guerra ucraina

I profughi dell’era digitale: così la mediazione della tecnologia aiuta la continuità sociale

Anche per i profughi ucraini, come durante la pandemia, la mediazione del contatto digitale è essenziale per la continuità sociale. I più piccoli possono fare la Dad con le maestre ucraine o ritrovare i canali Tv preferiti nella loro lingua. Ma per garantire aiuto ai meno fortunati dobbiamo parlare di sovranità digitale

Pubblicato il 14 Mar 2022

Luisa Franchina

Presidente Associazione Italiana esperti in Infrastrutture Critiche

guerra e pace

I primi profughi ucraini hanno ricevuto sabato 12 marzo a Roma il permesso di soggiorno di un anno, in ottemperanza al decreto appena uscito per regolarizzarli.

Il primo permesso di soggiorno assegnato è del piccolo Timoteo di nove anni. E adesso quale futuro si apre per i profughi di questo conflitto? Siamo nell’era digitale e quale supporto avremo da questa nuova dimensione?

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Il supporto del digitale nella gestione dei profughi

In particolare, il primo gruppo registrato con il numero 001 all’ufficio di via Teofilo Patini in Roma, organizzato dal Ministero dell’Interno, è stato quello di due famiglie con due mamme e tre minori esfiltrati, attraverso la Moldavia, grazie all’intervento personale del Prefetto Annamaria D’Ascenzo, oggi in pensione. Il Prefetto D’Ascenzo aveva governato la prima regolarizzazione degli immigrati in Italia nel 2001 quando era Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero e ancora oggi, da libera cittadina, si occupa di profughi e immigrati, essendo ella stessa profuga di guerra arrivata in Italia dall’Eritrea nel 1949.

La maggior parte dei profughi parla solo la lingua nativa e arriva nei Paesi di accoglienza con gli abiti che ha indosso, il passaporto e un telefono. Quest’ultimo si riapre alla piena funzionalità solo acquisendo una sim locale. Un tempo le persone di buona volontà avrebbero cercato di aiutare i nuovi arrivati con abiti e cibo, il che ancora avviene ovviamente, ma oggi la seconda cosa che viene in mente è un computer.

Le maestre ucraine stanno organizzando la didattica a distanza per i bambini fuggiti e al momento le prime operano aprendo la connessione a tutte le loro classi accettando l’uso non solo di computer, ma anche smartphone, nonostante il ridotto set di funzionalità che questi ultimi possono offrire per attività di sintesi e produzione scritta. Una cosa che prima della pandemia sarebbe stata impensabile! Il covid19 ci ha proiettati in avanti di venti anni con un solo “colpo di reni” e, se non altro, in questa tragedia, successiva alla pandemia senza possibilità di respiro, possiamo osservare i profughi che dopo una settimana dal loro arrivo in Italia riescono a seguire alcune lezioni della loro scuola attraverso una forma di smart lesson. Globali oltre la guerra!

La pervasività del digitale

L’era digitale è pervasiva, Timoteo ha trovato in sei minuti i canali ucraini nel televisore della nonna che risiede da anni in Italia e che ora lo ospita. La cura dei profughi sarà adesso estrinsecabile anche nell’offrire loro un supporto digitale di connessione con il Paese di origine e con le realtà che hanno abbandonato, in modo da dare loro continuità e dissolvere parte del traumatico lutto che inevitabilmente si crea nell’abbandono della propria terra, della propria casa e dei propri cari.

È evidente che tutto questo non nasce con il conflitto russo ucraino: il tema dell’immigrazione in Europa e in Italia in particolare, è ormai ventennale e sicuramente vede già infinite soluzioni adottate. La particolarità di oggi è insita nel sorriso di un bimbo che può restare in contatto, almeno remoto, con i propri compagni di scuola e con la maestra “durante il conflitto”. La mediazione del contatto digitale si rivela essenziale per la continuità sociale, proprio come è accaduto durante la pandemia, in Italia come nel resto del mondo.

La ricaduta cinetica della cyber warfare

Molti avrebbero scommesso sul fatto che l’abitudine alla mediazione digitale sarebbe diventata esistenziale. L’idea del metaverso è proprio questa, eppure non sembra prendere piede come gli appassionati di “metaware” avrebbero sperato. D’altra parte, anche la cyber warfare richiede un momento nel quale diventa cinetica, o per lo meno i suoi effetti diventano cinetici. Anzi, alcune definizioni usate da Stati delimitano l’accezione di cyber war al momento di ricaduta cinetica, ossia fisica, dell’atto o dell’insieme di atti cyber.

Mentre gli attacchi statuali e attivisti si susseguono nel panorama già complesso del conflitto russo ucraino, si inizia a parlare del problema delle aziende multinazionali russe soprattutto in riferimento a quelle coinvolte in attività di cyber security.

Il tema della sovranità digitale

Franco Gabrielli, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è recentemente tornato sul tema dell’indipendenza da software e sistemi russi, ribadendo che dovremo lavorare per realizzare soluzioni nazionali.

Torna dunque, il tema della sovranità nazionale nella produzione di software e hardware e nella tecnologia in generale. L’ACN sta spingendo in tal senso con una attività di “evangelizzazione”, ma anche con una organizzazione più capillare di quello che ci potevamo aspettare per richiamare e fermare i cervelli italiani nel suolo nazionale e portarli a sistema in un contesto che sappia e possa rispondere all’effervescenza delle loro idee, agli standard economici lavorativi anche esteri e al piacere di essere parte di una nazione unita, anche in questo.

Solo se saremo uniti potremo affrontare il difficile periodo che si sta prospettando, porgendo aiuto ai meno fortunati e mantenendo il nostro livello di qualità della vita.

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