positiva, e certifica – ormai in modo definitivo – che “per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti.” […].».

Per completezza, si rimanda al sito ufficiale per gli ulteriori aggiornamenti che Confindustria ha finora emanato.

Green pass e la sua applicazione, in pratica un groviglio

Già, se tutto sembra essere pronto per poter dare “fuoco ai cannoni” dal 15 ottobre, a livello puramente teorico, il Legislatore forse questa volta si è reso poco conto delle difficoltà applicative in pratica di tutta questa impalcatura.

Basti guardare alle linee guida ancora in bozza, grazie alle quali dovremmo finalmente capire come e chi potrà essere insignito della “veste di controllore”, in che misura avverrà il controllo (a campione, a tappeto, in autocontrollo), e con quali conseguenze sotto tutti i profili.

Via libera a “nuove modalità di verifica del Green pass” proferisce il Garante Privacy

A tre giorni di distanza, la nostra Autorità Garante è intervenuta con un parere sullo schema di decreto “Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021, recante «Disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, “Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19″» [DOC. WEB 9707431]

In estrema sintesi, rimandando ad ulteriori approfondimenti del caso, il Garante ha espresso, in via d’urgenza, parere favorevole sullo schema di DPCM che introdurrebbe ulteriori o del tutto nuove modalità di verifica del Green pass in ambito lavorativo sia pubblico che privato.

I punti di attenzione sui quali si è soffermata l’Autorità di controllo sono, nella fattispecie:

  • «che l’attività di verifica del possesso delle certificazioni verde Covid-19 possa essere effettuato anche attraverso modalità alternative all’app VerificaC19, quali l’impiego di un pacchetto di sviluppo per applicazioni (SDK), rilasciato dal Ministero con licenza open source, da integrare nei sistemi di controllo degli accessi ovvero, per i datori di lavoro pubblici e privati, mediante l’utilizzo di una specifica funzionalità della Piattaforma NoiPA o del Portale istituzionale INPS»;
  • Solo alle PA con più di mille (1000) dipendenti, potrà essere previsto un servizio di interoperabilità applicativa con la Piattaforma nazionale-DGC.
  • «L’attività di verifica non dovrà comportare la raccolta di dati dell’interessato in qualunque forma, ad eccezione di quelli strettamente necessari, in ambito lavorativo, all’applicazione delle misure derivanti dal mancato possesso della certificazione».
  • «Il sistema utilizzato per la verifica del green pass non dovrà conservare il QR code delle certificazioni verdi sottoposte a verifica, né estrarre, consultare registrare o comunque trattare per altre finalità le informazioni rilevate».
  • «…Potranno essere sottoposti al controllo solo i lavoratori effettivamente in servizio per i quali è previsto l’accesso al luogo di lavoro, escludendo i dipendenti assenti per ferie, malattie, permessi o che svolgono la prestazione lavorativa in modalità agile».
  • «I dipendenti dovranno essere opportunamente informati dal proprio datore di lavoro sul trattamento dei dati attraverso una specifica informativa».
  • «Per quanto riguarda le funzionalità disponibili sulla piattaforma NoiPa e sul Portale Inps dovranno essere adottate misure tecniche e organizzative per garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi presentati dai trattamenti. La verifica mediante interoperabilità applicativa sarà invece resa disponibile ai datori di lavori mediante un’apposita convenzione con il Ministero della salute».

Decreto di settembre, obbligo per i dipendenti delle mense

Il decreto approvato questa settimana estende obbligo green pass anche ai dipendenti delle mense (come già ai suoi fruitori). Un primo passo verso un obbligo di reciprocità che in futuro potrebbe essere esteso anche a baristi, camerieri eccetera.

Green pass obbligatorio in aziende private e pubbliche, una FAQ di sintesi

Sintetizziamo alcune risposte a domande ricorrenti su nuovo obbligo.

Chi è senza green pass può lavorare in smart working?

Molti si chiedono se c’è questa scorciatoia: non ho il green pass, allora chiedo di andare in smart working. Non c’è quest’automatismo. Chi vuole andare in smart working deve contrattarlo con la propria azienda e struttura, a prescindere dallo smart working. Si intende che chi è già in smart working non ha al momento necessità di smart working. Per ora: finché l’azienda non glielo chiede.

Come funziona il green pass per le aziende private con meno di 15 dipendenti

Per le aziende con meno di 15 dipendenti la regola è un po’ diversa: scatta sospensione del lavoratore perché il datore può così avere agio a sostituirlo (ma non può licenziarlo); comunque massimo per dieci giorni rinnovabili una volta sola-

Chi deve controllare il green pass a lavoro?

Le aziende devono entro il 15 ottobre definire un incaricato ai controlli del green pass (prioritariamente all’ingresso dell’ufficio); sono previste anche possibili linee guida governative per definire modalità omogenee.

Chi non ha il green pass può lavorare?

Chi non ha il green pass è considerato assente ingiustificato, ma non è sospeso (lo è solo in aziende con meno di 15 dipendenti).

Da quando il green pass in azienda è obbligatorio per i lavoratori?

Per alcune categorie – insegnanti, sanitari, dipendenti di RSA, mense – il green pass è obbligatorio per lavorare già da settembre. Per tutti gli altri (salvo esentati dal vaccino) da 15 ottobre.

Green pass e super Green pass in azienda, i problemi aperti

Da un certo punto di vista, il Green pass (base e/o super) si potrebbe definire un “rovesciamento di prassi” perché, nei mesi precedenti, in particolare prima della campagna vaccinale, per evitare che i malati di Covid diffondessero il contagio, la “politica” consisteva nel segregare tutti in casa tramite lockdown e chiudere i luoghi di frequentazione per non creare assembramenti (come locali pubblici, negozi, cinema, teatri, uffici pubblici eccetera), limitando altri accessi (come ai supermercati, farmacie eccetera) con regole e orari vincolanti; oggi il lasciapassare verde, grazie al quale non dovremmo più essere sottoposti a restrizioni di sorta, offre un ritorno alla normalità.

Non dovrebbe quindi far differenza l’ingresso in azienda, se non che potrebbero crearsi situazioni discriminatorie ora per i soggetti che per questione di (insindacabile) scelta decidano di non vaccinarsi, ora e vieppiù per coloro che non possono vaccinarsi a causa di patologie preesistenti o condizioni di salute non idonee; non meno con riferimento a tutti quelli che, per problemi burocratici o tecnici relativi agli strumenti attualmente adoperati, si trovino nella paradossale condizione di avere diritto al Green pass e di non riuscire a ottenerlo.

Un ultimo spunto di riflessione meritevole d’attenzione riguarda l’uso del tampone (test antigenico) per ottenere il rilascio del certificato verde (valevole soltanto 48 ore) non può costituire una valida e ragionevole alternativa, dal momento che il ricorso a tale modalità non potrebbe essere reiterata nel tempo (sia per questioni di praticità, che di costo oltre che per l’invasività del tampone stesso), impedendo quindi l’accesso all’attività lavorativa, con le conseguenze del caso, anche sul filo della costituzione.

Le soluzioni dettate dal TUSL

Nonostante tutto, però, le soluzioni adottate continuano a sollevare dubbi e interrogativi, tuttora rimasti senza risposta.

Suscita dubbi, infatti, l’accesso ai “servizi e attività”, con riferimento ai lavoratori impiegati nella gestione dei servizi mensa, giacché non risulta chiaro se siano da ritenersi inclusi i lavoratori distaccati (come, per esempio, gli addetti alle pulizie) oppure no.

Ma si tratta di problemi apparentemente aperti, dal momento che attingendo al Testo Unico della sicurezza sul lavoro – TUSL (D.Lgs. n. 81/2008) – si trova facilmente la soluzione.

Sebbene molti (e tra questi i Sindacati) invochino l’emanazione di un’apposita Legge, questa a ben vedere c’è già.
Lo stesso Garante della Privacy lo ha confermato in più di un’occasione indicando come riferimento normativo principe il TUSL, laddove sono previste chiare procedure, soggetti obbligati e rispettivi obblighi.

Obbligo green pass in azienda settembre-ottobre, i punti fermi

Possiamo provare a delineare le principali questioni, lasciando trarre a ciascuno le personali conclusioni.

Decide l’azienda

L’obbligatorietà del Green pass per entrare in azienda viene quindi decisa dal datore di lavoro fino al 15 ottobre, quando scatto obbligo per tutti.
Fino al 15 ottobre insomma sono ancora valide le seguenti considerazioni (dopo il 15 ottobre si applicheranno linee guida ancora non disponibili).

Il datore, in quanto tale, ha il potere/dovere di esigere dai lavoratori il rispetto di ogni misura adottata per la sicurezza sul lavoro (al pari dell’uso dei vari DPI).
Qualora il Medico Competente – figura essenziale in questa fase decisionale – stabilisca il vaccino quale misura di prevenzione e protezione includendolo nel documento di valutazione dei rischi cd DVR, il lavoratore sprovvisto di Green pass non potrà avere accesso ai locali aziendali, con conseguenze anche di rilievo di carattere giuslavoristico come si dirà più oltre.

Green pass già obbligatorio per talune categorie di lavoratori

L’obbligo del green pass sui luoghi di lavoro è già presente anche prima del 15 ottobre per alcuni settori lavorativi. Vediamo, di seguito e in breve, chi rientra in questa casistica.

Con il rientro dalle ferie, peraltro la situazione appare variegata in base ai settori. Le regole sono state dettate in momenti diversi e con provvedimenti differenti, per singole categorie ovvero con l’introduzione dell’obbligo del Green pass per accedere agli ormai noti luoghi.

Già circa 3,4 milioni di lavoratori italiani sono (stati) obbligati a sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid o a ottenere il rilascio del Green pass.

Si contano quasi due milioni di lavoratori in ambito sanitario per chi esercita professioni sanitarie, nonché gli operatori che lavorano in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, in farmacie, parafarmacie e negli studi professionali.

Per tutti questi l’obbligo scattato, ricordiamo, dal primo aprile varrà fino al 31 dicembre. Per coloro che non intendano allinearsi a queste disposizioni, è già prevista la sospensione dal servizio (se impossibile destinare il lavoratore a mansioni diverse) e quanto di conseguenza (retribuzione).

Esiste poi una vasta platea di lavoratori in attesa di chiare indicazioni normative.
Con il D.L. 105/2021, come già detto, da inizio agosto per accedere a ristoranti al chiuso, musei, palestre, piscine, centri benessere, sagre e fiere, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali, sale gioco, concorsi pubblici, occorre esibire la certificazione verde. L’obbligo, tuttavia, è per chi accede a queste strutture, senza che sia invece previsto in maniera chiara e specifica, l’obbligo per chi ci lavora. La situazione è a dir poco paradossale.

Analoga situazione si palesa sul fronte dei trasporti, dove con il D.L. 111/2021 è stato introdotto l’obbligo del Green pass per il personale scolastico (dal primo settembre) così per accedere ad aerei, treni, navi e traghetti, autobus che collegano più di due Regioni.
Anche in questo caso, difetta un obbligo esplicito per i lavoratori del settore (autisti e piloti), con l’assurda conseguenza che i passeggeri potranno viaggiare in possesso di Green pass, mentre il personale di bordo no.

Le poche garanzie dalle certe ricadute

Alla luce di quanto abbiamo visto in precedenza, sulla questione dell’uso del Green pass in azienda, si può affermare che esistano poche certezze e conseguenti ricadute, e in particolare:

  • Mensa: c’è chi dice che “a mensa si vada senza Green pass” a condizione di rispettare i Protocolli già vigenti per la prevenzione ed il contenimento del contagio, in pratica tutto come prima; e chi sostiene invece il contrario. Secondo questi ultimi, l’obbligatorietà del green pass si poggerebbe sulla FAQ governativa sopracitata, tanto per i dipendenti pubblici quanto per quelli privati i quali possono fruire dei servizi aziendali «…analogamente a quanto avviene nei ristoranti», con l’ulteriore, evidente e conseguente deduzione: “Green pass obbligatorio per l’accesso nei luoghi di lavoro”;
  • Bar aziendale: nonostante l’apparente analogia con le mense aziendali, il Ministero fa presente che: «le attività connesse con la fruizione del vitto sono consentite […], fermo restando il rispetto dei Protocolli o delle linee guida dirette a prevenire o contenere il contagio». Quindi non occorre avere né esibire il Green pass per andare al bar aziendale, per consumare cibi o bevande anche da seduti;
  • Locali adibiti a mensa senza servizio: identico ragionamento vale per tutti i locali mensa senza servizio di ristorazione ove restano invece obbligatorie le altre già note e vigenti misure di prevenzione;
  • Spazi di ristoro – Macchinette del caffè: esattamente come il bar aziendale.

In ogni caso, il Viminale suggerisce agli Uffici di «prendere accordi coi gestori al fine di consentire, anche al personale non munito di certificazione verde, la possibilità di consumare il pasto, laddove possibile, all’esterno della struttura, assicurando, in alternativa, la fruizione in modalità take-away».

Green pass e i controlli a carico delle aziende, facciamo chiarezza

Con il DPCM del 17 giugno 2021 recante disposizioni attuative dell’art. 9, comma X, del D.L. 52/2021, pubblicato sulla GU n. 143 del 17 giugno 2021, il Governo ha ufficialmente varato la piattaforma informatica nazionale (all’url: www.dgc.gov.it), dedicata al rilascio del Green pass.

Se e quando le aziende sono tenute a verificare il possesso del Green pass anche nel rispetto della privacy

In generale, la certificazione verde non può essere controllata da chicchessia, ma soltanto da tali soggetti tra cui si annoverano i pubblici ufficiali; il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi; i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi con accesso condizionato; i proprietari di luoghi o locali ad accesso condizionato; il personale di bordo (vettori aerei, marittimi e terrestri); i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali per l’accesso dei visitatori.

Si esce, dunque, pur con le dovute cautele, da quella situazione di più severe restrizioni (divieti di spostamenti e attività) dei lockdown, per entrare in una nuova fase di “libertà condizionata” ove il “rischio consentito” legittimerebbe l’assunzione di regole di condotta, pur non escludendo il verificarsi di un evento dannoso.

Pertanto, ci troviamo in una situazione di attività rischiosa socialmente consentita: ciò è comprovato peraltro da un’avvertenza che si legge quando il Governo avvisa che, con riferimento al certificato verde, non si tratta di «…un documento di viaggio […] i dati scientifici relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 continuano a evolvere, anche alla luce delle nuove varianti del virus» destanti preoccupazioni anche forti.

Ne consegue che, prima di mettersi in viaggio, il singolo individuo deve verificare (su Viaggiaresicuri.it) le misure sanitarie pubbliche e le relative restrizioni applicabili nel luogo di destinazione.

Green pass e protezione dati: gli adempimenti in azienda

Analizzando la questione da un punto di vista giuridico, vanno sicuramente ben considerate le disposizioni relative alle questioni più delicate, e in particolare quelle relative alla privacy.

Il DPCM individua come il Titolare del Trattamento il Ministero della salute, e delinea l’organizzazione e le relative responsabilità sul trattamento includendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la società Sogei (la società PagoPA che sviluppa e gestisce i principali strumenti).

Raccolta o incetta di dati personali

Sono state individuate garanzie per gli interessati, fra cui spicca il fatto che l’attività di verifica delle certificazioni non possa comportare – in nessun caso e in qualunque forma – la raccolta dei dati dell’intestatario.

Il Garante della privacy ha sottolineato come i trattamenti di dati personali inerenti alla vaccinazione dei dipendenti sono allo stato consentiti esclusivamente nei limiti e alle condizioni stabilite dalle norme sulla sorveglianza sanitaria e di idoneità alla mansione (che comprende anche il fatto di non essere fonte di contagio) da parte del decreto legislativo 81/2008 (in particolare gli artt. 25, 39,41, 42, 279).

Il datore di lavoro, pertanto, può venire a conoscenza del solo giudizio di idoneità alla mansione specifica e delle eventuali prescrizioni fissate dal Medico Competente come condizioni di lavoro al fine di attuare le misure indicate dal medico competente e, qualora venga espresso un giudizio di inidoneità alla mansione specifica, deve adibire il lavoratore, se possibile, a mansioni equivalenti o inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.

Le disposizioni del D.Lgs. 81/2008 costituiscono pertanto la base giuridica dei trattamenti, da mantenere nell’ambito delle previsioni del decreto citato.

Incarico per i delegati alle verifiche

La verifica del Green pass consiste nella consultazione di dati riferiti a una persona fisica, e ricade pertanto a pieno titolo nell’ambito di applicazione del GDPR.

L’art. 13 del DPCM 17 giugno 2021 consente ai titolari di imprese/enti che debbano attuare verifiche, di delegare con atto formale l’operazione a uno specifico incaricato.

L’art. 29 del GDPR, a questo proposito, impone che siano impartite apposite istruzioni all’autorizzato al trattamento.

In caso di inosservanza, è prevista una sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 4.

In caso di violazioni, è invece applicabile l’art. 5 GDPR per il quale è prevista la ben più pesante sanzione prevista dall’art. 83, par. 5.
L’incarico deve essere formalizzato prima di effettuare un qualsiasi controllo.

Il soggetto incaricato riveste infatti a tutti gli effetti il ruolo di autorizzato al trattamento.

Pertanto, il titolare del trattamento dovrà impartire istruzioni sul trattamento ex art. 29, concernenti i profili della sicurezza del trattamento ex art. 32 e fornire idonea formazione art. 39.

Tutti questi adempimenti trovano collocazione cronologica in via preliminare all’inizio del trattamento o in occasione di modifiche alle modalità di esecuzione delle operazioni di trattamento.

Si tratta di un adempimento documentale, accompagnato dalla stesura di specifiche relative alle operazioni da effettuare.
In concomitanza, dovranno essere adottate misure organizzative per consentire un lineare svolgimento delle operazioni.

L’operazione di controllo dovrà essere attuata in due distinte fasi:

  • il controllo del possesso di un titolo;
  • l’identificazione del portatore quale soggetto titolare del titolo.

Relativamente all’incarico scritto da predisporre per i delegati interni alle attività di verifica dei Green pass, va precisato che:

a) la delega deve essere nominativa;
b) la delega deve essere completa di tutte le informazioni incluse chiare indicazioni relative alle operazioni di verifica (istruzioni);
c) si devono predisporre servizi deputati alle informazioni aggiuntive e all’intervento in caso di contestazioni da parte dell’utenza (esercizio dei Diritti degli Interessati);
d) deve essere ben illustrata l’importanza di non raccogliere dati e di quali dati;
e) si deve specificare che si tratta di prescrizioni integrative degli obblighi lavorativi;
f) è opportuno allegare schede esemplificative del flusso della verifica e anche riportanti la normativa di riferimento, il tutto per facilitare la comprensione del tema.

I soggetti incaricati dal 15 ottobre

Il decreto 16 settembre all’art. 3, comma V, prescrive che il datore di lavoro individui dei “soggetti incaricati” i quali con “atto formale” devono essere “incaricati”.

Chi tra i lavoratori, in che modo – nel senso attraverso quale formazione e tenuta da chi (a buon senso il medico competente), sono punti ancora oscuri. Attendiamo gli sviluppi.

Il ruolo del medico competente

Un ruolo centrale è ancora una volta svolto dal medico competente.
Infatti, il Garante ha ribadito che i trattamenti di dati personali inerenti alla vaccinazione dei dipendenti sono consentiti esclusivamente nei limiti e alle condizioni stabilite dalle norme del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, ed in particolare in tema di sorveglianza sanitaria e idoneità alla mansione.

In tale contesto il datore di lavoro può, pertanto, venire a conoscenza del solo giudizio di idoneità alla mansione specifica e delle eventuali prescrizioni, fissate dal medico competente come condizioni di lavoro.

Purtroppo, salvo che per le professioni sanitarie e – con sfumature diverse – per il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, si segnala una preoccupante assenza normativa.

Green Pass nelle aziende ed eventuali sanzioni

Vediamo ora le eventuali sanzioni distinguendole se a carico delle aziende ovvero con aggravio per i lavoratori.

Eventuali sanzioni lato datoriale sono di natura privacy. Il datore di lavoro rischia, infatti, una sanzione amministrativa fino a 10 milioni di euro nella misura in cui non abbia conferito un incarico formale a colui che avrà il compito di verificare il possesso della certificazione verde Covid-19.

Ciò deriva da una interpretazione sistematica dell’art. 13 del DPCM 17 giugno 2021 in combinato disposto con l’art. 29 GDPR, collegandoci a quanto poc’anzi detto.

Gli ulteriori ed eventuali inadempimenti saranno comunque sanzionati, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83, par. 4 e 5 GDPR cui si rinvia, con una previsione di sanzione (amministrativa) fino a 10 milioni di euro per la violazione dell’art. 29 cit., nonché fino a 20 milioni di euro in caso di violazione dell’art. 5 cit.

La nota della Regione Piemonte

La Regione Piemonte con una nota ha dato risposta ai quesiti relativi all’obbligo di certificazione verde Covid-19 per l’accesso alle mense aziendali, sostenendo questa tesi: «L’art. 9 bis, comma 1, lett. a) del Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52, convertito con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, inserito dall’art. 3, Decreto-Legge 23 luglio 2021, n. 105, prescrive l’obbligo del possesso del Green Pass per l’accesso ‘ai servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio di cui all’articolo 4, per il consumo al tavolo, al chiuso’.

Dal richiamato articolo 4 risultano escluse le mense aziendali e i servizi di catering su base contrattuale, la cui attività era già consentita ai sensi dall’art. 27, comma 4, del DPCM del 2 marzo 2021. Tale esclusione è stata confermata dalla Circolare del Ministero dell’Interno dello scorso 24 aprile, con il richiamo al rispetto dei protocolli o delle linee guida dirette a prevenire o contenere il contagio. Alla luce di quanto espresso e nelle more di nuove indicazioni che il Ministero dell’Interno dovrebbe fornire a breve alle Regione ed alle Prefetture, si ritiene che nelle mense aziendali e nei servizi di catering su base contrattuale le attività connesse con la fruizione del vitto sono consentite a tutto il personale, fermo restando il rispetto dei protocolli o delle linee guida dirette a prevenire o contenere il contagio».

Ma cosa si intende per “servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio”?

In forza dell’art. 4 del D.L. n. 52/2021 «dal 1° giugno 2021, nella zona gialla, le attività dei servizi di ristorazione, svolte da qualsiasi esercizio, sono consentite anche al chiuso, con consumo al tavolo […] nel rispetto di protocolli e linee guida adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33 del 2020».

A stretto rigore interpretativo alla luce della citata Nota, la locuzione “attività dei servizi di ristorazione, svolte da qualsiasi esercizio” parrebbe non includere anche “le mense aziendali e i servizi di catering su base contrattuale”.

Peraltro, secondo alcuni è stato ritenuto che laddove «…si parla di servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, al chiuso, non riconducibili alle mense aziendali o luoghi assimilabili».

Rammentiamo per completezza di informazione che nello stesso D.P.C.M. del 2 marzo 2021 all’art. 27 (rubricato eloquentemente “attività dei servizi di ristorazione”) si faceva riferimento proprio alle “attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale”.

Il green pass sul filo normativo, le conseguenze giuslavoristiche

Il riferimento codicistico di cui all’art. 2087 del cod. civ. va letto in combinato disposto con le norme del TUSL.

Il (dovere del) vaccino per (poter) lavorare?

Il Covid colpisce ancora, questa volta dividendo il mondo del lavoro circa la possibilità o meno di obbligare i lavoratori a dotarsi del Green pass per entrare in azienda.

Le fazioni sono due: da una parte le aziende, molte delle quali favorevoli a tale obbligo (che di fatto maschera o smaschera – a seconda dei punti di vista – quell’altro che consiste nel“vacciniamoci tutti!” come se la “immunità di gregge” fosse la soluzione); dall’altra i sindacati, invece, contrari, che rimproverano alle aziende l’imposizione unilaterale secondo la quale si entra e si lavora solo se si è vaccinati, non pensando possibile, sul lungo periodo, il tampone ogni due giorni, per ragione di salute e costi.

Per il vero, in medio stat virtus dal momento che ci sarebbe una possibile terza via, la quale riterrebbe l’obbligatorietà (del Green pass), in virtù dei principi già pienamente in vigore tra normativa civilistica e TUSL.

Al riguardo, come accennato, l’art. 2087 cod. civ. tutelerebbe la salute obbligando il l’imprenditore/datore di lavoro, pubblico o privato (senza distinzione di sorta), ad adottare «le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro», con il preciso dovere a suo diretto carico di tutelare la salute dei propri lavoratori (dipendenti e collaboratori).

Un’eventuale omissione in tal senso, lo esporrebbe al rischio di rispondere a probabili danni subiti da chi dovesse infettarsi in
azienda.

La sentenza del Tribunale di Roma

Secondo una sentenza del Tribunale di Roma (18441/2021), è legittima la sospensione dello stipendio. Nel dettaglio, un datore di lavoro ha sospeso, privandolo quindi anche della retribuzione, un dipendente non vaccinato ritenuto dal medico competente non idoneo alle mansioni attribuite, ma che non era possibile spostare ad altre mansioni compatibili.

Quando infatti non ci sono altre mansioni cui destinare il dipendente è legittima (anzi doverosa) la sua sospensione dal lavoro, con la conseguenza che in assenza della prestazione lavorativa è altrettanto legittimo non erogare lo stipendio.

Il giudice osserva nel merito che il provvedimento di sospensione non deve intendersi quale sanzione disciplinare per il rifiuto di vaccinarsi. Anzi, e poi precisa ancora che il datore di lavoro è garante della salute e sicurezza dei lavoratori e dei terzi e che la protezione della salute rientra tra gli obblighi previsti dall’art. 2087 cod. civ. e dal TUSL.

Questa pronuncia si inserisce a ben guardare in un dibattito aperto sull’obbligo dei lavoratori al vaccino anti Covid-19, all’interno del quale sono intervenute anche altre sentenze di merito, tra cui Trib. Belluno 19 marzo 2021; Trib. Verona 24 maggio 2021; Trib. Modena 23 luglio 2021; Trib. Trento 8 luglio 2021.

Gli scenari futuri: il bastone e la carota

Il quadro è mobile, soggetto a forti evoluzioni.

Green pass reciproco: obbligo per camerieri e altro personale

Una delle ipotesi di lavoro per il Governo, in un futuro decreto, è mettere il green pass obbligatorio per tutti i lavoratori di luoghi ove vige obbligo per i clienti: ristoranti, musei, cinema, bar eccetera.

Per ora non si è concretizzato ma potrebbe tornare.

Come rispondono le aziende

Come abbiamo avuto modo di vedere, non è facile per le imprese orientarsi fra le prescrizioni impartite per il contenimento del coronavirus da una normativa “alluvionale”: Decreti-Legge, Decreti Presidenziali, Circolari, Protocolli, Linee-Guida, Accordi, interventi di Confindustria, Sindacati e Regioni.

Non è neanche semplice districarsi fra le tante e talvolta dissonanti indicazioni istituzionali operanti nel settore della sicurezza e
salute sul lavoro.

Ecco però come le aziende stanno rispondendo, o meglio dire reagendo, nonostante le molte ancora troppe incertezze.

Nel farlo delineiamo due linee di condotta identificate tipicamente con il “bastone” attuando comportamenti punitivi, e con la “carota” laddove invece si adoperino per contro metodi incentivanti ottenendo gli stessi risultati, se non migliori.

Il bastone con sanzioni fino al licenziamento?

Nelle ipotesi di licenziamento del dipendente che rifiuta di vaccinarsi, la questione si complica, non essendoci ancora sufficienti riferimenti legislativi.

La normativa riconosce ad esempio il recesso per giustificato motivo oggettivo a fronte della sopravvenuta infermità permanente del lavoratore a rendere la prestazione. In tal caso l’accertamento dell’inidoneità deve provenire dal medico competente o dalla Commissione medica istituita presso l’ASL.

Chi non si vaccina può essere licenziato?

Perché il licenziamento sia legittimo, occorrono le seguenti condizioni:

  • Stato di malattia tale da non permettere una prognosi definitiva;
  • Assenza di un interesse aziendale a sfruttare le prestazioni lavorative del
    dipendente;
  •  Impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni differenti (anche inferiori).

Un’alternativa è rappresentata dal licenziamento per giusta causa (senza preavviso), a fronte di condotte del dipendente tali da ledere il rapporto fiduciario con l’azienda.

In materia di licenziamenti di lavoratori non disponibili a vaccinarsi, quindi, sarebbe comunque necessaria una più chiara definizione normativa dell’obbligo e delle conseguenze disciplinari nel caso di violazione, che risolverebbe un tema davvero complesso.

Attualmente, l’unico obbligo di vaccinarsi imposto dalla legge è quello previsto per il personale sanitario.

Pluralismo di opinioni

Secondo alcuni sussisterebbe un dovere in capo all’azienda di tutelare l’integrità fisica e la salute dei lavoratori, ritenendo giustificato sospendere i dipendenti che rifiutino il vaccino.

A sostegno di siffatta tesi c’è anche il TUSL che nello specifico dispone, su parere del medico competente, la messa a disposizione di vaccini per i lavoratori non già immuni.

Secondo altri, al contrario, sulla base dell’art. 32 Cost. nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

La carota con incentivi premianti

Mentre negli Stati Uniti gli imprenditori si sono inventanti il bonus contro i No Vax, vediamo cosa sta accadendo in Italia per le aziende che hanno scelto la linea di condotta tesa all’incentivazione del dipendente quale espediente per ottenere il risultato della vaccinazione.

C’è chi stanza un premio in busta paga ai dipendenti che completano il ciclo vaccinale, una sorta di “cashback vaccinale”, prevedendo che – senza obblighi né forzature – sia stanziato un premio di 100 euro netti in busta paga, oltre che un giorno di ferie, per ogni dipendente che completi il ciclo vaccinale ed ottenga il Green Pass.

Poi ci sono altri che decidono di incentivare alla vaccinazione regalando due giorni di ferie per i lavoratori dell’azienda che si vaccinano.

In conclusione

Non esiste alcuna legge in questo momento storico che tuteli un simile diritto, e non sono infatti previsti “permessi speciali” per il Covid-19, dato che quella di vaccinarsi è una scelta personale e non risponde ad alcun obbligo normativo.

Al momento i dipendenti di un’azienda sono costretti a richiedere ore di permesso o giorni di ferie quando la data del vaccino è prevista in una giornata lavorativa, una direzione evidentemente opposta a tutte le attenzioni al work-life balance, la capacità di conciliare la sfera lavorativa con quella privata, uno degli elementi più efficaci del benessere del lavoratore.

Speriamo dunque che con l’ultimo D.L. del Super Green pass anche in azienda, questa escalation normativa determinante una babele burocratica, dopo il 15 giugno termini una volta per tutte, volendo dire che siamo finalmente liberi dal Covid-19 e le sue varianti.

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