fake news e democrazia

I social minacciano le elezioni? Una nuova governance contro la disinformazione

L’Occidente è sempre più il bersaglio preferito delle campagne di disinformazione veicolate da paesi considerati ostili al cosiddetto vecchio mondo post-industriale. La posta in gioco è molto alta: in ballo c’è il concetto stesso di democrazia. Ecco da dove arriva il pericolo e gli strumenti per arginarlo

Pubblicato il 19 Dic 2018

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Pietro Stilo

Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

fakenews

Post-verità e fake news corrono sui social in una guerra combattuta con le armi della disinformazione di massa: se non sviluppiamo gli anticorpi adeguati, il rischio di una dittatura informativa e tecnologica sarà sempre più reale. Sembra uno scenario esageratamente pessimista, ma se si analizzano tutti i tasselli ci accorgeremo che non è proprio così. 

Partiamo da una considerazione banale: un tempo si cresceva con il concetto che ci veniva inculcato sin dalla più tenera età di non dialogare con gli sconosciuti. Oggi i dialoghi maggiori avvengono tra persone che mai si sono viste o conosciute, su un web che veicola di tutto e sul quale e nel quale si possono diffondere notizie non sempre veritiere o riscontrabili. Da qui nasce il termine post-verità cioè una verità non confutabile, dove tutto ed il contrario di tutto possono essere veri e credibili da parte di una opinione pubblica non sempre preparata a discernere il vero dal falso.

Social e disinformazione, le mosse di Ue e Agcom

A pochi giorni dalle elezioni di midterm negli Stati Uniti d’America e a qualche mese dalle elezioni europee il problema si pone in maniera sempre più forte ed intensa, tanto è vero che nello stesso giorno in cui l’Unione Europea chiede maggiori lumi a Facebook sul caso Cambridge Analitica, anche l’Agcom (Autorità Garante per le comunicazioni in Italia) scrive ai tre pilastri dell’informazione sul web: Google, Twitter e Facebook, chiedendo loro un ruolo più attivo per il contrasto della diffusione di fake news sulle loro piattaforme.

Un problema molto sentito quindi in ogni angolo del mondo ed in particolare in occidente, il quale sembra ormai essere il bersaglio preferito delle campagne di disinformazione presumibilmente veicolate dall’interno di paesi considerati avversari se non ostili al cosiddetto vecchio mondo post-industriale. Ma quali sono i paesi maggiormente accusati di tale campagna di veicolazione di notizie false o quanto meno artate per veicolare confusione e diffusione di informazioni non veritiere? Russia, Cina, Iran e Corea del Nord sono i principali accusati sul banco degli imputati da parte del National Cyber Strategy degli USA. Della stessa opinione anche il Report dal titolo: Confronting an Axis of Cyber, redatto dall’Osservatorio sulla cyber security di ISPI e Leonardo.

Intelligenza artificiale e disinformazione di massa

Quindi, l’idea che gli interessi ed i principi democratici possano essere minati da queste campagne di diffusione di fake news è molto diffusa in occidente. Da tutto ciò si evince che il web sia il nuovo terreno di scontro tra idee del mondo diverse se non contrapposte, una guerra combattuta con le armi della disinformazione di massa alla quale necessariamente bisogna rispondere con altrettanta fermezza e decisione. L’Intelligenza artificiale si rivela dunque anche uno strumento che può essere usato contro le democrazie e i loro interessi strategici, attraverso trolling e fake news.

L’intelligenza artificiale sta portando verso una crisi del tradizionale modo di affrontare le competizioni elettorali nei paesi democratici. Questa può essere una crisi evolutiva o una crisi distruttiva. Per evitare che questa crisi sia distruttiva occorre dotarsi di strumenti di governance adeguati alle minacce che dobbiamo affrontare. Oggi si parla molto di democrazia diretta, ma come abbiamo visto questa democrazia diretta in assenza di regole diventa facilmente una democrazia “eterodiretta”, da tutti quei soggetti che, spesso con fini poco nobili, hanno una visibilità e un potere di controllo e di condizionamento sul web e sui social.

Una par condicio anche per il web?

In tempi recenti, anche se ormai sembrano paleolitici, si parlava di “par condicio”, in relazione alla regolamentazione della propaganda elettorale diffusa attraverso i media. Il principio da utilizzare è simile anche se di molto più difficile applicazione. Bisogna in primo luogo impedire a chi ha il controllo di big data che possono portare a profilazione di comportamenti di avere interessi diretti nella politica. Il conflitto di interesse che fino ad ora era limitato al possesso di giornali e televisioni deve essere esteso a tutti coloro che detengono big data o hanno la possibilità di utilizzare in maniera estensiva risorse di intelligenza artificiale.

Occorre istituire un Authority di garanzia con poteri adeguati per contrastare e sanzionare i comportamenti scorretti di coloro che utilizzano impropriamente big data per scopi elettorali e per coloro che diffondono fake news in campagna elettorale.

Solo così si eviterà che la democrazia diretta diventi “eterodiretta” e, forse, in ultima analisi, si salverà il concetto stesso di democrazia.

Se non sviluppiamo anticorpi opportuni il rischio di una dittatura informativa e tecnologica sarà sempre più reale con una democrazia di fatto che resterà sterile esercizio di un rito, il voto popolare, a cui però viene a mancare il requisito fondamentale che è la libertà, in quanto non sarebbe più espressione della libera determinazione individuale, bensì il frutto del condizionamento occulto dei detentori del potere informativo.

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