L’European Video Games Society è il progetto pilota partito nel gennaio 2022 che ha come obiettivo quello di analizzare l’impatto dei videogame nella società, così da guidare la Commissione nello sviluppo di una comune strategia in grado di far crescere efficacemente il settore. Le azioni saranno quelle di individuare una linea comune in grado di supportare la game industry del Vecchio Continente, trattenendo e attirando i talenti, anche grazie a finanziamenti appropriati.
Gli obiettivi del progetto European Video Games Society
Come si legge sulla pagina ufficiale dell’European Video Game Society, il progetto ha fondamentalmente due obiettivi. Il primo riguarda l’approfondimento e la comprensione del settore al fine di identificare le future opzioni politiche; il secondo è la creazione di una rete di esperti nel campo, così da facilitare gli scambi tra i Paesi membri e sostenere la crescita di una game industry europea.
Sono diversi i punti da affrontare, tra cui la comprensione intorno al reale valore economico, sociale, artistico che rivestono i videogame. Da qui sarà possibile individuare le sfide in merito ai diritti e all’ambiente, la regolamentazione necessaria, gli interventi educativi, in modo da comprendere e sfruttare le enormi potenzialità che ha questo medium sulla salute comunitaria e individuale.
Il mercato del videogame in Europa
L’Europa è al terzo posto nella produzione di videogame, preceduta da Asia e da Nord America. Sono le piccole e medie imprese a dominare la scena, nonostante si trovino pure aziende più grandi, con oltre 200 dipendenti, tra cui la nota a tutti Ubisoft, avente sede in Francia. Anche la Cina sta investendo moltissimi soldi nella game industry europea. Tencent ha finanziato l’azienda di Montreuil con ben 300 milioni tra azioni e fondi. Pure le PMI europee sono l’obiettivo delle multinazionali del Sol Levante. Il motivo? Secondo Reuters le restrizioni del Governo mandarino all’industria videoludica cinese hanno spinto Tencent a guardare verso altri mercati. Insomma, sembra che anche i colossi dell’Oriente abbiano colto il potenziale del settore europeo, sfidando la Commissione nel corteggiamento dei talenti.
In Europa il valore dei videogiochi è cresciuto in maniera esponenziale, rappresentando ben il 50 percento del fatturato dell’intero ambito audiovisivo. Le analisi riportano che metà della popolazione europea tra i sei anni e i sessantaquattro ha giocato ai videogiochi nell’ultimo anno e tre quarti di loro gioca almeno un’ora a settimana. Alla luce di ciò come è possibile ancora ignorare il trend, considerandolo un hobby di nicchia? Chiaramente il Covid ha accelerato il processo, pertanto è necessario velocizzare la regolamentazione per avere strategie che sappiano veramente supportare la domanda del pubblico, il quale, tra le altre cose, chiede nuovi interventi economici e in materia di diritti e inclusione anche per gli e-sport.
Il videogioco come chiave di lettura della società: le influenze su economia, cultura, arte
I videogame vanno usati anche a scuola
È necessario abbandonare i pregiudizi: i videogame sono arte, cultura e giocarci a livelli professionistici è uno sport a tutti gli effetti. Anche le scuole devono includere progetti per preparare i ragazzi a cogliere le opportunità del settore. Abilità tecniche e conoscenze anche più vaste, intorno alle norme, alla finanza, allo storytelling, all’illustrazione, di modo che la scuola non continui ad essere lontana sia dagli interessi dei ragazzi, per lo più appassionati di videogame, sia dal mercato del lavoro. La scuola non ha senso continui ad essere refrattaria e luddista.
Le nuove tecnologie sono una opportunità su più livelli. Sono media in più, oltre al finalmente sdoganato film, per arricchire il laboratorio didattico. Inoltre, per chi le sa leggere in modo aperto e critico, rappresentano un ponte tra futuro e passato, un collegamento tra generazioni, attraverso il quale sia possibile barattare l’esperienza con la freschezza, facilitando così un cambiamento consapevole e dialettico.
L’etica al centro dello sviluppo del mercato Ue dei videogame
L’Europa è arrivata tardi con tutte le altre innovazioni, soprattutto con il Cloud, tecnologia, questa, che risulta assai problematica per quanto concerne l’incompatibilità tra i regolamenti europei e i server di altre Nazioni. L’UE non può attendere che succeda anche con i videogame e il metaverso. Serve che il settore dei videogiochi sia costruito intorno ai valori dell’UE: la tutela dei dati, la privacy, la sicurezza, il rispetto per le diversità. L’etica deve includere le questioni sui contenuti, in primo luogo, ma anche sul tempo massimo da passare davanti allo schermo e sulle funzioni integrate di social network.
Un altro elemento da prendere in seria considerazione concerne il ruolo della donna e delle minoranze in generale. Si sa, la video game industry è un settore estremamente maschilista. La comunità di giocatori è particolarmente tossica, discriminatoria, non inclusiva nei riguardi delle donne e della comunità LGBT+. Gli interventi da questo punto di vista devono essere rapidi e uniti. Non solo, i controller sono ancora strutturati per un solo tipo di corpo, per questo è necessario investire in ricerche finalizzate a includere altri profili di funzionamento, di modo da vincere le barriere fisiche, mentali e permettere a tutti di divertirsi e partecipare al settore.
Come e perché incentivare lo sviluppo del mercato europeo dei videogame
Anche l’accesso ai finanziamenti deve essere facilitato. L’obiettivo è colmare le differenze tra i Paesi, distribuendo finanziamenti equi, incentivando partenariati e assicurando un’assistenza per le software house che vorrebbero aprirsi allo sviluppo di videogame.
Si punta a creare nuove piattaforme di distribuzione per ampliare il bacino di utenza ai giochi Made in Europe. Certo, va investito denaro anche in infrastrutture come il 5G, spingendo nella ricerca e nella diffusione dell’augmented e virtual reality, così come nell’intelligenza artificiale. C’è molto da fare. I dati parlano chiaro, per tutti questi ambiti (compreso quello della robotica) c’è una richiesta notevole di posti di lavoro, ma le persone restano impreparate a cogliere la sfida. Le barriere sono ancora troppe e l’Europa deve correggere le mancanze con interventi ad hoc, nell’educazione e nel supporto materiale. Il progetto European Video Game Society serve proprio a questo: conoscere lo stato dell’arte e, fissati gli obiettivi, suggerire alla Commissione gli interventi pratici da attuare con la politica.
Tra i punti fondamentali dell’Europa e di Erasmus+ c’è la priorità di diffondere la cultura europea e favorire scambi, specialmente tramite lo sport e il reparto audiovisivo. I videogame sono media estremamente efficaci alla diffusione dei valori e al favorire legami e gruppi di interesse.
La loro caratteristica precipua è l’interattività. Il giocatore è in fabula con le sue azioni dirette. La narrativa e la possibilità di muovere l’avatar tra le maglie della storia, modificandola, portano il gamer verso un’immersività che libri, film, musica non permettono. Siamo davvero lì, non è un atto di fantasia. Tra l’altro il videogame è un medium che sa riunire tutte le arti, richiedendo gli interventi uniti di storyteller, musicisti per la colonna sonora, attori per doppiare i personaggi, disegnatori, registi, filosofi… Il videogame non è solo programmazione; ha ricucito i rapporti tra esperti di settori che prima erano lontani e che quasi quasi si guardavano “in cagnesco”. Adesso, invece, collaborano come una società in miniatura per un prodotto finito in grado di motivare i giocatori e di educarli all’empatia, grazie al fatto che esso spinge ad assumere punti di vista diversi dal proprio.
Il videogame fa agire, non è possibile essere ignavi, pena il game over. Per fortuna qui è possibile ricaricare la partita, cosa che nella vita non è possibile fare, ma è come allenarsi a essere rapidi a scegliere la via che rispecchia meglio chi siamo e chi non siamo. È un modo per indagare la nostra identità tramite aut aut carichi di conseguenze inaspettate, diverse per ogni giocata. Come ho già detto è una moratoria, una sospensione dalle responsabilità durante la quale ci alleniamo ad affrontare proprio queste in un ambiente simulato. Non è un distacco dall’esistenza offline, una cesura netta, al contrario è imparare ad avere a che fare con le prove che la vita ci offrirà.
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Il benessere procurato dai videogame
Il progetto insiste anche sul benessere procurato dai videogame. È tempo che i vidoegiochi sono considerati parte delle tecniche di riabilitazione. Ormai è attestato scientificamente: i medici che videogiocano sono chirurghi migliori; i ragazzi che scelgono giochi dalle trame ricche e dai personaggi approfonditi sono più empatici; giocare a Tetris riduce le probabilità di sviluppare sindromi da stress postraumatico e la realtà virtuale è ampiamente utilizzata al posto dei farmaci per trattare patologie psichiatriche e neurologiche, nonché per la riabilitazione dopo malattie cardiache e incidenti. Insomma, i videogame dovranno essere regolamentati come gli altri dispositivi medici. In effetti si presuppone che le nuove norme chiederanno alle compagnie di condividere i dati degli utenti con i ricercatori, per studiare gli effetti sulla popolazione e avere ancora più chiaro il loro uso a scopo terapeutico.
Le iniziative di sostenibilità nell’indotto della game industry
Infine, ultimo punto che oggi riveste ormai un’importanza davvero esiziale nell’agenda politica di ogni Paese è l’aspetto green. Sono diverse le iniziative di sostenibilità da applicare anche all’intero indotto della game industry.
Innanzitutto, i videogame possono ispirare, tramite i loro contenuti e il loro game play, buone pratiche da adottare; perciò, possono essere promotori dei valori dell’ecologia. Le stesse compagnie stanno adottando strategie per ridurre gli sprechi ed essere meno impattanti nei processi di cambiamento climatico. Molte aziende stanno riducendo la loro carbon footprint compensando le proprie emissioni con azioni di riforestazione e di beneficenza.
Scuola di Robotica e Costa Crociere stanno portando avanti un progetto con le scuole che prevede la possibilità di adottare le spiagge e contribuire alla custodia dell’ecosistema. Si integrano attività tecnologiche, laboratori robotici e di coding, con la diffusione di conoscenze etiche e scientifiche del mare, sempre con lo scopo di apprendere e rispettare l’ambiente. “Guardiani della Costa” si colloca proprio sulla scia di questo trend delle aziende di tutto il mondo, le quali cercano di pulire più di quanto sporcano, intervenendo altresì con progetti di educazione alla tutela dell’ambiente, soprattutto rivolti alle scuole. Questo è l’indirizzo che vuole adottare l’Europa anche per i Videogame e a me sembra molto importante: al di là della teoria è necessario conoscere dove viviamo e fare in modo che la società civile se ne prenda cura, magari proprio divertendosi.
Conclusioni
L’esistenza di un progetto come quello riportato nell’articolo mi dà speranza per il futuro dell’Europa. Finalmente si sta diffondendo la consapevolezza intorno ai videogame, prendendo sul serio il loro impatto virtuoso sulla società, sulla cultura e sull’economia. Staremo a vedere se gli Stati membri, se l’Italia sapranno cogliere l’opportunità. Ci sono diversi casi che hanno dimostrato quanto i videogame abbiano aiutato il terziario anche nel nostro Paese. Father and Son è il primo gioco pubblicato da un museo archeologico: il MANN di Napoli, sotto la direzione di Fabio Viola. È stato scaricato milioni di volte, aumentando le visite nel museo e nella città partenopea di percentuali straordinarie. È necessario moltiplicare questi esempi virtuosi, con l’obiettivo di informare, educare, far star bene la popolazione; per farlo però è necessario vincere i pregiudizi e investire nella cultura.