Qualcosa sta succedendo sul tema della privacy in rete. Il prossimo 13 ottobre a Roma verra’ presentata la prima bozza di una “costituzione per Internet”, elaborata dalla commissione di esperti istituita dalla presidenza della Camera dei Deputati.
Se Internet, e il Web sopra di esso, sono i nuovi spazi dove viviamo, passando indistintamente da offline a online, e’ giusto, come sostiene Stefano Rodota’ da molto tempo, iniziare a definire bene quali sono i diritti in questo nuovo scenario (“Intervista su privacy e liberta’, Laterza, 2005).
Anzi, un vero e proprio “Internet Bill of Right”, una costituzione per Internet, appunto.
Tra i molti temi affrontati che la commissione dovra’ affrontare (neutralita’ della rete, digital divide, etc.) vi sara’ sicuramente quello della privacy, ovvero come garantire il diritto al controllo della propria identita’ digitale, alla sua riservatezza, sicurezza e accesso: come garantire l’habeas data.
Tutto questo e’ difficile, ma realizzabile.
Difficile perche’ se l’informazione diventa merce, allora piu’ e’ provocatoria, piu’ e’ popolare (es. le foto di vip in posizioni imbarazzanti) e piu’ “vende”.
Realizzabile perche’ non e’ giusto lasciare ai titani del Web (per fare alcuni nomi: Apple, Microsoft, Google, Amazon, Facebook…) la raffinazione senza limiti del petrolio del XXI secolo: l’informazione.
In particolare quando questa nuova “materia prima” la forniamo direttamente noi, navigando in rete, accedendo ai vari servizi online, ai social network.
La vita online presenta molti aspetti controversi, ma questo non significa che l’etica debba restare fuori dal nuovo mondo, anzi.
Dobbiamo al piu’ presto approdondire l’etica e la responsabilita’ sociale nel nuovo mondo virtuale e le sue connessioni con il mondo reale.
Da questo punto di vista i “computer professionals” hanno una responsabilita’ speciale:
sono loro che sviluppano le applicazioni software che incontriamo online, sono loro gli architetti dei nuovi spazi virtuali, quindi sono loro che devono aiutarci ad affrontare la miscela tra online e offline senza temere di essere derubati della nostra identita’. Sono loro che devono darsi un codice deontologico professionale, se vogliono essere veri professionisti.
Nel mondo reale la riflessione ambientalista ha portato al concetto di “recyclable-by-design”, dove la progettazione di qualsiasi artefatto tiene conto anche
della necessaria riciclabilita’ dei materiali usati. Nel mondo virtuale online iniziamo a introdurre il concetto di privacy-by-design. Dove e’ la persona che controlla i propri dati, e solo se esplicitamente rilasciati dal titolare allora vengono immessi in rete.
In altre parole, come sosteneva Lawrence Lessig, il codice diventa norma incorporandola (“Code and other laws of cyberspace”, Basic Books, 1999).
A questo punto la nuova frontiera si sposta prima della legge, la nuova frontiera diventa l’educazione all’etica informatica, alla consapevolezza dei rischi della rete, soprattutto per le nuove generazioni, dove la vita online rischia ormai di prendere il sopravvento sull’offline.
Alla consapevolezza del fatto che il dato (testo o immagine che sia), una volta immesso in rete, lo e’ per sempre. Insomma una vita “salubre” online e’ possibile, anche se va saggiamente dosata, alternandola alla piu’ salutare vita offline.