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Hackathon per la PA, ecco come renderli utili (davvero)

Sono sempre più numerosi gli hackathon organizzati per lo sviluppo di software per la PA. Il modello andrebbe però rivisto, integrando azioni mirate e avviando un approccio più collaborativo da parte della PA verso il cittadino, lo studente, il ricercatore e l’impresa

Pubblicato il 10 Ott 2017

Giovanni Manca

consulente, Anorc

hackathon

Il Team Digitale di Diego Piacentini, tra le numerose iniziative innovative propone eventi che sono strutturati secondo il principio dell’hackathon. L’ultimo evento è stato organizzato nelle giornate del 7 e 8 ottobre 2017 con il titolo “Cambia la PA, riavvia il sistema operativo del Paese”.

L’obiettivo, evidente già nel titolo, è quello di stimolare con attenzione costante l’innovazione digitale nel Paese a partire dalla Pubblica Amministrazione.

Per i due lettori che non conoscono il significato di Hackathon è opportuno dire che il termine nasce dall’unione delle parole hack e marathon.  La maestria informatica degli hacker (i curiosoni dell’informatica che non sono, al di là del linguaggio comune i cracker ovvero i cattivi) impiegata senza sosta per un paio di giorni ma anche per una settimana.

La prima volta che ho sentito questo termine è stato nel 1999 in relazione a un evento relativo ad un sistema operativo open di classe UNIX. Gli sviluppatori dovevano individuare nuove soluzioni che permettessero a questo sistema operativo di diventare più sicuro anche con l’integrazione di sistemi crittografici.

La bontà dell’idea si è dimostrata tale da sviluppare sempre di più questo tipo di iniziative e con lo sviluppo di Internet fino alla iniziativa quasi personale dell’APP che porta al soggetto creatore della startup gli hackathon si sono orientati a determinare occasioni promosse da aziende del settore informatico per la ricerca rapida di nuovi software. In molti casi si sono rivelate dei talent show, base per la ricerca da parte di venture capitalist di nuovi teamstartup o aree geografiche in cui investire o idee innovative da finanziare.

Anche nel caso dell’evento di quest’ultimo fine settimana (7/8 ottobre) il Team Digitale e l’organizzazione hanno chiamato a raccolta 25 città italiane e San Francisco per riavviare il sistema operativo del paese.

Tantissima adesione anche da principali aziende internazionali, pubbliche amministrazioni e gestori dell’identità digitale accreditate presso AgID.

Ampia anche l’offerta di tecnologie per i partecipanti alla manifestazione.

Quindi fin qui tutto positivo e complimenti per l’iniziativa tra l’altro a carico dei qualificatissimi sponsor con partecipanti che hanno speso allo scopo un fine settimana.

Ma…

Fermo restando che l’ampiezza e la diffusione degli Hackathon è tale che anche la PA ne debba organizzare, ci si chiede se questo tipo di iniziative non possa essere associato ad azioni più mirate. Per esempio in alcune sedi era disponibile una postazione di test per la CIE (lettore e smart card fac simile). Mi risulta che la stessa possibilità non è stata fornita ad aziende che volevano sperimentare soluzioni per la CIE e la CNS. La chiave pubblica della CIE non è stata pubblicata o resa disponibile ai richiedenti (contro la sua natura di chiave pubblica). Si è ricercato all’interno delle aziende un titolare di CIE 3.0 (alla data ne sono state emesse circa 950.000) o si è sollecitato un collega ad attivare la CNS.

E in modo “hacker” si sono sviluppate APP che tramite smartphone (interfaccia NFC; bluetooth per iPHONE) consentono l’accesso ai servizi in rete della PA. Tramite CIE 3.0 e CNS è anche possibile sviluppare un’APP per la firma elettronica avanzata che consente ai cittadini di sottoscrivere istanze e dichiarazioni pienamente efficaci per la validità degli atti.

Infinite sono le applicazioni della CIE 3.0 (nell’Hackathon si è affermata una simpatica iscrizione in palestra tramite essa) a partire dall’applicazione delle norme antiriciclaggio, dalla semplificazione del tracciamento degli accessi negli uffici pubblici e per tutte le operazioni che ci costringono a compilare la nostra anagrafica.

La CNS ha già dato anche tramite servizi di accesso agli impianti di risalita sciistici e ticket restaurant elettronici.

Per quanto riguarda lo SPID e miglioramenti per l’utilizzo in mobilità, è naturale chiedersi se era necessario un Hackathon vista la numerosità e la competenza delle aziende in campo, ma già il fatto che l’Hackathon si sia svolto e ci consenta di commentarlo è positivo. Da questa esperienza deve, però, nascere un approccio più collaborativo da parte della PA verso il cittadino, lo studente, il ricercatore, l’impresa e anche verso la pubblica amministrazione stessa, perché beni e servizi della PA sono di tutti e tutti devono avere pari opportunità nell’utilizzo per scopi “open” ma anche commerciali e non attendere l’Hackathon che deve, invece, rappresentare un momento di sintesi e di confronto. Se non è così, va allora rivisto il modello di sviluppo del codice nella PA. In ogni caso, se è di tutti funziona meglio.

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