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I problemi giuridici di Internet: il dibattito sul diritto all’uguaglianza digitale

L’avvento dell’era digitale rende sempre più attuali le implicazioni socio-giuridiche del digital divide, al punto tale da determinare una riflessione generale sul rapporto tra diritto e tecnologia. Alla ricerca di una soluzione per assicurare un’effettiva inclusione degli individui nella società digitale

Pubblicato il 16 Set 2015

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

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In quest’ultimo periodo ho letto con particolare attenzione e interesse il libro La Rete Internet come spazio di partecipazione politica. Una prospettiva giuridica”.

Il volume, (a cura di F. Marcelli, P. Marsocci, M. Pietrangelo, Editoriale Scientifica s.r.l., aprile 2015), predispone un’esaustiva analisi dedicata al fenomeno di Internet, evidenziando i principali profili che caratterizzano la dimensione peculiare della Rete, mediante una dettagliata e ampia ricostruzione del quadro normativo esistente anche a livello internazionale, al fine di individuarne il relativo fondamento, nella sua valenza di indiscusso bene comune su scala globale. Al riguardo, il diritto internazionale offre un’interessante base normativa da utilizzare per compiere tale indagine, nell’ambito di un quadro regolatorio contenente una serie di principi che dovrebbero ispirare le politiche nazionali e internazionali relative ad Internet, così da promuovere una governance democratica, multilaterale e trasparente della Rete.

L’esame focalizza i casi in cui Internet ed in generale i social network svolgono un ruolo determinante nella promozione della partecipazione politica (emblematica è la nota rivoluzione cd. “Primavera Araba”), in cui la Rete sembra assumere le caratteristiche di uno strumento interattivo e innovativo di partecipazione politica, con effetti decisivi sulle concrete dinamiche della protesta organizzata dagli attivisti.

Al contempo, però, vengono tratteggiati preoccupanti profili di ambiguità della Rete, nella sua veste di strumento di controllo, che rende possibili attività repressive e/o di controllo esercitate dai governi, per impedire la libera espressione del pensiero in Rete o comunque limitare l’esercizio dei diritti configurabili online.

In tale prospettiva, viene approfondita la rilevanza sempre più attuale di Internet, che rappresenta un indispensabile strumento di esercizio dei diritti di cittadinanza, di partecipazione al potere pubblico e di sviluppo della persona umana, al punto tale da rendere urgente l’esigenza di definire un’adeguata politica di lotta al digital divide, a causa di una significativa discriminazione tra coloro che hanno accesso ad Internet e sono nelle condizioni di disporre degli strumenti informatici e coloro che ne sono esclusi a causa di una serie fattori economici, geografici, culturali e sociali che alimentano la nota analfabetizzazione informatica, con gravi ricadute negative sulla partecipazione paritaria dei cittadini alla vita pubblica politica e democratica e sulle condizioni effettive di esercizio dei diritti civili, sociali e politici attraverso cui si realizza lo sviluppo della personalità dell’individuo.

Nell’ambito di un interessante approfondimento dedicato alla consultazione pubblica telematica, il volume ripercorre le principali tappe evolutive della disciplina introdotta in materia di amministrazione digitale, proprio per dimostrare il costante processo di adeguamento del quadro normativo all’innovazione tecnologica sviluppatasi nel corso del tempo, sulla base dei frequenti interventi legislativi resi necessari dalla diffusione delle tecnologie digitali.

Viene approfondito il tema della governance di Internet, mediante l’individuazione dei principali organismi nazionali ed internazionali preposti alla definizione delle regole dirette a garantire un’efficace evoluzione della Rete.

Il volume offre una completa ed attuale panoramica sul fenomeno della “politica 2.0”, mediante una serie di dati riguardanti i partiti politici presenti online nel cyberspazio, in modo da fornire interessanti spunti di riflessione sul mutamento dei tradizionali canoni della democrazia con l’avvento del web, i cui effetti sono destinati a trasformare le modalità organizzative dei movimenti politici ed in generale di qualsiasi altra aggregazione sociale, nella prospettiva di incrementare la partecipazione dei cittadini e la trasparenza del processo decisionale.

Mi ha particolarmente colpito il contributo (a cura della Prof.ssa Paola Marsocci) dedicato all’analisi della cittadinanza digitale che si afferma con l’avvento del web, di cui vengono esaminati i fondamenti costituzionali alla luce delle potenzialità democratiche della Rete, nella prospettiva di ipotizzare una nuova ed inedita regolamentazione di Internet resa necessaria da una possibile inadeguatezza dei tradizionali canoni del sistema costituzionale, in modo da assicurare la definitiva formalizzazione della rilevanza della Rete.

Il contributo alimenta un dibattito sempre più attuale, in cui risulta estremamente interessante focalizzare le problematiche che riguardano la concreta configurazione del diritto di accesso ad Internet, al fine di stabilire la necessità o meno di un mutamento del quadro normativo vigente, finalizzato a formalizzare la rilevanza delle tecnologie digitali all’interno del tessuto regolamentare di un moderno ed innovativo ordinamento giuridico, in considerazione delle implicazioni applicative che oggi assume il tema della cittadinanza digitale.

Internet possiede, però, caratteristiche particolari che rendono problematico e complesso il tentativo di una possibile regolamentazione del fenomeno. È, infatti, caratterizzato da istantaneità e immediatezza, è uno strumento interattivo. Simboleggia il processo di intensificazione delle relazioni umani e sociali su scala mondiale perché concorre alla creazione di un “villaggio globale” che costituisce l’essenza stessa del fenomeno della globalizzazione. Il più importante elemento che connota la dimensione virtuale della Rete è il carattere della a-territorialità. Inoltre, lo spazio della Rete si configura come uno spazio aperto, virtuale, privo sia della bidimensionalità dei mass media, sia della tridimensionalità dello spazio delle rappresentazioni fisiche.

Rispetto a tali caratteristiche, risulta interessante approfondire il dibattito sul diritto di Internet, enucleabile mediante l’elaborazione di regole e principi fondamentali funzionali a garantire la protezione delle specifiche situazioni soggettive che si manifestano nello spazio virtuale della Rete e che sono meritevoli di tutela giuridica.

In particolare, si pone il problema di stabilire se la costituzionalizzazione della Rete richieda necessariamente l’inserimento di Internet nel testo formale delle Costituzioni con il conseguente ampliamento dei diritti costituzionali esistenti, o se sia sufficiente attualizzare il contenuto normativo delle prescrizioni già vigenti, sulla base di una semplice interpretazione estensiva, in modo da ricondurre nell’ambito applicativo delle disposizioni costituzionali già esistenti anche le nuove fattispecie virtuali che connotano il cyberspazio.

Al riguardo, si registra l’esistenza di orientamenti opposti. Una prima tesi auspica il necessario adeguamento del tessuto normativo della Carta Fondamentale alla luce dell’evoluzione tecnologica sviluppatasi nel corso del tempo, evidenziando l’inidoneità della Costituzione a disciplinare la Rete Internet, in considerazione del fatto che il Costituente non poteva immaginare lo straordinario sviluppo di questo fenomeno.

Pertanto, in assenza di specifiche disposizioni ad hoc attualmente vigenti, si ritiene (citando testualmente il contributo menzionato) che “inserire con forza prescrittiva nel testo della Costituzione il diritto di accesso ad Internet tra i diritti sociali può, ancorando ad esso la forza evocativa di un mezzo tanto potente, rivitalizzare il principio di eguaglianza sostanziale, così come contribuire a contrastare il diffondersi dell’idea di un’economia sovrana distaccata dagli Stati e dalle loro leggi (come anche dagli ordinamenti internazionali), proprio sul nodo della ricchezza e della sua distribuzione”.

Tale tesi, sebbene condivisibile nella prospettiva di realizzare un’auspicabile ammodernamento del tessuto normativo della Carta Costituzionale, pone una serie di profili critici riguardanti le modalità di attuazione del diritto sociale di accesso ad Internet.

In particolare, il diretto e necessario coinvolgimento dello Stato in materia di accesso ad Internet, nel rispetto della prescrizione costituzionale che impone la sussistenza di livelli essenziali delle relative prestazioni garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, c.2, lett. m, Cost.), indurrebbe a ritenere che gli utenti possano vantare un diritto pieno ed incondizionato a ricevere tale prestazione.

La questione riflette il problema generale sulla natura prescrittiva o meramente programmatica delle disposizioni costituzionali, alla luce di quanto affermato dalla costante giurisprudenza della Consulta, secondo cui i diritti sociali non configurano diritti inderogabili o indisponibili, ma “finanziariamente sostenibili”, e quindi avente carattere relativo, in quanto l’effettiva disponibilità di risorse finanziarie incide senz’altro in maniera determinante su ogni concreto intervento da parte dei pubblici poteri nella materia in esame.

Alla tesi favorevole al riconoscimento del diritto costituzionale di accesso ad Internet, si contrappone un diverso orientamento secondo cui la costituzionalizzazione della Rete non implica il necessario inserimento di Internet nel testo costituzionale, essendo sufficiente attualizzare la portata applicativa delle disposizioni di principio già vigenti, stante la riconducibilità dell’accesso ad Internet alla categoria del diritto sociale all’istruzione, di cui lo stesso costituirebbe una peculiare species, per assicurare lo sviluppo della cultura informatica nel rispetto del principio fondamentale espresso dall’art. 9 Cost., come peraltro prospettato dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza 307/2004, così escludendosi l’opportunità di intervenire direttamente sul testo costituzionale per introdurre apposite norme a tutela del diritto ad accesso ad Internet.

Si registra anche un’ulteriore tesi che propone la necessità di un intervento transnazionale nella definizione omogenea e condivisa di principi generali da rispettare in tema di governance della Rete, per garantire un’efficace protezione della Rete, nella sua natura di bene comune su scala globale, mediante la predisposizione di una disciplina unitaria a livello internazionale, così da evitare il rischio di un’eccessiva frammentazione normativa che potrebbe rivelarsi paradossale, date le caratteristiche transnazionali di Internet, oltre che potenzialmente pericolosa, in virtù di possibili attività repressive e/o di controllo esercitate dai governi.

In ogni caso, nell’attuale Società dell’Informazione, il problema relativo alla configurazione giuridica di Internet assume una notevole rilevanza applicativa, poiché accedere alle tecnologie digitali significa per ogni cittadino esercitare i propri diritti e libertà nella dimensione virtuale del cyberspazio.

Ciò che è certo è che la Rete esige una governance efficace, anche mediante la possibile ridefinizione di un nuovo, inedito ed innovativo tessuto normativo che realizzi un’efficace regolazione di Internet idonea a formalizzare la rilevanza fondamentale di un valore di cui una moderna società non può fare più a meno: l’accesso ad Internet.

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