lavoro e tecnologie

I robot ci porteranno via il lavoro? Niente panico e apriamo la mente

Il timore che l’uomo sarà sostituito dalle macchine nella maggior parte dei lavori oggi conosciuti si fa strada ogni qualvolta si parla di robot o intelligenza artificiale. Proviamo a fare chiarezza su quali sono i rischi concreti ( e i veri “ladri” di lavori) e su come farsi trovare pronti al cambiamento

Pubblicato il 04 Feb 2019

Andrea Bonarini

Politecnico di Milano, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria

robotica

Sulla possibilità che i robot ci “ruberanno” il lavoro si dibatte ormai da tempo. Addirittura, secondo i ricercatori di Oxford in un recente studio, sarebbero 158 le professioni in cui le macchine sostituiranno l’uomo. Ma come stanno davvero le cose? E, soprattutto, come fare a non farsi trovare impreparati?

Le previsioni dei ricercatori di Oxford, nel dettaglio

Andando a guardare nel dettaglio, delle 158 professioni incluse dai ricercatori nell’elenco di quelle a rischio sostituzione, solo 9 si riferivano effettivamente a robot, per di più per applicazioni che richiederanno molto tempo per essere sviluppate ad un livello e con dei costi che ne permettano l’accesso al mercato, se mai sarà possibile.

In qualche caso si tratta di robot industriali, molti dei quali non sono che sviluppi di quelli che già ci permettono di avere le auto o gli smartphone che abbiamo, perché li montano meglio e più velocemente di qualsiasi operatore umano. In questi casi, certe professionalità sono state prese in carico da robot come conseguenza dello sviluppo tecnologico, così come non sono più stati necessari i lampionai con l’avvento dell’energia elettrica, e la maggior parte dei maniscalchi e dei cocchieri han dovuto riconvertirsi, non appena le auto si sono diffuse.

In altri casi, si tratta di veicoli autonomi, che sono robot a tutti gli effetti, allo sviluppo dei quali si sta lavorando da più di vent’anni e che non vedremo prima di diversi anni, sempre che riescano a raggiungere un costo ed un’affidabilità accettabili, e che si riescano a risolvere i problemi della condivisione delle strade con veicoli non autonomi, quelli relativi alle responsabilità per eventuali incidenti, e si realizzi un veicolo che possa essere accettato dalle persone trasportate.

In qualche caso si tratta di professioni sociosanitarie, in cui il robot potrà forse affiancare operatori umani, ma difficilmente potrà sostituirli con la stessa efficacia, almeno in tempi brevi e con costi compatibili con il mercato, sia per motivi fisici e sia per la qualità dell’interazione che ha un ruolo terapeutico rilevante.

Le professioni in pericolo a causa dei computer

Le altre 149 professioni saranno in pericolo a causa dei computer, che sono macchine in grado di elaborare anche grosse quantità di dati, ma non si muovono come invece fanno i robot, condividendo il nostro spazio fisico.

Anche in questo caso, non appena un computer avrà la possibilità di trattare dati come e meglio di una persona, ad esempio un consulente finanziario, o un operatore in un ufficio legale, queste professioni, spesso noiose, non avranno più ragione di esistere.

La maggior parte delle 149 professioni citate, in realtà sono associate a bassissime probabilità di essere prese in carico da macchine. La cosa non sorprende, dato che si tratta spesso di professioni in cui è rilevante l’interazione con le persone, ancora non efficace nelle macchine nella maggior parte dei compiti, nonostante decenni di tentativi, che fan pensare a difficoltà forse insormontabili.

Certamente ci abitueremo sempre più ad essere supportati da macchine nel prendere decisioni strategiche, ma difficilmente rinunceremo alla responsabilità di sbagliare, o di prendere decisioni innovative.

I sistemi di apprendimento automatico

I sistemi di apprendimento automatico, su cui la maggior parte di queste potenziali applicazioni si basano, nella migliore delle ipotesi possono apprendere dai dati che gli vengono forniti, proponendo soluzioni che replicano mediamente bene quanto ricevuto. Lasciando pure perdere i problemi di qualità e sicurezza insiti nel processo di apprendimento, delegare decisioni a questo tipo di sistemi equivarrebbe a condannarsi a una situazione mediamente simile a quanto fatto fino a quel momento. Questo può andar bene in certe situazioni, in cui, ad esempio, occorre seguire regole definite, mentre è problematico per processi che richiedano creatività e adattabilità a situazioni impreviste. Tra le professioni a rischio sono citate anche alcune teoricamente legate alla creatività (ad esempio i cantanti) semplicemente per il fatto che la maggior parte di quello che viene prodotto attualmente da operatori umani spesso segue regole e codifiche definite. In altre parole, una musica “da mercato” certamente è scrivibile da un computer, mentre un calcolatore difficilmente potrà produrre un nuovo genere musicale, o un brano veramente innovativo.

Dobbiamo quindi avere paura che i robot o le macchine ci “rubino” delle professioni? Non più di tanto, visto quel che possono fare, ma comunque non ci sono alternative: i lampionai non si potevano salvare.

Occorre formarsi una mentalità aperta al cambiamento e quelle capacità, che oggi a volte chiamiamo “trasversali”, che possono permetterci di adeguarci a nuovi lavori che emergono in numero ancora maggiore rispetto a quelli che scompaiono. Una formazione continua permette di prepararsi al mondo che sta venendo.

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