I limiti del Foia, che c’è da imparare dagli Stati Uniti

Il confronto Italia-Usa è istruttivo per comprendere la portata del Freedom of information act ma anche le sue eccezioni e debolezze. Per fare luce sulle quali bisogna attendere le a lungo promesse linee guide Anac

Pubblicato il 20 Set 2016

Francesco Addante

consulente in trasparenza PA

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Andiamo negli Stati Uniti per capire quali sono i limiti di questa che ora, per l’Italia, è considerata una rivoluzione: il FOIA, la cosiddetta legge sulla Libertà (di accesso) all’Informazione (pubblica). Ossia, il fatto che pubblica amministrazione ha obblighi di informazione, pubblicazione e trasparenza, mentre i cittadini hanno diritto a chiedere ogni tipo di informazione prodotta e posseduta dalle amministrazioni che non contrastino con la sicurezza nazionale o la privacy.

Negli USA, già dal 1966, ha permesso, di portare alla luce casi di perdita o furto di munizioni a partire dalla guerra del Golfo, di essere informati su un disastro nucleare evitato, di conoscere il contenuto delle discusse mail di Hillary Clinton, di indagare sui rapporti tra lo sceneggiatore, la regista di Zero Dark Thirty e i servizi segreti della CIA, di costruire un indice di affidabilità dei dottori per individuare facilmente casi di malasanità.

Il diritto di accesso ai propri dati può essere esercitato da chiunque, ma per avere l’accesso a quelli di altri è necessario presentare una serie di documenti, che verificano l’identità del richiedente, anche attraverso atti notarili oltre che deleghe o consenso da parte di chi è il proprietario di quei dati.

Le informazioni su cui si può esercitare il diritto sono quelle detenute delle agenzie federali, ma non quelle del Congresso, dei tribunali, o di agenzie governative statali o locali e anche qui l’accesso generalizzato è esercitabile con delle rilevanti eccezioni che, tuttavia, sono chiare e ben definite: si parla di una di quelle previste dalle tre leggi speciali di esclusione o di nove esenzioni contenute nella legge come nel seguito indicato:

“1) informazioni classificate per la difesa nazionale o per la politica estera;

2) le norme interne e “pratiche” del personale;

3) le informazioni che sono esenti ai sensi di altre leggi;

4) i segreti commerciali ed informazioni commerciali riservate;

5) lettere o note tra agenzie o intra-agenzie che sono protette da privilegi legali;

6) file personali e sanitari;

7) applicazioni di leggi o informazioni;

8) informazioni relative a vigilanza bancaria;

9) informazioni geologiche e geofisiche.”

Restrizioni che si aggiungono a quelle che si vengono a determinare nel corso di un procedimento complesso e soprattutto per il fatto che hanno un costo che potrebbe limitare l’accesso alla fascia di popolazione meno abbiente, infatti, il FOIA americano non richiede che le Agenzie facciano ricerche per i richiedenti, che diano risposte scritte a domande, o che creino informazione in qualsiasi altro modo (come elenchi o statistiche). Per rispondere a una richiesta, inoltre, una volta effettuata la ricerca, il Dipartimento valuterà se le informazioni possono essere rilasciate secondo il FOIA oppure no, anche consultando altre agenzie federali.

Il Dipartimento procederà quindi ad attribuire il corrispettivo da pagare per l’attività di ricerca svolta, anche nei casi in cui il FOIA viene utilizzato per accedere a certificati di nascita, di matrimonio, o documenti come il passaporto, quando in Italia per lo svolgimento di tale attività è invece disponibile al cittadino l’anagrafe comunale o la questura.

Il costo per il servizio di accesso tramite FOIA a carico degli utenti non è irrisorio, infatti occorre pagare non solo le fotocopie, ma anche l’attività dei “civil servant” dedicati a questo, ossia il tempo che i dipendenti pubblici delle agenzie impiegano per fornire un riscontro. Un po’ assomiglia al contributo in sede di gara che pagano le P.A. e gli operatori economici all’ANAC per poter partecipare alla gara di un appalto e che di regola dovrebbe finanziare la stessa Autorità.

La questione è assai delicata se si pensa che non è possibile conoscere preventivamente quale sarà la spesa necessaria per avere l’accesso, che infatti verrà determinata solo a fine procedimento anche se sono previste delle tariffe orarie delle diverse professionalità coinvolte nelle ricerche: si va dai 21 dollari l’ora di un impiegato, ai 41 dollari l’ora di un funzionario, per arrivare ai 76 dollari l’ora di un dirigente, senza contare che per ottenere un accesso ad un contratto di una P.a. occorre sborsare 300 dollari. E in ogni caso il tempo impiegato viene comunque retribuito: anche se i documenti non vengono trovati o non possono essere resi pubblici per qualche motivo restrittivo, l’esborso finanziario è comunque dovuto.

Se in questo modo si presuppone una vera e propria organizzazione per offrire questo servizio che di sicuro sarà efficiente e di qualità, dall’altro, ci si domanda se non sia possibile evitare costi e complessità dei processi di produzione tramite un procedimento automatizzato, tipico di una vera amministrazione digitale, che possa fornire al cittadino in modo, appunto informatizzato, quello che cerca, sgravando di compiti le P.A e rendendo disponibili in remoto le informazioni ai richiedenti che potrebbero verificare, in qualsiasi momento e a distanza lo stato della propria pratica. Questo è quanto chiede in Italia la legge Anticorruzione e che si spera possa essere concretamente attuato. E’ strano che negli USA, un nazione che nelle sue riforme della P.A. ha sempre dato un posto rilevante all’ITC, non si sia provveduto in tal senso, come non si comprende come il FOIA statunitense non sia, a quanto pare, “open government” visto che in questo Paese si parla tanto di “Accountability”.

Davide D’amico, che ha tradotto l’”Information Access Guide”, la “Guida di accesso alle informazioni del Dipartimento di Stato” americano e autore di queste riflessioni, ha scoperto che tale attività rappresenta una fonte rilevante per il Paese. Consultando, ad esempio, i dati relativi alle richieste FOIA effettuate alla CIA, risultano circa 10.000.000 di dollari di introiti l’anno per l’accesso a documenti, cui corrisponde un impegno di 50 risorse umane coinvolte full time. Se moltiplichiamo questi introiti per tutte le Agenzie, è facile immaginare quanti milioni di dollari l’anno entrano con questo diritto di accesso.

In Italia, invece, sono interessate tutte le P.A. indicate nel Testo del Pubblico impiego, ivi comprese le Autorità portuali, nonché le Autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, ambito soggettivo di applicazione esteso, con la recente disposizione, agli Enti pubblici economici, Ordini professionali, Società in controllo pubblico, Associazioni, alle Fondazioni e agli Enti di diritto privato in specifiche situazioni indicate dalla norma vigente e compatibilmente con quanto verrà deciso dall’ANAC.

Se non per alcune differenze, come “nome interne e pratiche del personale” e “informazioni geologiche e geofisiche”, le cause di esclusione dell’accesso alle informazioni introdotte normativamente dal FOIA italiano sono simili a quelle statunitensi.

Inoltre, in Italia, il rilascio di copie in formato elettronico e cartaceo di dati e documenti in relazione ai quali si è esercitato l’accesso civico è gratuito ed è limitato al rimborso dei costi documentati per “riproduzione su supporti materiali”.

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