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Neuroscienze: le sfide per il mondo dell’educazione



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Secondo alcuni studiosi abbiamo bisogno di una nuova categoria di diritti umani, i “neurodiritti”. Sono quei principi che definiscono e proteggono la sfera cerebrale e mentale della persona. Cosa cambia per le discipline che si occupano di educazione e sviluppo della persona?

Pubblicato il 25 mag 2023

Mirta Michilli

direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale

Alfonso Molina

personal chair in Technology Strategy all’Università di Edimburgo e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale



neuro scienze, cervello brain

L’affascinante sviluppo delle neuroscienze, dalle tecnologie di scansione alle interfacce cervello-macchina, pone interrogativi inediti e mette in discussione la mente umana, così come concepita finora.

Neuroscienze e neuroetica

Anche se negli ultimi tempi il dibattito pubblico sembra concentrarsi soprattutto sull’intelligenza artificiale, ci sono infatti altre aree dello sviluppo tecnologico che sollevano serie preoccupazioni etiche, come le neuroscienze. Il cervello è la parte più complessa del corpo umano, con circa 86 miliardi di neuroni (ultima stima), 6-7mila sinapsi per neurone e trilioni di connessioni tra neuroni, il tutto per un peso economico tra 1,2 e 1,4 chilogrammi. Questa meraviglia dell’evoluzione è il tema centrale delle neuroscienze e delle loro attività che comprendono:

  • conoscere la complessa struttura e funzionalità del cervello e del sistema nervoso attraverso approcci multidisciplinari che includono l’anatomia, la biologia molecolare, la modellazione matematica, l’intelligenza artificiale e altre discipline;
  • sviluppare e usare la tecnologia per contribuire a migliorare la comprensione e il funzionamento del cervello e del sistema nervoso.

Attraverso queste attività, le neuroscienze stanno svelando l’attività del substrato neurale della soggettività e del comportamento cognitivo ed emotivo delle persone, arricchendo la comprensione prodotta da discipline come la psicologia individuale e sociale, le scienze cognitive, la psichiatria e altre pratiche più meditative come la mindfulness.

Si sta anche iniziando a intervenire sui risultati dell’attività cerebrale (dalla decodifica del pensiero a un maggiore controllo), compresa l’attività delle onde cerebrali attraverso gli sforzi iniziali per indurre stati mentali desiderabili, come potrebbe essere lo stato di “flusso” delle massime prestazioni. Questo porta a un nuovo livello il concetto filosofico e psicologico di mente estesa e di sé esteso.

L’interfaccia neurale

La neurotecnologia digitale è nota come interfaccia cervello-computer (in inglese Brain-Computer Interface con l’acronimo BCI) e sta progredendo rapidamente in campo medico, dove il rilevamento, l’elaborazione e l’attuazione dei segnali cerebrali cercano di “sostituire o ripristinare le funzioni utili alle persone disabili a causa di disturbi neuromuscolari come la sclerosi laterale amiotrofica, la paralisi cerebrale, l’ictus o le lesioni del midollo spinale” (Shih et al., 2012, p. 268).

Alcune delle tecnologie più note sono la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che consente di misurare e mappare l’attività cerebrale rilevando i cambiamenti nel flusso sanguigno; uno scanner cerebrale magnetoencefalografico monitora il campo magnetico generato dai neuroni in comunicazione; e una cuffia EEG (elettroencefalografia) può rilevare i segnali elettrici prodotti dai neuroni. Le interfacce cervello-computer comprendono anche impianti di elettrodi e microchip direttamente nel cervello, per consentire, ad esempio, il “controllo mentale” dei dispositivi e la “lettura mentale” delle parole.

Gli impianti BCI attirano grande curiosità e attenzione, viste le sfide, i rischi e i timori legati all’operazione invasiva che richiede la rimozione di parte del cranio per impiantare gli elettrodi nel cervello. Negli ultimi due decenni, gli impianti BCI per individui affetti da una varietà di problemi neuro-motori hanno raggiunto le prime pagine delle riviste scientifiche. Tra le applicazioni mediche, un impianto cerebrale ha bypassato gli occhi consentendo una visione rudimentale (Juskalian, 2020), un altro ha permesso a persone paralizzate di controllare il cursore di un computer (Martin, 2005), di afferrare oggetti con braccia robotiche e di guidare aerei in simulatori di volo, tutto questo mentre le persone si allenano ad attivare i neuroni pensando di muovere le braccia e le mani (Regalado, 2021). L’impianto di un dispositivo noto come Utah array, insieme a una guaina di elettrodi che ricopre quasi interamente il braccio destro, ha permesso a un uomo di attivare i propri muscoli per eseguire i movimenti desiderati (Tullis, 2019). Gli impianti cerebrali sono utilizzati anche nella ricerca per il trattamento di pazienti con epilessia intrattabile (Piore, 2017).

Le implicazioni commerciali degli impianti cerebrali

Un attore importante nel campo degli impianti cerebrali è Neuralink, l’azienda fondata da Elon Musk. Neuralink è spesso al centro delle cronache per gli impianti nel cervello di un maiale e nel cervello di una scimmia, che è stata mostrata mentre giocava a Pong in un video (Ryan, 2021). Sono previsti impianti nel cervello delle persone con l’intenzione di ripristinare o estendere le capacità umane (Regalado, 2020 e Waltz, 2020). Neuralink potrebbe essere una delle aziende neuro più famose, data la capacità di Musk di fare spesso notizia. Ma ci sono molte aziende affermate e startup che lavorano in questo campo. Una semplice ricerca su Google di “aziende di neuroscienze o neurotecnologie” produce una panoplia di nomi che testimoniano una fiorente arena commerciale. A fianco dello sviluppo commerciale ci sono le iniziative pubbliche di neuroscienze promosse in vari paesi e regioni con l’obiettivo dichiarato di fare un salto di qualità nella comprensione del cervello. Tra queste, l’European Human Brain Project, che riunisce più di 500 scienziati e ingegneri provenienti da oltre 140 università, ospedali e centri di ricerca, e il Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies (BRAIN) degli Stati Uniti, che conta su partecipanti provenienti dal settore pubblico e privato, tra cui agenzie governative federali, leader dell’industria privata, filantropi, organizzazioni non profit, fondazioni, università e college, e altri ancora, tra cui l’agenzia militare Defense Advanced Research Projects Agency.

La guerra cognitiva

Naturalmente le neuroscienze esercitano un grande fascino anche sulle forze armate per la loro promessa di migliorare le prestazioni sia difensive che offensive relative alla sicurezza domestica e al potenziale bellico. Come specificato, “le attuali neuroscienze all’avanguardia, comprese le nuove forme di scansione cerebrale, le interfacce cervello-computer (BCI) e la neuromodulazione, vengono sfruttate per il potenziamento dei combattenti, il rilevamento degli inganni e altre applicazioni militari all’avanguardia per servire gli interessi della sicurezza nazionale” (Tennison e Moreno, 2012, p.1). In una versione più popolare, un articolo del Guardian suggeriva: “I soldati potrebbero avere le loro menti collegate direttamente ai sistemi d’arma, essere sottoposti a scansioni cerebrali durante il reclutamento e seguire corsi di stimolazione neurale per migliorare il loro apprendimento, se le forze armate abbracciano gli ultimi sviluppi delle neuroscienze per affinare le prestazioni delle loro truppe”.

I neurodiritti

Queste applicazioni aprono la possibilità di scenari strabilianti con una serie di problemi politici, legali ed etici a livello nazionale e internazionale, come sottolineato in un rapporto della Royal Society che chiede iniziative educative per rendere i neuroscienziati “consapevoli delle implicazioni del doppio uso delle neuroscienze in una fase precoce della loro formazione attraverso una maggiore istruzione e sforzi di sensibilizzazione” (The Royal Society, 2012, p.60). Questo appello all’educazione deve essere allargato a tutto il mondo dell’istruzione, comprese le scuole, come aspetto principale dei programmi di orientamento. Il primato del cervello e del sistema nervoso nell’essenza stessa delle persone come individui e cittadini rende le neuroscienze un’attività altamente sensibile per l’evoluzione umana.

Prevedibilmente, proprio come accade per l’intelligenza artificiale, sono sorti numerosi gruppi e organizzazioni che si occupano di “neuroetica e neurodiritto”, lo sviluppo e la pratica etica e legale delle neuroscienze. Essi sostengono l’importanza di una nuova categoria di diritti umani: i “neurodiritti”, definiti come “i principi etici, legali, sociali o naturali di libertà o di diritto relativi al dominio cerebrale e mentale di una persona; cioè, le regole normative fondamentali per la protezione e la conservazione del cervello e della mente umana”. Nella loro versione più popolare, i neurodiritti sono stati definiti come una categoria emergente di diritti umani volti a proteggere la sfera cerebrale e mentale della persona” (Ienca, 2021, p.6).

Le raccomandazioni

La consapevolezza, l’advocacy e la mobilitazione riguardo all’importanza degli aspetti etico-giuridici delle neuroscienze che arrivano ai neurorights sono piuttosto recenti. L’accelerazione delle neurotecnologie è stata accompagnata da una corrispondente crescita di pubblicazioni e, soprattutto, di attività di sensibilizzazione e advocacy. Ricordiamo che il rapporto del 2012 della Royal Society lamentava la mancanza di consapevolezza delle “implicazioni a doppio uso delle neuroscienze” tra i neuroscienziati, per non parlare della società in generale. Da allora almeno la comunità delle neuroscienze e le organizzazioni politiche, a livello nazionale e internazionale, hanno dato vita a diverse iniziative per generare e promuovere linee guida legali etiche per lo sviluppo e l’uso futuro delle neurotecnologie.

Un primo sforzo è stata la diffusione di un documento che impegna i neuroscienziati a: “In primo luogo, a rendersi consapevoli di possibili applicazioni che violerebbero il diritto internazionale o i diritti umani e, in secondo luogo, ad agire in conformità con il diritto nazionale e internazionale rifiutando di partecipare consapevolmente all’applicazione delle neuroscienze a tali violazioni” (Bell, 2010, 2014). L’impegno intende essere una linea d’azione ed è stato firmato da neuroscienziati di 17 paesi (Ienca e al., 2018).

Nella seconda metà degli anni 2010 sono nate iniziative come il Morningside Group, composto da neuroscienziati, neurotecnologi, clinici, etici e ingegneri di intelligenza artificiale. Vi partecipano rappresentanti di aziende (ad esempio Google), di progetti internazionali sul cervello e di istituzioni accademiche e di ricerca negli Stati Uniti, in Canada, Europa, Israele, Cina, Giappone e Australia. Il Gruppo lavora per fornire linee guida etiche alle neurotecnologie e ai diritti neuronali e le sue raccomandazioni riguardano quattro aree di interesse (Goering e Yuste, 2016; Yuste e Goering, 2017):

  • Privacy e consenso. I cittadini dovrebbero avere la possibilità, e il diritto, di mantenere privati i propri dati neurali.
  • Agenzia e identità. L’identità individuale (integrità corporea e mentale) e l’agenzia (la capacità di scegliere le nostre azioni) devono essere protette come diritti umani fondamentali.
  • Aumento. Dovrebbero essere stabilite linee guida per fissare limiti all’implementazione e all’uso di neurotecnologie di aumento, e dovrebbero esistere norme rigorose sull’uso della tecnologia neurale per scopi militari.
  • Pregiudizio. Le contromisure per combattere il pregiudizio dovrebbero diventare la norma per l’apprendimento automatico.

In un recente documento, i membri del gruppo propongono quattro modi per affrontare le sfide (Goering et al., 2021):

  • vertici democratici e inclusivi per stabilire linee guida etiche e sociali coordinate a livello globale per lo sviluppo e l’applicazione delle neurotecnologie;
  • nuove misure, tra cui i “Neurorights”, per la privacy, la sicurezza e il consenso dei dati, per rafforzare il controllo degli utenti delle neurotecnologie sui loro dati;
  • nuovi metodi per identificare e prevenire i pregiudizi;
  • l’adozione di linee guida pubbliche per una distribuzione sicura ed equa dei dispositivi neurotecnologici.

L’impatto sullo sviluppo umano

Tra le organizzazioni sensibili a questi temi possiamo citare l’International Neuroethics Society, un’associazione di professionisti e studenti con la missione di incoraggiare e ispirare la ricerca e il dialogo sull’uso responsabile dei progressi della scienza del cervello. Raccoglie circa 300 membri in 28 Paesi. Anche altre organizzazioni internazionali si stanno aggiungendo, a dimostrazione della crescente preoccupazione per le neurotecnologie e il loro impatto sullo sviluppo umano. Una delle prime è stata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), con quasi 40 Paesi membri e sede a Parigi. Nel 2017, l’OCSE ha pubblicato il documento politico Neurotechnology and Society. Strengthening Responsible Innovation in Brain Science (Rafforzare l’innovazione responsabile nelle scienze cerebrali), in cui si affermava con ampio consenso che le neurotecnologie devono integrare l’etica e le preoccupazioni della società, poiché il chiarimento dei problemi può aprire percorsi di ricerca e sviluppo e consentire l’innovazione. Due anni dopo, nel dicembre 2019, il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Raccomandazione del Consiglio sull’innovazione responsabile nelle neurotecnologie (OCSE, 2019b). La Raccomandazione si proponeva di essere il primo standard internazionale nel settore delle neurotecnologie, fornendo raccomandazioni volte a “guidare i governi e gli innovatori ad anticipare e affrontare le sfide etiche, legali e sociali sollevate dalle nuove neurotecnologie, promuovendo al contempo l’innovazione nel settore” (OCSE, 2022, p.3). Ogni fase del processo di innovazione, dalla ricerca alla commercializzazione e fino alla regolamentazione, riceve indicazioni per massimizzare i benefici e minimizzare i rischi. La Raccomandazione contiene nove principi:

  • promuovere l’innovazione responsabile;
  • dare priorità alla valutazione della sicurezza;
  • promuovere l’inclusività;
  • favorire la collaborazione scientifica;
  • consentire la deliberazione della società;
  • consentire la capacità degli organi di controllo e di consulenza;
  • salvaguardare i dati personali dei cervelli e altre informazioni;
  • promuovere una cultura della gestione e della fiducia in tutto il settore pubblico e privato;
  • anticipare e monitorare il potenziale uso e/o abuso non intenzionale.

L’uso medico della tecnologia

Nel novembre 2019, il Comitato di bioetica del Consiglio d’Europa (CdE) ha adottato il rapporto Piano d’azione strategico sui diritti umani e le tecnologie in biomedicina (2020-2025), ponendo l’accento sull’etica dell’uso medico della tecnologia. Il rapporto stabilisce che “la visione e l’approccio del Piano d’azione strategico sono quelli di proteggere la dignità umana e i diritti umani e le libertà fondamentali dell’individuo in relazione all’applicazione della biologia e della medicina” (Comitato per la bioetica del Consiglio d’Europa 2019, p.6). L

‘anno 2021 ha visto un nuovo rapporto commissionato dal Comitato di Bioetica del Consiglio d’Europa dal titolo “Common Human Rights Challenges Raised by Different Applications of Neurotechnologies in the Biomedical Fields” (Sfide comuni per i diritti umani sollevate dalle diverse applicazioni delle neurotecnologie in campo biomedico); il rapporto sviluppa il tema dei “diritti dei neuroni”, sostenendo che essi non sono sufficientemente specificati negli attuali strumenti per i diritti umani e che ciò potrebbe indicare la necessità di una “riforma normativa per specificare adeguatamente i principi di libertà o di diritto relativi alla mente e al cervello di una persona nell’era delle neurotecnologie”. Questo processo può avvenire in due modi: attraverso l’interpretazione adattativa dei diritti esistenti e attraverso l’aggiunta di nuovi diritti” (Ienca 2021, p. 72). Nello stesso anno, il Comitato internazionale di bioetica dell’UNESCO (IBC), un organismo di 36 esperti indipendenti, ha pubblicato il progetto di rapporto dell’IBC sulle questioni etiche delle neurotecnologie. Le raccomandazioni sostengono anche la necessità di creare “diritti neuronali”, spiegando che oggi esiste un vuoto giuridico virtuale quando si tratta dei rischi etici associati alle neurotecnologie. Il documento invita ogni Paese a garantire i diritti neuronali dei propri cittadini, sottolineando “la necessità di prestare particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti, a causa della plasticità del loro cervello in via di sviluppo”.

Infine, un nuovo documento rivisita le quattro aree di interesse del Gruppo Morningside: identità e agenzia, privacy, pregiudizi e valorizzazione, proponendo una serie di dieci raccomandazioni:

  • basandosi sui quadri dei diritti umani esistenti, stabilire “diritti neuronali” (ad es. libertà mentale, privacy mentale e integrità mentale);
  • migliorare il consenso informato per le neurotecnologie;
  • creare impostazioni predefinite che richiedano un opt-in attivo per la condivisione dei dati cerebrali;
  • crittografare i dati cerebrali lungo l’intero arco, dal sito di registrazione cerebrale al dispositivo di output;
  • limitare la condivisione dei dati cerebrali (dati i rischi di re-identificazione) e le preoccupazioni per l’aumento dei mercati commerciali;
  • riconoscere i pregiudizi;
  • contrastare attivamente i pregiudizi;
  • incoraggiare la responsabilità commerciale nello sviluppo delle neurotecnologie;
  • promuovere un accesso equo alle neurotecnologie;
  • creare un’ampia commissione internazionale che si riunisca regolarmente e valuti gli sviluppi delle neurotecnologie con l’obiettivo di fornire una guida etica e impegni condivisi per un’innovazione responsabile.

Conclusioni

Questa breve rassegna mostra una consapevolezza e un’attività in rapido aumento per quanto riguarda l’etica della politica scientifica, tecnologica e politica delle neuroscienze e delle neurotecnologie. Le linee guida e le raccomandazioni di vari organismi cercano di garantire che il futuro sviluppo delle neurotecnologie massimizzi i benefici e minimizzi i rischi per lo sviluppo umano. Gran parte dell’attività, tuttavia, rimane nell’ambito degli organismi scientifici e politici di alto livello. Dato che le linee guida e le raccomandazioni sono volontarie, la loro attuazione richiede un cambiamento collettivo di comportamento senza precedenti. A nostro avviso, ciò richiede uno sforzo diffuso per coinvolgere l’intero sistema educativo e promuovere la consapevolezza dei benefici e dei rischi, ovvero del duplice ruolo delle neurotecnologie e dell’importanza della neuroetica e dei diritti dei neuroni.

Già da alcuni anni, in occasione della RomeCup, la Fondazione Mondo Digitale ha portato in Italia il Brain Control Interface Race, una delle sfide del Cybathlon, l’originale campionato lanciato dal Politecnico federale di Zurigo. Con la formula dei contest creativi studenti delle superiori, universitari e ricercatori si cimentano nella progettazione di dispositivi robotici controllabili con il pensiero. Il fattore chiave è proprio l’interazione tra la tecnologia assistiva e chi la usa, la capacità cioè di “pilotare” lo strumento tecnologico. A partire da un evento a livello scolastico e universitario possiamo così far conoscere a tutti le tecnologie che aiutano a muoversi e non solo a fare sport. E costruire una cultura digitale più profonda e diffusa sulle neuroscienze al servizio del migliore sviluppo umano.

Bibliografia

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